Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3984 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3984 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11643/2019 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI CAMPOBASSO, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’ RAGIONE_SOCIALE (P_IVA), che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI CAMPOBASSO, n. 364/2018 depositata il 04/10/2018;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/09/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
1. Il Tribunale di Campobasso annullava l’ordinanza n. 3/2015 recante l’ingiunzione a carico di COGNOME NOME del pagamento della somma di €25.822,85 a titolo di sanzione pecuniaria amministrativa prevista dal combinato disposto dell’art. 15, comma 5, della legge 10 dicembre 1993, n. 515 (disciplina delle campagne elettorali), e dell’art. 4, lett. g) della legge 23 febbraio 1995, n. 43. La sanzione era stata comminata dal RAGIONE_SOCIALE presso la Corte d’Appello di Campobasso a séguito dell’inadempimento – da parte dell’ingiunto candidato non eletto alle elezioni del Consiglio RAGIONE_SOCIALE del Molise del 24-25 febbraio 2013, COGNOME NOME – dell’obbligo di depositare presso quel RAGIONE_SOCIALE la dichiarazione, anche se negativa, inerente alle spese elettorali sostenute per la partecipazione alla competizione elettorale, così come previsto dall’art. 7, comma 6, legge n. 515 del 1993 ed dall’art. 5, comma 4, lett. a) della legge n. 43 del 1995. Nell’atto di diffida ad adempiere del 14.03.2014 il RAGIONE_SOCIALE informava lo COGNOME che, decorso inutilmente il termine di 15 giorni, avrebbe applicato la sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall’art. 15, commi 5 e 8, della legge n. 515 del 1993. Alla diffida seguiva atto di formale contestazione della violazione adottato dal RAGIONE_SOCIALE in data 17 settembre 2014, notificato il 25/09/2014 e pervenuto allo COGNOME in data 08.10.2014.
1.1. Il Tribunale adíto annullava l’ordinanza n. 3/2015 sul rilievo della tardività della contestazione e notifica della violazione rispetto al termine previsto dall’art. 14, comma 2, della legge n. 24 novembre 1981, n. 689. La pronuncia veniva impugnata dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Campobasso quale patrocinante ex lege del RAGIONE_SOCIALE.
La Corte d’Appello di Campobasso, con sentenza n. 364/2018, rigettava il gravame, sostenendo che (per quel che qui ancora rileva): a) deve ritenersi applicabile l’art. 14 della legge n. 689 del 1981, per cui era senz’altro necessaria la contestazione che poteva essere inviata solo dopo che la diffida fosse rimasta inadempiuta, e che doveva rispettare la tempistica dell’art. 14 citato, ossia l’invio entro 90 giorni dall’accertamento della violazione e, quindi, dal momento a decorrere dal quale era stata compiuta, o doveva essere compiuta anche in relazione all’eventuale complessità della fattispecie, l’attività amministrativa volta a verificare la sussistenza di tutti gli elementi dell’illecito; b) del resto, lo stesso RAGIONE_SOCIALE aveva correttamente effettuato la formale contestazione ai sensi dell’art. 14 della legge n 689 del 1981 dopo l’inoltro della diffida, ritenendola quindi necessaria per il perfezionamento della fattispecie: in essa si rinvia espressamente alla contestazione ex art. 14 l. n. 689 del 1981, con la quale sarebbe stato precisato l’importo della sanzione amministrativa; tale riferimento alla disciplina sanzionatoria generale è stato, inoltre, reiterato nello stesso atto formale di contestazione.
Contro la predetta pronuncia ricorreva per Cassazione l’Avvocatura Generale dello Stato, affidando il ricorso ad un unico motivo, illustrandolo con memoria depositata in prossimità dell’adunanza.
Si difendeva NOME depositando controricorso.
CONSIDERATO CHE:
Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 14 della legge n. 689 del 1981, 15, commi 8 e 19 della legge n. 515 del 1993, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. Il RAGIONE_SOCIALE censura la pronuncia nella parte in cui ritiene applicabile l’art. 14 della legge n. 689/1981 alla specifica
materia, senza invece tener conto del carattere speciale della disciplina di cui alla legge n. 515 del 1993 che, nel richiamare al comma 19 le disposizioni generali sul procedimento sanzionatorio di cui alla legge n. 689 del 1981, fa espressamente salve le diverse disposizioni contenute nel primo complesso normativo. Del resto, l’art. 15, legge n. 515 del 1993, riconduce al comma 8 l’applicazione delle sanzioni quale effetto automatico della mancata tempestiva ottemperanza alla diffida, che consente al RAGIONE_SOCIALE di avvertire il candidato alle elezioni (anche non eletto) circa le conseguenze alle quali il medesimo va incontro in caso di mancata o tardiva ottemperanza all’invito ultimativo rivoltogli dell’organo preposto al procedimento sanzionatorio. L’applicazione della sanzione ivi prevista consegue quale effetto automatico alla mancata tempestiva ottemperanza alla diffida sopra richiamata; essa contiene anche la contestazione dell’accertata inosservanza dell’obbligo di dichiarazione da parte del candidato e le avvertenze relative alle definitive conseguenze sanzionatorie derivanti dalla mancata sanatoria, consentendo in ogni caso all’ingiunto di sollecitare, in via di autotutela, l’annullamento dell’accertamento. In questo micro-sistema normativo caratterizzato dalla specialità, del tutto superflua risulterebbe la notifica di una nuova contestazione ex art. 14 della legge n. 689 del 1981, come più volte affermato dalla Corte Suprema di Cassazione (Cass. Sez. 2, n. 8443 del 01.04.2008; Cass. Sez. 2, n. 7138 del 17.03.2008; Cass. Sez. 2, n. 19995 del 18.07.2008).
1.1. Il motivo è fondato. Questa Corte ha costantemente espresso un indirizzo in virtù del quale la diffida di cui all’art. 15, comma 8, della legge 10 dicembre 1993, n. 515 -in base alla quale il RAGIONE_SOCIALE invita il candidato che l’abbia omessa a presentare, nel termine di quindici giorni, la dichiarazione
concernente le spese sostenute e le obbligazioni assunte per la propaganda elettorale – assolve alla duplice funzione di offrire al trasgressore la possibilità di sanare l’illecito e, nel contempo, di avvertirlo della pendenza del procedimento sanzionatorio; ne consegue che, in siffatto contesto, è superfluo l’invio di un’ulteriore diffida prima della concreta irrogazione della sanzione amministrativa, essendo l’interessato già a conoscenza della natura dell’addebito e della pendenza della procedura (Cass. Sez. 2, n. 17751 del 21.06.2023, richiamata anche in memoria del ricorrente; Cass. Sez. 1, Ord. n. 28262 del 2019; Cass. 01.04.2008 n. 8443; Cass. 17.03.2008, n. 7138).
1.1.1. Nella duplice funzione assolta dalla diffida, questa Corte di legittimità ha, quindi, escluso l’applicabilità dell’art. 14 legge n. 689 del 1981 e della contestazione ivi prevista al secondo comma. L’art. 15, al comma 19 della legge n. 515 del 1993, con previsione di chiusura, stabilisce – quanto alle sanzioni amministrative pecuniarie previste in materia elettorale – l’applicazione delle disposizioni generali contenute nelle sezioni I e II del capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689, «salvo quanto diversamente disposto», stabilendo altresì, espressamente, che non si applica l’art. 16 della medesima legge n. 689 del 1981. I principi affermati da questa Corte di legittimità e le sottese ragioni divengono così portatori di una natura speciale dell’atto descritto all’art. 15, comma 8, della legge n. 515/1993, come modificato dall’art. 1 della legge 31 dicembre 1996 n. 672 e sostengono, della norma, la deroga all’applicazione della più generale disciplina, da valere in materia di sanzioni amministrative, come contenuta nella legge n. 689 del 1981 (Cass. 4 novembre 2019 n. 28262, conf. da: Cass. Sez. 2, n. 8263 del 24.03.2021).
1.2. Tanto premesso, nel caso di specie si è verificata una situazione particolare, in cui la diffida ex art. 15, comma 8, della legge 10 dicembre 1993, n. 515 del 14.03.2014 faceva seguire, all’ingiunzione di consegnare entro 15 giorni la documentazione richiesta, un espresso (non necessario) rinvio alla notificazione della contestazione della violazione «secondo le disposizioni previste dalla legge 24 novembre 1981, n. 689» . Ugualmente, l’atto di contestazione del 17.09.2014, n. 5261, pervenuto all’ingiun to in data 08.10.2014 conteneva lo stesso (errato) riferimento normativo, dando il termine di 30 giorni all’ingiunto per adempiere.
1.2.1. Questo RAGIONE_SOCIALE ritiene di non dover accogliere la tesi del controricorrente in virtù della quale il comportamento fuorviante della previsione e, poi, notificazione di un atto di contestazione a cura dello stesso RAGIONE_SOCIALE avrebbe ingenerato un affidamento legittimo nell’ingiunto. Innanzitutto, giova ricordare che -nella speciale disciplina destinata a valere in materia elettorale in cui rientra, anche, secondo condiviso indirizzo, la mancata previsione di un termine di decadenza ai sensi dell’art. 14, secondo comma, legge n. 689 del 1981 – trovano ragionevole composizione contrapposte esigenze. L’atto di contestazione e diffida di cui all’art. 15, comma 8, legge n. 515 del 1993 ha natura complessa, confluendo in esso sia l’accertamento della condotta, che resta cristallizzato al momento della mancata presentazione da parte del privato, ora per allora, della originaria prestazione, ovverosia della dichiarazione sulle spese elettorali sostenute quale candidato della consultazione elettorale; sia la conseguente sanzione pecuniaria. Ai sensi dell’art. 2, commi 1 e 3, legge n. 441 del 1982 e dell’art. 7, comma 7, legge n. 515 del 1993, entro tre mesi dalla proclamazione sia i candidati eletti che quelli non eletti sono tenuti a depositare la dichiarazione concernente le spese
sostenute e le obbligazioni assunte per la propaganda elettorale. Ebbene, sia la lettera delle disposizioni citate, sia la ratio delle stesse, che va individuata nell’esigenza di assicurare la trasparenza delle fonti di finanziamento delle campagne elettorali e garantire gli eventuali controlli, comportano la sussistenza dell’obbligo a carico di tutti i candidati che abbiano partecipato alle competizioni elettorali, eletti o meno, di rendere una dichiarazione al riguardo. Sicché, anche nei «casi limite» di candidati i quali, oltre a non sostenere personalmente oneri o ricevere contributi, neppure si siano avvalsi di strutture e mezzi propagandistici collettivi di partito, gli stessi sono tenuti a dichiararlo, assumendosene la relativa responsabilità nella prevista solenne forma. Né è necessaria alcuna prova in ordine alla circostanza che il candidato avesse sostenuto spese o ricevuto contributi, ovvero si fosse avvalso dell’apparato propagandistico collettivo predisposto dal partito di appartenenza, ma è sufficiente il rilievo che il medesimo aveva omesso di presentare alcuna dichiarazione al riguardo, sia pure negativa, persistendo nel silenzio non ammesso dalla legge anche dopo aver ricevuto la notifica della diffida.
Ne discende che la notifica della diffida avrebbe dovuto immediatamente spingere l’ingiunto ad adempiere, consegnando la documentazione richiesta.
1.2.2. Né rileva il fatto che la diffida non contenesse l’esatto importo -bensì l’intervallo della sanzione minacciata, posto che, come sopra rilevato, la duplice funzione della sanzione comporta l’offerta al trasgressore della possibilità di sanare l’illecito , proprio al fine di evitare ogni (eventuale e futura) sanzione. L’atto di diffida previsto dall’art. 15, comma 8, della l. n. 515 del 1993 introduce, in definitiva, una disciplina più favorevole per l’incolpato, posto nelle condizioni oltre che di conoscere la contestazione anche di sanare la
condotta illecita e di evitare di incorrere nella decadenza se eletto. Diversamente, la contestazione di cui all’art. 14 l egge n. 689 del 1981 -ove è precisato l’importo ingiunto – svolge la diversa funzione di portare a conoscenza dell’incolpazione il soggetto destinatario dell’atto al fine di consentirgli un efficace diritto di difesa nel procedimento sanzionatorio (Cass. n. 17751/2023, cit.).
1.2.3. Del resto, a riprova del fatto che lo COGNOME non avesse riposto alcun affidamento neanche sull’ (inutile) atto di contestazione ex art. 14 legge n. 689 del 1981, consegnato in data 08.10.2014, milita il fatto che la documentazione pretesa dalla legge in esame sia pervenuta al RAGIONE_SOCIALE in data 29.05.2015, dunque ben oltre i 30 giorni intimati nella contestazione.
La pronuncia merita, pertanto, di essere cassata, e il giudizio rinviato alla Corte d’Appello di Campobasso in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, in accoglimento del l’unico motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Campobasso in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda