Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14870 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 14870 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 22692-2019 proposto da:
NOME, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto
Pubblico impiego
–
Procedimento disciplinare.
R.G.N. 22692/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 07/05/2024
CC
avverso la sentenza n. 954/2018 RAGIONE_SOCIALEa CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 15/01/2019 R.G.N. 91/2017; udita la relazione RAGIONE_SOCIALEa causa svolta nella camera di consiglio del 07/05/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
La Corte di Appello di Messina rigettava l’appello proposto contro la sentenza di primo grado da NOME COGNOME, che, per quanto qui ancora rileva, aveva convenuto in giudizio l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., chiedendo l’annullamento RAGIONE_SOCIALEa sanzione disciplinar e RAGIONE_SOCIALEa sospensione dal servizio con privazione RAGIONE_SOCIALEa retribuzione per quattordici giorni inflittale con provvedimento n. 223 del 20.10.2011. A fondamento RAGIONE_SOCIALEa domanda, la lavoratrice aveva dedotto l’illegittimità del procedimento per violazione dei termi ni di avvio RAGIONE_SOCIALEo stesso, nonché l’insussistenza RAGIONE_SOCIALEa violazione contestata.
La dipendente indicata in epigrafe propone ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi.
Resiste con controricorso l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo viene dedotto l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione al n. 5, comma primo, RAGIONE_SOCIALE‘art. 360 c.p.c.
1.1. Si assume che la Corte di appello non ha tenuto conto RAGIONE_SOCIALEa circostanza che l’Ufficio disciplinare RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ha adottato il provvedimento sanzionatorio n. 223 del 20.10.2011, valutando ai fini RAGIONE_SOCIALE‘applicazione RAGIONE_SOCIALEa misura da irrogare in concreto un precedente provvedimento disciplinare (sanzione RAGIONE_SOCIALEa multa di quattro ore di retribuzione), poi annullato in virtù RAGIONE_SOCIALEa sentenza passata in giudicato n. 84 del 2018 RAGIONE_SOCIALEa Corte di Appello di Messina.
1.2. Si lamenta che nella sentenza impugnata non si fa cenno all’avvenuto deposito RAGIONE_SOCIALEa sentenza RAGIONE_SOCIALEa C.d.A. di Messina innanzi indicata, né RAGIONE_SOCIALE‘annullamento RAGIONE_SOCIALEe contestazioni disciplinari (così in ricorso) che hanno contribuito a determinare la gravità RAGIONE_SOCIALEa sanzione, disposta nella sopraindicata misura RAGIONE_SOCIALEa sospensione dal servizio con privazione RAGIONE_SOCIALEa retribuzione per quattordici giorni.
1.3. Il motivo è inammissibile, per una pluralità di ragioni.
1.4. In primo luogo, perché viene dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione, ai sensi del n. 5 RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, comma 1, c.p.c. senza il rispetto dei presupposti indicati dal giudice di legittimità in Sez. U. n. 23021 del 2014, difettando la deduzione RAGIONE_SOCIALEa diversa ricostruzione degli aspetti fattuali RAGIONE_SOCIALEa vicenda in termini difformi in primo grado ed in appello, nemmeno potendo potersi qualificare omesso esame di un fatto decisivo la questione per come posta.
1.5. In secondo luogo, perché, in disparte il difetto di specificità, ex art. 366 c.p.c., sub specie di autosufficienza del mezzo -atteso che parte ricorrente nemmeno indica il dove ed il quando del deposito in giudizio RAGIONE_SOCIALEa sentenza n. 84/2018 RAGIONE_SOCIALEa Corte di Appello di Messina -l’inammissibilità del motivo discende, a monte, dal rilievo che in alcun modo dalla pronunzia gravata emerge sia stata posta questione RAGIONE_SOCIALEa corretta individuazione RAGIONE_SOCIALEa sanzione, poi irrogata, in concreto, nella misura RAGIONE_SOCIALEa sospensione dal servizio per giorni 14 con privazione dalla retribuzione, né nel motivo si indica ove la stessa è stata posta nel corso del giudizio di merito, ricordato, in ogni caso, che resta affidato di primo grado e di appello la verifica RAGIONE_SOCIALEa proporzionalità ed adeguatezza RAGIONE_SOCIALEa sanzione, richiamati sul punto gli insegnamenti di Cass. n. 107 del 2024, rv. 669701-01 ( cfr. sul punto funditus anche innanzi).
Con la seconda doglianza si censura la violazione o falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 16, commi 1 e 3, lett. a), b), d), e), del c.c.n.l. 2002-2005.
2.1. Si sostiene ancora che la sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte territoriale qui all’attenzione è erronea ed adottata in violazione del principio di gradualità e proporzionalità RAGIONE_SOCIALEe sanzioni
disciplinari come delineati nelle disposizioni indicate al punto che precede.
2.2. Si rimarca ancora una volta che l’annullamento – con la sentenza n. 84 del 2018 RAGIONE_SOCIALEa Corte di appello di Messina passata in giudicato – di altro provvedimento disciplinare non sarebbe stato tenuto in conto ai fini RAGIONE_SOCIALEa commisurazione RAGIONE_SOCIALEa sanzione.
2.3. Il motivo è inammissibile, sia perché questo secondo mezzo non rispetta il canone di specificità sub specie di autosufficienza di cui all’art. 366 c.p.c., per le stesse ragioni già indicate al punto 1.5., sia perché, come già innanzi anticipato, la questione RAGIONE_SOCIALEa proporzionalità RAGIONE_SOCIALEa sanzione non risulta giammai essere stata posta dinnanzi al giudice di merito, dinnanzi al quale la lavoratrice aveva lamentato solo il mancato rispetto dei termini del procedimento e l’insussistenza RAGIONE_SOCIALEa violazione contestata. Conseguentemente, in disparte i limiti di proponibilità RAGIONE_SOCIALEa questione RAGIONE_SOCIALEa proporzionalità RAGIONE_SOCIALEa sanzione nel ricorso per cassazione, come già chiariti dal giudice di legittimità nella innanzi ricordata Cass. n. 107 del 2004, qui il motivo è inammissibile perché involge una questione nuova giammai oggetto di esame nel giudizio di merito. Né parte ricorrente ha dedotto, come già rilevato, l’ omesso esame in fase di merito RAGIONE_SOCIALEa questione.
2.3.1. Pertanto, pur ribadito dal Collegio che – in materia di sanzioni disciplinari, il giudizio di proporzionalità tra licenziamento e addebito contestato è devoluto al giudice di merito, in quanto implica un apprezzamento dei fatti che hanno dato origine alla controversia, ed è sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata sul punto manchi del tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata articolata su espressioni od argomenti tra loro inconciliabili, oppure perplessi o manifestamente ed obiettivamente incomprensibili, ovvero ancora sia viziata da omesso esame di un fatto avente valore decisivo, nel senso che l’elemento trascurato avrebbe condotto con certezza ad un diverso esito RAGIONE_SOCIALEa controversia (così la già ricordata Cass. n. 107 del 2024) l’inammissibilità RAGIONE_SOCIALEa censura in cassazione qui deriva, a monte, oltre che dal difetto di specificità, come già innanzi detto, dalla mancata
contestazione ab origine RAGIONE_SOCIALEe questioni inerenti il difetto di proporzionalità RAGIONE_SOCIALEa sanzione, essendo stato dedotto nel ricorso ex art. 414 c.p.c solo l’insussistenza del fatto e la violazione dei termini del procedimento.
Con il terzo motivo si deduce la nullità RAGIONE_SOCIALEa sentenza per violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 112 c.p. c.
3.1. La doglianza è volta ad evidenziare l’erroneità RAGIONE_SOCIALEa decisione in palese contrasto con le risultanze istruttorie, oltre che l’erroneità RAGIONE_SOCIALEa stessa quanto alla disposta condanna alle spese di lite ed alla determinazione RAGIONE_SOCIALEe stesse.
Con la quarta ed ultima censura si denunzia la nullità RAGIONE_SOCIALEa sentenza per violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c. e RAGIONE_SOCIALE‘art. 118 disp. att. c.p.c.
4.1. Si evidenzia che la sentenza impugnata è erronea, ‘atteso che la Corte d’Appello adita si limita a confermare le motivazioni del Giudice di prime cure senza motivare su quanto rilevato nell’atto di impugnazione nel quale è stato evidenziato come il Tribunale sia giunto a conclusioni che sono contrastanti ed opposte a quanto si ricava dall’istruttoria di causa e legittima il provvedimento impugnato anche in ragione RAGIONE_SOCIALEa pendenza di altro procedimento (n. 1468/2012) non riunito a quello per cui è stata promossa la presente impugnazione, rilevato d’ufficio'( così testualmente in ricorso ). Tanto premesso, nel prosieguo del motivo sono riportate nuovamente le doglianze svolte nell’atto di appello, con riguardo alle mancata/erronea valutazione RAGIONE_SOCIALEe risultanze istruttorie.
I motivi terzo e quarto rivolti entrambi, sebbene sotto profili diversi, a denunziare la nullità RAGIONE_SOCIALEa sentenza possono essere congiuntamente esaminati.
5.1. Ebbene alcuna nullità è ravvisabile nel caso di specie.
5.2. Al riguardo va preliminarmente premesso che nel caso di specie è senza dubbio presente una motivazione corrispondente al ‘minimo costituzionale’ . Ricorda infatti questo Collegio, con piena condivisione del consolidato orientamento di legittimità sul tema, che in seguito alla riformulazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., (disposta
dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012), non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza RAGIONE_SOCIALEa motivazione, anche se i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111, sesto comma, Cost. e, nel processo civile, dall’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c.. Tale obbligo è, però violato, si aggiunge, solo qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni RAGIONE_SOCIALEa decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perché perplessa ed obiettivamente incomprensibile), sicché, solo in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. (fra le tantissime, si ricorda Cass. n. 22598/2018, rv. 650880-01, ma anche la successiva conforme Cass. n. 7090/2022, rv. 664120-01).
5.2. Ebbene, nel caso in esame la motivazione è senz’altro presente e quello che surrettiziamente viene lamentato è invece l’erronea valutazione RAGIONE_SOCIALEe risultanze istruttorie.
5.3. Nel dettaglio, con specifico riferimento al terzo motivo, si rileva che esso, già inammissibile perché non indica il canale di accesso al ricorso per cassazione, lo è altresì perché: a) per un verso, sollecita, come già anticipato, peraltro in modo del tutto generico, una diversa valutazione e lettura dei fatti di causa, doglianza evidentemente non proponibile nel giudizio di legittimità; b) per altro verso, quanto alla liquidazione RAGIONE_SOCIALEe spese di lite, ne lamenta l ‘erroneità, laddove, invece, il giudi ce di merito ha fatto corretta applicazione del principio RAGIONE_SOCIALEa soccombenza.
5.4. Del pari nella quarta censura, le doglianze sono rivolte, nella sostanza, ad ottenere una rivalutazione RAGIONE_SOCIALEe risultanze istruttorie, non consentita innanzi al giudice RAGIONE_SOCIALEa nomofilachia.
5.5. Al riguardo va altresì brevemente osservato che la sentenza contiene una motivazione ben argomentata e precisa che ben supera il vaglio del cd. minimo costituzionale. Infatti sulla base RAGIONE_SOCIALEe deposizioni dei testimoni COGNOME, COGNOME,
COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME, oltre che sulla scorta RAGIONE_SOCIALEe ammissioni RAGIONE_SOCIALEa stessa lavoratrice, in piena armonia con le valutazioni già operate dal giudice di primo grado – la Corte di Appello ha ritenuto pienamente integrata la contestata violazione. Sul punto, infatti, la sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte territoriale ha puntualmente rilevato che dall’istruttoria è compiutamente emerso che la lavoratrice, dapprima si rifiutò di lasciare la stanza da lei occupata, nonostante la richiesta RAGIONE_SOCIALEa collega COGNOME, successivamente confermò il rifiuto al direttore di sede COGNOME ed alla collega COGNOME. Al riguardo nella sentenza di appello si è evidenziato che la permanenza RAGIONE_SOCIALEa NOME nel box 4 destinato al pubblico, astrattamente lecita, qualora la dipendente avesse svolto attività di ricevimento al pubblico, era illecita ed ostativa RAGIONE_SOCIALE‘attività istituzionale nella misura in cui la lavoratrice pretendeva di svolgere in essa altre attività e non quella di ricevimento del pubblico, peraltro, all’uopo presente , secondo quanto emerso dalle prove assunte. Al riguardo si osserva puntualmente nella sentenza di appello che ‘il permanere RAGIONE_SOCIALEa NOME nella stanza non era in sostanza possibile se ella non avesse svolto attività di ricevimento al pubblico, ed è proprio nella manifestata indisponibilità al ricevimento congiuntamente al permanere nella stanza che si concretizza l’ostruzionismo verso le disposizioni date dai responsabili RAGIONE_SOCIALE‘ente’ ( cfr. sentenza impugnata pagg. 3-4), essendosi sottolineato nella pronunzia come tanto determinasse un disservizio verso l’utenza in attesa e quindi un comportamento ostruzionistico, contrario all’obbligo collaborativo incombente sul dipendente.
Ciò premesso, è evidente l’inammissibilità di tutte le doglianze svolte.
Alle precedenti osservazioni va aggiunto che il giudice non è tenuto a confutare punto per punto ogni singolo fatto ed ogni singola censura, ma deve valutare complessivamente il materiale probatorio ( cfr., ex plurimis , Cass. n. 2441 del 2022) e che i vizi RAGIONE_SOCIALE‘attività del giudice che possono comportare la nullità RAGIONE_SOCIALEa sentenza o del procedimento, rilevanti ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art 360, comma 1, n. 4 c.p.c. non sono posti a tutela di un interesse all’astratta regolarità RAGIONE_SOCIALE‘attività giudiziaria, ma a garanzia RAGIONE_SOCIALE‘eliminazione del pregiudizio concretamente subito dal diritto di difesa in dipendenza del denunziato error
in procedendo (cfr., fra le tante, Cass. n. 15676 del 2014), è evidente l’inammissibilità di tutte le doglianze svolte.
Conclusivamente il ricorso è inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis , RAGIONE_SOCIALEo stesso articolo 13.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento in favore del controricorrente RAGIONE_SOCIALEe spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per esborsi, € 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis , RAGIONE_SOCIALEo stesso articolo 13.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 7.5.2024.