Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 14884 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 14884 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 26753/2020 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall ‘ avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE).
– Ricorrente –
Contro
BANCA D ‘ ITALIA, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE).
– Controricorrente –
Avverso la sentenza del la Corte d’appello di Roma n. 74/2020 depositata il 09/01/2020.
Sanzioni amministrative
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 03/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
con delibera del 07/01/2014, prot. n. 11118/14, la Banca d’Italia (per quanto rileva nel presente giudizio) ha irrogato a NOME COGNOME, già componente del collegio sindacale della Banca Popolare di Spoleto Spa, sottoposta ad accertamento ispettivo dal 16/07/2012 al 06/12/2012, la s anzione amministrativa pecuniaria di € 48.000, per carenza nei controlli (irregolarità n. 3), e la sanzione di € 36.000, per mancato rispetto del requisito patrimoniale complessivo minino (irregolarità n. 4) , per un totale di € 84.000;
NOME COGNOME ha proposto opposizione, ex art. 145, t.u.b. assumendo , tra l’altro, la mancanza di motivazione e la irragionevolezza nella quantificazione della sanzione, che oblitera i criteri di legge e trascura le differenze di ruolo nell’ àmbito del collegio sindacale, ad esempio rispetto al presidente – e ha chiesto una riduzione della sanzione pecuniaria;
l a Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 74/2020, nella resistenza della Banca d’Italia , ha respinto il ricorso.
Queste, in sintesi, per quanto rileva nel presente giudizio, le ragioni della conferma del provvedimento sanzionatorio:
(a) la Banca d’Italia ha concretamente commisurato la sanzione in base ai criteri fissati dalla legge, tenendo conto delle concrete responsabilità degli incolpati, della gravità delle condotte illecite e degli effetti che le stesse hanno determinato sulla situazione dell’intermediario, come prescritto dall’art. 144, t.u.b., e dalle disposizioni di vigilanza in materia di sanzioni del 18/12/2012.
Sono inoltre stati rispettati i criteri dell’art. 11, legge n. 689 del 1981, come richiamati dalla proposta sanzionatoria che precisa i parametri di commisurazione concretamente impiegati tra quelli
enucleati dalle richiamate ‘disposizioni di vigilanza’: dimensioni della banca, gravità della violazione e dei suoi effetti sulla negativa evoluzione della situazione aziend ale, che ha portato all’adozione di un provvedimento di amministrazione straordinaria, specifiche responsabilità dei soggetti sanzionati;
(b) la sanzione per carenza di controlli è stata applicata nella misura di € 48.000, mentre al presidente del collegio sindacale (NOME COGNOME) è stata inflitta nella misura di € 54.000, per il suo ruolo e per un precedente specifico, e all’altro sindaco (NOME COGNOME) nella misura di € 36.000 , per il minor numero di addebiti al medesimo rivolti;
(c) l ‘applicazione dell’identica sanzione di € 36.000, ai membri del CdA e ai sindaci, per mancato rispetto del requisito patrimoniale minimo, è dipeso dalla loro corresponsabilità, dalla gravità delle irregolarità riscontrate e dall’assenza di scriminanti o di ulteriori elementi idonei ad attenuare le incolpazioni;
(d) è priva di fondamento la richiesta di riduzione del quantum della pena pecuniaria in ragione del fatto che le sanzioni sono di importo oggettivamente contenuto, a fronte del massimo edittale pari a € 129.110 (art. 144, comma 1, t.u.b.), sicché l’operato della Banca d’Italia non può essere considerato irragionevole;
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, con un unico motivo, illustrato da una memoria.
La Banca d’Italia ha resistito con controricorso ;
Considerato che:
l’unico motivo di ricorso -‘ Violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 144 tub e 11 della l. 689/1981 -Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. ovvero vizio di motivazione per
motivazione apparente ‘ -si duole che la Corte d’appello di Roma, nei giudizi di opposizione promossi dagli altri due ex membri del collegio sindacale, abbia ridotto le sanzioni inflitte dalla Banca d’Italia (in particolare, la sanzione a carico di COGNOME è stata ridotta a € 54.000, quella a carico di COGNOME a € 34.000), ciò che comporta un’irragionevole penalizzazione della ricorrente rispetto ai due colleghi.
Sotto altro profilo, la parte sanzionata lamenta l’erronea e irragionevole motivazione della sentenza impugnata là dove afferma che la pena pecuniaria sarebbe di importo oggettivamente contenuto, senza considerare che la sanzione di € 48.000 , per l’irregolarità n. 3, è quasi venti volte il minimo edittale (di € 2.580) , e che quella di € 36.000, per l’irregolarità n. 4 , è quasi quattordici volte il minimo edittale (sempre di € 2.580);
1.2. il complesso motivo, che consta di tre sottomotivi, è in parte infondato e in parte inammissibile;
1.3. in primo luogo, con riferimento alla carenza strutturale della motivazione, è dato rilevare che la sentenza reca una motivazione, chiara e sintetica, che soddisfa senz’altro il requisito del ‘minimo costituzionale’, come delineato dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. la giurisprudenza indicata al punto 8.3. In termini: Cass. Sez. U. 27/12/2019, n. 34476, la quale cita, in motivazione, Cass. Sez. U., 07/04/2014, n. 8053; Sez. U. 18/04/2018, n. 9558; Sez. U. 31/12/2018, n. 33679).
1.4. in secondo luogo, quanto al prospettato error in iudicando , rileva la Corte che il giudice di merito spiega che le sanzioni per le due diverse infrazioni rispondono ai requisiti di ragionevolezza e proporzionalità enunciati dall’art. 11, della legge n. 689 del 1981, in quanto sono state irrogate in misura (rispettivamente € 48.000 e € 36.000) ben più bassa rispetto al massimo edittale (€ 129.110,00), in
ragione del profilo oggettivo e del profilo soggettivo degli illeciti, nonché dell’assenza di cause di giustificazione .
È appena il caso di notare che non rientra nel perimetro della prospettata violazione di legge la circostanza che i giudizi di opposizione promossi dagli altri sindaci abbiano portato alla riduzione delle sanzioni ad essi irrogate;
1.5. terzo: è inammissibile la censura di ‘omesso esame circa un fatto decisivo.
Infatti, fin da Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053, si è andato consolidando il principio di diritto per cui l’attuale art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nella specie applicabile ratione temporis , ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il «fatto storico», il cui esame sia stato omesso, il «dato», testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il «come» e il «quando» tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua «decisività», fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
Ciò premesso, la ricorrente non rivolge alla sentenza rilievi riconducibili al paradigma legale di cui al novellato n. 5, dell ‘ art. 360, in quanto non individua alcun fatto storico il cui esame sia stato
omesso, ma si limita (in sostanza) ad affermare che le sanzioni che le sono state applicate le paiono ingiuste ed eccessive;
in conclusione, il ricorso va rigettato;
le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
a i sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 5.200,00, di cui € 200,00, per esborsi, oltre alle spese generali, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione Civile,