Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20485 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20485 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 21/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10117/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’ avvocato COGNOME NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
REGIONE LOMBARDIA, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI MILANO n. 2515/2020, depositata il 07/10/2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ordinanza-ingiunzione n. 12453 del 12.10.2017, la Regione Lombardia imponeva alla s.rRAGIONE_SOCIALE. RAGIONE_SOCIALE il pagamento di €. 24.008,75 a titolo di sanzione amministrativa, per l’abusivo impianto di superficie vitata e per mancata osservanza del divieto di circolazione delle uve su terreni detenuti dalla società e ubicati nella provincia di Pavia (Montecalvo Versiggia).
1.1. A séguito di un sopralluogo dell’ufficio territoriale regionale di Pavia effettuato in data 06.10.2016 era emerso, in base alle foto aeree scattate dal 1997 in poi che una superficie totale di mq 3.200 di alcune particelle dei terreni menzionati risultava vitata a partire dal 2002 senza i corrispondenti diritti di reimpianto imposti dai Regolamenti CE (n. 1234/2007; n. 479/2008; n. 555/2008), che prevedono l’obbligo per il produttore di estirpare le superfici abusivamente vitate posteriormente al 31.08.1998, nonché il divieto di circolazione delle uve o dei prodotti ottenuti dalle uve di tali vigneti abusivi.
In conformità alla Legge Regionale 5 dicembre 2008, n. 31 ( ‘ Testo unico delle leggi regionali in materia di agricoltura, foreste, pesca e sviluppo rurale ‘ ), venivano, dunque, irrogate le sanzioni amministrative ivi previste nel rispetto delle disposizioni dei menzionati Regolamenti europei.
Dopo l’iniziale determinazione della sanzione dell’importo di €. 42.240,00 di cui al verbale di accertamento e contestazione delle violazioni amministrative datato 03.05.2017, a séguito delle contestazioni della ricorrente, le sanzioni amministrative venivano applicate solo per gli ultimi 5 anni, stante l’intervenuta prescrizione per il periodo precedente, e la sanzione amministrativa veniva ricalcolata proporzionalmente alla superficie vitata abusiva in €. 24.008,75.
1.2. Il Tribunale di Pavia respingeva l’opposizione proposta avverso la suddetta ordinanza ingiunzione dalla RAGIONE_SOCIALE
La RAGIONE_SOCIALE interponeva gravame innanzi alla Corte d’Appello di Milano, che -con la sentenza in epigrafe – rigettava l’appello sostenendo che:
non ricorre alcun elemento che consenta di considerare la proprietaria dei terreni coltivati a vite (la società RAGIONE_SOCIALE come litisconsorte necessario in relazione alla presente controversia, in quanto la sanzione amministrativa per cui pende il giudizio di opposizione è stata emessa nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e del suo legale rappresentante nella loro qualità di produttori, ex art 85bis del Regolamento CE n. 1234/2007;
l’odierna appellante è chiamata a rispondere per un fatto proprio – non aver provveduto ad estirpare le vigne abusive – e non per un fatto altrui. Ai sensi dell’art. 130quater della L.R. n. 31 del 2008, la sanzione si applica per la prima volta a partire dal 1 gennaio 2009 per gli impianti abusivi esistenti alla data del 01.08.2008: pertanto, anche ove la RAGIONE_SOCIALE avesse trovato le aree in discussione già illegittimamente vitate (essendo la società costituita a partire dal 2009), aveva il dovere di adeguarsi alla normativa espiantando dall’anno 2009 le piante di vite abusivamente impiantate nei terreni a far data dal 31.08.1998, ed esistenti alla data del 01.08.2008;
-le due sanzioni irrogate sono collegate, l’una (quella relativa agli impianti abusivi) al fatto di non aver estirpato la vite abusiva (v. art. 85ter Reg. UE n. 1234/2007); l’altra (quella relativa alla mancata osservanza del divieto di circolazione delle uve) al fatto di aver detenuto una superficie abusiva di oltre 0,1 ettaro e di non aver presentato alla Regione un contratto di distillazione, ovvero di non aver comunicato alla Regione l’intenzione di procedere alla «vendemmia verde» (v. art. 56 Reg. CE n. 555/2008). Pertanto, non ha pregio la doglianza dell’appellante per la quale non vi sarebbe prova né del fatto
che RAGIONE_SOCIALE avrebbe abusivamente piantato i vigneti nel 2002, né che avrebbe utilizzato l’uva per produrre e mettere in commercio il vino.
3. La suddetta pronuncia è impugnata per la cassazione da RAGIONE_SOCIALE e il ricorso affidato a tre motivi.
Resiste Regione Lombardia.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo si deduce error in procedendo , in violazione dell’art. 102 cod. proc. civ., e dell’art. 6 legge n. 689/1981, mancata integrazione del contraddittorio nei confronti del titolare dei terreni vitati e provvedimenti conseguenti. Il primo comma della norma da ultimo citata – di cui il giudice d’appello non ha fatto applicazione stabilisce la solidarietà passiva, nell’obbligazione sorta dall’irrogazione della sanzione, del proprietario della cosa che servì a commettere la violazione. Nel caso di specie, risulta pacifico, documentato ed incontestato che la titolarità delle superfici vitate si trova in capo alla società RAGIONE_SOCIALE, non all’odierna appellante. Pertanto, conclude la ricorrente, ha errato la Corte d’Appello di Milano laddove ha ritenuto non esservi alcun elemento che consenta di considerare il proprietario come litisconsorte necessario in relazione alla presente controversia.
1.1. Il motivo è infondato.
Al fine di rendere maggiormente comprensibile il tema trattato, è utile riportare la normativa, di derivazione europea, trasfusa nella legge della Regione Lombardia 5 dicembre 2008, n. 31 (Titolo VIII.1 ‘ Disposizioni sulla coltivazione, sulla raccolta e sulla prima trasformazione di piante officinali ‘ ) in base alla quale sono state individuate le condotte illecite e irrogate le sanzioni amministrative.
1.2.
Art. 130- ter : ‘ Impianti abusivi e obbligo di estirpazione ‘
« 1. Ai sensi dell’articolo 85 -bis del regolamento (CE) n. 1234/2007, il produttore ha l’obbligo di estirpare a sue spese le superfici vitate abusivamente impiantate dopo il 31 agosto 1998. L’estirpazione non fa sorgere i corrispondenti diritti di impianto e le relative superfici non sono ammissibili a nessun tipo di aiuto previsto dalla normativa regionale, nazionale e comunitaria.
Ai sensi dell’articolo 57 del regolamento (CE) n. 555/2008, nelle more dell’adempimento dell’obbligo di estirpazione di cui al comma 1, le uve e i prodotti ottenuti dalle uve raccolte sulle superfici vitate abusivamente possono avere una delle destinazioni di seguito tassativamente elencate:
messa in circolazione solo a fini di distillazione a spese del produttore;
consumo familiare, se il vigneto del produttore ha una superficie inferiore a 0,1 ettaro;
vendemmia verde di cui all’articolo 103 novodecies, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1234/2007 a spese del produttore.
Il produttore, nelle more dell’adempimento dell’obbligo di estirpazione di cui al comma 1, comunica ogni anno alla provincia di Sondrio, se le superfici vitate si trovano nel relativo territorio, o alla Regione negli altri casi l’intenzione di ricorrere alla distillazione o alla vendemmia verde, secondo le indicazioni definite dalla struttura regionale competente in materia di agricoltura».
Art. 130 quater : ‘ Sanzioni per gli impianti abusivi ‘
« 1. Ai sensi dell’articolo 55 del regolamento (CE) n. 555/2008, per le superfici vitate impiantate abusivamente, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria di 12.000,00 euro ad ettaro, proporzionalmente alla superficie vitata abusiva.
Per gli impianti abusivi esistenti alla data del 1 agosto 2008, la sanzione si applica per la prima volta a partire dal 1 gennaio 2009. Per gli impianti abusivi realizzati successivamente al 1 agosto 2008, la sanzione si applica per la prima volta con decorrenza dalla data di tali impianti.
