Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 31149 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 31149 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 132/2022 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO , rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
-ricorrente-
contro
COMUNE RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME , rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di GENOVA n. 1007/2021, pubblicata il 27/10/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/11/2025 dal Consigliere NOME COGNOME NOME.
PREMESSO CHE
A seguito dell’attività di indagine svolta in data 9 febbraio 2015 e 24 aprile 2015 (vedere pag. 2 del controricorso), veniva contestata dalla polizia provinciale di Savona a NOME COGNOME, quale titolare dell’RAGIONE_SOCIALE, la violazione degli artt. 101, comma 7, lett. d) e 124 del d.lgs. 152/2006 per avere effettuato scarichi di acque reflue domestiche provenienti da un impianto di sua proprietà, con recapito finale in acque superficiali, il Rio Sgorini, senza l’autorizzazione prescritta dal citato art. 124, condotta sanzionata dall’art. 133 del medesimo decreto; il verbale di contestazione dell’illecito era notificato a COGNOME il 4 maggio 2015; il 28 maggio 2015 il COGNOME presentava note scritte e veniva sentito dal sindaco il 10 marzo 2020; il Comune di Toirano eme tteva, all’esito del procedimento, ordinanza-ingiunzione di pagamento della sanzione di euro 8.000,00 il 22 aprile 2020, che veniva notificata al COGNOME il 23 aprile 2020.
L’ordinanza era opposta da COGNOME e il Tribunale di Savona, con la sentenza n. 621/2020, accoglieva l’opposizione, ritenendo fondata l’eccezione di prescrizione del diritto a riscuotere le somme dovute in base all’art. 28 della legge 689/1981, con conseguente assorbimento degli altri motivi di opposizione, annullando l’ordinanza sanzionatoria.
La citata pronuncia veniva impugnata dal Comune RAGIONE_SOCIALE Toirano. Con la sentenza n. 1007/2021 la Corte d’appello di Genova accoglieva il gravame.
La Corte territoriale riteneva che, essendo stato notificato il verbale di accertamento del 28 aprile 2015 il 4 maggio 2015 e avendo tale notificazione interrotto il termine di prescrizione di cui all’art. 28 della legge 689/1981, la prescrizione del diritto fatto valere dal Comune di Toirano non fosse maturata a fronte della notificazione dell’ordinanza -ingiunzione in data 23 aprile 2020. La Corte d’appello ha poi osservato, in relazione al momento di commissione dell’illecito, fatto coincidere dalla sentenza di primo grado con il 9
febbraio 2015, che dalla relazione dell’RAGIONE_SOCIALE del 10 dicembre 2015 risultava che la commissione dell’illecito era ancora in atto a quella data, cosicché, in ogni caso, doveva ritenersi non maturata la prescrizione del diritto alla riscossione delle somme da parte del Comune. Quanto poi all’eccezione di incompetenza del Comune di Toirano all’erogazione della sanzione amministrativa, la Corte d’appello ha escluso l’illegittimità costituzionale delle leggi regionali in relazione all’art. 117 della Costituzione, evidenziando , infine, in relazione all’impossibilità di qualificare il Rio Sgorini quale corpo idrico pubblico, come la nozione di acque pubbliche prescinda dall’inserimento del corpo idrico negli elenchi delle acque demaniali e come non assuma rilievo, ai fini della configurabilità dell’illecito, la sussistenza di un effettivo danno ambientale.
Avverso la suddetta sentenza di appello NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione.
Ha resistito con controricorso il Comune di Toirano.
Il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO procuratore generale NOME COGNOME, ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto alla Corte di rigettare il ricorso.
Memoria è stata depositata sia dal ricorrente che dal controricorrente.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in cinque motivi.
I primi due motivi sono tra loro strettamente collegati:
il primo denuncia, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, sotto il profilo della motivazione apparente, perplessa e obiettivamente incomprensibile; si sostiene che la sentenza impugnata è redatta secondo una tecnica singolare per cui per ciascun motivo lo stesso viene riportato o sintetizzato, ma l’andamento del testo è telegrafico, mancando lo svolgimento di
qualsivoglia ragionamento da parte del giudice, difettando ogni riferimento alle argomentazioni del ricorrente e mancando una puntuale confutazione della sentenza di primo grado;
b) il secondo deduce , in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., nullità della sentenza o del procedimento, sotto il profilo della motivazione apparente, perplessa ed obiettivamente incomprensibile, in relazione alla violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. 1, comma 6, Cost.; si rappresenta che il grave deficit motivazionale della sentenza impugnata rileva comunque quale nullità della sentenza o del procedimento, dato che non consente di comprendere il processo deliberativo svolto.
1.1) I motivi sono infondati.
La motivazione della sentenza impugnata è, infatti, ampia e articolata, esaminando specificamente i motivi di appello, argomentando analiticamente le ragioni dell’accoglimento del gravame e della riforma della pronuncia di primo grado. Non sussistono pertanto i denunciati vizi di motivazione apparente, perplessa e obiettivamente incomprensibile. Si ricorda che, in conformità all’esegesi svolta dalle sezioni unite di questa Corte con le decisioni n. 8053 del 2014 e n. 8038 del 2018, il sindacato di legittimità sulla motivazione è ridotto al “minimo costituzionale”, con la conseguenza che risulta denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.
2) Il terzo motivo lamenta , in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., violazione dell’art. 28 della legge 689/1981, in ordine alla maturazione della prescrizione del credito azionato dal Comune di Toirano e degli artt. 115 e 116 c.p.c. per errata valutazione delle prove fornite dalle parti: si sostiene che il comma 1 del citato art. 28 individua il dies a quo della prescrizione nel giorno in cui è stata commessa la violazione; dal chiaro disposto normativo risulta che il termine di prescrizione decorre dal giorno in cui si è materializzata la condotta che si asserisce illecita, essendo invece irrilevante la tempistica della successiva attività di accertamento dell’amministrazione; il dies a quo coincideva, quindi, con il 9 febbraio 2015, quando si sarebbe verificato l’unico sversamento oggetto di accertamento, con conseguente prescrizione maturata il 9 febbraio 2020; non è, poi, pertinente l’affermazione del Comune, secondo cui la prescrizione sarebbe stata interrotta dalla notificazione del verbale avvenuta il 23 aprile 2020, in quanto si trattava di data successiva alla scadenza del termine, punto sul quale la Corte d’appello ha omesso di pronunciare; quanto alla relazione dell’RAGIONE_SOCIALE, si osserva che la stessa non contestava un illecito, ma al contrario attestava le modeste dimensioni dell’allevamento e quindi la modesta entità dello scarico, nonché il rigoroso controllo delle acque reflue che non arrecavano il minimo danno ambientale.
2.1) Il motivo è infondato.
La Corte d’appello, dopo avere riassunto il motivo di gravame del Comune di Toirano, ha rigettato l’eccezione di prescrizione del diritto fatto valere dal Comune in quanto essa era stata interrotta dalla notificazione del verbale di accertamento che -a differenza di quanto afferma il ricorrente -era avvenuta non il 23 aprile 2020 (data nella quale era stata notificata l’ordinanza -ingiunzione opposta), ma il 4 maggio 2015. Da tale data, pertanto, ha correttamente rilevato la Corte d’appello, andavano calcolati i
cinque anni di cui all’art. 28 della legge 689/1981, cosicché il termine di prescrizione non era ancora decorso quando è stata notificata l’ordinanza -ingiunzione, avvenuta come si è detto il 23 aprile 2020. In relazione alla efficacia interruttiva della prescrizione della notificazione al trasgressore del processo verbale di accertamento dell’infrazione si veda per tutte la pronuncia di questa Corte n. 14886/2016, che sottolinea come tale atto sia idoneo a costituire in mora il debitore ai sensi dell’art. 2943 c.c., atteso che ogni atto del procedimento previsto dalla legge per l’accertamento della violazione e per l’irrogazione della sanzione ha la funzione di fare valere il diritto dell’amministrazione alla riscossione della pena pecuniaria e costituisce esercizio della pretesa sanzionatoria (già in precedenza, in tali termini, v. Cass. n. 28238/2008) . Quanto al riferimento alla relazione dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, tale riferimento è stato operato dalla Corte d’appello unicamente ad abundantiam e quale elemento di conferma che la condotta contestata era ancora in atto il 10 dicembre 2015.
3) Il quarto motivo denuncia, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., violazione degli artt. 124, 133, comma 2, e 135 del d. lgs. 152/2006 per mancata individuazione della incompetenza dell’Ente comunale all’irrogazione della sanzione; violazione dell’art. 1 della legge costituzionale del 9 febbraio 1948, n. 1, e dell’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, per mancata individuazione della illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 2, lett. b), della legge regionale n. 43/1995 e successive modificazioni come interpretato dall’art. 22 della legge regionale n. 41/2014 per violazione dell’art. 117, comma 2, lett. s), e comma 6, Cost., e per mancata sollevazione alla Corte costituzionale della relativa questione: la Corte d’appello ha rigettato l’eccezione di incompetenza del Comune di Toirano a irrogare la sanzione oggetto di causa e la connessa questione di legittimità costituzionale sollevata dal ricorrente; preso atto delle pronunce della Corte di
cassazione citate dalla Corte d’appello, si ritiene che tale orientamento non possa essere condiviso e vada rimeditato, eventualmente sottoponendo la relativa questione alla Corte costituzionale; è attribuita allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di tutela dell’ambiente, nella quale certamente rientra l’individuazione del soggetto competente ad adottare le pertinenti sanzioni, cosicché è inibito alle regioni delegare a propria volta un altro ente; ove la normativa regionale sia interpretata nel senso che la regione possa a sua volta delegare ad altro ente la potestà sanzionatoria, tale normativa si pone in contrasto con l’art. 117, comma 2, lett. s) della Costituzione.
3.1) Il motivo è privo di fondamento e la questione di legittimità costituzionale prospettata dal ricorrente è, a sua volta, manifestamente infondata.
Il Collegio ritiene, infatti, di confermare quanto già sostenuto in relazione a fattispecie analoghe a quella oggetto del presente processo (cfr. in particolare Cass., n. 9962/2020): nessun divieto di delega mediante legge regionale può farsi discendere dal disposto dell’art. 117, comma secondo, lett. s) Cost.; il testo novellato dell’art. 117, comma 2, lett. s) Cost. – che riserva allo Stato la potestà legislativa esclusiva sulla “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema e dei beni culturali ” – configura una competenza sovente connessa e intrecciata inestricabilmente con altri interessi e competenze regionali concorrenti; la tutela dell’ambiente – inteso come valore costituzionalmente protetto – delinea, infatti, una competenza trasversale in ordine alla quale si manifestano competenze diverse, anche regionali, che devono esplicarsi nel rispetto degli standard di tutela uniformi stabiliti sull’intero territorio nazionale da parte dello Stato; il limite dell’intervento legislativo regionale in materia è, quindi, costituito dal rispetto dei principi regolatori stabiliti dal legislatore statale in tema di soglie
minime di tutela dell’ambiente (cfr., da ultimo, Corte cost. n. 59/2025).
La Corte d’appello, che ha aderito all’orientamento di questa Corte appena richiamato, ha poi precisato che la legge della Regione Liguria n. 12/2017 ha abrogato l’art. 42 della legge regionale n. 43/1995 che attribuiva la competenza all’irrogazione delle sanzioni all’autorità competente al rilascio della relativa autorizzazione allo scarico, ma all’art. 19, comma 1, ha confermato la competenza dei comuni al rilascio delle autorizzazioni relative a scarichi di acque reflue, con recapito in corsi d’acqua, e ha altresì consentito l’applicazione della normativa previgente e dunque del citato art. 42 ai procedimenti ancora in corso alla data del 1° luglio 2017, cosicché la disciplina di cui al citato art. 42 era comunque applicabile al caso in esame, trattandosi di un procedimento ancora in corso rispetto a quest’ultima data.
4) Il quinto motivo deduce , in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., violazione degli artt. 73, 74, 101, 124, 133 e 144 del d.lgs. 152/2006, dell’art. 1, comma 1, del r.d. 523/1904, dell’art. 1 r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775 e dell’art. 1 del d.P.R. 238/1999: si osserva che la Corte d’appello ha ritenuto correttamente irrogata la sanzione data la natura pubblica del Rio Sgorini e l’irrilevanza dell’accertata assenza di danno ambientale; la natura privata del Rio è, invece, stata accertata con pronuncia del Pretore di Albenga del 1981, che ha affermato che tale Rio non è iscritto nell’elenco delle acque pubbliche della provincia di Savona; a prescindere dalla natura pubblica o meno del corso d’acqua, non si comprende come si possa ritenere irrilevante che lo scarico non arrechi danni all’ambiente; in mancanza di inquinamento manca il requisito dell’antigiuridicità della condotta e la sanzione comminata è pertanto manifestamente illegittima e sproporzionata.
4.1) Anche quest’ultimo motivo è infondato.
La Corte d’appello ha chiarito che il mancato inserimento nell’elenco delle acque pubbliche della provincia di Savona del Rio Sgorini non assume rilievo nella causa in esame, in quanto le disposizioni del d.lgs. 152/2006 sono intese a contrastare l’inquinamento idrico mediante la disciplina degli scarichi nel corpo ricettore ‘acque superficiali’ (cfr. l’art. 74 del d.lgs. 152/2006), prescindendo totalmente dall’inserimento del corpo idrico negli elenchi delle acque demaniali, e comunque appartengono al demanio dello Stato ‘tutte le acque superficiali e sotterranee’ (art. 144, comma 1, del d.lgs. 152/2006). In tema di acque pubbliche, d’altro canto, gli elenchi di cui al r.d. 523/1904 hanno carattere dichiarativo e non costitutivo, cosicché possono esservi acque pubbliche non segnate negli elenchi, dato che ciò che rileva è l’obiettiva attitudine dell’acqua a servire al pubblico interesse (così Cass. n. 11757/2013). La Corte d’appello ha poi puntualizzato che la nozione di scarico (v. l’art. 74, lett. ff) del d.lgs. 152/2006) prescinde dalla sua natura inquinante, cosicché non assume rilievo ai fini della configurabilità dell’illecito la sussistenza o meno di danno ambientale.
II. Il ricorso deve, in definitiva, essere integralmente rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si d à atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore del controricorrente, che si liquidano in euro 2.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile, in data 19 novembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME