Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1831 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1831 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/01/2024
ORDINANZA
sui ricorsi iscritti al n. 19568/2022 R.G. proposti da NOME COGNOME ed NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall ‘ AVV_NOTAIO (indirizzo p.e.c. indicato in ricorso: EMAIL)
-ricorrenti principali- e da NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall ‘ AVV_NOTAIO (indirizzo p.e.c. indicato in ricorso: EMAIL)
-ricorrente incidentale- contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell ‘ AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dall ‘ AVV_NOTAIO
-controricorrente-
nonché nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore
-intimata- avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO DI ANCONA n. 553/2022 pubblicata il 29 aprile 2022
Udita la relazione svolta nell ‘ adunanza camerale del 29 novembre dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ordinanze nn. 3/2017 e 4/2017 del 23 maggio 2017 la Regione Marche ingiungeva a NOME COGNOME e all ‘ RAGIONE_SOCIALE, nella rispettiva qualità di autore principale, di concorrente ai sensi dell ‘ art. 5 L. n. 689 del 1981 e di responsabile solidale ex art. 6, comma 3, della medesima legge, il pagamento della sanzione amministrativa di 598.278,77 euro, in base al combinato disposto degli artt. 2, comma 1, e 3, comma 1, L. n. 898 del 1986 (di conversione del D.L. n. 701 del 1986), per l ‘ indebita percezione di contributi a carico del RAGIONE_SOCIALE) conseguita mediante l ‘ esposizione di dati e notizie falsi, con particolare riferimento alle domande n. 18929 dell ‘ anno 2002 e 29213 dell ‘ anno 2004.
Avverso tali ordinanze NOME ed NOME COGNOME e NOME COGNOME, quest ‘ ultimo in proprio e nella qualità di legale rappresentante pro tempore dell ‘ RAGIONE_SOCIALE, proponevano separate opposizioni ex artt. 22 L. n. 689 del 1981 e 6 D. Lgs. n. 150 del 2011 davanti al Tribunale di Fermo.
Successivamente il RAGIONE_SOCIALE, nella duplice veste innanzi precisata, proponeva ulteriore opposizione avverso l ‘ ordinanza-ingiunzione n. 3/2017.
Riunite le opposizioni, il giudice adìto le rigettava con sentenze nn. 349/2021 e 350/2021 del 22 luglio 2021, la prima delle quali relativa all ‘ opposizione spiegata dal solo COGNOME.
Contro la sentenza n. 350/2021 interponevano separati gravami NOME ed NOME COGNOME (proc. n. 867/2021 R.G.), nonchè l ‘ RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME in proprio (proc. n. 876/2021 R.G.).
Gli ultimi due, con distinto atto di appello, impugnavano anche la sentenza n. 349/2021, per quanto di rispettivo interesse (proc. n.
883/2021 R.G.).
Disposta la riunione dei procedimenti, la Corte distrettuale di Ancona respingeva gli appelli con sentenza n. 553/2022 del 29 aprile 2022, condannando in solido gli impugnanti alla rifusione delle spese del grado.
Avverso tale ultima sentenza hanno esperito separati ricorsi per cassazione NOME ed NOME COGNOME, da una parte, e NOME COGNOME, dall ‘ altra.
La Regione Marche ha resistito a entrambi i gravami con distinti controricorsi.
RAGIONE_SOCIALE ‘ RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
La trattazione dei ricorsi è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi dell ‘ art. 380bis .1 c.p.c..
Le parti hanno depositato sintetiche memorie illustrative
MOTIVI DELLA DECISIONE
1)Riunione dei ricorsi
D eve preliminarmente ordinarsi, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., la riunione dei due ricorsi separatamente proposti da NOME ed NOME COGNOME, da una parte, e da NOME COGNOME, dall ‘ altra, precisandosi che il primo va considerato principale, in quanto notificato anteriormente al secondo, da qualificare, conseguentemente, come incidentale, ancorchè non proposto nella forma del controricorso (sull’argomen to si vedano, ex ceteris , Cass. n. 36057/2021, Cass. n. 27680/2021, Cass. n. 448/2020, Cass. n. 5695/2015).