La sanzione amministrativa di cui al comma 1 è nuovamente applicata ogni dodici mesi decorrenti dalle date di cui sopra, fino a che il produttore non provveda all’obbligo di estirpazione».
Art. 130 quinquies : ‘ Sanzioni in caso di mancata osservanza del divieto di circolazione delle uve ‘
« 1. Ai sensi dell’articolo 56 del regolamento (CE) n. 555/2008, la mancata osservanza del divieto di circolazione delle uve e dei prodotti ottenuti dalle uve raccolte sulle superfici impiantate abusivamente è sanzionato.
Le sanzioni sono imposte al produttore che detiene una superficie vitata superiore a 0,1 ettaro, nei seguenti casi:
se non presenta il contratto di distillazione alla Regione o alla provincia di Sondrio per il relativo territorio entro la fine della campagna viticola in cui i prodotti sono stati ottenuti o presenta un contratto che non copra l’intera produzione del v igneto abusivo;
se non informa la stessa amministrazione di cui alla lettera a) dell’intenzione di procedere alla vendemmia verde, oppure non esegue la vendemmia verde in maniera completa, ovvero non riduce a zero la resa della relativa superficie entro la data stabilita per la presentazione delle domande di vendemmia verde.
Le sanzioni di cui al comma 2, lettera a), pari a 3.000,00 euro per ettaro proporzionale alla superficie vitata abusiva, si applicano trascorsi trenta giorni dalla fine della campagna viticola in cui i prodotti sono stati ottenuti».
1.2.1. L’obbligo principale previsto dalla normativa riportata -a partire dal 31.08.1998 – è quello di estirpare viti già impiantate abusivamente, ed è imposto a carico del solo produttore. Tale precetto è sanzionato dal successivo art. 130quater , salvo il verificarsi dell’esimente, di cui al comma 2 dell’art. 130 -ter L.R. n. 31/2008, nelle more dell’adempimento: ove il produttore non dimostri che le superfici abusivamente vitate abbiano una delle destinazioni tassativamente indicate (distillazione, consumo familiare se il vigneto del produttore ha una superficie inferiore a 0,1 ettaro e c.d. vendemmia verde).
1.2.2. Ad analoga conclusione si perviene per la violazione del divieto di circolazione delle uve, di cui all’art. 130 -quinquies : in tal caso sono irrogate le sanzioni (di cui ai successivi commi 3 e 4) imposte al produttore che detiene una superficie vitata superiore a 0,1 ettaro, e non abbia presentato il contratto di distillazione alla Regione, o non abbia informato l’amministrazione dell’intenzione di procedere alla c.d. vendemmia verde (comma 2).
1.3. Tornando al caso che ci occupa: alla luce di quanto sopra, a partire dal 2009 (data di costituzione della RAGIONE_SOCIALE ) l’obbligo di estirpazione concerneva la sola società produttrice, non già la proprietaria dei terreni.
La ratio delle disposizioni sopra richiamate è circoscritta all’individuazione e responsabilizzazione dei soggetti produttori ai quali è affidata la gestione (a prescindere dalla proprietà) di terreni, esercitata in maniera difforme dalla regolamentazione specifica riguardante prodotti agricoli determinati (nel caso di specie, i vigneti) all’interno della politica agricola comune (‘PAC’).
1.3.1. Sul versante della regolamentazione amministrativa generale, il sistema della legge 24 novembre 1981, n. 689 preserva il principio della natura personale della responsabilità, disciplinando
rigorosamente i profili della «imputabilità» (art. 2), dell’«elemento soggettivo» della violazione (art. 3), delle «cause di esclusione della responsabilità» (art. 4), del «concorso di persone» (art. 5).
