Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. L Num. 7029 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 7029 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 16/03/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 24515/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 519/2018 depositata il 11/06/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito l’avvocato NOME COGNOME
udito l’avvocato NOME COGNOME per delega verbale avvocato NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.La Corte d’Appello di Bologna, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa sede, accoglieva la domanda proposta dalla RAGIONE_SOCIALE e dichiarava che la società aveva correttamente pagato all’INPS le sanzioni civili sui contributi dovuti nel periodo da gennaio 1981 a gennaio 1992 per i collaboratori autonomi addetti ai totalizzatori ed alla vendita dei biglietti.
Il giudice dell’appello esponeva in fatto che:
-a seguito di una ispezione dell’INPS presso l’ippodromo di Bologna era stata contestata la natura subordinata dei già menzionati rapporti di lavoro e richiesto il pagamento dei contributi e delle sanzioni amministrative;
il Pretore di Bologna (sentenza n. 953/98) aveva accertato la natura autonoma dei rapporti di lavoro ed accolto la opposizione della società;
il Tribunale di Bologna (sentenza n. 175/06), in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva condannato la società al pagamento dei soli contributi per malattia e RAGIONE_SOCIALE, oltre sanzioni ed interessi «come per legge»;
-l’INPS aveva proposto ricorso per cassazione, respinto con sentenza n. 18766 dell’anno 2012;
-in data 21 luglio 2015 la società aveva pagato quanto dovuto per contributi nonché le sanzioni civili in misura ridotta, ai sensi dell’art.116, comma 15, l. n. 388/2000; contestualmente al versamento, aveva presentato domanda amministrativa per la riduzione delle sanzioni, che non era stata accolta;
Tanto premesso in punto di fatto, la Corte territoriale osservava che la riduzione delle sanzioni civili era riconosciuta dall’ articolo 116, comma 15, alla lettera a), nelle fattispecie di mancato o ritardato pagamento di contributi a causa di oggettive incertezze, connesse a contrastanti orientamenti giurisprudenziali.
Nella fattispecie di causa, era pacifico che alla data di scadenza dei contributi fosse sorto un contrasto di giurisprudenza in merito alla esistenza ed alla estensione dell’obbligo contributivo per i lavoratori
autonomi degli ippodromi addetti ai totalizzatori ed alla vendita di biglietti. Detto contrasto era stato risolto dalle Sezioni Unite della Cassazione nell’anno 1999 (sentenza n. 581/99), con l’affermazione della sussistenza dell’obbligo contributivoindipendentemente dalla natura autonoma del rapporto di lavoro -limitatamente ai contributi per malattia e GESCAL. A tale orientamento si era conformato, nel giudizio tra le parti già definito, il giudice dell’appello.
5.La società aveva poi versato, nel luglio 2015, oltre ai contributi per malattia e RAGIONE_SOCIALE, l’importo delle sanzioni civili, ridotto alla misura degli interessi legali.
Ricorrevano, dunque, i presupposti per la riduzione delle sanzioni civili, richiesta dalla società e negata dall’INPS.
Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza l’INPS, articolato in due motivi di censura, cui ha resistito con controricorso la società RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE).
8.La causa, avviata per la trattazione in camera di consiglio, è stata rinviata a nuovo ruolo per la discussione in udienza pubblica, in relazione alla quale la società controricorrente ha depositato memoria.
Il PG ha concluso per l’accoglimento del ricorso dell’INPS.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di censura l’INPS ha denunciato-ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod.proc.civ. -la violazione e falsa applicazione dell’art. 116,comma 15, lett. a) l. 23 dicembre 2000 n. 388, della direttiva del MINISTERO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE del 12 giugno 2001 n. 134 (adottata ai sensi della predetta norma di legge) nonché dell’art. 1175 cod.civ.
2.Si assume che la riduzione delle sanzioni civili non avrebbe potuto essere riconosciuta, in ragione del ritardo della società nell’adempimento del debito, cristallizzato dalla sentenza della Corte d’Appello dell’anno 2006 (impugnata soltanto dall’INPS). La disciplina legislativa più mite, nell’assunto dell’ente, avrebbe potuto trovare applicazione soltanto nell’ ipotesi in cui il pagamento di quanto dovuto in forza della decisione giudiziaria fosse avvenuto «in termini ragionevoli», secondo l’ordinaria diligenza.
3.Con il secondo mezzo, proposto in via subordinata, l’INPS lamentaai sensi dell’art. 360 n. 3 cod.proc.civ.la violazione e falsa applicazione dell’art. 116, comma 15, lett. a) l. 23 dicembre 2000 n. 388 e della direttiva del MINISTERO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE del 12 giugno 2001 n. 134, censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto satisfattivo il pagamento delle sanzioni civili nella misura degli interessi legali.
Si deduce che tale misura è soltanto la soglia massima legale di riduzione delle sanzioni civili mentre la disciplina di dettaglio è delegata dal citato articolo 116,comma 15, ad una delibera adottata dal consiglio di amministrazione degli enti impositori (nella specie, delibera del Consiglio di amministrazione INPS in data 8 gennaio 2002), sulla base di criteri indicati con direttiva del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro del tesoro ( direttiva del 19 aprile 2001).
Il ricorso interroga questa Corte sulla disciplina delle sanzioni civili dovute in caso di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi dovuto ad una oggettiva incertezza interpretativa sulla effettiva ricorrenza della obbligazione, incertezza interpretativa la cui sussistenza è nella fattispecie di causa incontestata.
In particolare, è pacifico in causa:
-che l’INPS, in sede ispettiva, aveva contestato alla società di non avere dichiarato rapporti di lavoro di natura subordinata ed aveva posto in recupero i contributi da lavoro dipendente (IVS e minori) e le sanzioni, emettendo varie ordinanze-ingiunzione;
-nel giudizio che ne derivò, sul quale si è formato il giudicato, venne esclusa la natura subordinata dei rapporti di lavoro. Fu riconosciuto come dovuto, tuttavia, dal giudice dell’appello (sentenza dell’anno 2006), il minor importo dei contributi richiesto dall’INPS per malattia e RAGIONE_SOCIALE; tanto sulla base della sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 581/1999, successiva alla pubblicazione della sentenza di primo grado, che affermò dovuti detti contributi minori per i lavoratori autonomi degli ippodromi addetti ai totalizzatori ed alla ricezione delle scommesse.
-il ricorso in cassazione venne proposto soltanto dall’INPS e respinto nell’anno 2012; nell’anno 2015, la società controricorrente pagò di propria iniziativa i contributi dovuti e le sanzioni in misura ridotta.
-nel presente giudizio si controverte sul diritto della società alla riduzione delle sanzioni: con il primo motivo l’INPS contesta l’ an della riduzione; con il secondo, proposto in via gradata, il quantum .
Secondo la giurisprudenza di questa Corte (per tutte: Cass. 3 giugno 2022, n.17970, punti da 33 a 36 e giurisprudenza ivi citata), la normativa sulla riduzione delle sanzioni civili nei casi di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi derivante da oggettive incertezze connesse a contrastanti orientamenti giurisprudenziali (o amministrativi) va letta nel suo complesso e si articola in due previsioni di fondo:
-la prima è quella della art. 116, comma 10, l. n. 388/2000, secondo cui «nei casi di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi derivanti da oggettive incertezze connesse a contrastanti orientamenti giurisprudenziali o amministrativi sulla ricorrenza dell’obbligo contributivo, successivamente riconosciuto in sede giudiziale o amministrativa, sempreché il versamento dei contributi o premi sia effettuato entro il termine fissato dagli enti impositori, si applica una sanzione civile, in ragione d’anno, pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5,5 punti ;… » (con il limite massimo del 40 per cento della contribuzione dovuta).
-la seconda è quella dell’art. 116, comma 15, lett. a), a tenore della quale:
«fermo restando l’integrale pagamento dei contributi e dei premi dovuti alle gestioni previdenziali e assistenziali, i consigli di amministrazione degli enti impositori, sulla base di apposite direttive emanate dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica fissano criteri e modalità per la riduzione delle sanzioni civili di cui al comma 8, fino alla misura degli interessi legali» in relazione ai «casi di mancato e ritardato pagamento di contributi o premi derivanti da oggettive incertezze connesse a contrastanti ovvero sopravvenuti diversi orientamenti giurisprudenziali o determinazioni amministrative sulla ricorrenza dell’obbligo contributivo successivamente riconosciuto in sede giurisdizionale o amministrativa in relazione alla particolare rilevanza delle incertezze interpretative che hanno dato luogo alla inadempienza».
Lo stato di incertezza sulla sussistenza dell’obbligo contributivoche consente di attribuire i connotati della buona fede alla posizione del
contribuente -non trova, dunque, collocazione all’interno della alternativa tra omissione ed evasione contributiva ma è oggetto di specifica disciplina nelle disposizioni sopra citate, che attenuano il carico sanzionatorio ma presuppongono il pagamento integrale dei contributi.
La giurisprudenza della Corte ha anche evidenziato che i commi 10 e 15 lettera a) dell’articolo 116da leggere, come si è visto, nel loro complesso -prevedono una riduzione delle sanzioni diversa e progressivamente più intensa.
La previsione del comma 15 lett. a) viene in rilievo, per quanto dispone la lettera della norma, nella ipotesi di «particolare rilevanza» delle incertezze interpretative che hanno dato luogo alla inadempienza; in tale eventualità, il suddetto comma 15 fissa una soglia massima di riduzione della sanzione, pari alla misura dell’interesse legale.
Fermi tali orientamenti, con il primo motivo di ricorso l’INPS sostiene che la disciplina della buona fede del contribuente non sia invocabile dalla società controricorrente, per avere pagato i contributi oltre il termine «utile».
La norma di riferimento è il comma 10 dell’articolo 116, che, in una lettura complessiva, regge anche la fattispecie di cui al successivo comma 15 lett. a).
Ed invero, la espressione «fermo restando l’integrale pagamento dei contributi», con la quale si apre il citato comma 15, deve essere intesa nel senso che il pagamento dei contributi deve avvenire, comunque, nel termine indicato dal precedente comma 10.
Non si potrebbe, infatti, accedere alla più favorevole disciplina di cui all’articolo 116, comma 15, letta a) se non sussistessero tutti i requisiti richiesti per la minor riduzione delle sanzioni prevista dal precedente comma 10.
In tale lettura, il comma 10 dell’articolo 116 contiene, come si è premesso, la disciplina di riferimento della buona fede.
Secondo la lettera del comma 10 in esame, il pagamento dei contributi deve avvenire «entro il termine fissato dagli enti impositori».
La norma, a giudizio del collegio, dispone che il tardivo pagamento della contribuzione deve avvenire in un termine prestabilito e non già,
come l’INPS afferma con il primo motivo di ricorso, «in termini ragionevoli e secondo l’ordinaria diligenza e correttezza che avrebbe dovuto distinguere il comportamento del debitore» (così in ricorso, alla pagina 13). La interpretazione proposta dall’INPS non trova corrispondenza nel dato letterale e, peraltro, sarebbe foriera di inevitabili incertezze sull’ effettivo termine utile all’adempimento dell’obbligo contributivo con sanzioni ridotte.
