Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5059 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2   Num. 5059  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18296/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del titolare NOME COGNOME, elettivamente domiciliato  in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende,
-ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO TRIESTE n. 105/2023 depositata il 02/03/2023.
Udita  la  relazione  svolta  nella  camera  di  consiglio  del  05/12/2024  dal  Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
 NOME  COGNOME,  titolare  dell’RAGIONE_SOCIALE  NOME,  e RAGIONE_SOCIALE  avevano  concluso  un  contratto  di  appalto  privato  in
data 20.1.2011 per la realizzazione di un impianto termoidrico presso il fabbricato di proprietà del primo, adibito ad agriturismo e civile abitazione in Palazzolo della Stella. L’appaltatrice aveva realizzato parte dei lavori, ma li aveva interrotti prima del completamento dell’opera assumendo l’inadempimento alle obbligazioni assunte da ascrivere alla controparte. Ne era seguito un contenzioso, nel cui ambito NOME COGNOME aveva introdotto un procedimento di accertamento tecnico preventivo e quindi la causa di merito per ottenere il risarcimento dei danni subiti e la restituzione di quanto assumeva aver versato in più, mentre RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto e ottenuto per il pagamento del residuo di € 10.500,73 -oltre accessori- un decreto ingiuntivo, opposto dalla controparte con introduzione della fase di cognizione piena. I due giudizi erano stati riuniti e, all’esito dell’esperita istruttoria, il Tribunale di Udine aveva respinto l’opposizione a decreto ingiuntivo e accolto in parte la domanda risarcitoria del committente, nei limiti di € 2.179,00 -oltre accessori-
La Corte d’Appello di Trieste aveva respinto l’appello proposto da NOME COGNOME, modificando in parte la motivazione della sentenza impugnata. La Corte, premesso che il Tribunale di Udine aveva dichiarato risolto il contratto di appalto per mutuo consenso in relazione alle prestazioni non ancora eseguite senza alcun effetto liberatorio con riguardo alle prestazioni eseguite, riteneva infatti i pagamenti allegati dall’appellante dimostrati (a differenza di quanto ritenuto dal primo giudice) ma già considerati dall’appaltatrice nel computo del residuo dovuto, considerava emergente, in base agli esiti della disposta CTU e per i lavori effettivamente realizzati, un credito complessivo dell’appaltatrice nella misura richiesta e riteneva non dovuto lo sconto concordato negozialmente, perché presupponente la corretta e completa esecuzione del contratto in concreto non intervenuta e comunque un adempimento dell’appaltante che non vi era stato: su quest’ultimo punto la Corte di merito sottolineava che il CTU aveva predisposto i conteggi con e senza sconto e che determinare la debenza o meno dello sconto era questione di interpretazione negoziale rimessa al Giudice, rilevando inoltre che l’importo richiesto dall’appaltatrice risultava inferiore a quanto ritenuto dovuto dal CTU in base ai conteggi effettuati, a vantaggio dell’appaltante.
 Propone  ricorso  per  cassazione  NOME  COGNOME  per  RAGIONE_SOCIALE NOME,  affidandolo  ad  un  solo  motivo:  si  afferma  la  ‘ nullità  della sentenza  d’appello  ex  art.360  n.4  c.p.c.  per  violazione  dell’art.112  c.p.c.,  avendo
essa  accolto  d’ufficio  un’eccezione  proponibile  soltanto  dalla  controparte  ma  non proposta  e  decisiva  per  il  rigetto  dell’appello,  oltretutto  in  contrasto  con  due statuizioni  non  impugnate  della  sentenza  di  primo  grado  e  con  travisamento  del presupposto contrattuale per il pagamento del quarto acconto ‘ (così è sintetizzato il motivo nel ricorso per cassazione).
RAGIONE_SOCIALE non ha depositato controricorso.
Parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI COGNOME DECISIONE
6. L’articolato motivo di ricorso proposto lamenta sostanzialmente che la Corte d’Appello, pur avendo ritenuto, al contrario del primo Giudice, provati pagamenti da parte dell’appaltante per complessivi € 94.285,18 -oltre IVA-, ha comunque confermato il deciso del Tribunale di Udine, considerando la circostanza non decisiva per affermare il versamento da parte dell’appaltante di importi superiori a quanto effettivamente dovuto: la Corte di merito avrebbe infatti escluso l’applicazione dello sconto contrattuale del 16% -determinante per l’identificazione del credito restitutorio preteso da NOME COGNOME– affermando che esso sarebbe stato praticabile solo nel caso in cui il contratto avesse avuto completa esecuzione, secondo un’interpretazione degli accordi negoziali che non sarebbe stata mai sostenuta dall’appaltatrice, negli atti introduttivi dei due giudizi riuniti e che sarebbe ‘ visibilmente contraria non solo al canone ermeneutico dell’art.1362 c.c.’ ma anche a quelli degli art.1367 e 1371 c.c.
