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Sanzioni amministrative bancarie: no al favor rei

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12243/2025, ha respinto il ricorso di alcuni ex amministratori di una banca sanzionati dall’Autorità di Vigilanza. La Corte ha chiarito che alle sanzioni amministrative bancarie non si applica il principio del favor rei, ma quello del tempus regit actum. Ha inoltre confermato la correttezza della procedura sanzionatoria seguita e ribadito che l’onere di provare l’assenza di colpa grava sui soggetti sanzionati, in virtù della presunzione di colpa prevista dalla legge.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Sanzioni Amministrative Bancarie: La Cassazione Nega l’Applicazione del Favor Rei

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato temi cruciali in materia di sanzioni amministrative bancarie, fornendo chiarimenti fondamentali sui termini procedurali, sulla natura delle sanzioni e sul principio di colpevolezza. La decisione consolida un orientamento rigoroso, escludendo l’applicazione del principio del favor rei (applicazione della legge più favorevole) a questa tipologia di illeciti e confermando la piena validità del principio tempus regit actum. Questa pronuncia rappresenta un punto di riferimento per gli operatori del settore bancario e per chiunque svolga funzioni di amministrazione e controllo all’interno degli istituti di credito.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un provvedimento sanzionatorio emesso dall’Autorità di Vigilanza bancaria nei confronti di alcuni componenti ed ex componenti del consiglio di amministrazione di una banca di credito cooperativo. A seguito di un’ispezione condotta nel 2015, erano emerse significative carenze nell’organizzazione e nei controlli interni dell’istituto. Tali violazioni avevano portato all’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria di 16.500,00 euro per ciascun amministratore.

Gli amministratori avevano impugnato la sanzione davanti alla Corte d’Appello, la quale aveva però respinto la loro opposizione. Essi hanno quindi proposto ricorso per Cassazione, articolandolo in sei distinti motivi, lamentando principalmente la violazione dei termini procedurali, l’errata applicazione delle norme sulla successione delle leggi nel tempo e vizi di motivazione del provvedimento sanzionatorio.

L’Analisi della Corte e le norme sulle sanzioni amministrative bancarie

La Corte di Cassazione ha esaminato e respinto tutti i motivi del ricorso, ritenendoli inammissibili o infondati. L’analisi della Suprema Corte ha toccato diversi punti nevralgici della disciplina delle sanzioni amministrative bancarie.

Termini Procedurali e Notifiche

I ricorrenti sostenevano che l’Autorità di Vigilanza non avesse rispettato i termini previsti per la conclusione del procedimento sanzionatorio. La Corte ha chiarito che il termine di 240 giorni per l’adozione del provvedimento decorre dalla scadenza del termine per la presentazione delle controdeduzioni e si riferisce all’adozione dell’atto, non alla sua successiva notifica. Ha inoltre ribadito che la disciplina speciale della Legge n. 689/1981 prevale su quella generale della Legge n. 241/1990, e che l’unico termine perentorio è quello quinquennale di prescrizione.

Inapplicabilità del Principio del Favor Rei

Il punto centrale del ricorso era la richiesta di applicare una normativa successiva più favorevole, invocando il principio del favor rei. La Cassazione ha fermamente escluso tale possibilità. Ha spiegato che le sanzioni previste dal Testo Unico Bancario per carenze organizzative non hanno natura ‘sostanzialmente penale’ secondo i criteri della CEDU. Di conseguenza, non si estende a esse il principio penalistico del favor rei. La materia è invece governata dal principio tempus regit actum, secondo cui si applica la legge in vigore al momento della commissione dell’illecito.

La Presunzione di Colpa nelle sanzioni amministrative bancarie

Un altro motivo di ricorso riguardava l’elemento soggettivo dell’illecito. Gli amministratori lamentavano che la Corte d’Appello avesse illegittimamente invertito l’onere della prova, imponendo loro di dimostrare l’assenza di colpa. La Cassazione ha respinto anche questa doglianza, confermando il principio consolidato secondo cui, in tema di illeciti amministrativi, vige una presunzione di colpa. Una volta che l’autorità amministrativa ha provato la fattispecie tipica dell’illecito (la condotta omissiva o commissiva), spetta al trasgressore dimostrare di aver agito senza colpevolezza.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato la sua decisione sulla base di principi giuridici consolidati e sulla specificità del settore bancario. La natura delle sanzioni è stata analizzata non in astratto, ma nel contesto normativo del credito e della finanza. Le sanzioni per carenze organizzative, sebbene afflittive, non raggiungono un grado di severità tale da essere equiparate a quelle penali, a differenza, ad esempio, delle sanzioni per abusi di mercato. Pertanto, la loro disciplina resta saldamente ancorata al diritto amministrativo, che non prevede una regola generale di retroattività della legge più favorevole.

Per quanto riguarda la procedura, la Corte ha sottolineato che il sistema sanzionatorio bancario è un ‘sistema organico e compiuto’ che non necessita di integrazioni dalla normativa generale sul procedimento amministrativo. Questo garantisce specificità e celerità, nel rispetto del termine di prescrizione. Infine, sulla colpa, il giudizio non si basa su un’indagine psicologica, ma sulla conformità della condotta a parametri normativi oggettivi. Il ruolo di amministratore di un istituto bancario impone doveri di diligenza specifici, la cui inosservanza integra di per sé l’elemento soggettivo, salvo prova contraria.

Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce la specialità e il rigore del diritto sanzionatorio bancario. Per gli amministratori e i sindaci di istituti di credito, le implicazioni sono chiare: la responsabilità per carenze organizzative è oggettivata e la diligenza richiesta è massima. La decisione conferma che non è possibile invocare modifiche normative successive più favorevoli per illeciti commessi in passato e che l’onere di dimostrare l’assenza di colpa ricade interamente su di loro. Si tratta di un monito all’importanza di mantenere sempre elevati standard di organizzazione e controllo interno, poiché il quadro normativo e giurisprudenziale non lascia spazio a interpretazioni estensive a favore dei soggetti vigilati.

Il principio del ‘favor rei’ (applicazione della legge più favorevole) si applica alle sanzioni amministrative bancarie per carenze organizzative?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che a queste sanzioni non si applica il principio del favor rei, tipico del diritto penale, ma il principio del ‘tempus regit actum’, secondo cui si applica la legge in vigore al momento della commissione dell’illecito.

Chi ha l’onere di provare la colpa in un procedimento per sanzioni amministrative bancarie?
L’onere di provare l’assenza di colpa grava sul soggetto sanzionato. La legge prevede una presunzione di colpa: una volta che l’Autorità di Vigilanza ha dimostrato la condotta illecita, spetta all’amministratore provare di aver agito senza colpevolezza.

I termini previsti per la conclusione del procedimento sanzionatorio da parte dell’Autorità di Vigilanza sono perentori?
No, i termini interni del procedimento (come i 240 giorni per l’adozione del provvedimento) non sono perentori. L’unico termine invalicabile è quello quinquennale di prescrizione della pretesa sanzionatoria, previsto dall’art. 28 della Legge n. 689/1981.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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