SENTENZA TRIBUNALE DI BRESCIA N. 4746 2025 – N. R.G. 00008372 2021 DEPOSITO MINUTA 06 11 2025 PUBBLICAZIONE 06 11 2025
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di BRESCIA
Terza Sezione CIVILE
Il Tribunale, nella persona del AVV_NOTAIO ha pronunciato ex art. 429 c.p.c. la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. NUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO promossa da:
(C.F.
),
con
il
patrocinio dell’AVV_NOTAIO
NOME
RICORRENTE
contro
(C.F. , in persona del Presidente P.
pro tempore , con il
patrocinio dell’AVV_NOTAIO
RESISTENTE
C.F.
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da ricorso introduttivo e comparsa di costituzione e risposta.
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
La causa ha ad oggetto l’accertamento della legittimità dell’ordinanza di ingiunzione n. 80/2021,
adottata dalla seguito del verbale di accertamento di violazione amministrativa della Polizia Locale del n. 38.NUMERO_DOCUMENTO del 27.02.2019, con cui veniva contestata al Sig. la violazione dell’art. 226 ter, comma II e dell’art. 261, comma IV del Decreto legislativo n. 152 del 03.04.2006.
Detta ordinanza, che prevedeva il pagamento di una sanzione pari ad € 2.513,60, si fondava sul presupposto che titolare dell’impresa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, avesse esercitato la sua attività commercializzando borse di plastica in materiale ultraleggero, non biodegradabile e compostabile, ossia non conformi alla normativa disposta sull’utilizzo dei materiali destinati al contatto con gli alimenti, adottata in attuazione dei regolamenti UE n. 10/2011, CE n. 935/2004 e CE n. 2023/2006.
Avverso l’ordinanza ricorreva al Tribunale, chiedendone in via pregiudiziale la sospensione dell’efficacia esecutiva, e nel merito, l’accertamento della nullità dell’ordinanza di ingiunzione. In via gradata, chiedeva rideterminarsi la sanzione nel minimo eRAGIONE_SOCIALEle.
A sostegno della domanda, deduceva che gli agenti accertatori non avessero effettuato alcuna verifica sulle effettive caratteristiche e sulla concreta composizione del materiale con cui erano stati confezionati i sacchetti di plastica. L’ordinanza di ingiunzione, in altre parole, non dava atto di quale fosse stato il mezzo attraverso il quale gli agenti avevano verificato la non conformità alla normativa di settore delle buste in plastica utilizzate per l’attività.
Con comparsa di costituzione e risposta del 23.12.2021 si costituiva la , chiedendo il rigetto del ricorso. Essa deduceva che nel corso dell’accertamento compiuto presso i locali della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE gli agenti avevano verificato la presenza di sacchetti in plastica in materiale ultraleggero non biodegradabile e compostabile privi della necessaria stampigliatura attestante la conformità alle norme CEE, ragion per cui era stato elevato verbale di contestazione per la violazione dell’art. 226 ter comma 2 D.L.gs 152/2006. Inoltre, i sacchetti non contenevano alcuna indicazione riferita ai prodotti in
materiale ultraleggero biodegradabile e compostabile per alimenti.
La causa è stata istruita mediante prova testimoniale degli agenti accertatori sui capitoli dedotti nella comparsa di parte resistente, assunta all’udienza del 9/5/2024.
Ciò premesso, il ricorso merita accoglimento per le ragioni di seguito illustrate.
La disciplina di riferimento è rappresentata dal D.Lgs. 152/2006, in particolare dall’art. 226 ter.
La norma prevede che: ‘ Al fine di conseguire, in attuazione della direttiva (UE) 2015/720, una riduzione sostenuta dell’utilizzo di borse di plastica, è avviata la progressiva riduzione della commercializzazione delle borse di plastica in materiale ultraleggero diverse da quelle aventi entrambe le seguenti caratteristiche, attestate da certificazioni rilasciate da organismi accreditati: a) biodegradabilità e compostabilità secondo la norma armonizzata UNI EN 13432:2002; b) contenuto minimo di materia prima rinnovabile secondo le percentuali di cui al comma 2, lettere a), b) e c), determinato sulla base dello standard di cui al comma 4. 2. La progressiva riduzione delle borse di plastica in materiale ultraleggero è realizzata secondo le seguenti modalità: a) dal 1º gennaio 2018, possono essere commercializzate esclusivamente le borse biodegradabili e compostabili e con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile non inferiore al 40 per cento; b) dal 1º gennaio 2020, possono essere commercializzate esclusivamente le borse biodegradabili e compostabili e con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile non inferiore al 50 per cento; c) dal 1º gennaio 2021, possono essere commercializzate esclusivamente le borse biodegradabili e compostabili e con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile non inferiore al 60 per cento. 3. Nell’applicazione delle misure di cui ai commi 1 e 2 sono fatti comunque salvi gli obblighi di conformità alla normativa sull’utilizzo dei materiali destinati al contatto con gli alimenti adottata in attuazione dei regolamenti (UE) n. 10/2011, (CE) n. 1935/2004 e (CE) n. 2023/2006, nonché il divieto di utilizzare la plastica riciclata per le borse destinate al contatto alimentare’.
La normativa, la cui ratio è evidentemente quella di raggiungere l’obiettivo di abolizione totale delle
buste in plastica inquinanti, richiama il ruolo degli organismi accreditati, deputati a rilasciare le certificazioni di biodegradabilità e compostabilità secondo gli standard europei.
Se ne ricava che le buste in plastica devono necessariamente riportare una certificazione di conformità.
L’ordinanza di ingiunzione, ed in particolare il verbale di accertamento degli agenti accertatori, appaiono alquanto oscuri per quanto riguarda il rispetto del requisito anzidetto.
Nel verbale, infatti, non vi è scritto che mancano le certificazioni o le stampigliature, ma solo che commercializzava sacchetti in plastica in materiale ultraleggero non biodegradabile e compostabile.
Peraltro, allegato al verbale di accertamento, vi sono due fotografie di rotoli di buste in plastica la cui immagine non corrisponde a quanto riportato nel verbale, ovverosia che le buste si trovavano dislocate in vari punti del negozio, vicini ai prodotti ortofrutticoli. Le fotografie ritraggono, si ipotizza, i rotoloni che sono stati oggetto di sequestro da parte degli agenti accertatori ma nulla dicono circa la supposta violazione di legge.
L’ordinanza di ingiunzione si arricchisce di alcune precisazioni che tuttavia non fanno venir meno la genericità della contestazione mossa al ricorrente. In essa è dato leggersi che i sacchetti non riportavano alcuna indicazione attestante il rispetto delle specifiche previste dalla vigente normativa vigente in materia, comprovato dalla stampigliatura obbligatoria presente sui sacchetti, e che i sacchetti presenti all’interno dell’attività di non riportavano alcuna indicazione riferita ai prodotti in materiale ultraleggero biodegradabile o compostabile e/o per alimenti.
pagina 4 di 6 Si conviene con il ricorrente sul fatto che sia mancato un accertamento tecnico della concreta difformità dei sacchetti alle prescrizioni in tema di composizione del materiale in cui sono realizzati, nonché un campionamento del materiale asseritamente difforme, idoneo a consentirne la verifica tecnica a posteriori. Gli agenti accertatori, in altre parole, non hanno verificato adeguatamente la conformità o meno dei sacchetti alla normativa di settore. L’ente non vi ha provveduto neanche a seguito della presentazione degli scritti difensivi nei quali, appunto, veniva mosso tale rilievo all’accertamento compiuto in loco .
D’altronde, la normativa di cui all’art. 226 ter del D.Lgs n. 152/2006 individua come requisito, oltre alla biodegradabilità e compostabilità secondo la norma armonizzata UNI EN 13432:2002, che le buste in plastica abbiano un contenuto minimo di materia prima rinnovabile secondo le percentuali di cui al comma 2, lettere a), b) e c). Il riferimento ad un parametro extragiuridico, quale è quello della composizione del materiale con cui vengono prodotti i sacchetti, non può che abbinarsi ad un accertamento in concreto delle effettive caratteristiche dei sacchetti presenti nei locali della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE. Diversamente, non si comprende come si possa garantire il rispetto degli standard di legge europei. La norma, in altre parole, è di tal fatta che l’accertamento che va compiuto deve necessariamente passare per un’analisi concreta del materiale di composizione.
E’ anche in tale ottica che il riferimento al requisito della c.d. stampigliatura obbligatoria risulta infondato e inconferente. La stampigliatura, infatti, non gode di un appiglio normativo, a meno che con essa non ci si riferisca alla c.d. certificazione di cui all’art. 226 ter D. Lgs 152/2006, ovverosia quella demandata agli organismi accertatori. Ma nulla di ciò è stato dedotto.
Neppure le prove orali fornivano elementi favorevoli alla legittimità dell’ingiunzione di pagamento, giacché confermavano l’astrattezza dell’accertamento compiuto dagli agenti accertatori al momento del sopralluogo. Costoro infatti riferivano che la presenza della stampigliatura è imposta dal D. Lgs n. 152/2006, ma così non è. Peraltro al teste veniva richiesto da dove si potesse ricavare la presenza della stampigliatura. Tale domanda, a ben vedere, smentisce la tesi della resistente secondo cui la stampigliatura debba essere presente sui sacchetti. Senonché, a riprova di ciò, il teste rispondeva che la stampigliatura la possono ricavare anche dall’imballaggio, non solo dal prodotto. Delle due l’una: se la stampigliatura è obbligatoria per legge, deve essere presente o sui sacchetti o sulle scatole dell’imballaggio. La possibilità di presenza della stampigliatura sull’imballaggio è emersa
soltanto in sede di audizione testimoniale, mentre in occasione del verbale di accertamento tale aspetto non veniva neppure menzionato.
Concludendo, si ritiene che la sanzione sia stata comminata in carenza dei presupposti di legge e in difetto di un adeguato accertamento circa il materiale e la composizione dei sacchetti rinvenuti presso la RAGIONE_SOCIALE, posti poi sotto sequestro ai fini della confisca.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita, così dispone:
accoglie il ricorso di
condanna la parte resistente a rimborsare alla parte ricorrente le spese di lite, che si liquidano in € 1.701 oltre i.v.a., c.p.a. e 15 % per spese generali.
Sentenza resa ex articolo 429 c.p.c..
Brescia, 6 novembre 2025
Il AVV_NOTAIO
Brescia, 6 novembre 2025
Il AVV_NOTAIO
AVV_NOTAIO NOME COGNOME