2)Illustrazione dei motivi di ricorso
A)Ricorso principale
Il ricorso principale è articolato in tre motivi, distinti dalle lettere A)-C).
2.1 Con il primo motivo ( sub A) vengono denunciate la violazione e la falsa applicazione dell ‘ art. 4 L. n. 898 del 1986 in combinato disposto con l ‘ art. 14 L. n. 689 del 1981.
Si sostiene che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte anconetana, il termine di centottanta giorni per la contestazione della violazione, stabilito dall ‘ art. 4, lettera a), L. n. 898 del 1986 in deroga all ‘ art. 14 L. n. 689 del 1981, doveva farsi decorrere non già dalla data di rilascio del nulla osta da parte dell ‘ autorità giudiziaria penale (10 luglio 2013), bensì da quella di iscrizione degli indagati nel registro delle notizie di reato (risalente all ‘ anno 2010) o quantomeno da quella in cui era stato emesso dal GIP del Tribunale di Fermo il provvedimento di sequestro preventivo dei beni dell ‘ RAGIONE_SOCIALE (8 febbraio 2013); e ciò a prescindere dal rilievo che la Regione Marche aveva comunque acquisito gli elementi necessari per procedere in tal senso a sèguito dell ‘ ispezione condotta l ‘ 11 dicembre 2012 dal suo dirigente NOME COGNOME presso la cantina della prefata società.
Conseguentemente, essendo la notificazione del processo verbale di contestazione avvenuta in data 27 novembre 2013, l ‘ obbligazione di pagamento della somma dovuta per la violazione risultava ormai estinta per prescrizione.
2.2 Con il secondo motivo ( sub B) viene prospettata la violazione degli artt. 138, 139, 140, 141 e 145 c.p.c. e dell ‘ art. 14, ultimo comma, L. n. 689 del 1981.
Si assume che avrebbe errato il collegio distrettuale nell ‘ affermare la validità della notificazione del processo verbale di contestazione effettuata nei confronti di NOME ed NOME COGNOME, in quanto:
(a)il primo, al quale l ‘ atto era stato notificato nella qualità di socio dell ‘ RAGIONE_SOCIALE, più non rivestiva tale qualità fin dal 2010;
(b)la seconda non aveva ricevuto copia dell ‘ atto, essendo la relativa consegna avvenuta nelle mani del fratello NOME, con lei non convivente, senza che le fosse stata inviata la raccomandata informativa prevista dall ‘ art. 139, comma 4, c.p.c..
La COGNOME ha, inoltre, contestato l ‘ autografia della sottoscrizione da lei apparentemente apposta in calce allo scritto difensivo
trasmesso alla Regione Marche ai sensi dell ‘ art. 18, comma 1, L. n. 689 del 1981, dichiarando di voler sporgere querela di falso .
2.2.1 Con un ulteriore profilo di doglianza sviluppato nel contesto del medesimo motivo viene lamentata la violazione dell ‘ art. 28 L. n. 689 del 1981, rilevandosi che il diritto di riscuotere le somme dovute per le violazioni punite con sanzioni amministrative pecuniarie si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa l ‘ infrazione.
2.3 Con il terzo motivo ( sub C) è contestata la violazione dell ‘ art. 3 L. n. 898 del 1986 e degli artt. 2700 e 2702 c.c..
Si deduce che avrebbe errato la Corte marchigiana nell ‘ escludere la rilevanza probatoria dei certificati di collaudo delle opere realizzate con i contributi di cui viene contestata l ‘ indebita percezione, trattandosi di atti pubblici provenienti da funzionari delegati dalla Regione Marche e assistiti dalla fede privilegiata di cui all ‘ art. 2700 c.c..
