Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 12075 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 12075 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/05/2025
Dott.
NOME COGNOME
Presidente
–
Dott. NOME COGNOME
Consigliere rel. –
Dott. IRENE TRICOMI
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
ORDINANZA
sul ricorso 12614 -2021 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME con diritto di ricevere le comunicazioni all’indirizzo pec dei Registri di Giustizia;
-ricorrente –
Oggetto:
Impiego sanzione
conservativa pubblico -disciplinare
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE e del MERITO, in persona del Ministro pro tempore , UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER LA PUGLIA, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domiciliano in ROMA, ALLA INDIRIZZO
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 146/2021 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 08/02/2021 R.G.N. 1349/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
04/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
NOME COGNOME adiva il Tribunale di Bari al fine di ottenere la declaratoria di annullamento della sanzione disciplinare della sospensione dall ‘ insegnamento per quattro giorni irrogatagli dal Dirigente dell ‘ Ufficio Scolastico Regionale, con nota prot. n. 000419 del 22.07.2014, comunicato con nota prot. n. 3953 dell ‘ 1.08.2014 a firma del Dirigente Scolastico dell ‘ Istituto “Guglielmo Marconi” di Bari.
La sanzione era stata applicata per aver il Papagna: – adoperato in servizio ‘parolacce e bestemmie’; -‘utilizzato abitualmente un linguaggio sguaiato’; -tenuto spesso ‘i piedi sulla cattedra durante le lezioni’, armeggiando sempre ‘con il cellulare’; – incalzato gli alunni durante le interrogazioni per metterli in difficoltà e farli sbagliare, per aver mortificato due alunni della classe 3/MA, che erano impreparati; ingiuriato un alunno di classe 3/EA, costringendolo a dire ‘a tutta la classe’ che era ‘un deficiente ad alta voce’; – palesato disattenzione ‘nei confronti degli alunni con problemi’; – fatto apprezzamenti ‘denigrativi’ sugli studenti e sulle loro famiglie; – spiegato poco le lezioni, rifiutando di rispondere alle domande degli alunni e dicendo di ‘leggerlo sul libro’; -essere stato assente e non reperibile ‘nelle ore
destinate ai colloqui docentigenitori’, anche ‘quando ha espressamente convocato i genitori’ .
Il COGNOME aveva impugnato tale sanzione per profili procedimentali e di merito.
Il Tribunale disattendeva il ricorso, ritenendo: A) la ritualità dell ‘ iter disciplinare sotto il profilo dell ‘ art. 7, comma 7, l. 300/70, non sussistendo un obbligo per l ‘ amministrazione di nominare un proprio arbitro, a seguito e per effetto (non di un invito formale da parte dell ‘ Ufficio del lavoro, bensì soltanto) della missiva con la quale il COGNOME annunciava l ‘ intenzione di attivare la procedura conciliativa; B) che erano stati osservati i termini dell ‘ azione disciplinare, di cui all ‘ art. 55 bis d.lgs. 165/01 modificato dal d.lgs. 150/09, vuoi in riferimento alla contestazione (verbale dell ‘ assemblea dei genitori in data 6.2.2014, protocollato il 10.3.2014; notifica dell ‘ addebito in data 1.4.2014), considerata la competenza dell ‘ ufficio procedimenti disciplinari, da stabilire ex ante , vuoi per la conclusione del procedimento entro 120 giorni mediante il provvedimento sanzionatorio del 22.7.2014; C) che la documentazione versata dall ‘ amministrazione scolastica faceva prova delle violazioni ascritte al COGNOME, mentre questi non aveva ‘fornito elementi per poter ritenere insussistenti le accuse mosse nei suoi confronti’.
Decidendo sull ‘ impugnazione del COGNOME, la Corte d ‘ appello di Bari confermava tale decisione.
Riteneva che l ‘ iter previsto dalle disposizioni pattizie circa la procedura conciliativa fosse consensuale e non vincolato, privo di sanzione a carico del datore di lavoro il quale, rispondendo negativamente, aveva assolto all ‘ unico obbligo rinveniente dal c.c.n.q. del 23 gennaio 2001, residuando per il ricorrente l ‘ unica alternativa di ricorrere al Giudice del lavoro.
Ribadiva la competenza, per le sanzioni più gravi (dalla sospensione dal servizio al licenziamento) dell ‘ Ufficio procedimenti disciplinari, a
prescindere dalla successiva applicazione della sospensione inferiore a dieci giorni.
Riteneva che il Tribunale avesse puntualmente valutato tutti gli atti di causa contenenti plurimi e collimanti elementi di valutazione circa i fatti contestati al dipendente, provenienti da persone terze rispetto al rapporto di lavoro.
Riteneva che l ‘ appello non esprimesse una censura dedicata alla valutazione della gravità delle inadempienze addebitate.
In ogni caso riteneva che correttamente fossero stati ritenuti violati doveri minimi di convivenza civile propri di tutti i consociati, a maggior ragione richiesti ad un docente nell ‘ esercizio delle proprie funzioni.
Per la cassazione della sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso affidato a tre motivi.
Il Ministero dell’Istruzione e del Merito e l’Ufficio scolastico regionale per la Puglia hanno resistito con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione delle norme di diritto (art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.) in combinato disposto dell ‘ art. 7, comma 7, della L. n. 300/70.
Sostiene che, non avendo la parte datoriale aderito, all ‘ epoca, all ‘ invito formulato dal ricorrente nella costituzione di un collegio conciliativo, sia era verificata una decadenza dalla relativa sanzione impugnata in virtù del disposto di cui all ‘ art. 7, comma 7, della L. n. 300/70.
Il motivo è infondato.
L ‘ art. 7 della l. n. 300/1970 prevede al comma 6: « Salvo analoghe procedure previste dai contratti collettivi di lavoro e ferma restando la facoltà di adire l ‘ autorità giudiziaria, il lavoratore al quale sia stata applicata una sanzione disciplinare può promuovere, nei venti giorni successivi, anche per mezzo dell ‘ associazione alla quale sia iscritto ovvero conferisca mandato, la costituzione, tramite l ‘ ufficio provinciale
del lavoro e della massima occupazione, di un collegio di conciliazione ed arbitrato, composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro scelto di comune accordo o, in difetto di accordo, nominato dal direttore dell ‘ ufficio del lavoro. La sanzione disciplinare resta sospesa fino alla pronuncia da parte del collegio » ed al comma 6: « Qualora il datore di lavoro non provveda, entro dieci giorni dall ‘ invito rivoltogli dall ‘ ufficio del lavoro, a nominare il proprio rappresentante in seno al collegio di cui al comma precedente, la sanzione disciplinare non ha effetto. Se il datore di lavoro adisce l ‘ autorità giudiziaria, la sanzione disciplinare resta sospesa fino alla definizione del giudizio» .
È del tutto evidente che solo la procedura conciliativa attivata tramite l’ufficio provinciale del lavoro da parte del lavoratore comporta l’obbligo del datore di lavoro di provvedere alla nomina di un proprio arbitro.
Nello specifico non risulta che il sia intervenuto l’Ufficio del lavoro essendo stata solo manifestata da parte del Papagna l’intenzione di attivare la procedura conciliativa.
Ed infatti si evince dallo stesso ricorso che il dipendente si è avvalso della procedura del c.c.n.q. del 31 gennaio 2001 che all’art. 2 prevede che: « 1. Restando fermo il ricorso all’autorità giudiziaria ordinaria, le parti possono concordare, in alternativa, di deferire la controversia ad un arbitro unico scelto di comune accordo, che deve appartenere ad una delle categorie di cui all’art. 5, comma 4. Per l’impugnazione del lodo arbitrale si applica l’art. 412 quater c.p.c., e il comma 12 dell’art. 4 del presente accordo» ed al successivo comma 3 che: « 1. La richiesta di compromettere in arbitri la controversia deve essere comunicata con raccomandata con a. r. contenente una sommaria prospettazione dei fatti e delle ragioni a fondamento della pretesa. La disponibilità della controparte ad accettarla deve essere comunicata entro 10 giorni, con raccomandata con a. r. Entro i successivi 10 giorni l’arbitro sarà designato dalle parti» .
Quello previsto dal c.c.n.q., e cioè da una fonte secondaria espressamente fatta salva dall’art. 7 della legge n. 300/1970, è, dunque, un iter consensuale e non vincolato rispetto al quale non è prevista alcuna sanzione.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione delle norme di diritto (art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.) in combinato disposto con l ‘ art. 55 bis del d.lgs. n. 165/2001.
Censura la sentenza impugnata per aver escluso il mancato rispetto dei termini ex art. 55 bis del d.lgs. n. 165/2001 in ordine alla immediatezza e tempestività della contestazione, nonchè dell ‘ irrogazione della sanzione avendo fatto rientrare il procedimento disciplinare in esame nella categoria dei procedimenti inerenti le sanzioni di competenza degli uffici disciplinari; ne discenderebbe che i relativi termini procedimentali decorrono dal momento in cui detto Ufficio ne è venuto a conoscenza, quindi, nel caso di specie, il 12.03.2014 (con conseguente tempestività della contestazione avvenuta il 4.04.2014, e cioè nei termini).
4. Il motivo è infondato.
Correttamente la Corte territoriale ha valorizzato, ai fini della competenza dell ‘ UPD (e dei conseguenziali termini) la gravità della violazione ed ha ritenuto che la contestazione fosse avvenuta nei termini procedimentali previsti.
Si deve qui ricordare, condividere e ribadire quanto questa Corte ha già avuto occasione di statuire in ordine alla corretta applicazione dell ‘ art. 55bis del d.lgs. n. 165 del 2001, secondo il quale (nel testo vigente nel 2012, ovverosia all ‘ epoca dei fatti) « Per le infrazioni di minore gravità, per le quali è prevista l ‘ irrogazione di sanzioni superiori al rimprovero verbale ed inferiori alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per più di dieci giorni, il procedimento disciplinare, se il responsabile della struttura ha qualifica dirigenziale, si svolge secondo le disposizioni del comma 2 » (ovverosia secondo le
forme prescritte al dirigente dell ‘ ufficio in cui lavora il pubblico impiegato, dirigente cui è attribuito il potere di applicare la sanzione, senza necessità di investire l ‘ apposito e distinto Ufficio per i Procedimenti Disciplinari). Poiché nel caso in esame venne inflitta la sanzione della sospensione per quattro giorni (dunque inferiore a dieci giorni), ma in applicazione di una disposizione di legge che prevede una sanzione massima di un mese di sospensione (dunque superiore a dieci giorni), si tratta di stabilire se il riparto di competenza sul procedimento e sull ‘ adozione del provvedimento disciplinare sancito dall ‘ art. 55bis abbia riguardo alla sanzione applicata in concreto o alla sanzione astrattamente applicabile.
Nel primo caso, la sanzione applicata al ricorrente dal dirigente scolastico sarebbe legittima, nel secondo caso, invece, sarebbe illegittima.
Ebbene, questa Corte ha già ritenuto, e qui conferma, che ‘l’ attribuzione della competenza al Dirigente della struttura cui appartiene il dipendente o all ‘ Ufficio per i procedimenti disciplinari, ai sensi dell ‘ art. 55bis d.lgs. n. 165 del 2001, si definisce esclusivamente sulla base delle sanzioni edittali massime stabilite per i fatti quali indicati nell ‘ atto di contestazione e non sulla base della misura che la P.A. possa prevedere di irrogare’ (Cass. 11 luglio 2024, n. 19097; Cass. 5 giugno 2024, n. 15682; Cass. 20 novembre 2019, n. 30226; Cass. 2 agosto 2019, n. 20845).
Infatti, in tale direzione volge il senso ‘fatto palese dal significato proprio delle parole’ (art. 12 disp. prel. cod. civ.) usate dal legislatore, laddove esso si riferisce alla sanzione di cui è « prevista l ‘ irrogazione » (art. 55bis , comma 1, d.lgs. n. 165 del 2001). E il riferimento non può che essere alla previsione della legge, non certo a quella dello stesso dirigente del singolo ufficio, il quale, altrimenti, sarebbe chiamato a regolare la propria competenza in ambito disciplinare sulla base delle sue stesse intenzioni e determinazioni in ordine alla sanzione da
applicare e non in ossequio a una preesistente criterio normativo, che egli sia tenuto a rispettare.
I termini del procedimento, quindi, non potevano che essere quelli previsti dall ‘ art. 55 bis , comma 4, pacificamente rispettati nella fattispecie, perché l ‘ individuazione dell ‘ Ufficio competente e del procedimento esperibile deve essere effettuata ex ante .
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione delle norme di diritto (art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.) in combinato disposto con l ‘ art. 115 cod. proc. civ.
Lamenta l ‘ omesso vaglio delle prove richieste dal ricorrente e deduce che la decisione è stata basata solo sulla documentazione acquisita da parte della amministrazione datoriale.
Il motivo è inammissibile.
Va ricordato che la dedotta violazione dell ‘ art. 115 cod. proc. civ. non è ravvisabile nella mera circostanza che il giudice di merito abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, ma soltanto nel caso in cui il giudice abbia giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (v. ex aliis Cass., Sez. U, 5 agosto 2016, n. 16598; Cass. 10 giugno 2016, n. 11892; Cass. 27 dicembre 2016, n. 27000; Cass. 31 agosto 2020, n. 18092).
Conclusivamente il ricorso deve essere respinto.
La regolamentazione delle spese segue la soccombenza.
Occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass., S.U., n. 4315/2020, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore del Ministero dell’Istruzione e del Merito controricorrente, delle
spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 2.500,00 per compensi professionali oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione