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Sanzioni psicologi: ruolo del PM nel processo

In un caso riguardante le sanzioni psicologi, la Corte di Cassazione, tramite un’ordinanza interlocutoria, ha sollevato d’ufficio la questione della nullità della sentenza d’appello per la mancata partecipazione del Pubblico Ministero. Evidenziando un contrasto giurisprudenziale sul tema, la Corte non ha deciso nel merito ma ha disposto la trattazione in pubblica udienza per consentire alle parti di discutere se il PM debba essere considerato un litisconsorte necessario in questi procedimenti.

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Pubblicato il 20 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Sanzioni Psicologi: La Cassazione Interroga sul Ruolo del Pubblico Ministero

Una recente ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione ha riacceso il dibattito su un aspetto cruciale della procedura relativa alle sanzioni psicologi. Il caso, originato da un ricorso contro una sanzione disciplinare, ha portato i giudici a sollevare d’ufficio una questione fondamentale: la mancata partecipazione del Pubblico Ministero (PM) al giudizio di appello può rendere nulla la sentenza? La Corte ha deciso di non pronunciarsi subito, ma di approfondire la questione in una pubblica udienza, data l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale all’interno della stessa sezione.

I Fatti del Caso: Una Sanzione Disciplinare in Appello

La vicenda processuale ha inizio con l’impugnazione di una sanzione disciplinare inflitta dall’Ordine degli Psicologi a una professionista. Il caso è giunto fino in Corte d’Appello, che ha emesso una sentenza. Contro questa decisione, la psicologa ha proposto ricorso per Cassazione. Tuttavia, durante l’esame del ricorso, il collegio giudicante ha notato un’anomalia procedurale: il Pubblico Ministero, che era intervenuto nel giudizio di primo grado, non aveva partecipato al successivo grado di appello. Questo dettaglio ha spinto la Corte a fermare l’analisi del merito per concentrarsi su una potenziale causa di nullità dell’intero procedimento di secondo grado.

La Questione di Nullità e il Ruolo del PM nelle Sanzioni Psicologi

Il cuore del problema risiede nell’interpretazione delle norme che regolano l’impugnazione delle delibere dei Consigli dell’Ordine degli Psicologi (Legge n. 56/1989). La Corte si è trovata di fronte a due orientamenti interpretativi opposti, emersi nel corso degli anni.

La Tesi Restrittiva: Il PM Non Può Impugnare

Un primo orientamento, più datato (rappresentato ad esempio dalla sentenza n. 17324/2015), sosteneva che il potere di impugnare le sanzioni disciplinari fosse riservato esclusivamente al professionista sanzionato. Secondo questa visione, l’intervento del PM era sì necessario in primo grado, ma il suo ruolo non si estendeva al potere di impugnazione delle sanzioni. Di conseguenza, la sua assenza in appello non poteva causare la nullità della sentenza, poiché non era considerato una parte necessaria in quella fase del giudizio.

La Tesi Estensiva: Il PM è Litisconsorte Necessario

Un orientamento più recente (espresso nelle ordinanze n. 3532/2024 e n. 4319/2024) ha invece adottato una lettura più ampia della normativa. Partendo dall’articolo 19 della Legge n. 56/1989, che regola in generale le impugnazioni, questa giurisprudenza ha concluso che, poiché il PM deve essere sentito in primo grado, egli è a tutti gli effetti una parte del processo. Come tale, ha il diritto di impugnare la sentenza di primo grado al pari del professionista. Se il PM è una parte necessaria del processo fin dall’inizio, la sua mancata partecipazione a una delle fasi successive, come l’appello, vizia l’intero procedimento, rendendo la sentenza nulla. In questo caso, si parla di ‘litisconsorte necessario’, ovvero una parte la cui presenza è indispensabile per la validità della decisione.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione, con la sua ordinanza interlocutoria, ha preso atto di questo ‘contrasto diacronico’ interno. I giudici hanno ritenuto che la questione fosse troppo importante per essere risolta senza un adeguato approfondimento. La potenziale nullità della sentenza di secondo grado per la mancata partecipazione del PM è una questione di diritto processuale con impatti significativi su tutti i procedimenti disciplinari a carico degli psicologi. Piuttosto che decidere immediatamente, rischiando di creare ulteriore incertezza, la Corte ha preferito sollevare formalmente la questione e dar modo a tutte le parti coinvolte, inclusa la Procura Generale presso la stessa Corte, di presentare le proprie argomentazioni in una pubblica udienza. Questa scelta mira a superare il contrasto giurisprudenziale in modo ponderato e definitivo, senza la necessità di rimettere la questione alle Sezioni Unite, l’organo supremo di nomofilachia.

Le Conclusioni

In conclusione, l’ordinanza non decide il caso specifico, ma lo ‘congela’ per risolvere una questione di massima importanza. La decisione finale che verrà presa dopo la pubblica udienza avrà un valore fondamentale, poiché stabilirà una volta per tutte se il Pubblico Ministero debba essere considerato una parte necessaria (litisconsorte necessario) anche nel giudizio di appello relativo alle sanzioni psicologi. Questa pronuncia influenzerà la corretta costituzione del contraddittorio in tutti i futuri procedimenti di questo tipo, garantendo certezza del diritto e uniformità di trattamento a livello nazionale.

Qual è la questione principale sollevata dalla Corte di Cassazione in questa ordinanza?
La questione principale è se la mancata partecipazione del Pubblico Ministero (PM) al giudizio di appello, relativo a una sanzione disciplinare contro uno psicologo, causi la nullità della sentenza, dato che il PM aveva partecipato al primo grado di giudizio.

Perché la partecipazione del Pubblico Ministero è così importante in questo tipo di procedimenti?
La sua importanza deriva da un conflitto interpretativo della legge. Secondo un orientamento recente, il PM è un ‘litisconsorte necessario’, cioè una parte la cui presenza è obbligatoria per legge per garantire la validità del processo, in quanto tutela un interesse pubblico che va oltre quello del singolo professionista.

Qual è la decisione finale presa dalla Corte con questa ordinanza?
La Corte non ha preso una decisione finale sul caso. Ha emesso un’ordinanza interlocutoria con cui ha disposto la trattazione del procedimento in pubblica udienza per consentire a tutte le parti e alla Procura Generale di discutere e risolvere il contrasto giurisprudenziale esistente sul ruolo del PM.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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