Tali documenti dimostrerebbero l ‘ effettivo utilizzo dei contributi in questione per lo scopo prestabilito.
B)Ricorso incidentale
2.4 Il ricorso incidentale consta di un unico mezzo di impugnazione, con il quale viene denunciata la nullità della sentenza d ‘ appello per irriducibile contraddittorietà della sua motivazione.
2.5 A sostegno della sollevata censura viene argomentato quanto segue.
Il Tribunale di Fermo aveva erroneamente affermato che il COGNOME doveva essere ritenuto responsabile della contestata violazione amministrativa non soltanto nella qualità di legale rappresentante dell ‘ RAGIONE_SOCIALE, ma anche a titolo personale.
Con l ‘ impugnata sentenza, pur avendo riconosciuto in motivazione che egli non figurava fra i destinatari delle ordinanze ingiuntive emesse dalla Regione Marche e risultava, pertanto, estraneo
all ‘ illecito, la Corte distrettuale di Ancona, in modo del tutto illogico e incoerente, ha statuito in dispositivo il rigetto del gravame proposto dal COGNOME, ingiustamente condannandolo, in solido con gli altri impugnanti risultati soccombenti, a rifondere le spese del grado all ‘ amministrazione appellata.
3)Esame dei motivi
A)Ricorso principale
3.1 Il primo motivo del ricorso principale è infondato.
Per consolidato orientamento di legittimità, il termine stabilito dall ‘ art. 14 L. n. 689 del 1981 per la contestazione dell ‘ infrazione all ‘ interessato decorre non già dal momento in cui il fatto è stato acquisito nella sua materialità, bensì da quando l ‘ accertamento è stato compiuto o avrebbe potuto ragionevolmente essere effettuato dall ‘ organo addetto alla vigilanza delle disposizioni che si assumono violate, dovendosi tener conto anche del tempo necessario per la valutazione dell ‘ idoneità di tale fatto a integrare gli estremi (oggettivi e soggettivi) di comportamenti sanzionati come illeciti amministrativi, compreso quello occorrente per apprezzare e ponderare adeguatamente gli elementi acquisiti e gli atti preliminari, quali le convocazioni di informatori, che non abbiano sortito effetto (Cass. n. 8284/2019, Cass. n. 3524/2019, Cass. n. 7681/2014, Cass. n. 26734/2011, Cass. n. 25836/2011).
Pertanto, qualora il soggetto abilitato a riscontrare gli estremi della violazione sia diverso da quello incaricato della ricerca e della raccolta degli elementi di fatto, l ‘ atto di accertamento non è configurabile fino a quando i risultati delle indagini condotte dal secondo non siano portati a conoscenza del primo, dovendo escludersi che le attività svolte dai due diversi organi possano essere considerate unitariamente al fine di valutare la congruità del tempo necessario per il riscontro delle irregolarità e, conseguentemente, la ragionevolezza di quello effettivamente impiegato dall ‘ amministrazione (cfr. Cass. n. 24209/2022).
Si è inoltre precisato che, al di fuori dell ‘ ipotesi di connessione per pregiudizialità disciplinata dall ‘ art. 24 L. n. 689 del 1981, qualora gli elementi di prova di un illecito amministrativo emergano dagli atti relativi a indagini penali, il termine previsto dall ‘ art. 14, comma 2, della medesima legge per la notificazione degli estremi della violazione decorre dalla ricezione degli atti trasmessi dall ‘ autorità giudiziaria a quella amministrativa, posto che, qualora agli agenti accertatori fosse consentito contestare immediatamente all ‘ indagato la violazione amministrativa, l ‘ autorità giudiziaria non sarebbe messa in condizione di valutare se ricorra o meno la ‘ vis attractiva ‘ della fattispecie penale e, nel contempo, rimarrebbe frustrato il segreto istruttorio imposto dall ‘ art. 329 c.p.p. (cfr. Cass. 30206/2023, Cass. n. 40630/2021, Cass. n. 9881/2018, Cass. n. 7754/2010, Cass. n. 23477/2009).
Ai suenunciati princìpi di diritto si è puntualmente attenuta la Corte di merito, la quale, accertato in fatto che soltanto il 10 luglio 2013 l ‘ autorità giudiziaria ebbe a rilasciare alla competente amministrazione pubblica il nulla osta all ‘ utilizzo a fini fiscali e amministrativi degli atti di indagine penale, ha ritenuto tempestiva rispetto a tale data la notifica del processo verbale di contestazione effettuata nei confronti degli odierni ricorrenti, essendo questa avvenuta il 27 novembre 2013, entro il termine di centottanta giorni fissato dall ‘ art. 4, lettera a), L. n. 898 del 1986 (di conversione del D.L. n. 701 del 1986).
3.2 Il secondo motivo è infondato.
La Corte anconetana ha appurato: – che la notifica del processo verbale di contestazione della violazione fu eseguita a mani proprie di NOME COGNOME, in data 27 novembre 2013, presso la residenza della sorella NOME; – che, nell ‘ indicata circostanza, egli ricevette in consegna dall ‘ agente notificatore anche una seconda copia dell ‘ atto destinata alla predetta congiunta.
Ha quindi rilevato: – che nei confronti del primo la notificazione
doveva ritenersi regolarmente effettuata a norma dell ‘ art. 138 c.p.c.; – che anche nei riguardi della seconda la notifica era da considerarsi validamente eseguita, ai sensi dell ‘ art. 139, comma 2, c.p.c., mediante la consegna di copia dell ‘ atto a persona di famiglia non minore degli anni quattordici e non palesemente incapace.
3.2.1 Con specifico riferimento a quest ‘ ultima notifica ha altresì soggiunto:
-che, in base all ‘ art. 139, comma 2, c.p.c., la consegna a non postula il requisito della convivenza del familiare con il destinatario dell ‘ atto, risultando a tal fine sufficiente l ‘ esistenza di un vincolo di parentela o affinità idoneo a giustificare la presunzione iuris tantum che la consegnerà l ‘ atto al destinatario e incombendo su colui che assume di non averlo ricevuto l ‘ onere di provare il carattere del tutto occasionale della presenza del consegnatario in casa propria;
-che non si rendeva necessario l ‘ invio al destinatario della raccomandata informativa di cui al comma 4 dello stesso articolo, trattandosi di adempimento prescritto «per ipotesi diverse» (consegna dell ‘ atto al portiere dello stabile o a un vicino di casa).
Le surriportate affermazioni appaiono pienamente conformi al consolidato orientamento giurisprudenziale espresso in subiecta materia da questo Supremo Collegio (cfr. Cass. n. 11228/2021, Cass. n. 11815/2020 Cass. n. 18716/2018, Cass. n. 21362/2010) e al chiaro tenore letterale dei commi 3 e 4 dell ‘ art. 139 c.p.c., sicchè la sollevata censura si appalesa priva di consistenza.
3.2.2 In ordine alla dedotta circostanza secondo cui, al momento della notifica del processo verbale di contestazione, lo COGNOME non risultava essere più socio dell ‘ RAGIONE_SOCIALE, il rilievo si appalesa inconferente, atteso che la violazione amministrativa a lui ascritta attiene a fatti risalenti a un ‘ epoca (anni 2002-2004) in cui ancora rivestiva la suddetta qualità.
3.2.3 Per quanto attiene, poi, alla querela di falso che NOME
COGNOME ha dichiarato di voler sporgere per l ‘ ipotesi in cui la sottoscrizione da lei apparentemente apposta in calce allo scritto difensivo inviato alla Regione Marche ai sensi dell ‘ art. 18, comma 1, L. n. 689 del 1981, a prescindere dal rilievo che l ‘ ipotetico accertamento della falsità di tale firma non inficerebbe la correttezza della decisione assunta dalla Corte locale, stante la riconosciuta validità della notifica del processo verbale di contestazione eseguita nei confronti dell ‘ odierna ricorrente, va comunque osservato che nel giudizio di cassazione il rimedio di cui agli artt. 221 e ss. c.p.c. è proponibile limitatamente ad atti del relativo procedimento, come il ricorso o il controricorso, ovvero a documenti in esso producibili ai sensi dell ‘ art. 372 c.p.c., ma non anche rispetto ad atti e documenti che il giudice di merito abbia posto a fondamento della sentenza impugnata, poichè la loro eventuale falsità, se definitivamente accertata nella sede competente, può essere fatta valere come motivo di revocazione, ex art. 395 n. 2) del medesimo codice (cfr. Cass. n. 24846/2020, Cass. n. 2343/2019, Cass. n. 24856/2006).
3.2.4 Inammissibile, per difetto di specificità, va infine ritenuto il profilo di doglianza concernente l ‘ asserito decorso del termine quinquennale di prescrizione del diritto di riscuotere le somme dovute a titolo di sanzione.
Invero, i ricorrenti non si confrontano minimamente con gli accertamenti in fatto compiuti sul punto dalla Corte d ‘ Appello, la quale ha individuato nel 28 dicembre 2008 la «data di erogazione dell ‘ ultima tranche dei contributi relativi alle due domande» , soggiungendo che «il primo atto interruttivo è intervenuto tempestivamente nel quinquennio (il riferimento è alla notificazione del verbale di contestazione, effettuata il 27 novembre 2013 n.d.r.) e che tempestivamente è intervenuta nel successivo quinquennio la notifica dell ‘ ordinanza ingiunzione, eseguita il 15-19
giugno 2017 nei confronti di COGNOME NOME e di COGNOME NOME e il 7 agosto 2017 nei confronti della società, a mani di NOME quale legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE» .
3.3 Il terzo motivo è infondato.
Con ampia e diffusa motivazione la Corte marchigiana ha indicato i plurimi elementi indiziari dai quali è possibile desumere la falsità dei dati e delle notizie esposti dall ‘ RAGIONE_SOCIALE nelle domande n. 18929 del 2002 e n. 29213 del 2004 (riguardanti la misura A ‘ Investimenti nelle aziende agricole ‘ ), al fine di conseguire indebitamente erogazioni a carico del RAGIONE_SOCIALE.
In particolare, essa ha evidenziato: – che «le fatture rendicontate da RAGIONE_SOCIALE per gli interventi finanziati sono (state) emesse da RAGIONE_SOCIALE, società riferibile ai medesimi soggetti della prima, rappresentata all ‘ epoca dalla stessa persona fisica (COGNOME NOME, subentrato nella carica per RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE nel luglio 2005 e subentrato per atto del luglio 2006 nella carica di amministratore unico di RAGIONE_SOCIALE, in precedenza rivestita da COGNOME NOME)» ; – che «nessuna delle fatture indicate nella rendicontazione è stata registrata nell ‘ elenco clienti di NOME e nell ‘ elenco fornitori di RAGIONE_SOCIALE» ; – che «l ‘ oggetto sociale della fornitrice è incompatibile con la vendita di botti e camere isotermiche» , al cui acquisto dovevano essere destinati i contributi percepiti dalla società richiedente; – che «a questi concordanti indicatori della fittizietà delle fatture (per operazioni inesistenti) si coniuga l ‘ analisi delle movimentazioni bancarie relative ai pagamenti delle fatture 1, 1 bis, 3 e 4, riportata nel documento istruttorio e negli allegati, dalla quale emerge che per ciascuna fattura la intera somma era traferita da COGNOME NOME dal conto della sorella NOME, sul quale egli poteva operare, ad RAGIONE_SOCIALE, da RAGIONE_SOCIALE lo stesso importo era trasferito ad RAGIONE_SOCIALE e da questa trasferito a RAGIONE_SOCIALE, che lo riversava sul conto di COGNOME NOME con causale ‘ restituzione prestito ‘ , operazioni
compiute tutte nella stessa giornata per ciascuna fattura» ; – che da quanto precede «risulta nitidamente la mera partita di giro senza esborso per la società, convergente in via logica con il dato della partecipazione degli stessi soggetti nei ruoli amministrativi e con la proprietà di quote, con la omessa registrazione delle fatture da ambo le parti» .
Ha inoltre chiarito che «la presenza in loco di beni di attinenza con gli investimenti non è in alcun modo incompatibile con la piena prova della falsità contestata, strumentale alla erogazione» .
A fronte delle argomentazioni sopra illustrate, le lagnanze mosse dai ricorrenti con il motivo in disamina si rivelano inconferenti, atteso che l ‘ illecito di cui all ‘ art. 2, comma 1, L. n. 898 del 1986 consiste nell ‘ indebito conseguimento per sé o per altri, mediante l ‘ esposizione di dati o notizie falsi, di aiuti, premi, indennità, restituzioni, contributi o altre erogazioni a carico totale o parziale del RAGIONE_SOCIALE e del RAGIONE_SOCIALE rurale (RAGIONE_SOCIALE).
Sotto tale aspetto, nella vicenda che ci occupa assume rilievo decisivo il fatto che le domande presentate dall ‘ RAGIONE_SOCIALE alla Regione Marche (n. 18929 del 2002 e n. 29213 del 2004) contenessero dati accertati come falsi, sulla base dei quali sono state poi indebitamente conseguite erogazioni a carico del RAGIONE_SOCIALE; risulta, invece, irrilevante la circostanza che nelle cantine della prefata società fossero stati rinvenuti beni e opere aventi una qualche attinenza con gli interventi finanziati, atteso che le erogazioni richieste avrebbero dovuto essere utilizzate per far fronte al pagamento di presunte forniture dell ‘ RAGIONE_SOCIALE; nè rilevano i certificati di collaudo rilasciati da funzionari regionali, trattandosi di documenti inidonei a dimostrare l ‘ effettività delle anzidette forniture (ovvero la provenienza dei beni e delle opere dall ‘ RAGIONE_SOCIALE), e quindi la veridicità dei dati in questione.
Alla luce delle considerazioni innanzi esposte, non si ravvisa la
denunciata violazione di legge, avendo il collegio di secondo grado correttamente interpretato e applicato alla fattispecie concreta, come da esso ricostruita nell ‘ esercizio di un potere tipicamente riservato al giudice di merito, l ‘ astratta previsione normativa di riferimento.
Né dietro il velo della denuncia del vizio di cui all ‘art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c. può pretendersi di sollecitare questa Corte a un riesame dell ‘apprezzame nto delle risultanze istruttorie, dal quale il giudice d ‘ appello ha tratto il convincimento circa la falsità dei dati indicati dall ‘ RAGIONE_SOCIALE nelle domande summenzionate (cfr. Cass. n. 4247/2023, Cass. Sez. Un. n. 21973/2021, Cass. Sez. Un. n. 34476/2019, Cass. Sez. Un. n. 19229/2019).
B)Ricorso incidentale
3.4 Il ricorso proposto dal RAGIONE_SOCIALE è inammissibile.
3.5 Ai sensi dell ‘ art. 333 c.p.c., le parti nei cui confronti è stata effettuata la notificazione dell ‘ impugnazione debbono proporre, a pena di decadenza, le loro impugnazioni in via incidentale nello stesso processo.
3.6 Nel caso di specie, il ricorso per cassazione proposto dagli COGNOME è stato notificato in via telematica al COGNOME, all ‘ indirizzo di posta elettronica certificata dell ‘ AVV_NOTAIO, suo procuratore domiciliatario nel giudizio d ‘ appello, in data 7 agosto 2022 (come attestato dalla ricevuta di avvenuta consegna del relativo messaggio).
Nel descritto contesto, egli avrebbe dovuto proporre ricorso incidentale mediante controricorso da notificare ex artt. 370, comma 1, e 371, comma 1, c.p.c. -nel testo, applicabile ratione temporis , vigente anteriormente alle modifiche apportate dal D. Lgs. n 149 del 2022- entro venti giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso, e cioè entro il 10 ottobre 2022 (considerato che, a mente dell ‘ art. 369, comma 1, c.p.c., il ricorso deve essere depositato nella cancelleria della Corte nel termine di
venti giorni dall ‘ ultima notificazione alle parti contro le quali è diretto).
Il COGNOME ha, invece, proceduto alla notifica di un autonomo ricorso per cassazione alle altre parti, eseguita a mezzo p.e.c. in data 29 novembre 2022.
3.7 Ora, se è pur vero che, per giurisprudenza di questa Corte, la modalità di proposizione del controricorso non può considerarsi essenziale, sicchè ogni ricorso successivo al primo si converte in incidentale, indipendentemente dalla forma assunta e quand ‘ anche sia stato proposto con atto a sè stante, è nondimeno vero che in tal caso l ‘ ammissibilità dell ‘ impugnazione è pur sempre condizionata al rispetto del termine di quaranta giorni (venti più venti) risultante dal combinato disposto degli artt. 370, comma 1, e 371, comma 1, c.p.c. innanzi citati, indipendentemente dall ‘ osservanza dei termini (breve e lungo) in astratto operativi ex artt. 325, comma 2, e 327, comma 1, dello stesso codice (cfr. Cass. n. 36057/2021, Cass. n. 5448/2020, Cass. n. 5695/2015, Cass. n. 26622/2005, Cass. n. 10309/2004, Cass. n. 8906/1999).
3.8 Tale principio non trova deroghe nell ‘ ipotesi in cui si intenda proporre impugnazione contro una parte non impugnante o avverso capi della sentenza diversi da quelli oggetto della già proposta impugnazione (cfr. Cass. n. 5695/2015, Cass. n. 26622/2005, Cass. n. 4789/2001, Cass. n. 3335/1999).
3.9 Alla stregua del richiamato orientamento giurisprudenziale, al quale va data continuità, va dichiarata l ‘ inammissibilità dell ‘ esperito gravame incidentale.
4)Statuizioni conclusive
4.1 In definitiva, il ricorso principale deve essere respinto, mentre quello incidentale va dichiarato inammissibile.
4.2 In virtù del criterio della soccombenza, i ricorrenti devono rifondere alla Regione Marche le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
4.3 Attesa la comunanza di interesse in causa, nei loro confronti può essere pronunciata condanna solidale, ai sensi dell ‘ art. 97, comma 1, secondo periodo, c.p.c..
4.4 Nei rapporti fra gli impugnanti può, invece, disporsi la compensazione integrale delle dette spese, non essendo fra di loro ravvisabile una posizione di contrasto, considerato che l ‘ unica parte interessata a contraddire a entrambi i ricorsi era la Regione.
4.5 Stante l’esito delle impugnazioni, viene resa nei riguardi delle parti che le hanno proposte l’attestazione di cui all’art. 13, comma 1quater , D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale; condanna i ricorrenti NOME ed NOME COGNOME e NOME COGNOME, in solido fra loro, a rifondere alla Regione Marche le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi 16.200 euro (di cui 200 per esborsi), oltre al rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e agli accessori di legge; compensa interamente le dette spese nei rapporti fra i ricorrenti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , D.P .R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti principali e del ricorrente incidentale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto dal comma 1bis dello stesso articolo per l ‘ impugnazione da loro rispettivamente proposta, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda