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Sanzioni bancarie: irretroattività e giusto processo

Un consigliere di amministrazione di un primario istituto di credito ha impugnato una sanzione pecuniaria inflitta dall’Autorità di Vigilanza Bancaria per violazioni in materia di politiche di remunerazione. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando le sanzioni bancarie e chiarendo importanti principi. In particolare, ha stabilito che la “riproposizione” del giudizio non ne determina l’inizio ex novo, impedendo l’applicazione di nuove norme procedurali. Ha inoltre escluso l’applicazione del principio della legge più favorevole (favor rei) a illeciti amministrativi commessi prima dell’entrata in vigore della nuova normativa.

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Pubblicato il 8 dicembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Sanzioni Bancarie: la Cassazione fa chiarezza su rito e irretroattività

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20924 del 2024, è intervenuta su un’importante controversia in materia di sanzioni bancarie, offrendo chiarimenti cruciali sull’applicazione delle norme processuali e sostanziali nel tempo. La decisione riguarda il ricorso di un ex consigliere di amministrazione di un primario istituto di credito, sanzionato dall’Autorità di Vigilanza Bancaria per violazioni relative alle politiche di remunerazione. La sentenza consolida principi fondamentali sul giusto processo, sull’irretroattività delle leggi e sulla stabilità dei procedimenti giudiziari.

I fatti di causa

Nel luglio 2013, l’Autorità di Vigilanza Bancaria contestava a un consigliere di amministrazione di una nota banca la violazione delle disposizioni in materia di politiche di remunerazione. In particolare, l’addebito riguardava le modalità di calcolo del compenso liquidato al direttore generale al momento della sua uscita dall’istituto nel gennaio 2012. L’Autorità irrogava una sanzione pecuniaria di 90.000 euro.

Il consigliere si opponeva alla sanzione, ma il suo percorso giudiziario si rivelava complesso. A seguito di una declaratoria di inammissibilità da parte del giudice amministrativo, il giudizio veniva “riproposto” dinanzi alla Corte di Appello civile. Quest’ultima rigettava l’opposizione, confermando la legittimità della sanzione. Contro tale decisione, il consigliere proponeva ricorso in Cassazione, articolando dieci distinti motivi di doglianza.

I motivi del ricorso e le sanzioni bancarie

Il ricorrente sollevava numerose questioni, che possono essere raggruppate in tre aree principali:

1. Vizi procedurali: Si lamentava la mancata pronuncia della Corte d’Appello su alcune istanze istruttorie, ritenuta una violazione del diritto di difesa e del principio del giusto processo.
2. Applicazione della legge nel tempo: Il ricorrente sosteneva che, essendo il giudizio stato “riproposto” nel 2015, si sarebbero dovute applicare le nuove e più favorevoli norme procedurali e sostanziali introdotte dal D.Lgs. 72/2015. Veniva invocato il principio del favor rei, ovvero l’applicazione della legge più mite.
3. Merito della sanzione: Si contestava una presunta discordanza tra l’atto di contestazione iniziale e la proposta di sanzione, nonché un’errata applicazione dei criteri normativi per la quantificazione delle buonuscite nel settore bancario.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo una motivazione dettagliata per ciascuno dei punti sollevati. Vediamo i passaggi più significativi.

Unicità del processo e questioni procedurali

La Corte ha innanzitutto chiarito che la “riproposizione” del giudizio dinanzi al giudice ordinario, a seguito di una declaratoria di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, non equivale all’instaurazione di un nuovo e autonomo processo. Il rapporto processuale rimane unico e la sua pendenza si ancora al momento dell’introduzione originaria. Di conseguenza, le norme processuali applicabili sono quelle vigenti a quella data, non quelle sopravvenute. Questo principio garantisce la salvezza degli effetti della domanda originaria e la continuità del giudizio.

Sulle mancate ammissioni di prove, la Cassazione ha ribadito un orientamento consolidato: la motivazione del rigetto di un’istanza istruttoria può essere anche implicita e desumersi dalla compiutezza dell’argomentazione della sentenza, che si fonda su altri elementi probatori ritenuti sufficienti per la decisione.

L’irretroattività delle norme sulle sanzioni bancarie

Questo è il cuore della decisione. La Corte ha stabilito che il principio di irretroattività della legge più favorevole, invocato dal ricorrente, non si applica al caso di specie. La disposizione transitoria del D.Lgs. 72/2015 è chiara: le nuove norme si applicano solo alle violazioni commesse dopo la loro entrata in vigore. Poiché i fatti contestati risalivano al 2012, dovevano essere giudicati secondo le norme allora vigenti. La Corte ha sottolineato che, in assenza di una connotazione penale delle sanzioni amministrative in questione, vige il principio generale dell’irretroattività, che impedisce l’applicazione retroattiva di norme più miti.

Coerenza della contestazione e valutazione della colpa

Infine, la Corte ha respinto le censure relative al merito della sanzione. Ha ritenuto che non vi fosse alcuna difformità sostanziale tra la contestazione iniziale e la proposta sanzionatoria, poiché tutti gli elementi erano stati adeguatamente portati a conoscenza del ricorrente, che aveva potuto esercitare pienamente il proprio diritto di difesa. Riguardo alla presunta applicazione errata dei criteri di remunerazione, i giudici hanno confermato che la responsabilità del consigliere non derivava da una presunzione di colpa, ma da una valutazione concreta della sua negligenza nei doveri di controllo.

Le conclusioni

La sentenza 20924/2024 della Corte di Cassazione rafforza alcuni pilastri fondamentali del diritto processuale e sanzionatorio bancario. In primo luogo, sancisce il principio dell’unicità del giudizio anche in caso di translatio iudicii (passaggio da una giurisdizione all’altra), con importanti conseguenze sulla legge processuale applicabile. In secondo luogo, delimita con nettezza il campo di applicazione temporale delle nuove normative in materia di sanzioni bancarie, confermando la regola generale dell’irretroattività e circoscrivendo l’operatività del principio del favor rei. Questa decisione fornisce un importante punto di riferimento per gli operatori del settore, garantendo certezza giuridica e stabilità nell’applicazione delle sanzioni amministrative.

Se una causa viene “riproposta” davanti a un nuovo giudice, si applicano le nuove leggi processuali entrate in vigore nel frattempo?
No. Secondo la Corte di Cassazione, anche in caso di “riproposizione” della domanda, il rapporto processuale è unico e la pendenza del giudizio rimane ancorata alla data di introduzione originaria. Pertanto, si continuano ad applicare le norme processuali vigenti a quella data, non quelle sopravvenute.

Il principio della legge più favorevole (favor rei) si applica alle sanzioni bancarie amministrative?
La Corte ha stabilito che il principio non si applica retroattivamente. Le nuove disposizioni più favorevoli del d.lgs. n. 72/2015 si applicano solo alle violazioni commesse dopo la loro entrata in vigore. Per le violazioni precedenti, come nel caso di specie, restano in vigore le norme preesistenti, in base al principio di irretroattività delle sanzioni amministrative.

Il rigetto di una richiesta di prove (istanza istruttoria) deve essere sempre esplicitamente motivato dal giudice?
No, non necessariamente. La Corte ha affermato che la motivazione del rigetto di un’istanza istruttoria può essere anche implicita. Può emergere dalla completezza dell’argomentazione della sentenza, quando il giudice dimostra di aver basato la sua decisione su altre risultanze probatorie ritenute sufficienti e decisive.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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