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Sanzioni spese elettorali: la diffida basta

Una candidata è stata sanzionata per non aver dichiarato le proprie spese elettorali. La Corte di Cassazione ha confermato la multa, stabilendo che in materia di sanzioni spese elettorali, la diffida iniziale è un atto sufficiente per avviare il procedimento sanzionatorio, senza che sia necessaria una successiva e separata contestazione. La Corte ha inoltre equiparato l’omessa dichiarazione di spesa all’omessa attestazione di non averne sostenute, ritenendole entrambe violazioni dell’obbligo di trasparenza.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Sanzioni Spese Elettorali: La Cassazione Conferma che la Diffida Iniziale è Sufficiente

La trasparenza nelle campagne elettorali è un pilastro della democrazia. Le norme che impongono ai candidati di rendicontare le spese sostenute mirano proprio a garantire questa chiarezza. Ma cosa succede quando un candidato omette questa dichiarazione? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fatto luce sulla procedura per le sanzioni spese elettorali, stabilendo un principio fondamentale: la diffida iniziale inviata al candidato inadempiente è di per sé sufficiente ad avviare il procedimento sanzionatorio, senza la necessità di un’ulteriore e separata contestazione formale. Analizziamo insieme la vicenda e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti di Causa

Una candidata alle elezioni regionali non aveva depositato la prescritta dichiarazione relativa alle spese elettorali. Di conseguenza, il Collegio Regionale di Garanzia Elettorale le inviava una diffida, concedendole 15 giorni per sanare l’omissione. Nonostante l’avvertimento, la candidata non adempiva. A distanza di alcuni mesi, il Collegio le notificava un atto di formale contestazione della violazione, seguito da un’ordinanza di ingiunzione per il pagamento di una sanzione pecuniaria di oltre 25.000 euro.

La questione è approdata in tribunale. In primo grado, il giudice annullava la sanzione, ritenendo che la contestazione formale fosse stata notificata tardivamente, oltre il termine di 90 giorni previsto dalla legge generale sulle sanzioni amministrative. La Corte d’Appello, tuttavia, ribaltava la decisione, sostenendo che la diffida iniziale, prevista dalla normativa speciale elettorale, fosse già di per sé un atto di contestazione, rendendo superfluo e non necessario un secondo avviso.

La Procedura per le Sanzioni Spese Elettorali

Il cuore della controversia giuridica ruotava attorno all’interpretazione di due norme: la legge speciale sulle campagne elettorali (L. 515/1993) e la legge generale sulle sanzioni amministrative (L. 689/1981). La candidata sosteneva che la diffida fosse un semplice avviso bonario, e che la violazione dovesse essere formalmente contestata entro 90 giorni, come previsto dalla normativa generale. In assenza di tale contestazione tempestiva, il diritto di sanzionare sarebbe decaduto.

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha respinto questa interpretazione, aderendo all’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità.

L’Analisi della Corte e la Natura della Diffida

La Suprema Corte ha chiarito in modo definitivo il valore e la funzione della diffida nel contesto delle sanzioni spese elettorali.

La Natura Complessa della Diffida

I giudici hanno affermato che la diffida prevista dall’art. 15 della L. 515/1993 non è un mero invito informale. Si tratta, al contrario, di un atto dalla natura complessa, che assolve a una duplice funzione:
1. Offrire una possibilità di sanatoria: Concede al trasgressore un termine per rimediare all’omissione ed evitare la sanzione.
2. Avviare il procedimento sanzionatorio: Funge da atto di contestazione, informando l’interessato della pendenza di un procedimento a suo carico per la violazione commessa.

Di conseguenza, una volta inviata la diffida e decorso inutilmente il termine per adempiere, l’amministrazione può procedere direttamente con l’irrogazione della sanzione, senza dover emettere un ulteriore atto di contestazione. La normativa speciale elettorale crea un “microcosmo normativo” che deroga alla procedura generale.

