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Scelta scuola figli: prevale l’interesse pratico?

In un caso di separazione, la Corte d’Appello di Roma ha riformato la decisione di primo grado sulla scelta scuola figli. Ha stabilito che, in caso di disaccordo, la minore deve essere iscritta alla scuola pubblica vicina alla residenza del genitore collocatario (la madre), privilegiando le esigenze organizzative e la continuità della vita quotidiana rispetto all’indirizzo scolastico religioso preferito dal padre, pur riconoscendo il percorso religioso della famiglia.

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Pubblicato il 5 settembre 2025 in Diritto di Famiglia, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Scelta Scuola Figli: quando la praticità vince sulla tradizione

La scelta scuola figli rappresenta uno dei nodi più complessi da sciogliere per le coppie separate, specialmente quando le visioni educative divergono. Un’interessante ordinanza della Corte d’Appello di Roma fa luce sui criteri che il giudice può adottare per risolvere tale conflitto, ponendo l’accento sulle esigenze organizzative della vita quotidiana del minore e del genitore collocatario, anche a fronte di un forte background culturale e religioso familiare. Il caso analizzato vede contrapporsi la preferenza della madre per una scuola pubblica vicina a casa e quella del padre per un istituto privato di stampo religioso.

I Fatti del Caso: Scuola Pubblica contro Scuola Religiosa

La vicenda ha origine nel corso di un procedimento di separazione. I genitori, entrambi affidatari della figlia minore, si trovano in disaccordo sulla scuola primaria da farle frequentare. La bambina è collocata in modo prevalente presso la madre, nella casa familiare.

La madre chiede di iscrivere la figlia presso un istituto pubblico situato nello stesso quartiere di residenza, sostenendo che tale scelta faciliterebbe la gestione quotidiana, permetterebbe alla bambina di mantenere i legami con i coetanei della zona e sarebbe in linea con la precedente decisione concorde di iscriverla a una scuola dell’infanzia comunale.

Il padre, invece, insiste per l’iscrizione presso una nota scuola paritaria ebraica, situata in un altro quartiere della città. La sua posizione si fonda sul percorso religioso intrapreso dalla famiglia (la stessa madre si era convertita alla religione ebraica) e sugli stretti legami con la comunità, evidenziando che la frequentazione di tale istituto rappresenterebbe una naturale evoluzione nel percorso di vita della figlia.

Il Tribunale in primo grado aveva dato ragione al padre, disponendo l’iscrizione presso la scuola ebraica. La madre ha quindi presentato reclamo alla Corte d’Appello.

La Decisione della Corte d’Appello

La Corte d’Appello di Roma ha ribaltato la decisione di primo grado, accogliendo il reclamo della madre. Ha quindi autorizzato quest’ultima a iscrivere la figlia presso la scuola pubblica indicata, anche in caso di disaccordo del padre. La Corte ha ritenuto che, nel bilanciamento degli interessi contrapposti, dovessero prevalere le esigenze concrete legate alla vita quotidiana del minore.

Le Motivazioni dietro la Scelta Scuola Figli

Il ragionamento della Corte si fonda su considerazioni eminentemente pratiche. Il punto decisivo è che la minore è collocata presso la madre, la quale ha la “diretta e continuativa gestione negli aspetti materiali della vita di tutti i giorni”.

La Corte ha valorizzato i seguenti elementi:

* Logistica e Organizzazione: La scuola pubblica scelta dalla madre si trova nello stesso quartiere dove vive la bambina, a metà strada tra l’abitazione e il luogo di lavoro materno. Al contrario, la scuola religiosa preferita dal padre si trova in una direzione opposta, il che comporterebbe notevoli difficoltà organizzative per la madre, incidendo sulla gestione della vita quotidiana propria e della figlia.
* Continuità Sociale: La frequentazione di una scuola nel quartiere di residenza agevola la vita di relazione della minore con i coetanei, non allontanandola dal suo contesto sociale primario.
* Assenza di Pregiudizio: La Corte ha sottolineato che non vi è prova che le scuole pubbliche indicate abbiano offerte formative discriminatorie verso la cultura ebraica. Inoltre, la precedente scelta concorde di una scuola dell’infanzia comunale dimostra che il padre non nutre una contrarietà di principio verso l’istruzione pubblica.
* Prevalenza dell’Interesse Pratico: Poiché la bambina non aveva ancora iniziato un percorso formativo presso la scuola religiosa, non si poneva un problema di continuità didattica da tutelare. In questa situazione, il giudice è chiamato a decidere quale scelta garantisca il miglior interesse del minore. In questo specifico contesto, tale interesse è stato identificato con una soluzione che semplifica l’organizzazione familiare e la vita quotidiana, gestita principalmente dal genitore collocatario.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre un importante principio guida nella risoluzione dei conflitti genitoriali sulla scelta scuola figli. Pur non sminuendo il valore dell’educazione religiosa o culturale, la Corte afferma che, in una situazione di separazione e di affidamento con collocamento prevalente, le considerazioni logistiche e organizzative del genitore che si occupa quotidianamente del figlio assumono un peso decisivo. La decisione evidenzia come il benessere del minore non sia un concetto astratto, ma si radichi in aspetti concreti come la stabilità, la prevedibilità delle routine e la facilità di gestione della vita di ogni giorno. Di conseguenza, quando un genitore propone una soluzione logisticamente più sostenibile che non pregiudica la qualità dell’istruzione, questa può essere considerata prevalente rispetto a una scelta, pur culturalmente fondata, che complicherebbe l’organizzazione familiare quotidiana.

In caso di disaccordo tra genitori separati sulla scelta della scuola, quale criterio prevale secondo questa ordinanza?
Secondo questa ordinanza, prevale il criterio della praticità e della migliore organizzazione della vita quotidiana del minore e del genitore collocatario. La Corte ha privilegiato la scuola più vicina alla residenza e al luogo di lavoro del genitore con cui la bambina vive prevalentemente.

Il background religioso della famiglia è stato considerato irrilevante dalla Corte?
No, non è stato considerato irrilevante, ma recessivo rispetto alle esigenze pratiche. La Corte ha riconosciuto il percorso religioso della famiglia ma ha ritenuto che le difficoltà logistiche che sarebbero derivate dalla scelta della scuola religiosa avrebbero inciso negativamente sulla gestione quotidiana della vita della minore, gestita dalla madre.

Perché la Corte ha dato peso alla precedente scelta di una scuola dell’infanzia pubblica?
La Corte ha interpretato questa scelta precedente, fatta di comune accordo tra i genitori, come una prova del fatto che il padre non avesse una contrarietà di principio verso gli istituti di formazione pubblica, ritenendoli non discriminatori verso la cultura ebraica. Questo ha indebolito la sua posizione a favore esclusivo dell’istituto religioso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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