Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 22573 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 22573 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/08/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 7575/2023 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME con domicilio digitale in atti.
-ricorrente-
contro
CONSIGLIO NOTARILE DEI DISTRETTI RIUNITI DI COGNOME RAGIONE_SOCIALE COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME con domicilio digitale in atti.
-controricorrente-
nonché COGNOME.
PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA DI -intimata- avverso l ‘ ORDINANZA della CORTE D’APPELLO PALERMO n. 245/2023, depositata il 18/01/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/05/2025 dal CONSIGLIERE NOME COGNOME.
Udito il Pubblico Ministero, nella persona del SOSTITUTO PROCURATORE GENERALE NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del secondo motivo di ricorso.
Uditi l’ AVV. NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con ordinanza 245/2023, la Corte d’Appello di Palermo ha rigettato il reclamo proposto dal notaio NOME COGNOME avverso la decisione della Commissione Amministrativa Regionale di Disciplina, con la quale era stata irrogata la sanzione di € 40.000 per la violazione dell’art. 147 lettera a) e b) della Legge notarile per aver il ricorrente, con la propria condotta, compromesso il decoro e il prestigio della categoria e per avere commesso, in forma non occasionale, atti di illecita concorrenza in violazione dell’art. 14 lettera a) del Codice Deontologico Professionale dei Notai.
Il notaio aveva sistematicamente proceduto alla irregolare emissione di fatture tra il 2013 ed il 2017, aumentando artificiosamente l’importo delle spese esenti , denunciando importi inferiori a quelli percepiti a titolo di compenso ed ottenendo un indebito vantaggio fiscale.
La Corte d’appello, riconosciuta l’attenuante del ravvedimento operoso e la prescrizione delle violazioni consumate nel 2013, ha confermato la sanzione di € 40.000,00 per gli illeciti relativi agli anni dal 2014 al 2017.
Secondo il giudice distrettuale nella richiesta di avvio del procedimento, del 20 aprile 2019, il fatto contestato era stato correttamente descritto anche sotto il profilo temporale, indicando le norme violate; l’azione disciplinare era stata tempestiva, poiché nel lasso di tempo compreso tra il 18 dicembre 2017 – data in cui il Consiglio Notarile aveva avuto conoscenza dei fatti – e il giorno 8 maggio 2019 – in cui era giunta alla COREDI la richiesta di avvio del procedimento formulata dal Presidente del Consiglio Notarile il
20 aprile 2019, il Consiglio non era rimasto inerte, avendo atteso le informazioni relative al processo per truffa a carico del reclamante e proceduto all’istruttoria sulla base dei dati raccolti durante l’audizione del notaio.
La Corte di merito ha infine regolato le spese di lite, dando atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, c. 1 quater D.P.R. n. 115/2002.
La c assazione dell’ordinanza della Corte d’Appello di Palermo è chiesta da NOME COGNOME con ricorso in sette motivi, cui ha resistito con controricorso il Consiglio notarile dei distretti riuniti di Agrigento e Sciacca.
Il Pubblico ministero ha depositato conclusioni scritte; le parti hanno illustrato le rispettive difese con memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Deve preliminarmente dichiararsi l’intervenuta estinzione dell’illecito consumato nel 2014, essendo scaduto in data 31.12.2024 il termine decennale di prescrizione di cui all’art. 146, comma secondo, L. 89/2013, nella pendenza del presente giudizio di legittimità.
Resta impregiudicato l’esame dell a fondatezza delle censure con riferimento alle sanzioni applicate per gli anni successivi.
Il primo motivo deduce la violazione dell’art. 153 legge 89/1913, per aver la Corte d’Appello ritenuto tempestiva la contestazione pur essendo trascorsi circa 16 mesi tra l’audizione dell’incol pato (in data 19.12.2017), e l’avvio del procedimento ( in data 8.5.2019), dovendo l’organo di disciplina proced ere senza indugio.
Si evidenzia che dopo l’ audizione del ricorrente, il Consiglio non aveva svolto per circa cinque mesi alcuna attività, nonostante i plurimi elementi già disponibili informazioni ottenute, avendo atteso vanamente le informazioni richieste alla Procura della
Repubblica, essendo comunque emersa l’inconsistenza a fini disciplinari delle accuse rivolte al ricorrente in sede penale.
Il motivo è infondato.
La Corte ha affermato che nella riunione del dicembre 2017, cui aveva fatto seguito, il giorno successivo, la prima audizione del notaio, era stata inoltrata un richiesta di informazioni alla Procura della Repubblica, data la pendenza di un procedimento penale ancora nella fase delle indagini preliminari, richiesta rimasta inevasa e reiterata nel maggio 2018; nel novembre 2018 il Consiglio ha richiesto l’avvio del procedimento al Presidente, che ha proceduto in tal senso nel maggio 2018, trasmettendo gli atti alla COREDI.
