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Sanzione disciplinare professionisti: forza maggiore

Un professionista sospeso per mancato aggiornamento formativo ha impugnato la sanzione disciplinare professionisti, adducendo come causa di forza maggiore le proprie difficoltà economiche. La Corte di Cassazione ha accolto il suo ricorso, stabilendo che la difesa basata sulla crisi finanziaria è sufficientemente specifica e deve essere esaminata nel merito dall’organo disciplinare, anche senza l’indicazione puntuale delle norme violate. La causa è stata rinviata per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 15 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Sanzione disciplinare professionisti: La Crisi Economica Può Essere Forza Maggiore?

Affrontare una sanzione disciplinare professionisti è una delle esperienze più delicate nella carriera di un lavoratore autonomo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha acceso un faro su un tema di grande attualità: le difficoltà economiche possono essere considerate una causa di ‘forza maggiore’ in grado di giustificare l’inadempimento degli obblighi formativi? La risposta affermativa della Suprema Corte apre nuovi scenari per la difesa dei professionisti.

Il Fatto: La Sospensione e il Ricorso del Professionista

Un geometra si è visto infliggere una sospensione di un mese dall’esercizio della professione dal proprio Consiglio di disciplina territoriale. La causa? Il mancato conseguimento dei crediti formativi obbligatori per il triennio 2015-2017.

Il professionista ha impugnato la decisione davanti al Consiglio nazionale di categoria, sostenendo di non aver potuto frequentare i corsi di aggiornamento a causa di gravi difficoltà economiche. A suo dire, la forte contrazione dei redditi e la mancanza di mezzi finanziari integravano una vera e propria causa di forza maggiore, una circostanza che esclude la responsabilità disciplinare.

Tuttavia, il Consiglio nazionale ha respinto il ricorso, giudicando inammissibile la doglianza. La motivazione del rigetto era prettamente formale: il professionista non aveva indicato le specifiche norme di legge che sarebbero state violate dalla decisione del Consiglio di disciplina.

La Sanzione disciplinare professionisti e le ragioni della Cassazione

Contro la decisione del Consiglio nazionale, il professionista ha proposto ricorso in Cassazione, affidandosi a quattro motivi. La Corte ha ritenuto fondato il secondo motivo, quello cruciale, che lamentava l’erronea dichiarazione di inammissibilità del ricorso da parte del Consiglio nazionale.

L’errore del Consiglio Nazionale

La Cassazione ha chiarito che il Consiglio nazionale ha commesso un errore nel pretendere, a pena di inammissibilità, l’indicazione puntuale delle norme violate. Il professionista, infatti, aveva chiaramente e specificamente dedotto i fatti alla base della sua difesa: il forte ridimensionamento dell’attività professionale e l’indisponibilità di mezzi economici. Questo quadro fattuale era stato esplicitamente collegato al concetto di ‘forza maggiore’, una causa di esenzione da responsabilità ben nota nell’ordinamento.

Secondo la Suprema Corte, l’esposizione chiara delle ragioni di fatto e il loro collegamento a un istituto giuridico definito (la forza maggiore) erano sufficienti per mettere l’organo giudicante in condizione di pronunciarsi nel merito. Pretendere un formalismo maggiore sarebbe stato contrario ai principi del giusto processo.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nel principio di prevalenza della sostanza sulla forma. La Corte ha affermato che un motivo di impugnazione è sufficientemente specifico quando enuncia con chiarezza le ragioni della doglianza, consentendo all’organo giudicante di comprendere la questione sottoposta al suo esame.

Nel caso specifico, il riferimento alla ‘forza maggiore’ per difficoltà economiche non era una lamentela generica, ma una difesa precisa che meritava una valutazione di fondatezza. L’organo disciplinare non può trincerarsi dietro un vizio formale, come la mancata citazione di un articolo di legge, per non esaminare il merito di una difesa argomentata. L’errore del Consiglio nazionale è stato proprio quello di non riconoscere la specificità del motivo di opposizione, che era invece idoneo a investire l’organo di disciplina della questione di merito.

Le Conclusioni

L’ordinanza ha implicazioni pratiche significative per tutti i professionisti. Stabilisce un importante principio: le difficoltà economiche, se provate e di entità tale da impedire l’adempimento di obblighi come la formazione continua, possono configurare una causa di forza maggiore. Di conseguenza, una sanzione disciplinare professionisti irrogata in tali circostanze può essere illegittima.

Questa decisione rafforza le tutele per i professionisti che attraversano periodi di crisi economica, imponendo agli ordini professionali di valutare attentamente e nel merito le giustificazioni addotte, senza fermarsi a requisiti puramente formali. La causa è stata quindi cassata con rinvio al Consiglio nazionale, che dovrà riesaminare la vicenda attenendosi a questo fondamentale principio di diritto.

Un professionista può giustificare il mancato aggiornamento professionale con difficoltà economiche?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, le difficoltà economiche possono essere addotte come ‘forza maggiore’ per giustificare l’inadempimento. L’organo disciplinare è tenuto a valutare nel merito questa difesa e non può ritenerla inammissibile solo perché non sono state indicate le specifiche norme di legge violate.

È necessario indicare gli articoli di legge violati quando si fa ricorso contro una sanzione disciplinare?
Non sempre. La Corte ha stabilito che se le ragioni del ricorso sono esposte con chiarezza, come nel caso del riferimento alla forza maggiore per problemi finanziari, l’organo giudicante deve esaminare il merito della questione anche se non sono state citate le specifiche norme violate.

Cosa succede quando la Corte di Cassazione accoglie un motivo di ricorso?
La Corte ‘cassa’ (annulla) la decisione impugnata limitatamente al motivo accolto e ‘rinvia’ la causa a un altro giudice (in questo caso, il Consiglio Nazionale in diversa composizione) per una nuova decisione che dovrà tenere conto del principio di diritto affermato dalla Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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