Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8760 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 8760 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso 25128-2021 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE Legale Territoriale Centro di RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1684/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 27/04/2021 R.G.N. 3711/2018;
Oggetto
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 29/11/2023
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/11/2023 dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
Il Tribunale di Roma accolse il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con il quale era stato chiesto che si accertasse la legittimità della sanzione della multa di quattro ore di retribuzione irrogata alla lavoratrice NOME COGNOME per fatti a lei contestati il 19.2.2016 e nello specifico per non aver rilevato anomalie grafiche e di stampa su titoli fraudolentemente riscossi rispetto ai loro originali e le ulteriori gravi anomalie sul fax di nulla osta al pagamento pervenuto dall’UP di Sparanise.
La Corte di appello di Roma, investita del gravame da parte della lavoratrice, ha confermato la sentenza impugnata ritenendo che l’addebito – che atteneva al mancato rilievo nell’istruttoria da lei svolta della falsità dei titoli e non al pagamento del corrispettivo -aveva trovato conferma nell’istruttoria svolta e che la sanzione irrogata era proporzionata rispetto alla violazione accertata.
Per la Cassazione della sentenza ha proposto tempestivo ricorso NOME COGNOME affidato ad un unico articolato motivo ulteriormente illustrato da memoria. RAGIONE_SOCIALE ha resistito con tempestivo controricorso.
RITENUTO CHE
Con il ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. anche in relazione all’art. 115 c.p.c.. Dell’art. 1176 c.c. anche in relazione agli artt. 52 (obblighi
del dipendente) e 54 (codice disciplinare) del CCNL RAGIONE_SOCIALE.
4.1. Ad avviso della ricorrente la Corte territoriale sarebbe incorsa nelle denunciate violazioni di legge atteso che in primo luogo, diversamente da quanto affermato dalla Corte di merito, sin dalla memoria di costituzione in primo grado era stata contestata l a ricezione dell’ e-mail Pegasus che conteneva un’allerta circa la presenza di anomalie su titoli B.F.P..
Rileva la lavoratrice che in tale situazione non era stata posta in grado di verificare le anomalie presenti sui B.F.P e sul fax pervenuto dall’ufficio postale di Sparanise . Pertanto non poteva essere ritenuta colpevole per non aver accertato il falso dei titoli medesimi.
4.2. Deduce inoltre che il falso era tutt’altro che grossolano e che perciò non poteva essere addebitato alla lavoratrice di non essersi accorta della truffa e di non essersi adoperata per prevenirla. Conseguentemente avrebbe dovuto essere esclusa una negligenza o un’ imprudenza o ancora la violazione di specifici obblighi contrattuali o di istruzioni legittimamente impartitegli dal datore di lavoro. Sostiene che gli indizi di falsità dei B.F.P. e del fax pervenuto dall’ufficio postale di Sparanise erano tutt’altro che grossolani nel loro indice di falsità e, quindi, non erano percepibili da parte di un dipendente mediamente qualificato anche secondo quel ragionevole grado di diligenza qualificata che legittimamente il datore di lavoro può e deve attendersi.
Il ricorso è in parte inammissibile e in parte infondato.
5.1. Inammissibile laddove si risolve in una contestazione della ricostruzione fattuale effettuata dalla Corte di appello la quale, peraltro, ha ribadito e condiviso quanto già accertato dal giudice di primo grado. Il giudice di appello perviene alla conferma della legittimità della sanzione avendo esaminato la condotta contestata alla lavoratrice ed avendone verificato l’esistenza. Con accertamento di fatto a lei riservato ed alla luce delle dichiarazioni rese dai testi escussi la Corte di merito ha verificato che effettivamente erano ravvisabili nei titoli clonati posti all’incasso divergenze rispetto a quelli validi ed ha accertato che segnalazioni in tal senso erano pervenute anche all’ufficio della ricorrente. Ciò nonostante la COGNOME, pur non avendoli direttamente posti all’incasso, aveva tuttavia istruito la pratica senza evidenziare le anomalie. Quanto alla contestazione da parte della COGNOME della ricezione della mail di segnalazione va rilevato che, come risulta dallo stralcio della memoria riportato nel ricorso, ciò ‘ che era stato contestato non era tanto la ricezione delle mail Pegasus quanto piuttosto l’idoneit à di tale segnalazione ad incidere sulla percezione del falso che si assume essere tutt’altro che grossolano. Si tratta di prospettazione difensiva del tutto differente rispetto a quella sottoposta oggi all’attenzione del Collegio che suggerisce piuttosto che le mail non erano state ricevute. Ne consegue anche sotto tale profilo la censura -che per il resto si risolve in una lettura meramente contrappositiva delle risultanze istruttorie
rispetto a quella del tutto plausibile su cui si fonda la decisione impugnata – è inammissibile.
5.2. Neppure è ravvisabile la denunciata violazione dell’art. 2697 c.c. posto che la Corte territoriale non è affatto incorsa in una violazione nella distribuzione degli oneri probatori. Il datore di lavoro, su cui a norma dell’art. 5 della l. n. 604 del 1966 grava l’onere della prova della condotta che ha determinato l’irrogazione della sanzione disciplinare deve provare il fatto nella sua oggettività, mentre grava sul lavoratore l’onere di provare elementi che possano giustificarlo (Cass. n. 16597 del 2018) e nella specie la Corte, accertato il fatto posto a fondamento della sanzione, ha poi escluso che fosse stata offerta la prova della esistenza di circostanze idonee a giustificare la condotta non senza verificare con accertamento di fatto che il falso era agevolmente apprezzabile.
6. In conclusione il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in € 3.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre accessori dovuti per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
Così deciso in Roma il 29 novembre 2023