NOME COGNOME critica la sentenza della Corte di Appello di Trieste anche per aver addotto comunque ‘ come ragione assorbente e decisiva per escludere lo sconto invocato dalla committente e già applicato dal CTU nelle conclusioni dell’RAGIONE_SOCIALE il ritenuto inadempimento della stessa per non aver pagato l’acconto di € 40.000,00 previsto nel contratto di appalto ‘, nonostante il committente avesse ‘ prontamente contestato il plurimo inadempimento dell’appaltatrice anche nell’installazione delle macchine con una serie di solleciti scritti ‘ e nonostante la sentenza di primo grado non avesse rilevato alcun inadempimento del committente, respingendo la domanda di risoluzione ex art.1453 c.c. proposta dall’appaltatrice e ritenendo risolto il contratto di appalto per mutuo consenso, ed avesse anzi accertato l’inesatto adempimento di RAGIONE_SOCIALE.
Nella sostanza quindi, secondo il ricorrente, la  Corte d’Appello di Trieste avrebbe pronunciato  ‘ d’ufficio  su  un’eccezione  propria  (concernente  un  fatto  impeditivo
dello sconto processuale già previsto nel contratto) proponibile soltanto dall’appaltatrice ma non proposta in causa ‘ e ‘ oltretutto preclusa dalle due statuizioni non impugnate della prima sentenza ‘; la Corte avrebbe infatti affermato l’inapplicabilità dello sconto contrattuale, considerato invece dal CTU, ‘ in presenza di un’esecuzione incompleta e rispetto alle opere eseguite in variante o extra e comunque ‘in via assorbente’ (sic a pag.7 della sentenza d’appello) a fronte dell’inadempimento della committente per mancato versamento del quarto acconto ‘, inadempimento invece escluso dal Tribunale di Udine. Da qui il lamentato vizio di extrapetizione (le parti evidenziate nel punto 6. sono riportate letteralmente dal ricorso).
7. Il ricorso è infondato.
7.1. L’applicabilità o meno dello sconto del 16%, contrattualmente previsto, anche in caso di incompleta esecuzione dell’intervento appaltato non è materia di eccezione in senso proprio, rimessa alla sola iniziativa della parte interessata, ma, riguardando la corretta identificazione del contenuto degli accordi negoziali intervenuti tra le parti al fine della determinazione dell’effettivo residuo dovuto all’appaltatrice per le opere realizzate o dell’obbligazione restitutoria dell’appaltante che afferma di aver versato più del dovuto -questioni che fin dall’introduzione dei due giudizi poi riuniti sono due degli aspetti oggetto di controversia-, essa costituisce nella sostanza l’esplicitazione di un’eccezione in senso lato, rilevabile d’ufficio sulla base dei fatti allegati e delle legittime acquisizioni processuali -cfr. tra le altre, sul punto: Cass. n.34053/2023 che precisa, in motivazione, che ‘… sono eccezioni in senso lato quelle che consistono nella allegazione e/o rilevazione (se fatta dalla parte sulla base di un fatto da essa stessa allegato o di un fatto acquisito al giudizio tramite l’istruzione) o nella rilevazione (se fatta d’ufficio dal giudice sulla base di un fatto allegato o comunque acquisito al giudizio anche tramite l’istruzione, rispetto al quale la legge non riservi il potere di introdurlo e comunque di evidenziarne l’efficacia alla parte, nel qual caso si configura la c.d. eccezione in senso stretto) di fatti estintivi, modificativi o impeditivi del diritto dedotto in giudizio. Come tali esse sono rilevabili d’ufficio perché non si tratta di eccezioni riservate all’iniziativa della parte per legge o perché corrispondenti alla titolarità di un’azione costitutiva (v., per tale definizione delle eccezioni in senso stretto, Cass. Sez. U. 03/02/1998, n. 1099; Sez. U. 27/07/2005, n. 15661) … ‘; Cass. n.34053/2023, che ribadisce come ‘ Le eccezioni in senso lato sono rilevabili d’ufficio e sono sottratte al divieto stabilito
dall’art. 345, comma 2, c.p.c., sempre che riguardino fatti principali o secondari emergenti dagli atti, dai documenti o dalle altre prove ritualmente acquisite al processo, non essendo invece necessario (pena la vanificazione della distinzione tra eccezioni in senso stretto ed eccezioni in senso lato) che tali fatti siano stati oggetto di espressa e tempestiva attività assertiva. (Nella specie, la S.C. ha affermato che costituisce un’eccezione in senso lato la deduzione dell’inadempimento della locatrice di un obbligo contrattualmente assunto, dal quale discendeva una diversa commisurazione del canone dovuto, in quanto fatto idoneo a paralizzare la domanda di risoluzione per inadempimento della conduttrice) ‘-.
Poiché  il  rilievo  della  Corte  d’Appello  di  Trieste  in  ordine  all’insussistenza  dei presupposti  di  applicazione  dello  sconto  del  16%  sul  dovuto  per  le  prestazioni eseguite da RAGIONE_SOCIALE è stato effettuato sulla base delle allegazioni in fatto e del materiale probatorio acquisito agli atti non vi è alcun vizio della sentenza ricorsa sussumibile nel disposto dell’art.112 c.p.c.
7.2. Nemmeno è seriamente valutabile la critica che NOME COGNOME rivolge all’interpretazione del contratto di appalto operata sul punto dalla Corte d’Appello perché, a parte l’enunciazione della violazione degli art.1362, 1367 e 1371 c.c., la doglianza è priva di reale contenuto censorio: essa non indica in che modo il Giudice di merito si sarebbe discostato, violandoli, dai canoni ermeneutici contenuti nelle norme richiamate ma propone un’interpretazione diversa degli accordi, sollecitando questa Corte ad una rivalutazione degli stessi di carattere meritale, preclusa quindi al Giudice di legittimità -cfr. sul punto, tra le tante, Cass. n.9461/2021: ‘ Posto che l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito, il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata. COGNOME-.
7.3. Si deve pure escludere che sia intervenuta quella che appare essere sostanzialmente  prospettata  come  una  pretesa  violazione  del  giudicato  interno, rilevante ai fini della decisione, come appare proporre il ricorrente lamentando che la Corte di merito non avrebbe tenuto conto di quanto accertato dal Tribunale in ordine all’intervenuta  risoluzione  del  contratto  per  mutuo  consenso  e  all’inadempimento inesatto non dell’appaltante ma dell’appaltatrice.
La Corte d’Appello di Trieste infatti, partendo dal presupposto ormai definitivo che il contratto d’appalto si era risolto per mutuo consenso, senza alcun effetto liberatorio con riguardo alle prestazioni eseguite, ha prima interpretato il contratto di appalto (richiamato in sentenza come doc. n.3 delle produzioni di RAGIONE_SOCIALE) nel senso che lo sconto concordato fosse dovuto solo per ‘l’esecuzione dei lavori previsti e nel caso in cui il contratto avesse avuto completa esecuzione’, a prescindere quindi dalla valutazione del comportamento dell’appaltatrice come adempiente o inadempiente; ha quindi proposto una ulteriore ratio decidendi conducente allo stesso risultato di non applicabilità dello sconto nel caso di specie, prospettante il mancato pagamento di € 40.000,00 da parte di NOME COGNOME al momento di istallazione delle macchine come inadempimento rilevante sempre lamentato, ‘ in corso di causa e anche in appello ‘, dall’appaltatrice.
Poiché la relazione diretta tra l’incompleta esecuzione dei lavori e l’inapplicabilità dello sconto è una ragione da sola sufficiente a fondare la decisione, non è necessario approfondire se fosse effettivamente da escludere in modo definitivo, alla luce del deciso di primo grado, dei motivi di appello proposti e delle domande ed eccezioni reiterate ex art.346 c.p.c., la qualificabilità come inadempimento di NOME COGNOME del mancato pagamento dell’acconto di € 40.000,00 e la sua rilevanza, a prescindere dal fatto che la Corte d’Appello di Trieste possa aver ritenuto detta circostanza rilevante ‘ in via anche assorbente ‘ rispetto all’altra ratio decidendi, comunque chiaramente enunciata .
7.4. I rilievi ulteriori del ricorrente sul contenuto della consulenza tecnica d’ufficio che avrebbe applicato lo sconto: ma, come correttamente osservato dalla Corte di merito, non è compito dell’Ausiliario interpretare gli accordi negoziali- e sul materiale probatorio documentale acquisito agli atti, che non sarebbero stati correttamente interpretati e valutati dal Giudice d’Appello, vorrebbero in concreto provocare una rivalutazione del materiale acquisito al processo per supportarne una
diversa considerazione atta a riconoscere la fondatezza delle pretese di NOME COGNOME, preclusa in sede di legittimità.
Il ricorso proposto deve essere pertanto integralmente respinto.
Nulla sulle spese, non avendo partecipato al giudizio l’intimata.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002- della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
PQM
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso.
Dichiara  la  sussistenza  dei  presupposti  processuali  per  il  versamento,  da  parte  del ricorrente,  di  un  ulteriore  importo  a  titolo  di  contributo  unificato  pari  a  quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il 5