Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 29563 Anno 2019
2019
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Civile Ord. Sez. 2 Num. 29563 Anno 2019
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/11/2019
ORDINANZA
sul ricorso 6419-2018 proposto da: da :
COGNOME, COGNOME, COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME NOME
– ricorrenti –
contro
COGNOME elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME VIA avvocato avvocato
-ricorrente COGNOMEdentale –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di BARI, depositatÚ il 19/12/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/03/2019 dal Consigliere NOME COGNOME BARI , di NOME
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE SECONDA CIVILE proc. n. 6419/2018 R.G.
Rilevato che:
con ricorso al presidente della Corte di Appello di Bari, gl odierni ricorrenti, premettendo di avere già ottenuto dalla Corte di Appello di Lecce un parziale ristoro per la irragionevole durata di un giudizio pensionistico da essi instaurato dinanzi alla Corte dei conti chiesero, ai sensi della legge n. 89 del 2001, la condanna del Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento dell’indennizzo per l’ulteriore periodo di irragionevole durata del giudizio d 29/11/2011 al 13/1/2016, data in cui fu emanata la sentenza definitiva di appello;
il consigliere designato emise decreto col quale rigettò la domanda ai sensi dell’art. 2 comma 2-quinquies lett. a) della legge n. 89 del 2001, per essere stata la domanda del giudizio presupposto proposta nella piena consapevolezza della sua inammissibilità, essendo il ricorso introduttivo di quel giudizio privo dei necessari da anagrafici e della chiara esposizione della causa petendi posta a fondamento della domanda;
avverso tale decreto, il ricorrente propose opposizione, ai sensi dell’art. 5-ter della legge n. 89 del 2001;
con decreto del 19/12/2017, la detta Corte di Appello, in composizione collegiale, rigettò l’opposizione e condannò ciascuno dei ricorrenti alla sanzione pecuniaria del pagamento di euro tremila in favore della cassa delle ammende;
per la cassazione di questo decreto hanno proposto due distinti ricorsi, da un lato, COGNOME NOME ed altri e, dall’altro, e NOME, sulla base di sei eguali motivi del tutto sovrapponibili (che, per tale ragione, vanno esaminati unitariamente);
– il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ritualmente intimato, non ha svolto attività difensiva;
Considerato che:
– con i primi quattro motivi (proposti ai sensi dell’art. 360 n. cod. proc. civ.) i ricorrenti deducono: 1) che la Corte territori avrebbe errato nel ritenere applicabile alla fattispecie per cui è caus l’art. 2 comma 2-quinquies lett. a) della legge n. 89 del 2001 come modificato dalla legge 28/12/2015 n. 208 (a tenore del quale «Non è riconosciuto alcun indennizzo in favore della parte che ha agito o resistito in giudizio consapevole della infondatezza delle proprie domande o difese»), trattandosi di norma applicabile solo a decorrere dall’i gennaio 2016, con esclusione, quindi, dei rapporti già esaurit prima della sua entrata in vigore; 2) che la Corte territoriale avrebb dovuto applicare la precedente disciplina, che escludeva l’indennizzo nel solo caso di condanna ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ. condanna nella specie non pronunciata; 3) che l’amministrazione convenuta non aveva comunque provato la temerarietà della lite e che la stessa non poteva essere rilevata d’ufficio; 4) che la Corte territoriale avrebbe violato il giudicato formatosi con la sentenza ch aveva definito il giudizio presupposto, la quale aveva escluso la temerarietà della lite; Corte di Cassazione – copia non ufficiale
– i motivi in esame non possono trovare accoglimento perché, se è vero che alla fattispecie per cui è causa non può essere applicato il nuovo testo dell’art. 2, comma 2-quinquies lett. a) della legge n. 89 del 2001 introdotto dalla legge 28/12/2015 n. 208 in quanto il giudizio presupposto è stato definito con sentenza emessa prima della data di entrata in vigore di tale ultima legge (1 gennaio 2016) e che va pertanto applicato il precedente testo della disposizione (a tenore
della quale «Non è riconosciuto alcun indennizzo in favore della parte soccombente condannata a norma dell’art. 96 del codice di procedura civile»), legittimamente tuttavia la Corte territoriale ha apprezzato autonomamente il carattere temerario della domanda promossa dai ricorrenti nel giudizio presupposto, in conformità alla giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v’è ragione di discostarsi, secondo cui «Stante il carattere non tassativo dell’elenco di cui all’art. comma 2 quinquies, della I. n. 89 del 2001, l’indennizzo per irragionevole durata del processo può essere negato a chi abbia agito o resistito temerariamente nel giudizio presupposto, anche in assenza di un condanna, all’esito dello stesso, per responsabilità aggravata, potendo il giudice del procedimento di equa riparazione, già prima della novella apportata dalla I. n. 208 del 2015, autonomamente valutare tale temerarietà, come evincibile dalla lett. f) dello stes art. 2, comma 2 quinquies cit., che attribuisce carattere ostativo a ogni altra ipotesi di abuso dei poteri processuali. Tale valutazione non è soggetta al sindacato di legittimità motivazionale, per effetto d limiti introdotti dal nuovo testo dell’art. 360, n. 5, c.p.c., né svolta d’ufficio, è censurabile in cassazione per pretesa violazione dell’art. 112 c.p.c., essendo, al contrario, doverosa, in quanto relati ad un requisito negativo dell’esistenza del diritto» (Cass., Sez. 2, n. 24190 del 13/10/2017; Cass., Sez. 6 – 2, n. 9100 del 05/05/2016); Corte di Cassazione – copia non ufficiale
– non è ravvisabile poi, con riferimento al quarto motivo, i dedotto vincolo di giudicato, non risultando (nulla dicono in proposito gli stessi ricorrenti) che il giudice del giudizio presupposto abb esplicitamente escluso, con apposita statuizione, il carattere temerario della lite;
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE SECONDA CIVILE proc. n. 6419/2018 R.G.
– il quinto motivo – col quale i ricorrenti lamentano che la Cort territoriale abbia omesso di motivare in ordine alla misura (euro 3000 per ciascun ricorrente) della irrogata sanzione pecuniaria di cui all’ar 5 quater della legge n. 89 del 2001 – è fondato, risultando che la misura della sanzione irrogata è priva di motivazione, che invece è sempre necessaria, essendo la mancanza assoluta o l’apparenza della motivazione – pur dopo la riforma dell’art. 360 cod. proc. civ. operata dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agost 2012, n. 134 – sempre sindacabile in sede di legittimità (cfr. Cass. Sez. Un., n. 8053 del 07/04/2014);
– il sesto motivo – col quale si solleva questione di legittim costituzionale dell’art. 5-quater della legge n. 89 del 2001 per contrasto con l’art. 24 Cost. assumendosi che tale disposizione pone in pericolo la effettività della tutela giurisdizionale – è privo d fondamento, avendo questa Suprema Corte ha già statuito che «In tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo, è manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3, 24 e 111 Cost., l’eccezione d’illegittimità costituzionale dell’art. 5-quater della I. del 2001, in quanto, senza alcun automatismo, rientra nel potere discrezionale del giudice valutare se sussistono i presupposti per disporre una sanzione pecuniaria a carico della parte nelle ipotesi di declaratoria di inammissibilità o rigetto della domanda per manifesta infondatezza e la previsione di detta sanzione, pur costituendo un deterrente rispetto alla proposizione dell’azione, è compatibile con i parametri costituzionali ed in particolare con il principio di effett della tutela giurisdizionale, che, per realizzarsi concretamente, presuppone misure volte a ridurre i rischi di abuso del processo» (Cass., Sez. 6 – 2, n. 5433 del 18/03/2016);
– in definitiva, va accolto il quinto motivo di ricorso, rigettati gli altri, il decreto impugnato va cassato in rel motivo accolto, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appe Bari, che provederà anche in ordine alla spese del presente giudi legittimità;
P. Q. M.
accoglie il quinto motivo di ricorso, rigetta gli altri, decreto impugnato in relazione alla censura accolta e rinvia, per le spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della Appello di Bari.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Secon Sezione Civile, addì 24 ottobre 2019.
IL PRESIDENTE NOME COGNOME
DEPOSiTATO N
Roma , GLYPH 1 4 NOV. 2019