Un primo approdo può, dunque, essere fissato nel senso che il comma 10 dell’articolo 116 prevede due momenti: un momento iniziale, in cui i contributi non vengono versati nel termine di scadenza, essendo incerta -(nei sensi fissati dalla norma e che qui non sono in discussione) -la ricorrenza dell’obbligo contributivo; un secondo momento, in cui i contributi vengono pagati dal debitore in un termine fissato dagli enti impositori (necessariamente successivo a quello di scadenza, giacché altrimenti non vi sarebbe questione di sanzioni). Questo secondo termine non è determinato dalla legge ma è indicato al contribuente dall’ente previdenziale, evidentemente in una richiesta di versamento dei contributi a lui indirizzata. Tale è il significato della espressione «sempreché il versamento dei contributi o premi sia effettuato entro il termine fissato dagli enti impositori».
Resta da verificare quale sia la richiesta dell’ente previdenziale rilevante ai fini dell’applicazione del comma 10. Si tratta di stabilire:
-se l’ente possa in qualunque momento fissare al contribuente un termine entro il quale i contributi vanno versati, pena l’impossibilità di invocare il regime della buona fede;
o, piuttosto, se il termine di adempimento, ai sensi del comma 10 dell’articolo 116, possa essere fissato dall’ente impositore soltanto quando la oggettiva incertezza interpretativa è stata sciolta ed i contributi sono stati riconosciuti dovuti.
La giurisprudenza di questa Corte è orientata nel primo senso.
Con riferimento ai contributi dovuti dagli avvocati tenuti ad iscriversi alla gestione separata si è, ad esempio, escluso che l’avvocato possa beneficiare del regime della buona fede quando non abbia versato la contribuzione richiesta dell’INPS, senza indagare sul «se» al momento di tale richiesta l’obbligo di contribuzione fosse o meno obiettivamente
incerto (in questo senso, per tutte: Cass. n. 17970/2022 cit. e Cass. 24 giugno 2022 n. 20446).
22. Secondo questa lettura, in una situazione di incertezza interpretativa oggettiva (secondo i canoni fissati dal comma 10 dell’articolo 116) il contribuente deve comunque versare i contributi «a prima richiesta» dell’ente, nel termine che lo stesso ente fissa. La giurisprudenza della Corte non si è invece espressa direttamente sul «se» insieme ai contributi debbano essere versate anche le sanzioni, che restano comunque dovute in caso di buona fede, in quanto legate al decorso del termine di scadenza ex lege .
Ne consegue che se, in seguito, in sede giudiziaria o amministrativa, l’incertezza interpretativa si risolve nel senso che i contributi non sono dovuti, si avrà una ipotesi di versamento indebito, soggetto a ripetizione. 24. A voler percorrere tale indirizzo interpretativo, nella fattispecie di causa la società avrebbe dovuto pagare i contributi per malattia e RAGIONE_SOCIALE quando richiesti dall’INPS, sull’assunto della natura subordinata dei rapporti di lavoro, nei primi anni Novanta. Non è stato fissato dall’INPS, in epoca successiva, un termine per il versamento della contribuzione per malattia e GESCAL/lavoratori autonomi, tanto che lo
stesso ente si appella ad un termine «ragionevole».
Il primo motivo di ricorso dell’INPS, per quanto sin qui esposto, andrebbe accolto.
Secondo il collegio, all’ indirizzo ermeneutico richiamato è affiancabile una diversa opzione interpretativa, secondo la quale il termine di versamento dei contributi, maggiorati delle sanzioni fissate dal comma 10 dell’articolo 116, deve essere fissato dagli enti impositori, in caso di effettive ed obiettive incertezze interpretative, soltanto dopo che l’obbligo contributivo sia stato riconosciuto come esistente.
In tal senso, si osserva che la lettera della norma prevede: una inziale obiettiva incertezza interpretativa al momento della scadenza dei contributi; il riconoscimento «successivamente», in sede giudiziale o amministrativa, della ricorrenza dell’obbligo contributivo; soltanto poi, nella sequenza del periodo, il versamento della contribuzione nel termine fissato dagli enti impositori.
28. La ratio della norma sarebbe quella di «sterilizzare» la richiesta di pagamento di un obbligo contributivo obiettivamente incerto nell’ an , giacché tale attesa trova una giustificazione nel dubbio interpretativo ed una compensazione, quando poi la contribuzione sia riconosciuta come dovuta, nel carico sanzionatorio che grava sul contribuente, pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5,5 punti. Si tratta dello stesso carico sanzionatorio che il legislatore prevede in caso di omissione contributiva (articolo 118, comma 8, lett. a).
29. La proposta soluzione ha il pregio di evitare ingiustificati aggravi del contribuente.
30. Ed invero, la attesa delle parti del rapporto contributivo non comporta alcun onere economico per il contribuente mentre per l’ente impositore l’eventuale ritardo del versamento dovuto è «compensato» dalle sanzioni civili al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5,5 punti.
Secondo la diversa opzione interpretativa, il contribuente andrebbe invece incontro ad un esborso economico immediato, dovendo pagare la contribuzione obiettivamente incerta e, nel caso in cui i contributi risultino, poi, non dovuti, dovrebbe chiedere la restituzione della somma versata, maggiorata soltanto dell’interesse legale dalla data della domanda di restituzione, secondo la disciplina dell’articolo 2033 cod.civ.
32. Lo squilibrio di posizione delle parti risulta ancor più evidente a voler ritenere che il contribuente debba pagare «a prima richiesta», oltre ai contributi, anche le sanzioni civili; a volere immaginare, invece, che il contribuente debba pagare «a prima richiesta» solo i contributi, occorrerebbe fissare un secondo e nuovo termine per pagare le sanzioni in misura ridotta.
Secondo la opzione interpretativa in questa sede ipotizzata, quando l’obbligo contributivo sia riconosciuto esistente l’ente deve fissare un termine per il pagamento contestuale dei contributi e delle sanzioni in misura ridotta; la violazione del termine comporterebbe per il contribuente l’impossibilità di invocare la buona fede.
A volere seguire tale impostazione, il primo motivo di ricorso dell’INPS andrebbe respinto, perché l’ente non ha fissato, una volta superato il dubbio interpretativo, il termine di versamento dei contributi e
delle sanzioni ed il pagamento è avvenuto per iniziativa esclusiva della società.
35. Non sfugge al collegio che questa interpretazione comporta un’incertezza circa il momento in cui l’ente previdenziale può (e deve) fare richiesta di versamento dei contributi e delle sanzioni. Nella prospettiva ipotizzata, tale momento è quello in cui l’obbligo sia «successivamente riconosciuto in sede giudiziale o amministrativa». La applicazione della norma non può che avvenire con una indagine caso per caso. Nella fattispecie di causa, il momento di riferimento sarebbe individuabile nella pronuncia delle Sezioni Unite del 1999, cui avrebbe dovuto far seguito una richiesta di versamento dell’INPS.
36. Tuttavia, anche la interpretazione secondo la quale il versamento deve avvenire «a prima richiesta» dell’ente previdenziale non è immune da criticità, perché porre un termine di versamento dei contributi -ai fini della riduzione delle sanzioni di cui all’art. 116, comma 10, l. n. 388/2000 -in una situazione di incertezza interpretativa determinerebbe un inevitabile contenzioso tra l’ente ed il contribuente.
37. In definitiva, il primo motivo di ricorso dell’INPS pone una questione di interpretazione dell’articolo 116, comma 10, l. n. 388/2000(in combinazione con il successivo comma 15 lett. a) -di particolare importanza, in relazione alla quale si ravvisa la opportunità di rimettere la causa al Primo Presidente per la sua eventuale assegnazione alle Sezioni Unite
PQM
Rimette la causa al Primo Presidente affinché valuti la opportunità della assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.
Così deciso in Roma, nella udienza pubblica del 10 dicembre 2024