La sentenza ha spiegato che il Consiglio non era rimasto inerte e che, oltre all’attesa di riscontri da parte del PM, aveva proceduto all’esame delle fatturazioni relative a circa un quinquennio, procedendo a plurime audizioni.
La durata degli accertamenti necessari per la formulazione della contestazione non appare irragionevole o eccessiva.
2.1. Deve in ogni caso escludersi che l ‘eccessivo protrarsi del procedimento potesse determinare l’estinzione della misura.
L’iniziativa del procedimento disciplinare a carico dei notai, regolata dall’art. 153 della L. 89 del 1913, è sottoposta a termini che, in mancanza di una espressa qualificazione di perentorietà, sono ordinatori.
Non essendo previsto un termine di decadenza per la contestazione ed essendo il sistema presidiato dalla prescrizione, l’espressione “senza indugio”, utilizzata dal cit. art. 153, comma 2, ai fini del promovimento del procedimento, richiede al giudice l’obbligo di accertare se il tempo impiegato all’uopo possa considerarsi adeguato in relazione all’esigenza di celerità richiesta, giacché la pendenza della fase delle indagini può produrre eventuali conseguenze per il pregiudizio indiretto sulla vita e sull’esercizio
della vita del notaio, oltre a rendere progressivamente più difficile, per quest’ultimo, approntare un’adeguata difesa (Cass. 7051/2021; Cass. 9041/2016), ma non incide sulla validità della misura poiché, come detto, il potere disciplinare si consuma con il decorso del termine di prescrizione dell’illecito (Cass. 15963/2011; Cass. 9041/2016).
Il secondo motivo deduce la violazione degli artt. 1 L. 241/90, 160 L. 89/1913 e 24 Cost., sostenendo che il procedimento dinanzi al Consiglio non si era svolto nel rispetto dei principi di trasparenza e imparzialità e del diritto di difesa.
Espone il ricorrente di non esser stato posto in condizione di esaminare la copiosa documentazione a base del procedimento e gli esi ti dell’istruttoria depositati nella seduta del 15.5.2018, non potendo sopperire a tali carenze che le fatture fossero state depositate dallo stesso notaio e che questi fosse a conoscenza dei risultati dell’indagine penale.
Denuncia la violazione del principio di imparzialità poiché nella seduta del 19.12.2017, prima di procedere all’audizione, il Presidente aveva espresso la volontà di avviare il procedimento disciplinare anche i fatti di concorrenza sleale.
Il motivo è infondato.
La tesi del ricorrente secondo cui i principi di imparzialità e trasparenza sarebbero invocabili anche nella fase preliminare alla formulazione della richiesta di apertura del procedimento, contrasta con l’insegnamento di questa Corte secondo cui occorre distinguere la fase che si svolge dinanzi al Consiglio dalla successiva attività innanzi alla Commissione, che è l’organo munito del potere disciplinare.
Ai sensi dell’art. 3 bis L.N., nella versione in vigore all’epoca dei fatti, il Consiglio deve vigilare sull’osservanza, da parte dei notai iscritti al collegio, dei principi e delle norme di deontologia professionale elaborati dal Consiglio nazionale del notariato
secondo quanto previsto dall’ articolo 2, comma primo, lettera f), della legge 3 agosto 1949, n. 577, e successive modificazioni. Al fine di controllare il regolare esercizio dell’attività notarile, i Consigli notarili distrettuali, tramite il presidente o un loro componente, delegato dal consiglio, possono: a) effettuare accessi agli studi ed esaminare atti, repertori, indici, registri, libri e documenti contabili del notaio nonché’ richiedere, anche periodicamente, informazioni e l’esibizione di documenti, estratti repertoriali, atti, registri e libri anche di natura fiscale; b) esaminare gli estratti repertoriali conservati presso gli archivi notarili distrettuali con facoltà di ottenerne copia, dandone preventivo avviso ai notai interessati; c) assumere informazioni presso le amministrazioni e gli uffici pubblici.
Il Presidente del Consiglio Notarile (insieme agli altri soggetti indicati dall’art. 153, legge notarile) ha l’iniziativa del procedimento disciplinare, che si svolge, poi, dinanzi alla Commissione amministrativa regionale di disciplina, dopo la formulazione della proposta sanzionatoria.
Le attività di indagine attribuite al Consiglio notarile sono strettamente funzionali all’eventuale esercizio del potere di instaurazione del procedimento disciplinare vero e proprio. L’intero procedimento è regolato già nella fase amministrativa, dai principi del giusto processo, in quanto ispirato ad una rigida divisione tra fase pre-procedimentale e procedimento disciplinare vero e proprio: nella prima fase non si pone l’esigenza di garanzie di difesa, non essendo ancora pendente un procedimento disciplinare (Cass. 24962/2016).
Spetta, invece, alla Commissione di procedere all’istruzione nel contraddittorio con l’incolpato (il quale può far esaminare tutti gli elementi acquisiti nella fase pre-procedimentale); in tale fase è garantita la facoltà per le parti di farsi assistere da un difensore, di presentare memorie e di indicare i mezzi istruttori di cui intendono
avvalersi. Il Collegio assume, anche d’ufficio, tutte le prove ritenute rilevanti ai fini della decisione (Cass. 5270/2013; Cass. 24962/2016; Cass. 28905/2018).
Come affermato dalla Corte distrettuale, l’aver il Presidente del Consiglio notarile dichiarato di esser pronto a istruire il procedimento anche per l’illecita concorrenza non era motivo di incompatibilità, avendo questi semplicemente manifestato la necessità di una completa valutazione della vicenda, non ai fini dell’applicazione della sanzione, ma della formulazione della proposta all’organo di disciplina, non necessariamente destinata a sfociare nell’adozione di una misura o nell’apertura del procedimento disciplinare.
3. Il terzo motivo deduce la violazione degli artt. 144, comma 1 e 138-bis, comma 1, della L. 89/1913, per aver la Corte confermato la sanzione pecuniaria di euro 40.000,00 superiore al limite massimo di euro 15.493,00 previsto dal l’ art. 138-bis ed applicabile nell’ipotesi che l’illecito sia punito con la sospensione ma siano riconosciute le circostanze attenuanti.
Il motivo è infondato.
Al ricorrente non è stata contestata un’unica violazione, ma plurime violazioni della medesima disposizione mediante condotte autonome, ripetute per più anni ed autonomamente sanzionabili, applicando per ciascuna annualità una sanzione di € 10.000,00 inferiore al massimo (art. 135 LN; Cass. 16519/2020), in conformità ai principi del cumulo materiale.
Va per l’effetto ribadito che l’art. 135, comma 4, della legge notarile, secondo il quale se il notaio, in occasione della formazione di uno stesso atto, contravviene più volte alla medesima disposizione, si applica una sola sanzione, determinata fino all’ammontare massimo previsto per tale infrazione tenendo conto del numero delle violazioni commesse, non opera in caso di plurime infrazioni identiche compiute in atti diversi (Cass. n. 16519/2020).
È difatti esclusa la possibilità di invocare per l’illecito disciplinare regole dettate per altri settori dell’ordinamento, ed in particolare per l’illecito penale, mancando le condizioni per un’applicazione in via analogica, attesa la diversità morfologica tra le due tipologie di illecito, che giustifica un diverso trattamento sanzionatorio (Cass. 9177/2013; Cass. 11507/2016; Cass. 4527/2021).
La legittimità delle norme che differenziano il regime sanzionatorio per gli illeciti amministrativi, escludendo i benefici previsti per gli illeciti di natura penale, è stata da tempo riconosciuta dalla giurisprudenza costituzionale (Corte cost. 280/1999, Corte Cost. nn. 23/1995, 421/1987, 468/1989).
4. Il quarto motivo deduce la violazione degli artt. 153, comma 3, 155, comma 2, 156 bis commi 3, 4, 9, 10 della L. 89/1913, sostenendo che la Commissione di Disciplina, nel quantificare la sanzione, abbia illegittimamente ritenuto punibili violazioni commesse entro l’intero arco delle singole annualità dal 2014 al 2017 e non solo quelle consumate nei mesi di dicembre dei detti anni, oggetto di contestazione, e ciò specie per il 2017 rispetto al quale il Consiglio non aveva ravvisato alcun illecito.
Anche tale motivo è inammissibile.
La circostanza che i fatti contestati si riferissero a fatturazioni emesse solo nel mese di dicembre di ciascun anno non è sostenuta dalla necessaria riproduzione dell’atto di avvio del procedimento , non superando il rilievo mosso nel controricorso secondo cui tale delimitazione temporale dei fatti disciplinarmente sanzionati non avrebbe alcun riscontro nell’atto di contestazione.
In ogni caso nella sentenza impugnata, oltre a porsi in rilievo che nessuna violazione era sussistente per le annualità anteriori al 2017 (cfr. pag. 9), è evidenziato che per il 2017 le irregolarità emergevano dalle note di variazione emesse a partire dal primo quadrimest re dell’anno , non ravvisando alcuna violazione o la
contraddittorietà della motivazione lamentata dal reclamante (cfr. sentenza pag. 9).
5. Il quinto motivo lamenta la violazione degli artt. 147, lettere b e c della L. 89/1913, e 14 del codice deontologico. La Corte di merito avrebbe erroneamente affermato che nel regime anteriore alla riforma dell’art . 147 lettera c) legge notarile, adottata con L. 124/2017, le disposizioni di cui alla lettera b) e c) dell’art. 147 L.N. potevano concorrere e che, solo dopo la riformulazione della norma, sarebbe applicabile esclusivamente la sanzione per la reiterata violazione delle norme in tema di concorrenza sleale contemplate nel codice deontologico.
Si sostiene invece che i fatti commessi prima della modifica adottata con L. 124/2017 erano sanzionabili ai sensi del l’art. 147, lettera c), L.N. e non, come nel caso in esame, in applicazione dell’art. 14 del codice deontologico.
Il motivo è infondato con le precisazioni che seguono.
L’art. 147 lettera c) , nella formulazione anteriore alle modifiche introdotte dalla L. 124/2017, sanzionava il notaio responsabile di atti di illecita concorrenza, con riduzioni di onorari, diritti o compensi, ovvero servendosi dell’opera di procacciatori di clienti, di richiami o di pubblicità non consentiti dalle norme deontologiche, o di qualunque altro mezzo non confacente al decoro ed al prestigio della classe notarile.
Parallelamente la lettera b) della norma puniva la reiterata violazione delle norme deontologiche, tra cui era incluso l’art. 14 del codice di comportamento dei notai, che contemplava anch’esso fatti di illecita concorrenza posti in essere, in via esemplificativa, mediante la irregolare documentazione della prestazione nelle forme della mancata e documentata specificazione di anticipazioni, onorari, diritti e compensi e con l ‘ emissione irregolare di fatture a fronte delle prestazioni rese.
Essendo le medesime condotte punite da due norme in concorso apparente, il notaio poteva rispondere solo ai sensi dell’art. 147 lettera c) L.N., poiché la norma primaria prevale su quella deontologica, non potendosi sanzionare due volte la medesima condotta illecita.
È dunque corretto sostenere che il cd. ‘ scolonnamento ‘ integrava -prima del 2017 un’ipotesi di sleale concorrenza punita ai sensi del l’art. 147 lettera c) L.N. e non quale reiterata violazione dell ‘ art. 14 del codice deontologico, ricadente nella previsione della lettera b) del citato art. 147 , ma l’errore, pur sussistente, è irrilevante non avendo inciso sui termini oggettivi della contestazione e sui presupposti e gli elementi del fatto sanzionato.
La COREDI si è limitata ad applicare una sola sanzione, non un cumulo derivante dalla contestuale violazione dell’art. 14 del codice deontologico, in relazione all’art. 147, lettera b) , e dell’art. 147, lettera c) della L. 89/1913, sicché la violazione è meramente formale e si risolve nell’e rrata indicazione della norma violata, impregiudicata la corretta individuazione della condotta punita e della sanzione applicata.
6. Il sesto motivo deduce la violazione del l’art. 13, comma 1 -quater del D.P.R. n. 115 del 2003 nella parte in cui la sentenza impugnata ha erroneamente applicato il raddoppio del contributo unificato, non avendo il giudizio dinanzi alla Corte d’Appello carattere impugnatorio per le peculiarità del procedimento disciplinale notarile.
I l settimo motivo deduce la violazione dell’art. 92 c.p.c., sostenendo che le spese dovevano gravare sul Consiglio notarile o quantomeno essere compensate in considerazioni della fondatezza delle contestazioni sollevate dal ricorrente.
I due motivi sono assorbiti, poiché la declaratoria di intervenuta prescrizione per la violazione consumata nel 2014 comporta la
cassazione della sentenza impugnata e la conseguente decisione nel merito, facendo venir meno le statuizioni censurate.
In conclusione, sono respinti i primi cinque motivi di ricorso, sono assorbiti gli altri e, decidendo sul ricorso, la sentenza impugnata è cassata con declaratoria di intervenuta prescrizione degli illeciti commessi nel 2014 e con rideterminazione della sanzione in complessivi € 30.000,00.
Le spese del giudizio di reclamo sono regolate in dispositivo e sono poste a carico del ricorrente, che risulta definitivamente soccombente; quelle di legittimità sono compensate in considerazione dell’intervenuta prescrizione parziale degli illeciti nella pendenza del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
rigetta i primi cinque motivi di ricorso, dichiara assorbiti gli altri e decidendo sul ricorso, cassa la sentenza impugnata, dichiara la prescrizione relativamente alle violazioni consumate nel 2014 e ridetermina in € 30.000 la sanzione pecuniaria a carico del ricorrente, che condanna al pagamento delle spese del giudizio di reclamo, pari ad € 4996,00 oltre ad IVA, CPA e rimborso delle spese generali in misura del 15%, compensando integralmente le spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda