Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21112 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21112 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13637/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME, elettivamente domiciliato presso il suo studio in INDIRIZZO INDIRIZZO;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Ministro pro tempore , elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale RAGIONE_SOCIALEo Stato che lo rappresenta e difende;
-controricorrente-
per la cassazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte di appello di Ancona n. 288/2021 depositata il 9 marzo 2021.
Udita la relazione RAGIONE_SOCIALEa causa svolta nella camera di consiglio del 14 maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. -Con ricorso del 25 giugno 2009 NOME COGNOME proponeva opposizione avverso il decreto di ingiunzione del 20 maggio 2009, con il quale il RAGIONE_SOCIALE del Tesoro gli aveva intimato il pagamento RAGIONE_SOCIALEa sanzione pecuniaria di euro 162.911,00 – in solido con la RAGIONE_SOCIALE Monte dei Paschi di Siena S.p.a. – a titolo di violazione RAGIONE_SOCIALEa l. n. 197 del 1991, art. 3, avendo omesso di segnalare, nella sua veste di responsabile RAGIONE_SOCIALE‘agenzia di Civitanova Marche RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE (confluita in M.P.S.), le operazioni sospette eseguite da NOME COGNOME sul conto corrente n 6590/W al medesimo intestato nel periodo tra il 30 luglio 1998 e il 14 settembre 1999. Detto provvedimento era stato emesso a seguito del verbale di contestazione elevato dalla Guardia di Finanza in data 14 gennaio 2004.
Si costituiva il RAGIONE_SOCIALE resistendo al ricorso.
Il Tribunale di Macerata, con sentenza n. 332/2010, annullava il provvedimento sul presupposto che la notifica del decreto di ingiunzione sarebbe avvenuta dopo la scadenza del termine di 90 giorni di cui alla l. n. 689 del 1981, art. 14, da calcolarsi a decorrere dal giorno RAGIONE_SOCIALEa notificazione RAGIONE_SOCIALEa contestazione RAGIONE_SOCIALEa Guardia di Finanza, e quindi dal 15 gennaio 2004.
Interponeva appello il RAGIONE_SOCIALE e si costituiva il COGNOME per resistere al gravame.
La Corte di appello di Ancona accoglieva l’impugnazione, condannando il COGNOME alle spese del doppio grado di giudizio.
Il COGNOME proponeva ricorso per Cassazione.
Con ordinanza n. 20159 del 2019, la Corte di cassazione accoglieva il quarto motivo del ricorso, ritenendo fondata la censura relativa alla violazione e/o falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 69, comma 231, del d.lgs. n. 231 del 2007, così come modificato dal d.lgs. n. 90 del 2017.
–NOME COGNOME ha riassunto il giudizio dinanzi la Corte di appello di Ancona con atto notificato al RAGIONE_SOCIALE, il quale si è costituito chiedendo il rigetto RAGIONE_SOCIALE‘appello.
La Corte di appello di Ancona, in riforma RAGIONE_SOCIALEa sentenza gravata, e in parziale accoglimento RAGIONE_SOCIALE‘opposizione proposta, ha ridotto la somma ingiunta ad euro 120.000,00, compensando fra le parti le spese di lite.
-Avverso tale decisione, il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Il RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
Parte ricorrente ha depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALEA DECISIONE
-Con il primo motivo del ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 58 d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, così come modificato dal d.lgs. 25 maggio 2017, n. 90, per avere la corte di appello erroneamente rideterminato in euro 120.000,00 la sanzione amministrativa, nonché omessa e/o carente motivazione sul punto. La Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto ricorrere nella fattispecie i presupposti di cui al comma 2 del l’art. 58 del d.lgs. 231/2007, così come modificato dal d.lgs. n. 90 del 25 maggio 2017, trattandosi, a suo avviso, di una pluralità di operazioni sospette, ripetute nell’arco di 14 mesi e sistematiche, in quanto indirizzate a beneficio di d eterminati soggetti (RAGIONE_SOCIALE. ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e dalla sig.ra COGNOME).
Parte ricorrente censura gli apprezzamenti di merito espressi dalla corte territoriale con argomentazioni ritenute non esaustive ed affette da vizi logici e giuridici, in contrasto con le disposizioni vigenti in materia, e tali da fuorviare la corretta applicazione del principio di diritto stabilito dalla Suprema Corte. Nella determinazione RAGIONE_SOCIALE‘entità
RAGIONE_SOCIALEa sanzione, la sentenza gravata non avrebbe correttamente fatto riferimento alla valutazione degli elementi oggettivi e soggettivi che caratterizzavano le vicende di causa, né si sarebbe attenuta alle istruzioni operative del RAGIONE_SOCIALE che, nella Circolare del 6 luglio 2017, ha indicato nel dettaglio i criteri da adottare al fine di accertare la sussistenza RAGIONE_SOCIALEa violazione ‘qualificata’ di cui al secondo comma RAGIONE_SOCIALE‘art. 58 del d.lgs. 231 del 2007. L’art. 58 del d.lgs. n. 231 del 2007, come modificato dall’art. 5 del d.lgs. n. 90 del 2017, prevede, al primo comma, la sanzione amministrativa pecuniaria pari ad euro 3.000,00 (primo comma), mentre per le ipotesi di violazioni gravi, ripetute o sistematiche ovvero plurime, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 30.000,00 a euro 300.000,00 (secondo comma). La sanzione di euro 120.000,00, così come determinata in sede di rinvio, non sarebbe applicabile al presente caso e risulterebbe sproporzionata rispetto alla gravità RAGIONE_SOCIALEa violazione e alla condotta effettivamente realizzata dal COGNOME, alla luce del ruolo avuto dall’odierno ricorrente e al suo comportamento, che si è sempre caratterizzato per professionalità, lealtà e collaborazione. Sarebbe stato, inoltre, proprio il COGNOME, nel 1998, a segnalare le operazioni sospette relative ai rapporti intrattenuti dalla COGNOME e dal suo coniuge, quale legale rappresentate RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE Vengono altresì dedotte ulteriori circostanze che la corte avrebbe omesso di considerare (le condizioni economiche del COGNOME, pensionato; l’assenza di vantaggi dalle operazioni non segnalate; l’assenza di pregiudizio per i terzi; la carenza di precedenti violazioni contestategli; la collaborazione con le Autorità; i tempi a cui i fatti si riferiscono, caratterizzati da una normativa e da criteri operativi agli albori nella lotta al riciclaggio rispetto al quadro più evoluto che si è venuto a delineare negli anni).
Si evidenzia, infine, che nella quantificazione RAGIONE_SOCIALEa sanzione amministrativa, la Corte di appello di Ancona ha fatto erroneamente
riferimento a ‘.. violazioni per oltre 7 miliardi RAGIONE_SOCIALEe vecchie lire …’ , quando invece il decreto di ingiunzione aveva precisato come l’ammontare RAGIONE_SOCIALEe operazioni oggetto di violazione fosse pari a euro 1.727.577,09, importo così rideterminato rispetto al verbale di segnalazione fatto alla Guardia di Finanza, in cui erano indicate operazioni per euro 3.712.626,82 (oltre 7 miliardi RAGIONE_SOCIALEe vecchie lire).
Con il secondo motivo del ricorso si prospetta la violazione e/o applicazione del ‘principio di diritto’ stabilito dalla Corte di cassazione , con l’ordinanza n. 20159 del 20 19, nell’aver la Corte di appello di Ancona erroneamente determinato la sanzione amministrativa di euro 120.000,00 a carico del COGNOME. Al riguardo, il ricorrente ritiene altresì di censurare la decisione laddove questa, nella determinazione in concreto del trattamento sanzionatorio a carico del ricorrente, ha disatteso il principio di diritto, secondo cui la normativa più favorevole per il COGNOME è da individuarsi nella disciplina di cui al d.lgs. n. 231 del 2007. Il trattamento sanzionatorio applicato avrebbe infatti eluso, o comunque travisato, il principio stabilito dalla Corte di cassazione, determinando di fatto una sanzione di importo tale da far risultare più favorevole la previgente normativa di cui alla legge n. 197 del 1991. Ai sensi RAGIONE_SOCIALEa legge n. 197 del 1991, così come modificata dal d.lgs. n. 56 del 2004 (adottato in recepimento RAGIONE_SOCIALEa Direttiva 2001/97/CE) l’omessa segnalazione di operazioni sospette (art. 3 l. n. 197 del 1991) determina l’irrogazione di una sanzione amministrativa dal 5% fino alla metà del valore RAGIONE_SOCIALE‘operaz ione: l’importo complessivo RAGIONE_SOCIALEe operazioni oggetto di violazione era pari ad euro 1.727.577,09 cosicché, applicando al caso di specie la l. n. 197 del 1991 e il regime sanzionatorio in essa prevista, ne conseguirebbe una sanzione amministrativa di euro 86.378,85 (pari al 5% di euro 1.727.577,09), di gran lunga inferiore rispetto a quella di euro 120.000,00, determinata invece dalla corte territoriale.
1.1. – I due motivi, da trattarsi congiuntamente, sono fondati.
Con l’ordinanza n. 20159 del 2019, la Corte di cassazione ha accolto la censura concernente la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 69 del d.lgs. n.231 del 2007, come modificato dal d.lgs. n.90 del 2017, avendo la Corte di appello omesso di applicare la legge più favorevole al destinatario RAGIONE_SOCIALEa sanzione amministrativa. L’art. 69, primo comma, del d.lgs. n. 231 del 2007 prevede infatti che: ” nessuno può essere sanzionato per un fatto che alla data di entrata in vigore RAGIONE_SOCIALEe disposizioni di cui al presente Titolo non costituisce più illecito. Per le violazioni commesse anteriormente all’entrata in vigore del presente decreto, sanzionate in via amministrativa, si applica la legge vigente all’epoca RAGIONE_SOCIALEa commessa violazione, se più favorevole, ivi compresa l’applicabilità RAGIONE_SOCIALE‘istituto del pagamento in misura ridotta “.
La pronuncia impugnata, tuttavia, non considera in maniera adeguata i criteri necessari per la quantificazione RAGIONE_SOCIALEa sanzione, tenuto conto RAGIONE_SOCIALEa disciplina applicabile nella fattispecie, così come richiamata dalla pronuncia di rinvio, alla luce RAGIONE_SOCIALEe ampie deduzioni evidenziate nei motivi di ricorso, che puntualmente richiamano i criteri che la corte di appello non sembra aver considerato nella rideterminazione RAGIONE_SOCIALE‘importo ingiunto. Dopo aver affermato che la fattispecie ricade nel comma secondo RAGIONE_SOCIALE‘art. 58 d.lgs. 231 del 2007, trattandosi una pluralità di operazioni sospette, ripetute nell’arco di 14 mesi e sistematiche, in quanto indirizzate a b eneficio di determinati soggetti (RAGIONE_SOCIALE. ‘RAGIONE_SOCIALE‘ ed RAGIONE_SOCIALE) , la pronuncia presenta un palese errore sulla gravità del fatto. Le operazioni sospette sono state infatti considerate dalla corte di appello in misura doppia ( ‘ oltre 7 miliardi di vecchie lire ‘ ) rispetto a quelle riportate nell’ingiunzione , avendo l’amministrazione – al momento RAGIONE_SOCIALE ‘ irrogazione RAGIONE_SOCIALEa sanzione – rideterminato il loro ammontare in euro 1.727.577,09 rispetto alla cifra riportata nel verbale di segnalazione fatto dalla Guardia di finanza, in cui erano indicate operazioni per euro 3.712.626,82 (corrispondente quindi a
oltre 7 miliardi RAGIONE_SOCIALEe vecchie lire). Sulla base di tale erronea base di calcolo, la corte di appello è arrivata a quantificare la sanzione in euro 120.000,00.
È vero che la pronuncia non è andata al disopra dei massimi edittali di cui al d.lgs. n. 231 del 2007 (Cass., Sez. II, 23 febbraio 2021, n. 4844; Cass., Sez. V, 17 aprile 2013, n. 9255), ma se avesse correttamente valutato l’entità RAGIONE_SOCIALEe operazioni sospette , le conclusioni potevano essere diverse, trattandosi di un divario del 50%, con uno scarto di circa 3 miliardi e mezzo di lire. Si impone, dunque, un nuovo esame RAGIONE_SOCIALEa fattispecie.
– Sulla scorta di quanto sin qui illustrato, il ricorso va, quindi, accolto.
La sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte di appello di Ancona, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Ancona, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALEa Seconda Sezione