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Sanzioni amministrative e tempus regit actum

Una società multata per violazioni della privacy ha visto la sanzione annullata in primo grado perché la norma era stata abrogata. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, affermando che per le sanzioni amministrative si applica il principio del “tempus regit actum”, ovvero la legge in vigore al momento del fatto. L’abrogazione successiva è irrilevante. Inoltre, il ricorso iniziale è stato dichiarato tardivo a causa di una normativa transitoria.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Sanzioni Amministrative: l’Abrogazione della Norma non Salva dal Passato

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di sanzioni amministrative: la legge applicabile è quella in vigore al momento della violazione, secondo il brocardo latino tempus regit actum. Questa decisione chiarisce che l’eventuale abrogazione successiva della norma sanzionatoria non cancella l’illecito già commesso, a differenza di quanto accade nel diritto penale.

I Fatti di Causa

Il caso nasce da una sanzione di oltre 13.000 euro irrogata dall’Autorità Garante per la Privacy a un’azienda per la violazione della normativa sulla privacy. Nello specifico, l’azienda non forniva un’idonea informativa nella sezione contatti del proprio sito web, violando così una disposizione del vecchio Codice Privacy (D.Lgs. 196/2003).

L’azienda ha impugnato la cartella di pagamento davanti al Tribunale, che ha accolto il ricorso. Il giudice di primo grado ha ritenuto che la norma che prevedeva la sanzione fosse stata abrogata dal D.Lgs. 101/2018 (che ha adeguato la normativa italiana al GDPR). Secondo il Tribunale, l’abrogazione avrebbe avuto efficacia retroattiva (ex tunc), facendo venir meno l’illecito stesso.

Il Ricorso in Cassazione e le Questioni Giuridiche

L’Autorità Garante e l’Agenzia di Riscossione hanno presentato ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali.

In primo luogo, hanno sostenuto l’inammissibilità del ricorso originario dell’azienda perché presentato fuori termine. Una norma transitoria (art. 18 del D.Lgs. 101/2018) aveva previsto un meccanismo per cui i vecchi verbali di contestazione si sarebbero trasformati automaticamente in ordinanze-ingiunzioni se il trasgressore non avesse pagato una somma ridotta o presentato nuove memorie difensive entro scadenze precise. L’azienda non aveva fatto né l’una né l’altra cosa, rendendo definitivo il provvedimento ben prima della notifica della cartella di pagamento.

In secondo luogo, hanno contestato l’errata applicazione del principio del favor rei da parte del Tribunale. Hanno argomentato che alle sanzioni amministrative si applica il principio del tempus regit actum, sancito dalla Legge n. 689/1981, e non quello della retroattività della legge più favorevole, tipico del diritto penale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto entrambi i motivi del ricorso, cassando la sentenza del Tribunale e enunciando importanti principi di diritto.

Sulla Tardività dell’Opposizione

La Corte ha chiarito il funzionamento del meccanismo transitorio introdotto con l’adeguamento al GDPR. L’atto di contestazione originario, notificato nel 2014, si è convertito ex lege (cioè per forza di legge) in un’ordinanza-ingiunzione definitiva il 18 dicembre 2018, data in cui sono scaduti i termini per aderire alla definizione agevolata. Di conseguenza, il termine per impugnare tale provvedimento è decorso da quel momento, non dalla successiva notifica della cartella di pagamento del 2019, che rappresenta solo l’atto di riscossione di un credito già consolidato. L’opposizione presentata nel 2020 era, quindi, irrimediabilmente tardiva.

Sul Principio del Tempus Regit Actum per le Sanzioni Amministrative

Il punto centrale della decisione riguarda la successione delle leggi nel tempo. La Cassazione ha riaffermato con forza che, in tema di illeciti amministrativi, vige il principio di legalità e irretroattività stabilito dall’art. 1 della Legge n. 689/1981. Questo comporta che il comportamento illecito deve essere giudicato secondo la legge del tempo in cui è stato commesso. La disciplina posteriore, anche se abrogatrice o più favorevole, non trova applicazione.

L’avvenuta abrogazione di illeciti amministrativi non cancella, quindi, l’antigiuridicità delle condotte passate. Il principio del favor rei, previsto dall’art. 2 del codice penale, è un’eccezione confinata all’ambito penale e non estensibile alle sanzioni amministrative.

Le Conclusioni

La Corte ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa al Tribunale, che dovrà attenersi ai principi stabiliti. Questa ordinanza è un monito importante per le imprese e i professionisti: l’abrogazione di una norma che prevede sanzioni amministrative non costituisce una sanatoria per le violazioni passate. Gli illeciti commessi restano punibili secondo la legge vigente al momento del fatto. Inoltre, la decisione sottolinea l’importanza di agire tempestivamente contro i provvedimenti sanzionatori, prestando massima attenzione alle scadenze procedurali, specialmente in contesti di normative transitorie.

Se una legge che prevede una sanzione amministrativa viene abrogata, la sanzione per una violazione commessa prima è ancora valida?
Sì, la sanzione resta valida. Per gli illeciti amministrativi vige il principio ‘tempus regit actum’, secondo cui si applica la legge in vigore al momento della violazione, e la successiva abrogazione della norma non ha effetto retroattivo.

Qual è la differenza tra il principio del ‘favor rei’ e quello del ‘tempus regit actum’ in questo contesto?
Il ‘favor rei’, tipico del diritto penale, impone di applicare la legge più favorevole al reo, anche se successiva al fatto. Il ‘tempus regit actum’, applicato alle sanzioni amministrative, stabilisce invece che l’illecito è disciplinato esclusivamente dalla legge in vigore quando è stato commesso, rendendo irrilevanti le modifiche legislative successive.

Quando inizia a decorrere il termine per impugnare un’ordinanza-ingiunzione formatasi per legge secondo la normativa transitoria sul GDPR?
Secondo la Corte, il termine per l’opposizione (‘dies a quo’) decorre non dalla notifica della cartella di pagamento, ma dall’ultimo momento utile che il trasgressore aveva per presentare memorie difensive o pagare in forma ridotta secondo le regole transitorie. La cartella è un mero atto di riscossione di un titolo già divenuto definitivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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