Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8830 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 8830 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 15892-2022 proposto da:
NOMECOGNOME elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– resistente con mandato – avverso la sentenza n. 675/2021 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 05/01/2022 R.G.N. 329/2021;
Oggetto
R.G.N.15892/2022
COGNOME
Rep.
Ud.14/02/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
NOME NOME aveva contestato davanti al Tribunale di Torino la propria iscrizione d’ufficio alla gestione separata e sostenuto l’inesistenza dell’obbligo contributivo conseguente, eccependo altresì la prescrizione, ed il Tribunale aveva accolto il ricorso nel merito. La Corte territoriale aveva respinto il gravame dell’INPS con sentenza n. 256/2016, contro la quale l’Istituto ave va proposto ricorso in Cassazione ed il Madaro ricorso incidentale condizionato. Questa Corte, con sentenza n. 2282/2018, aveva cassato con rinvio, rimettendo la causa alla Corte torinese anche con riferimento alle questioni oggetto delle censure del ricorso incidentale condizionato concernenti l’eccezione di prescrizione dei contributi e la debenza e misura delle sanzioni.
Il Collegio, in sede di rinvio, aveva dichiarato prescritta la pretesa dell’Inps, il quale aveva nuovamente proposto ricorso in Cassazione. Questa Corte, con sentenza n. 8419/2021, ha accolto le doglianze dell’Ente ed i Giudici territoriali, in sede di secondo rinvio, con la sentenza n. 675/2021 hanno respinto le domande proposte con l’originario ricorso relativamente ai contributi ed hanno ridotto le sanzioni.
COGNOME NOME impugna la sentenza per due motivi, illustrati da memoria.
Inps non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Chiamata la causa all’adunanza camerale del 14 febbraio 2025, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, cod. proc. civ.).
CONSIDERATO CHE
COGNOME NOME propone due motivi di ricorso così rubricati:
I)’Art. 360 comma 1 n. 3 e 5 cod. proc. civ. Difetto di motivazione -Applicazione illogica delle considerazioni dell’ordinanza di Cassazione Divieto per la Suprema Corte di decidere nel ‘merito’ Totale assenza di accertamento specifico in ordine al comportamento (presunto) doloso del contribuente -Contraddittorietà -Brevi accenni in ordine al comportamento doloso, desumibili dall’ordinanza della Corte costituzionale n. 104 del 2022: Nullità della sentenza’.
II)’Art. 360, comma 1 n. 3 e 5 cod. proc. civ. Inapplicabilità delle sanzioni’.
Il primo motivo è infondato e deve essere rigettato.
I n seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83/2012, conv., con modif., dalla l. n. 134/2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass. n. 7090/2022 ex multis ).
Nella specie, il vizio lamentato non sussiste poiché la motivazione è chiara e consequenziale, non è contraddittoria (perché il diverso e più mite regime delle sanzioni viene motivato sulla base della esistenza di contrasti giurisprudenziali e non per assenza di dolo) né apparente.
Il Collegio torinese in sede di rinvio, dopo aver ricordato che con il ricorso in cassazione l’Istituto aveva rilevato che i propri crediti non potevano considerarsi prescritti ‘operando la sospensione del termine a causa della mancata compilazione da parte del contribuenti del modello RR nella dichiarazione dei redditi dell’anno 2008, presentata il 28 settembre 2009′, ha riprodotto parte della ordinanza rescindente, in cui si legge che, pur essendo vero che il dies a quo della prescrizione estintiva coincide con la data di scadenza dei contributi e non con quella di presentazione della dichiarazione reddituale, pur tuttavia la giurisprudenza di legittimità «ha affermato che ricorre la causa della sospensione della prescrizione di cui all’art. 2941 n. 8 cod. civ. qualora il debitore abbia posto in essere una condotta tale da comportare per il creditore una vera e propria impossibilità di agire…un comportamento intenzionalmente diretto ad occultare al creditore l’esistenza dell’obbligazione’, richiamando il precedente di cui a Cass. n. 6677/2019 nel quale era stato affermato che, ‘in tema di sospensione della prescrizione costituisce doloso occultamento del debito contributivo …la condotta del professionista che ometta di compilare la dichiarazione dei redditi nella parte relativa ai proventi della propria attività, utile al calcolo dei contributi per la gestione separata’.
La sentenza oggi impugnata ha, quindi, riportato il principio espresso da questa Corte nella ordinanza n. 8419/2021, principio che è stato ben interpretato dai Giudici torinesi.
Infatti, nella ordinanza n. 8419/2021 è affermato che, «nel caso in esame, la Corte territoriale, ha correttamente affermato la decorrenza del dies a quo della prescrizione quinquennale dalla data di scadenza del credito, ma, nel contempo ha omesso di applicare la causa di sospensione (art. 2941, n. 8 cod.civ.), che
avrebbe dovuto considerarsi ricorrente secondo l’insegnamento dettato dalla giurisprudenza di questa Corte; la Corte d’appello fonda il riconoscimento del decorso della prescrizione estintiva del credito sul fatto che la mancata denuncia del reddito non equivale a un doloso e preordinato occultamento del debito contributivo né implica un doloso e preordinato occultamento del debito contributivo da corrispondere, atteso che la mancata compilazione del modello RR può essere sempre scongiurata dall’Inps, attraverso i normali controlli amministrativi, attivati anche avvalendosi dell’Agenzia delle Entrate; la decisione si basa, pertanto, su un errato fondamento argomentativo e va quindi, emendata in conformità a quanto stabilito dalla giurisprudenza di questa Corte».
Il Collegio torinese, ritenendo non prescritto il credito dell’Istituto in quanto la mancata compilazione del quadro RR, da intendersi quale occultamento doloso del debito contributivo, ha determinato la sospensione del termine prescrizionale, ha, quindi, applicato la norma così come interpretata dalla Corte di legittimità con riguardo al caso concreto sottoposto al suo vaglio.
Vero è che la giurisprudenza di legittimità sul punto è successivamente mutata: ciò però, non scioglie il giudice del rinvio dal vincolo che gli deriva dal principio di diritto enunciato nella pronuncia di cassazione.
Come ancora di recente ricordato da Cass. n. 807/2025, «deve ribadirsi che, a norma dell’art. 384, primo comma, c.p.c., l’enunciazione del principio di diritto vincola il giudice di rinvio che ad esso deve uniformarsi, anche qualora, nel corso del processo, siano intervenuti mutamenti della giurisprudenza di legittimità, sicché anche la Corte di cassazione, nuovamente investita del ricorso avverso la sentenza pronunciata dal giudice
di merito, deve giudicare sulla base del principio di diritto precedentemente enunciato, e applicato dal giudice di rinvio, senza possibilità di modificarlo, neppure sulla base di un nuovo orientamento giurisprudenziale della stessa Corte, salvo che la norma da applicare in relazione al principio di diritto enunciato risulti successivamente abrogata, modificata o sostituita per effetto di jus superveniens, comprensivo sia dell’emanazione di una norma di interpretazione autentica, sia della dichiarazione di illegittimità costituzionale (Cass. n. 27155 del 2017; n. 6086 del 2014)».
Il secondo motivo di censura è, viceversa, fondato Va, al proposito, richiamato il consolidato orientamento, come da ultimo espresso in Cass. n.28652/2024 ex multis , in forza del quale «gli ingegneri e gli architetti non iscritti a RAGIONE_SOCIALE, perché contemporaneamente iscritti presso altra gestione previdenziale obbligatoria, e tenuti a iscriversi alla gestione separata obbligatoria presso l’INPS ai sensi dell’art. 18, comma 12, del d.l. n. 98 del 2011, conv. con modif. dalla l. n. 111 del 2011, sono esonerati dal pagamento delle sanzioni civili in favore dell’ente previdenziale per l’omessa iscrizione nel periodo anteriore all’entrata in vigore di detta norma, in applicazione dello “ius superveniens” conseguente alla pronuncia della Corte cost. n. 55 del 2024».
Pertanto, rigettata la prima doglianza, il secondo motivo va accolto, la sentenza impugnata va cassata in relazione ad esso e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa può essere decisa nel merito dichiarando non dovute le sanzioni relativame nte all’anno 2008.
Le spese dell’intero processo sono compensate per soccombenza reciproca in relazione ai diversi capi di domanda proposti (Cass. Sez. Un. n. 32061/2022).
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara non dovute le sanzioni relativamente all’anno 2008.
Compensa le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 14 febbraio