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Sanzioni amministrative retroattività: la Consulta decide

Una società radiofonica, sanzionata per l’impiego di lavoratori dello spettacolo senza il vecchio certificato di agibilità, ha invocato una legge successiva che ha abolito tale obbligo. Le Sezioni Unite della Cassazione, riconoscendo la natura punitiva della sanzione, hanno messo in dubbio la costituzionalità della nuova norma nella parte in cui non prevede la propria retroattività. La questione sulle sanzioni amministrative retroattività è stata quindi rimessa alla Corte Costituzionale, sospendendo il giudizio.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Sanzioni amministrative e retroattività: la Cassazione chiama in causa la Consulta

Il principio della sanzioni amministrative retroattività torna al centro del dibattito giuridico con una recente e significativa ordinanza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Il caso riguarda l’applicazione di una legge più favorevole a illeciti commessi in passato, un tema che tocca le fondamenta del rapporto tra legge, tempo e giustizia. La Suprema Corte ha deciso di rimettere la questione alla Corte Costituzionale, sollevando un dubbio di legittimità sulla mancata previsione della retroattività di una norma che ha abolito un obbligo, e la relativa sanzione, per una specifica categoria di lavoratori.

I Fatti del Caso

Una nota società radiofonica si era vista notificare un’ordinanza ingiunzione per una violazione risalente al periodo 1999-2001. La contestazione riguardava l’aver impiegato lavoratori dello spettacolo privi del cosiddetto ‘certificato di agibilità’, un documento allora obbligatorio previsto da una legge del 1947. La società ha impugnato la sanzione, avviando un lungo percorso giudiziario.

La questione giuridica: il principio delle sanzioni amministrative retroattività (lex mitior)

Il punto di svolta nella vicenda è l’entrata in vigore, nel 2017, di una nuova legge che ha modificato la disciplina, escludendo l’obbligo del certificato di agibilità per i lavoratori dello spettacolo assunti con contratto di lavoro subordinato. Di fatto, la condotta per cui la società era stata sanzionata non costituiva più un illecito. La società ha quindi invocato il principio della lex mitior, ovvero l’applicazione retroattiva della legge più favorevole. Tuttavia, la legge del 2017 non prevedeva esplicitamente tale applicazione retroattiva. La questione, di particolare importanza, è quindi giunta dinanzi alle Sezioni Unite della Cassazione: il principio della retroattività della legge più favorevole, pacifico in diritto penale, può essere esteso alle sanzioni amministrative che hanno una natura sostanzialmente punitiva?

La Decisione delle Sezioni Unite e il Rinvio alla Consulta

Le Sezioni Unite, con l’ordinanza in esame, hanno ritenuto la questione di legittimità costituzionale rilevante e non manifestamente infondata. La Corte ha sospeso il giudizio e ha trasmesso gli atti alla Corte Costituzionale. Il dubbio di costituzionalità riguarda l’art. 1, comma 1097, della legge n. 205 del 2017, proprio nella parte in cui, pur abrogando l’illecito, non ha previsto l’applicazione retroattiva della nuova disciplina più favorevole.

Le Motivazioni

Il cuore del ragionamento della Cassazione risiede nella natura della sanzione amministrativa in esame. Applicando i cosiddetti ‘criteri Engel’, elaborati dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, i giudici hanno concluso che la sanzione, pur formalmente amministrativa, ha una connotazione sostanzialmente penale e punitiva. I fattori determinanti sono stati la sua funzione repressiva e non risarcitoria, e soprattutto la sua severità. La sanzione era calcolata in misura fissa ‘per ogni lavoratore e per ogni giornata di lavoro’, senza la previsione di un tetto massimo. Questo meccanismo, applicato a rapporti di lavoro subordinato e di lunga durata, poteva portare a sanzioni di entità sproporzionata e afflittiva.
Secondo la Cassazione, negare l’applicazione retroattiva della lex mitior in un contesto di sanzioni ‘convenzionalmente penali’ appare irragionevole e viola il principio di eguaglianza (art. 3 della Costituzione). Non sarebbe giusto continuare a punire qualcuno per un fatto che, secondo la valutazione attuale del legislatore, non merita più alcuna sanzione. La mancata previsione della retroattività da parte della legge del 2017 si scontra quindi anche con i principi europei (art. 7 CEDU e art. 49 CDFUE), che costituiscono un parametro di legittimità per la legislazione nazionale tramite l’art. 117 della Costituzione.

Le Conclusioni

La decisione delle Sezioni Unite apre uno scenario di grande interesse. La parola passa ora alla Corte Costituzionale, che dovrà stabilire se il principio di retroattività della legge più favorevole debba essere considerato un corollario necessario anche per le sanzioni amministrative di natura punitiva. Un’eventuale dichiarazione di incostituzionalità della norma nei termini sollevati dalla Cassazione avrebbe un impatto di vasta portata, potendo determinare l’annullamento di innumerevoli contenziosi pendenti relativi a sanzioni amministrative superate da normative più favorevoli. Questa ordinanza conferma, ancora una volta, la crescente osmosi tra diritto interno e fonti europee, spingendo verso un’estensione delle garanzie tipiche del diritto penale a settori dell’ordinamento che, pur formalmente distinti, condividono la medesima finalità punitiva.

Perché la Corte di Cassazione ha rimesso il caso alla Corte Costituzionale?
La Cassazione ha sollevato un dubbio di legittimità costituzionale riguardo a una legge del 2017 che, pur avendo abolito un illecito amministrativo, non ha previsto la propria applicazione retroattiva. La Corte ritiene che questa omissione possa violare il principio di eguaglianza e i principi europei, data la natura sostanzialmente penale e punitiva della sanzione originaria.

Il principio della legge più favorevole (lex mitior) si applica alle sanzioni amministrative?
In linea di principio, la legge n. 689/1981 non prevede la retroattività della legge più favorevole per gli illeciti amministrativi. Tuttavia, la Cassazione, seguendo l’orientamento della giurisprudenza costituzionale ed europea, sostiene che quando una sanzione amministrativa ha una natura ‘punitiva’ e ‘afflittiva’ assimilabile a quella penale (secondo i ‘criteri Engel’), il principio di retroattività della norma più mite dovrebbe trovare applicazione.

Cosa sono i ‘criteri Engel’ menzionati nell’ordinanza?
Sono tre criteri elaborati dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (sentenza Engel c. Paesi Bassi) per stabilire se una sanzione, al di là della sua qualificazione nel diritto nazionale (es. amministrativa), debba essere considerata ‘penale’ ai fini dell’applicazione delle garanzie convenzionali. I criteri sono: 1) la qualificazione giuridica dell’illecito nel diritto interno; 2) la natura stessa dell’illecito; 3) la natura e il grado di severità della sanzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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