Obbligo di Dichiarazione o Attestazione: Nessuna Differenza

La ricorrente aveva anche tentato di sostenere che la sanzione fosse prevista solo per l’omessa “dichiarazione di spesa” e non per l’omessa “attestazione” di essersi avvalsi esclusivamente di mezzi del partito (situazione che la riguardava). La Corte ha respinto anche questa argomentazione, chiarendo che la legge utilizza i due termini in modo alternativo (“ovvero”). Entrambe le condotte omissive ledono lo stesso bene giuridico: la trasparenza. Anche chi non ha sostenuto spese dirette deve presentare una dichiarazione, sia pure negativa o di attestazione, per consentire i controlli.

L’Esclusione della Buona Fede

Infine, è stato rigettato il motivo basato sulla presunta buona fede e sull’errore scusabile. La candidata si era difesa sostenendo di non aver avuto conoscenza effettiva degli atti perché recapitati presso la sua residenza anagrafica mentre lei dimorava altrove. La Corte ha ribadito che la notifica presso la residenza è valida e genera una presunzione di conoscenza. È onere del destinatario dimostrare di essere stato impossibilitato, senza colpa, a ricevere l’atto, e la semplice negligenza nel controllare la propria posta non costituisce una scusante.

Le Motivazioni

La decisione della Suprema Corte si fonda sul principio di specialità, secondo cui la legge specifica per la materia elettorale (L. 515/1993) prevale sulla legge generale in materia di sanzioni amministrative (L. 689/1981). Il legislatore ha inteso creare una procedura più snella e rapida per le violazioni elettorali, data l’importanza del bene protetto. La diffida è uno strumento concepito appositamente per questo contesto, che bilancia l’esigenza di celerità con la garanzia per il candidato di poter sanare la propria posizione. L’equiparazione tra l’omessa “dichiarazione” e l’omessa “attestazione” è giustificata dalla finalità ultima della norma, che è quella di assicurare la completa trasparenza sui flussi finanziari legati alle campagne elettorali, imponendo a ogni candidato un dovere di comunicazione attiva.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio cruciale in tema di sanzioni spese elettorali: la procedura è semplificata e la diffida iniziale è un atto fondamentale e sufficiente. I candidati non possono permettersi di ignorarla né di rimanere inerti. L’obbligo di rendicontazione è inderogabile e deve essere adempiuto attivamente, anche solo per attestare l’assenza di spese. La sentenza riafferma la piena responsabilità dei candidati e la necessità di diligenza nella gestione degli obblighi connessi alla partecipazione a competizioni elettorali, chiudendo la porta a giustificazioni basate su negligenza o disattenzione.

In materia di sanzioni per mancata dichiarazione delle spese elettorali, è necessaria una formale contestazione dopo la diffida iniziale?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la diffida prevista dalla legge elettorale (L. 515/1993) ha una duplice funzione di avvertimento e di contestazione dell’illecito. Pertanto, non è necessaria un’ulteriore e separata contestazione ai sensi della legge generale sulle sanzioni amministrative (L. 689/1981).

La sanzione si applica solo a chi non dichiara le spese sostenute o anche a chi omette di attestare di non averne avute?
La sanzione si applica in entrambi i casi. La Corte ha chiarito che l’omessa presentazione della dichiarazione delle spese e l’omessa presentazione dell’attestazione di essersi avvalsi solo di mezzi del partito sono condotte equivalenti. Entrambe violano l’obbligo di trasparenza che impone una comunicazione attiva da parte del candidato.

Si può invocare la buona fede se non si ha avuto conoscenza effettiva della diffida notificata alla propria residenza?
No. La Corte ha stabilito che se la notifica è stata regolarmente effettuata presso la residenza del destinatario, opera una presunzione di conoscenza. Spetta al destinatario provare di essersi trovato, senza sua colpa, nell’impossibilità di ricevere l’atto. La semplice negligenza o il fatto di abitare altrove non sono sufficienti a giustificare l’errore e a escludere la responsabilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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