Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 18319 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 18319 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/07/2024
R.G.N. 13365/2022
U.P. 14/03/2024
Sanzioni amministrative
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. NUMERO_DOCUMENTO) proposto da:
COGNOME NOME, nella qualità di titolare dell’omonima impresa individuale, rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliata presso i suoi Uffici in RomaINDIRIZZO;
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bologna n. 2955/2021, pubblicata il 23/11/2021;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14 marzo 2024 dal AVV_NOTAIO relatore NOME COGNOME;
udito il P.G., in persona del AVV_NOTAIO, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito lAVV_NOTAIO, per la ricorrente.
RILEVATO :
che, in data 22 gennaio 2016, la Guardia RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE accertò che nel bar di cui era titolare NOME COGNOME era presente apparecchio tipo ‘totem’, acceso, funzionante e utilizzato da un avventore, dotato di dispositivo per l’inserimento di banconote e che consentiva la connessione telematica a una piattaforma di gioco messa a disposizione da soggetto non autorizzato all’esercizio dei giochi a distanza;
-che per il fatto fu contestata la violazione dell’art. 7, co. 3 -quater, d.l. 13/9/2012 n. 158, convertito nella legge 8/11/2012 n.189, e irrogata, con successiva ordinanza-ingiunzione del 3 luglio 2019, la sanzione amministrativa di Euro 20.000,00, ai sensi dell’art. 1, comma 923, della legge n. 218/2015.
-che NOME COGNOME propose opposizione contro la citata ordinanzaingiunzione, la quale fu accolta dall’adito Tribunale di RAGIONE_SOCIALE con sentenza n. 91/2020, sulla base della considerazione che l’illecito era sanzionato dall’art. 110, comma 9, del TULPS e non dall’art. 1, comma 923, della legge 208/2015;
-che l’RAGIONE_SOCIALE propose appello, il quale, nella costituzione dell’appellata, fu accolto dalla Corte d’appello di Bologna con sentenza n. 2955/2021, riformando integralmente la decisione impugnata, rigettando l’opposizione all’ordinanza -ingiunzione proposta da NOME COGNOME e condannando la stessa alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di lite di entrambi i gradi;
che, con la indicata sentenza, la Corte emiliana dichiarò che gli apparecchi che raccoglievano il gioco sulla rete fisica dei RAGIONE_SOCIALE di Stato erano disciplinati dall’art. 110, comma 6, TULPS e, ove fossero risultati non conformi alle caratteristiche previste dalla normativa, si sarebbe dovuta applicare la sanzione contemplata dallo stesso art. 110 TULPS, AL COMMA 9, lett. c); invece, agli apparecchi che raccoglievano il gioco da remoto tramite connessione alla rete internet, quale quello rinvenuto in occasione dell’ispezione effettuata presso l’esercizio commerciale della COGNOME, si sarebbe dovuta applicare la sanzione prevista dall’art. 1, comma 923, della legge 208/2015, la quale, perciò, era stata legittimamente irrogata nei confronti della suddetta contravventrice;
che il giudice di appello ebbe a rilevare che non era conferente il richiamo alla sentenza Cass. Pen. Sez. 3 21-6-2017 n. 30804 operato dal giudice di primo grado, posto che, con essa, nel pronunciarsi con riguardo alla contestazione del reato di cui all’art. 4 legge 401/1989 commesso nel febbraio 2012 (e perciò prima dell’entrata in vigore del d.l. 158/2012), era stato dichiarato che con l’entrata in vigore dell’art. 1, comma 923, della legge 208/2015 era stata abolita la disposizione incriminatrice di cui al citato art. 4 legge 401/1989, pervenendo alla conclusione che nel febbraio 2012 il regime sanzionatorio fosse quello di cui all’art. 110, comma 9, lett. c), del TULPS; tuttavia, con tale motivazione, la Cassazione penale non aveva inteso affermare che per condotte analoghe poste in essere dopo l’entrata in vigore dell’art. 1, comma 923, della legge 208/2015 dovesse continuare ad applicarsi quello stesso trattamento sanzionatorio;
che, chiarito questo aspetto, la Corte bolognese -con la sentenza qui impugnata -evidenziò, quindi, che la violazione ascritta alla COGNOME era venuta a costituire oggetto di una specifica disciplina e di una specifica previsione sanzionatoria, per cui la relativa
fattispecie non avrebbe che potuto atteggiarsi in termini di specialità rispetto alla generalità di tutte le possibili condotte nella quali potesse essere, in ipotesi, ravvisata la non rispondenza ‘alle caratteristiche e prescrizioni indicate nei commi 6 e 7’ di cui all’art. 110, comma 9, lett. c), del TULPS (nell’ambito RAGIONE_SOCIALE quali si ricomprendeva quella addebitata all’appellata), di modo che la fattispecie che veniva in rilievo nella specifica vicenda non avrebbe potuto ritenersi più disciplinata dal citato articolo del TULPS, ma appunto, sul piano sostanziale, dal d.l. n. 158/2012 (conv., con modif., nella legge n. 189), in combinata disposizione con l’art. 1, comma 923, della legge n. 208/2015, che era venuto a disciplinarne gli aspetti e le conseguenze sanzionatorie;
che, con atto notificato il 16 maggio 2022, NOME COGNOME ha proposto tempestivo ricorso per cassazione avverso la citata sentenza di appello, non notificata, formulando due motivi;
-che l’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO:
– che con il primo motivo rubricato ‘ nullità della sentenza ex art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. in relazione agli artt. 99, 100, 324, 342 e 434 c.p.c. e 2909 c.c.’ -la ricorrente sostiene che l’RAGIONE_SOCIALE appellante non aveva sottoposto a critica con il suo appello i capi della sentenza di primo grado che avevano evidenziato come NOME COGNOME fosse stata assolta dal Tribunale penale di RAGIONE_SOCIALE con sentenza passata in giudicato, mediante la quale non solo era stata esclusa la configurabilità di reato, ma anche dichiarato che l’illecito amministrativo imputabile alla ricorrente non poteva che essere quello regolato dall’art. 110, comma 9, TULPS, che prevedeva la più lieve sanzione pecuniaria di Euro 4.000,00 per ciascun apparecchio contestato, con la facoltà di chiedere il pagamento in misura ridotta ex art. 16 legge 689/1981;
-che, pertanto, a fronte del dato che l’RAGIONE_SOCIALE appellante non aveva sottoposto a censura tali statuizioni, il giudice di secondo grado avrebbe dovuto dichiarare inammissibile l’appello; ciò in applicazione del principio secondo il quale, allorché la sentenza impugnata sia fondata su diverse rationes decidendi idonee entrambe a giustificarne le statuizioni, l’impugnazione rivolta soltanto contro una ratio comporta che la sentenza, in quanto fondata sulla ratio non criticata, si deve ritenere passata in giudicato;
che con il secondo motivo rubricato -‘ in subordine: violazione e/o falsa applicazione della legge ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 1, comma 923 L. n. 208/2015 e 7, comma 3quater D.L. n. 158/2012, conv. in L. n. 189/2012 alla luce dell’art. 3 Cost., in combinato disposto con gli artt. 42 e 117, primo comma, Cost., in riferimento all’art. 1 Protocollo Addizionale CEDU’ – la ricorrente, sul presupposto che con sentenza n. 185/2021 la Corte costituzionale aveva dichiarato illegittima altra disposizione normativa contemplante una sanzione amministrativa in misura fissa contenuta nello stesso d.l. n. 158/2012 (cd. ‘decreto Balduzzi’), ha eccepito l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 923, della legge 205/2015, nella parte in cui punisce indistintamente e con sanzione fissa qualsiasi violazione all’art. 7 co. 3-quater D.L. 158/2012, senza differenziare tra proprietari e esercenti, tra concessionari autorizzati e non autorizzati al gioco a distanza e senza considerare il volume di gioco illecito, rilevando, in proposito, che la fissità della sanzione, combinata alla sua apprezzabile entità ‘quantomeno nell’attuale contesto di emergenza pandemica’, comporta la manifesta sproporzione per eccesso della reazione sanzionatoria rispetto al disvalore concreto dei fatti.
RITENUTO:
– che, con riguardo a questo secondo motivo, risulta essere stata -in altro procedimento rubricato al n. NUMERO_DOCUMENTO, trattato alla pubblica udienza del 9 gennaio 2024 -sollevata la sollecitata questione di legittimità costituzionale, la cui ordinanza è di prossima pubblicazione, ragion per cui si ravvisa l’opportunità di differire la trattazione del presente ricorso a nuovo ruolo, in attesa della definizione dell’incidente di costituzionalità;
P.Q.M.
Rinvia la causa a nuovo ruolo.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio all’esito della