Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20924 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 20924 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/07/2024
SENTENZA
sul ricorso n. 6651/2019 proposto da:
COGNOME NOME, difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
-ricorrente-
contro
Banca D’Italia , difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME;
-controricorrente –
Avverso il decreto della Corte di appello di Roma n. 4382/2015 depositato il 17/07/2018.
Udita la relazione svolta nella udienza pubblica dal consigliere NOME COGNOME; udito il P.M., nella persona del Sostituto P.G., NOME COGNOME, che ha con- cluso per il rigetto del ricorso;
udito l’AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, per il ricorrente e l’AVV_NOTAIO per la controricorrente.
Fatti di causa
Nel luglio 2013 la Banca d’Italia ha contestato a NOME COGNOME la violazione di disposizioni in materia di politiche e prassi di remunerazione e incentivazione da parte dei componenti il consiglio d’amministrazione della Banca Monte dei Paschi di Siena e gli ha irrogato la sanzione pecuniaria di € 90.000, con riferimento all’entità ed ai criteri impiegati per il calcolo del compenso liquidato nel gennaio 2012 dal CdA al direttore generale, dottAVV_NOTAIO COGNOME, al momento della cessazione dell’incarico. D ichiarata inammissibile l’opposizione dal Tar Lazio a causa della sentenza Corte cost. n. 95/2014, il COGNOME ha riassunto/riproposto il giudizio dinanzi alla Corte di appello di Roma, che ha rigetta l’opposizione con l’ordinanza impugnata in questa sede.
Il COGNOME ha proposto ricorso in cassazione con dieci motivi, illustrati da memoria. La Banca d’Italia resiste con controricorso e memoria.
In vista della pubblica udienza, il Sostituto P.G., dott. NOME COGNOME, ha depositato conclusioni scritte nel senso del rigetto del ricorso.
Ragioni della decisione
1. – I primi tre motivi censurano che la Corte di appello non si è pronunciata sull’ammissibilità e la rilevanza delle istanze istruttorie. A tal proposito, il primo motivo (p. 6) denuncia la violazione degli artt. 6 cedu, 24 e 111 cost., in combinato disposto con gli artt. 115, 187 e 202 c.p.c., sollecita poi a sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 co. 53 d.lgs. n. 72/2015, per violazione degli artt. 6 cedu, 24 e 111 cost., in relazione all’art. 145 d. lgs. n. 385/1993, come modificato dall’art. 1 co. 53, lett. E -L d.lgs. n. 72/2015. Il secondo motivo (p. 11) sollecita a sollevare questione pregiudiziale interpretativa dell’art. 145 d. lgs. n. 385/1993, in relazione all’art. 48 Carta diritti fondamentali UE e all’art. 6 Cedu. Il terzo motivo (p. 15) deduce violazione degli artt. 183 co. 7 c.p.c., 111 co. 6 cost. 132 co. 2 n. 4 c.p.c., 118 co. 1 disp. att. c.p.c. per il correlativo difetto assoluto di motivazione.
I primi tre motivi non sono fondati.
Come ha osservato il P.M., vi è una valutazione implicita di irrilevanza e superfluità delle istanze istruttorie, che emerge dalla compiutezza dell’argomentazione svolta dalla Corte sulla base delle risultanze istruttorie acquisite in atti e valutate. Infatti, nell’attuale panorama giurisprudenziale di legittimità, il principio consolidato è nel senso che la motivazione del rigetto di un’istanza di mezzi istruttori non deve necessariamente essere espressa, potendo la stessa “ratio decidendi”, che ha risolto il merito della lite, valere da implicita esclusione della rilevanza del mezzo dedotto (Cass. n. 6570/2004; Cass. n. 14611/2005; Cass. n. 1239/2017).
Inoltre, non è specificata e circostanziata nel ricorso la decisività delle istanze istruttorie non ammesse, essendosi limitato il ricorrente a formulare mere asserzioni di principio.
I primi tre motivi sono rigettati.
2. – Il quarto motivo (p. 16) fa valere che il giudizio dinanzi alla Corte di appello è stato introdotto ex novo il 6/7/2015 dopo l’entrata in vigore (il 27/6/2015) del d.lgs. 72/2015, per cui ex art. 2 co. 5 d.lgs. n. 72/2015 avrebbe dovuto applicarsi la disciplina dell’art. 145 co. 4, 5, 6, 7, 7 -bis nel testo introdotto dall’art. 1 co. 53 lett. E, F, G, H, I, L d.lgs. n. 72/2015. A tale fine si argomenta che l’art. 11 d.lgs. 104/2010 (di cui si afferma il carattere di disposizione speciale rispetto all’ar t. 59 l. n. 69/2009) prevede lo strumento della riproposizione del processo dinanzi al giudice indicato nella declinatoria di giurisdizione, e non nella riassunzione, come fa a certe condizioni l’art. 59 l. n. 69/2009. Pertanto, la parola «riproposizione» indica l’instaurazione di un nuovo giudizio. In conclusione, si deduce violazione delle disposizioni citate, poiché è stata applicata la disciplina del rito ex vecchio testo dell’art. 145 cit., salva l’udienza pubblica ex art. 2 co. 5 cit. ultima proposizione.
Il quinto motivo (p. 19) è collegato al quarto: per l’ipotesi che si reputi corretta l’applicazione della disciplina previgente, esso sollecita a sollevare la questione di costituzionalità dell’art. 2 co. 5 cit. per violazione della parità
di trattamento ex art. 3 Cost., nonché dell’art. 6 Cedu (intermediato dall’art. 117 cost).
Il quarto e il quinto motivo sono infondati.
Anche in caso di «riproposizione» della domanda unico è il rapporto processuale, cosicché la litispendenza rimane ancorata all’introduzione originaria del giudizio dinanzi al giudice amministrativo: «L’unicità del giudizio, dal quale discende la salvezza degli effetti della domanda originaria, riconosciuta dall’art. 59 l. 69/2009, sussiste anche quando la domanda non venga ‘riassunta’, bensì ‘riproposta’» (cfr. in termini, Cass. n. 15223/2016; v. anche Cass., Sez. Un., n. 23599/2020 e Cass. n. 8674/2019).
La questione di costituzionalità è poi manifestamente infondata, perché le differenze di disciplina processuale tra il vecchio e nuovo rito non sono censurabili né sotto il profilo della parità di trattamento, né sotto il profilo della garanzia del giusto processo.
Il quarto e il quinto motivo sono rigettati.
– Il sesto motivo fa valere la violazione dell’art. 2 co. 3 d. lgs. n. 72/2015, in relazione ai principi generali del diritto europeo e all’art. 2 co. 2 ultimo alinea. reg. 2988/98/CE. Si sollecita, inoltre, a sollevare dinanzi alla Corte di Giustizia UE la questione pregiudiziale di interpretazione dell’art. 2 co. 3 d. lgs. n. 72/2015 rispetto ai principi di diritto europeo e, in particolare, sotto il principio del favor rei.
Il sesto motivo è infondato.
L’art. 2 co. 3 d.lgs. n. 72/2015 detta la disposizione transitoria di base ed è univoco nel l’ attribuire rilevanza al momento della commissione della violazione e non al momento dell’instaurazione del correlativo processo di opposizione. Cioè, le modifiche apportate dal d.lgs. n. 72/2015 al titolo VIII d.lgs. n. 385/1993 si applicano alle violazioni commesse dopo l’entrata in vigore delle disposizioni adottate dalla Banca d’Italia (ai sensi dell’art 145quater), mentre alle violazioni commesse prima (di tale data di entrata in vigore), come quelle del caso di specie, continuano ad applicarsi le norme
del titolo VIII d.lgs. n. 385/1993 vigenti prima della data di entrata in vigore del d.lgs. n. 72/2015. In assenza di una connotazione penale delle sanzioni de quibus e al pari di quanto già affermato da questa Corte con riferimento alle sanzioni Consob (cfr. Cass. n. 24375/2023), rimane fermo il principio dell’irretroattività della legge più favorevole che vige in materia di sanzioni amministrative. Pertanto, non sono persuasivi gli argomenti (applicazione diretta della direttiva UE, principio del favor re i) che sostengono l’applicazione delle nuove norme al caso attuale.
