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Sanzione più favorevole retroattiva per lavoro nero

La Corte di Cassazione ha stabilito che la ‘sanzione più favorevole’ introdotta da una legge successiva si applica retroattivamente anche alle sanzioni amministrative per lavoro irregolare, qualora queste abbiano una natura sostanzialmente penale e afflittiva. Nel caso di specie, una sanzione di oltre 100.000 euro è stata ridotta a circa 7.000 euro in applicazione della nuova normativa, respingendo il ricorso dell’Ispettorato del Lavoro che invocava il principio ‘tempus regit actum’.

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Sanzione più Favorevole Retroattiva: La Cassazione sul Lavoro Irregolare

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 13182/2025, affronta un tema cruciale nel diritto sanzionatorio amministrativo: l’applicabilità retroattiva della sanzione più favorevole in caso di illeciti legati al lavoro irregolare. La Corte ha confermato che, quando una sanzione amministrativa ha una natura sostanzialmente punitiva e afflittiva, deve prevalere il principio del favor rei, superando il tradizionale criterio del tempus regit actum.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un’ordinanza-ingiunzione emessa dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Treviso nei confronti di un’imprenditrice e della sua società. L’accusa era la violazione delle norme sul lavoro irregolare, la cosiddetta “maxi sanzione per lavoro nero”. L’importo contestato era particolarmente elevato, ammontando a oltre 103.000 euro.

Le parti sanzionate hanno impugnato l’ordinanza davanti al Tribunale di Treviso, sostenendone l’illegittimità. Il Tribunale, accogliendo parzialmente l’opposizione, ha revocato l’ordinanza e rideterminato la sanzione, riducendola drasticamente a 7.200 euro. La decisione del giudice di primo grado si basava sull’applicazione retroattiva di una legge successiva (D.Lgs. n. 151/2016), che aveva notevolmente alleggerito il trattamento sanzionatorio per quella specifica violazione. Questa applicazione della lex mitior era stata ritenuta possibile in virtù di precedenti pronunce della Corte Costituzionale.

L’Ispettorato del Lavoro ha appellato la sentenza, ma la Corte d’Appello di Venezia ha respinto il gravame, confermando la decisione del Tribunale. Di qui, il ricorso in Cassazione da parte dell’Ispettorato.

La Questione della Sanzione più Favorevole

Il nucleo della controversia ruotava attorno a un quesito fondamentale: una sanzione più favorevole, introdotta da una legge successiva, può essere applicata a un illecito commesso quando era in vigore una norma molto più severa? L’Ispettorato sosteneva l’applicazione del principio tempus regit actum, secondo cui vale la legge del tempo in cui è stata commessa la violazione.

Al contrario, i giudici di merito hanno ritenuto che la maxi-sanzione per lavoro irregolare, per il suo carattere marcatamente afflittivo e punitivo (evidente dalla sproporzione tra la sanzione originaria e quella successiva), dovesse essere considerata di natura “sostanzialmente penale”. Questa qualificazione, derivata dall’interpretazione della giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) e della Corte Costituzionale, impone l’applicazione del principio del favor rei e, di conseguenza, della retroattività della legge più favorevole.

L’inammissibilità del Ricorso dell’Ispettorato

La Corte di Cassazione, prima di entrare nel merito, ha dichiarato inammissibile una parte del motivo di ricorso. L’Ispettorato, infatti, non aveva specificato in appello le ragioni per cui la sanzione non avrebbe dovuto essere considerata afflittiva e “sostanzialmente penale”, limitandosi a invocare il principio tempus regit actum. Questa mancata contestazione specifica ha reso inattaccabile sul punto la decisione della Corte d’Appello.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

Nel merito, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando l’orientamento dei giudici dei gradi inferiori. Gli Ermellini hanno chiarito che, per stabilire il carattere afflittivo e punitivo di una sanzione, si deve guardare alla sua finalità. Se la sanzione ha uno scopo di “deterrenza o prevenzione generale negativa” e una portata che eccede il mero ripristino economico, essa assume una connotazione “sostanzialmente penale”.

Nel caso del lavoro irregolare, gli importi originariamente previsti erano talmente elevati da superare ampiamente il mero carico retributivo e previdenziale evaso, rivelando una chiara finalità punitiva. Pertanto, la sanzione rientra a pieno titolo in quella “materia penale” (secondo l’interpretazione della Corte di Strasburgo) a cui si applicano le garanzie costituzionali e convenzionali, tra cui la retroattività della lex mitior.

La Corte ha richiamato un suo precedente specifico (Cass. n. 13071/2024), ribadendo che, in presenza di sanzioni amministrative con natura e finalità punitiva, il principio del favor rei deve prevalere, a meno che non esistano disposizioni transitorie che dispongano diversamente.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un importante principio di garanzia per i cittadini e le imprese. La Corte di Cassazione stabilisce che non tutte le sanzioni amministrative sono uguali: quelle che, per la loro severità e finalità, assumono un carattere punitivo devono essere assoggettate ai principi garantisti tipici del diritto penale, incluso quello dell’applicazione retroattiva della sanzione più favorevole. Viene così respinta una rigida applicazione del tempus regit actum, promuovendo un’interpretazione del diritto sanzionatorio più attenta ai diritti fondamentali e allineata alla giurisprudenza europea e costituzionale. La decisione implica che l’amministrazione non può pretendere il pagamento di sanzioni divenute sproporzionate secondo una valutazione successiva dello stesso legislatore.

Quando si applica retroattivamente una sanzione amministrativa più favorevole?
Secondo la Corte, una sanzione amministrativa più favorevole si applica retroattivamente quando la sanzione originaria ha una natura “sostanzialmente penale”, ovvero un carattere marcatamente afflittivo e una finalità di deterrenza e punizione, piuttosto che un mero scopo ripristinatorio.

Perché la maxi-sanzione per lavoro irregolare è considerata “sostanzialmente penale”?
È considerata tale per il suo carattere marcatamente afflittivo, che emerge dall’elevato importo della sanzione originaria (oltre centomila euro), ampiamente superiore al carico retributivo e previdenziale evaso. Questa sproporzione rivela una specifica finalità di deterrenza e punizione dell’autore dell’illecito.

Il principio del tempus regit actum è sempre valido per le sanzioni amministrative?
No, non è sempre valido. La Corte chiarisce che il principio tempus regit actum (la legge applicabile è quella in vigore al momento del fatto) cede il passo al principio di retroattività della norma più favorevole (lex mitior) quando le sanzioni amministrative hanno natura e finalità “punitiva”, secondo l’interpretazione della giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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