Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 19580 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 19580 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18664/2019 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende in virtù di procura allegata alla comparsa di costituzione in data 7 marzo 2024
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOMECODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonchè contro
PROCURATORE GENERALE PRESSO CA MESSINA, PROCURA PRESSO RAGIONE_SOCIALE MESSINA, RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MESSINA n. 390/2019 depositata il 21/05/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE, società attiva nel settore delle attività ricettive turistiche, è stata dichiarata fallita su richiesta del Pubblico Ministero all’esito di un progetto di scissione attuato in data 15-24 marzo 2014. In forza di tale scissione veniva trasferita alla beneficiaria RAGIONE_SOCIALE la proprietà di complessi turistici (due alberghi e relativi beni strumentali). La richiesta del Pubblico Ministero era fondata sull’esistenza di ingenti debiti tributari e su ll’intervenuta cancellazione della società scissa dal Registro delle Imprese.
La Corte di Appello di Messina, con la sentenza qui impugnata, ha rigettato il reclamo, nel cui giudizio è intervenuta la società beneficiaria. Ha ritenuto, in primo luogo il giudice di appello che la scissione attuata nel 2014 fosse parziale e non totale, con conseguente responsabilità della scissa per i debiti tributari, circostanza in ordine alla quale il giudice di appello ha ritenuto irrilevante l’accollo dei debiti tributari stipulato in data 13 giugno 2017, trattandosi di accollo cumulativo. Ha, poi, ritenuto irrilevante la rateizzazione del debito tributario al quale avevano fatto ricorso gli accollanti , stante l’assenza di patrimonio della scissa, nonché stante l’esistenza di un credito di regresso del coobbligato.
Propone ricorso per cassazione la società beneficiaria, affidato a due motivi, cui resiste con controricorso il fallimento intimato, ulteriormente illustrato da memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo m otivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2506 e ss. e 173 d.P.R. n. 917/1986 (TUIR), nonché omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti,
nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che la scissione in data 24 marzo 2014 fosse parziale e non totale ai fini della persistenza dello stato di insolvenza in capo alla scissa. Osserva parte ricorrente che nell’atto di accollo del 13 giugno 2017 era stata ribadita la natura di scissione totale e non parziale e che i beni residui rimasti nel patrimonio della scissa non fossero suscettibili di valutazione economica.
Il primo motivo, nella parte in cui deduce violazione di legge, è inammissibile (conformemente alle osservazioni del controricorrente), in quanto volto a ripercorrere un accertamento in fatto compiuto dal giudice di appello, circa la natura parziale e non totale della scissione del 24 marzo 2014, nonché a riproporre una diversa valutazione degli atti negoziali inter partes . La Corte di merito ha valorizzato, in fatto, la circostanza che in capo alla scissa è rimasto il ramo di azienda relativo alla gestione alberghiera con relativo avviamento, compendio che successivamente alla scissione è stato oggetto di ulteriore cessione ad altra società, a titolo oneroso, per € 100.000,00. Ha, poi, considerato -a sostegno della natura parziale e non totale della scissione – che la scissa è stata messa in liquidazione, circostanza incompatibile con una scissione totale. L’affermazione secondo cui i beni rimasti in capo alla scissa non fossero suscettibili di valutazione economica -oltre a essere in contrasto con l’accertamento in fatto che la cessione del ramo della gestione alberghiera è stata successivamente monetizzata – implica una richiesta di valutazione delle prove ai fini di un diverso accertamento in fatto, accertamento incensurabile in sede di giudizio di legittimità.
Il primo motivo, inoltre, è inammissibile nella parte in cui deduce il vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., non essendo stato indicato il fatto storico che sarebbe stato omesso dal giudice di appello .
4. Con il secondo m otivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 7 l. fall., dell’art. 2506 cod. civ. e dell’art. 173 TUIR, nonché omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto l’insolvenza della scissa. Osserva parte ricorrente come non sussisterebbero i presupposti per la richiesta di fallimento del Pubblico Ministero, attesa l’assenza degli elementi indiziari di cui all’art. 7 l. fall. , nonché attesa la rateizzazione del debito tributario a opera della società beneficiaria, andata a buon fine sino al mese di ottobre 2017. Adduce, al riguardo, le risultanze dello stato passivo del fallimento della scissa e deduce che, a termini dell’art. 173 TUIR, anche la beneficiaria risponde dei debiti della scissa.
5. Il secondo motivo è inammissibile nella parte in cui censura l’insussistenza dei presupposti della richiesta del Pubblico Ministero, sia in quanto non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata, sia in quanto la questione non risulta trattata nella sentenza impugnata, per cui deve ritenersi questione nuova, inammissibile in sede di legittimità.
6. Inammissibile è, inoltre, il secondo motivo ove censura l’omesso rilievo da parte del giudice di appello della rateizzazione, perché anche in questo caso il motivo non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha fondato la sussistenza dello stato di insolvenza, oltre che sulla assenza di alcun bene della società fallita, anche sulla esistenza di crediti di regresso dei coobbligati verso la società debitrice originaria e sulla esistenza di alcuni debiti non oggetto di rateizzazione, attesa l’assenza di beni in capo alla società cancellata (« debiti tributari altri non rateizzati ed oltre € 250.000 nei confronti di RAGIONE_SOCIALE »).
7. In ogni caso, nessuna rilevanza può avere -ai fini della insussistenza dello stato di insolvenza -il pagamento effettuato
alle scadenze successive alla dichiarazione di fallimento da parte di terzi, posto che l ‘insolvenza va apprezzata alla data del fallimento (Cass., n. 24424/2019), potendo i fatti successivi condurre, diversamente, alla chiusura del fallimento per mancanza di passivo.
Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in complessivi € 7.000,00 , oltre € 200,00 per anticipazioni, 15% per rimborso forfetario e accessori di legge; ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 28/05/2025.