Il sesto motivo è rigettato.
4. – Il settimo e l’ottavo motivo fanno valere il difetto di corrispondenza tra contestazione e proposta di irrogazione delle sanzioni. Il settimo denunzia la violazione degli artt. 14 legge 689/81 e 24 l. 262/05, perché vi è un difetto di corrispondenza tra contestazione e proposta di irrogazione delle sanzioni. L’ottavo denuncia ex artt. 111 cost., 132 co. 2 n. 4 c.p.c., art. 118 disp. att. c.p.c. l’apparenza, la perplessità e l’incomprensibilità oggettiva della motivazione
Il settimo motivo e l’ottavo motivo sono da disattendere.
Dietro alla censura di un errore di diritto si scorge il tentativo di sovrapporre l’apprezzamento di parte a quello del giudice circa la difformità sostanziale tra la contestazione del 3/12/2012 e la proposta sanzionatoria, che invece è stata negata dalla Corte di appello (p. 10), poiché tutte le circostanze di cui si predica la novità sono state allegate, direttamente o per relationem nella contestazione del 3/12/2012. Inoltre, ha aggiunto la Corte di appello, in sede di controdeduzioni alla proposta sanzionatoria, il COGNOME si è difeso integralmente rispetto a ogni addebito.
Il settimo motivo e l’ottavo motivo sono rigettati.
5. -Il nono motivo denuncia la violazione degli artt. 5.2 e 5.3 delle disposizioni in materia di politiche e prassi di remunerazione ed incentivazione nelle banche, adottate dal Banca d’Italia il 30 /3/2011. In particolare, si denuncia che sono stati erroneamente applicati tutti i criteri
di cui all’art. 5.2 e non solo quelli riguardanti la quantificazione della retribuzione commisurata alla «performance realizzata e ai rischi assunti».
Il nono motivo non è fondato.
Come ha osservato il P.M., la corresponsione in titoli azionari o simili di una parte della buonuscita, il parziale assoggettamento a sistemi di pagamento differito per un periodo di tempo non inferiore 3-5 anni, l’applicazione di meccanismi di correzione ex post della buonuscita (i criteri di cui all’art. 5.2) sono t utti strumenti volti a quantificare la buonuscita anche in rapporto alla «performance realizzata e ai rischi assunti». In effetti, non si può scindere il meccanismo di quantificazione dalla funzione cui è preposta la buonuscita, immediatamente correlata alle performance e ai rischi assunti con la governance della banca.
Il nono motivo è rigettato.
6. -Il decimo motivo denuncia l’incompatibilità della presunzione di colpa ex art. 3 l. 689/1981 con l’art. 48 della Carta dei diritti fondamentali UE.
Il decimo motivo è rigettato.
Come ha osservato il P.M., la responsabilità del ricorrente è fondata su una valutazione in concreto della sua colpa, per negligenza nei controlli. Non si è fatto leva su una presunzione di colpa.
– Non sposta il quadro il fatto nuovo allegato dal ricorrente in memoria (con richiesta subordinata di sospensione del giudizio), cioè che pendono dinanzi alla Corte EDU ricorsi su questioni giuridiche identiche a quelle oggetto del ricorso attuale.
– Il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo uni ficato a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio in favore della parte controricorrente, che liquida in € 6.800 , oltre a € 200 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi e agli accessori di legge.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile,