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Sanzioni antiriciclaggio: annullamento per errore

La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza di una Corte d’Appello che aveva condannato un ex responsabile di filiale al pagamento di ingenti sanzioni antiriciclaggio. La decisione è stata motivata da un palese errore di calcolo commesso dalla corte territoriale, la quale aveva quantificato la sanzione basandosi su un importo delle operazioni sospette doppio rispetto a quello effettivamente contestato, alterando così la valutazione sulla gravità della violazione.

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Pubblicato il 8 dicembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Sanzioni Antiriciclaggio: la Cassazione Annulla per Errore di Calcolo

L’applicazione delle sanzioni antiriciclaggio richiede un rigore assoluto, non solo nell’accertamento della violazione, ma anche nella quantificazione della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 21112/2024) lo ribadisce con forza, annullando la decisione di una Corte d’Appello a causa di un palese errore di calcolo che ha viziato la determinazione della sanzione a carico di un ex responsabile di filiale.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine da un’opposizione a un decreto ingiuntivo emesso dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Al responsabile di un’agenzia bancaria veniva contestata l’omessa segnalazione di operazioni sospette, risalenti al periodo 1998-1999, per un valore originariamente quantificato in oltre 3,7 milioni di euro. Il Ministero gli aveva intimato il pagamento di una sanzione pecuniaria di quasi 163.000 euro.

Il Lungo Percorso Giudiziario

Il caso ha attraversato tutti i gradi di giudizio, con esiti alterni.

Primo Grado e Appello

Inizialmente, il Tribunale aveva annullato il provvedimento per un vizio di notifica. Successivamente, la Corte d’Appello aveva riformato la decisione, condannando il bancario al pagamento.

Il Primo Ricorso in Cassazione

Il primo ricorso in Cassazione aveva portato all’accoglimento di un motivo di doglianza relativo alla mancata applicazione della normativa più favorevole al sanzionato (favor rei), come previsto dal D.Lgs. 231/2007. La causa era stata quindi rinviata alla Corte d’Appello per una nuova valutazione.

Il Giudizio di Rinvio e il Nuovo Ricorso

In sede di rinvio, la Corte d’Appello aveva rideterminato la sanzione in 120.000 euro. Tuttavia, anche questa decisione è stata impugnata, portando al provvedimento oggi in analisi.

L’Errore nel Calcolo delle Sanzioni Antiriciclaggio

Il cuore della seconda pronuncia della Cassazione risiede nell’aver individuato un errore fondamentale nel ragionamento della Corte d’Appello. Quest’ultima, nel ricalcolare la sanzione, ha basato la sua valutazione sulla gravità dei fatti considerando un ammontare delle operazioni sospette di “oltre 7 miliardi delle vecchie lire” (circa 3,7 milioni di euro). Questo dato, però, proveniva dal verbale iniziale della Guardia di Finanza e non teneva conto che lo stesso decreto ingiuntivo opposto aveva rideterminato l’importo della violazione in circa 1,7 milioni di euro. In pratica, la Corte ha giudicato la gravità del fatto basandosi su un valore più che doppio rispetto a quello giuridicamente rilevante per il procedimento.

le motivazioni

La Suprema Corte ha definito quello della corte territoriale un “palese errore sulla gravità del fatto”. Sebbene la sanzione finale di 120.000 euro rientrasse nei limiti edittali previsti dalla legge (da 30.000 a 300.000 euro per violazioni gravi, ripetute o sistematiche), la sua quantificazione era inevitabilmente viziata da una premessa di calcolo errata. La Corte di Cassazione ha evidenziato che una corretta valutazione dell’entità delle operazioni sospette, che presentava un divario del 50% rispetto al dato erroneamente considerato, avrebbe potuto portare a conclusioni diverse sulla congruità della sanzione. La sentenza impugnata non ha quindi correttamente applicato i principi di diritto, né ha considerato adeguatamente i criteri necessari per una giusta quantificazione della pena, tenuto conto della disciplina più favorevole applicabile.

le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, cassato la sentenza impugnata e rinviato nuovamente la causa alla Corte di Appello, in diversa composizione. Quest’ultima dovrà procedere a un nuovo esame della fattispecie, basando questa volta la sua valutazione sull’importo corretto delle operazioni contestate (circa 1,7 milioni di euro). Questa decisione sottolinea un principio fondamentale: la determinazione di una sanzione amministrativa deve fondarsi su dati fattuali precisi e corretti. Un errore nella quantificazione della base di calcolo non è un mero refuso, ma un vizio che inficia la logicità e la proporzionalità dell’intera decisione sanzionatoria.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza d’appello?
La sentenza è stata annullata perché la Corte d’Appello ha calcolato la sanzione basandosi su un valore delle operazioni sospette di oltre 3,7 milioni di euro, mentre l’importo effettivo contestato nel procedimento era di circa 1,7 milioni di euro. Questo errore ha compromesso la corretta valutazione della gravità della violazione.

Qual è il principio giuridico che la Corte d’Appello non ha applicato correttamente?
La Corte d’Appello non ha correttamente applicato i principi stabiliti dalla precedente pronuncia della Cassazione, in particolare quello che impone di valutare la normativa più favorevole al sanzionato (favor rei) e di quantificare la sanzione in modo proporzionato alla reale gravità dei fatti, basandosi su dati corretti.

Cosa succederà adesso nel processo?
La causa è stata rinviata a una diversa sezione della Corte d’Appello, che dovrà riesaminare il caso e determinare una nuova sanzione. Questa volta, dovrà obbligatoriamente basare la sua valutazione sull’importo corretto delle operazioni (circa 1,7 milioni di euro) e attenersi ai principi indicati dalla Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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