Il profilo di deroga ad esso apportato attraverso l’istituto della «solidarietà» (art. 6) resta, dunque, rigorosamente circoscritto e delimitato, e la sua disciplina non tollera interpretazioni che, estendendo l’ambito delle fattispecie in essa espressamente contemplate, comportino il mancato rispetto del principio della «riserva di legge» fissato nell’art. 1 (Sez. 1, Sentenza n. 12321 del 06/07/2004, Rv. 575397 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 15088 del 30/06/2006, Rv. 590869 -01; Sez. 2, Sentenza n. 11206 del 07/05/2008; Rv. 603062 – 01).
1.4. Correttamente, dunque, la corte di merito ha escluso la sussistenza, nel caso di specie, di un litisconsorzio necessario destinato a coinvolgere la proprietà dei terreni in questione, del tutto estranea alla realizzazione dell’illecito amministrativo.
Con il secondo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 12 e 14 della legge n. 689/1981, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ. Sostiene la ricorrente che, in carenza di rigorosa dimostrazione circa la colpevole conoscenza da parte della RAGIONE_SOCIALE che le superfici ricevute in gestione nel 2009 fossero «illegittimamente vitate», non avrebbe dovuto la società ricorrente essere soggetto passivo dell’accertamento de qua , mancando ogni responsabilità della odierna di corrente per carenza di prova della responsabilità cosciente e volontaria ex art. 3, comma 1, legge n. 689 del 1981.
2.1. Il secondo motivo è infondato sotto il profilo della violazione di legge.
Occorre, innanzitutto, dichiarare l’inammissibilità della doglianza nella parte in cui fa riferimento al n. 5 dell’art. 360, comma 1, cod. proc. civ. (doglianza peraltro reiterata nel terzo motivo del ricorso), vertendosi in un’ipotesi di «doppia conforme» prevista dall’art. 348 -ter , comma 5, cod. proc. civ. (vigente ratione temporis ), a mente del quale il ricorrente per cassazione, al fine di evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. per difetto di specificità, deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse ( ex plurimis : Cass. Sez. 62, n. 8320 del 2022-Rv. 664432 – 01; Cass., Sez. 3, 14.07.2022, n. 22244; Cass., Sez. L, 20.07.2022, n. 22782; Cass., Sez. 6-2, 15.03.2022, n. 8320; Cass., Sez. L, 06.08.2019, n. 20994).
Nella specie, la ricorrente non ha indicato le ragioni di diversità fra le due pronunce.
2.2. Tanto premesso, la prova della sussistenza dell’elemento oggettivo dell’illecito è stata fornita dall’amministrazione tramite foto aeree e sopralluoghi, peraltro sollecitati dalla stessa RAGIONE_SOCIALE che, con istanza del 31.08.2016, chiedeva un sopralluogo di verifica al fine dell’iscrizione nell’inventario vitivinicolo dei vigneti ubicati in Montecalvo Versiggia (PV), di cui si discute (v. ricorso p. 2, punto 2) dell’esposizione sommaria del fatto). Da tali documenti, non contestati da parte ricorrente, è risultato che mq 3.200,00 dei terreni detenuti da RAGIONE_SOCIALE erano vitati a partire dal 2002 (v. sentenza impugnata p. 2, 1° capoverso).
Dunque, la sussistenza dell’elemento oggettivo dell’illecito risulta provata agli atti, ed è coperta da fede privilegiata attraverso il verbale
di contestazione (Sez. 2, Ordinanza n. 4006 del 08/02/2022, Rv. 663823 -01).
Né la ricorrente ha dato prova di aver comunicato alla Regione l’intenzione di ricorrere alle destinazioni tassativamente elencate al comma 2 dell’art. 130 -ter L.R. n. 31/2008 e al comma 2 dell’art. 130 quinquies ai fini dell’esenzione, avendo i vigneti di cui è causa superfice superiore a 0,1 ettaro e dovendosi, dunque, escludere l’esimente del consumo familiare, di cui alla lett. b), delle disposizioni menzionate.
2.3. Come argomentato innanzi ( supra , punti 1.2.1., 1.2.2.) il legislatore (europeo e regionale) ha individuato due di fattispecie (impianti vitati abusivamente impiantati, mancata osservanza del divieto di circolazione delle uve) destinate a salvaguardare interessi pubblicistici all’interno di una più vasto programma di politiche agricole, incentrate sulla mera condotta, secondo un criterio di agire o di omettere doveroso, ricollegando il giudizio di colpevolezza a parametri normativi estranei al dato puramente psicologico e limitando l’indagine sull’elemento oggettivo dell’illecito all’accertamento della «suità» della condotta inosservante sicché, integrata e provata dall’autorità amministrativa la fattispecie tipica dell’illecito, grava sul trasgressore, in virtù della presunzione di colpa posta dall’art. 3 della legge n. 689 del 1981, l’onere di provare di aver agito in assenza di colpevolezza (Sez. U, Sentenza n. 20930 del 30/09/2009, Rv. 610512 -01; conf., ex multis : Sez. 2, Sentenza n. 16517 del 31/07/2020, Rv. 659018 -03; Sez. 2, Sentenza n. 9546 del 18/04/2018, Rv. 648049 – 01).
2.3.1. Ne deriva che non occorre la «rigorosa dimostrazione» della colpevole conoscenza, da parte della RAGIONE_SOCIALE, che le superfici fossero illegittimamente vitate.
E’ costantemente affermato nella giurisprudenza di questa Corte che in tema di violazioni amministrative, poiché, ai sensi dell’art. 3
della legge del 1981 n. 689, per integrare l’elemento soggettivo dell’illecito è sufficiente la semplice colpa, per cui l’errore sulla liceità della relativa condotta, correntemente indicato come «buona fede», può rilevare in termini di esclusione della responsabilità amministrativa, al pari di quanto avviene per la responsabilità penale in materia di contravvenzioni, solo quando esso risulti inevitabile, occorrendo a tal fine un elemento positivo, estraneo all’autore dell’infrazione, idoneo ad ingenerare in lui la convinzione della sopra riferita liceità, oltre alla condizione che da parte dell’autore sia stato fatto tutto il possibile per osservare la legge e che nessun rimprovero possa essergli mosso, così che l’errore sia stato incolpevole, non suscettibile cioè di essere impedito dall’interessato con l’ordinaria diligenza (v. Sez. 2, Ordinanza n. 33441 del 17/12/2019, Rv. 656323 -01; Cass. n. 24081 del 26.09.2019; Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 19759 del 02/10/2015, Rv. 636814 -01; Cass. nn. 16320/10, 13610/07, 11012/06, 9862/06, 5426/06 e 11253/04).
3. Con il terzo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 130bis, ter, quater, quinquies della L.R. n. 31/2008, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., nonché omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ. Sostiene la ricorrente che vi sia totale assenza di prova sia in merito all’effettiva attività di produzione di vino da parte della ricorrente nell’arco temporale considerato, sia alla messa in circolazione delle uve. Rispetto, quindi, all’argomentazione resa nella sentenza impugnata, a giudizio della ricorrente non si estende l’ambito di operatività dei precetti in esame anche agli altri soggetti che detengono il bene per altro titolo, come la RAGIONE_SOCIALE, non potendosi presumere sulla
base del mero titolo di godimento l’attività di produzione di vino e circolazione delle uve posta base delle norme comunitarie.
3.1. Il motivo è infondato.
Come argomentato supra (punto 2.2.) l’attività (abusiva) di produzione del vino da parte della ricorrente non è stata tratta dal giudice del merito dal mero titolo di godimento dei terreni di proprietà altrui, bens ì dalla documentazione prodotta dall’Amministrazione (foto aeree e sopralluoghi), coperta da fede privilegiata attraverso il verbale di contestazione.
Quanto alla messa in circolazione delle uve: come rilevato supra (punto 1.2.2.) le sanzioni sono imposte al produttore che detiene una superficie vitata superiore a 0,1 ettaro, e non abbia presentato il contratto di distillazione alla Regione, o non abbia informato l’amministrazione dell’intenzione di procedere alla c.d. vendemmia verde.
4. In definitiva, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese processuali seguono la soccombenza, come da dispositivo. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso;
condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore della controricorrente, che liquida in €. 3.000,00
per compensi, oltre ad €. 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda