Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 26003 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 26003 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 21284-2022 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
– ricorrente principale –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrente –
ricorrente incidentale nonché contro
COGNOME;
ricorrente principale -controricorrente incidentale avverso la sentenza n. 370/2022 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 30/05/2022 R.G.N. 95/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/07/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N. 21284/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 09/07/2025
CC
Fatti di causa
La Corte d’appello di Milano, con la sentenza impugnata, in riforma della sentenza impugnata del tribunale di Milano, ha dichiarato legittima la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio e dal trattamento economico per sei giorni irrogata da Unicredit Spa all’appellato COGNOME NOME in relazione alle operazioni dispositive del 3 e 4 giugno 2020 (posizione cliente NOME COGNOME) ed ha condannato l’appellato al pagamento delle spese del doppio grado, oltre accessori.
La Corte d’appello ha rilevato anzitutto che Unicredit aveva agito in giudizio per sentire accertare la legittimità e l’efficacia della sospensione dal servizio e dal trattamento economico per sei giorni irrogata all’appellato per una serie di contestazioni disciplinari riferite a sei addebiti disciplinari (sottrazione di carta di debito con ammanchi di danaro; aver svolto attività di singolare criticità di inquiry sulla posizione del correntista COGNOME; aver consegnato come cassiere una somma inferiore d i 750 € a due clienti rispetto al prelievo operato alla cassa pari a 2000 €; aver percepito emolumenti mensili da parte di una società sportiva come maestro di tennis per un importo complessivo di 6501,20 € non autorizzato dalla banca; ed infine mancata diligenza nell’esecuzione di disposizioni di pagamento a valere sul conto del signor NOME COGNOME, disposizioni che il titolare del conto aveva negato di aver effettuato e che avrebbero portato una perdita di 27.000 € di cui 13.000 € in forza di tre disposizioni lavorate dal COGNOME nel giugno 2020. La Corte, in contrario avviso rispetto alla tesi sostenuta dal giudice di primo grado, ha escluso che sussistesse la violazione del principio di immediatezza della contestazione, perché il lavoratore non aveva dedotto che la contestazione disciplinare era stata tale da pregiudicargli il diritto alla difesa. Ed ha
osservato che COGNOME si era reso responsabile di uno dei fatti che gli erano stati addebitati, avendo dato corso a tre operazioni contestate dal cliente Parigi senza aver svolto i necessari controlli, ovvero verificare la corrispondenza della firma del cliente con quella caricata negli archivi informatici della banca, avendo pertanto agito in aperto contrasto con le regole operative della normativa aziendale di riferimento secondo cui il consulente è tenuto a controllare che la firma sul monitor sia corrispondente con quella di quietanza apposta dal cliente.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME con tre motivi ai quali ha resistito Unicredit S.p.A. con controricorso contenente ricorso incidentale condizionato con un motivo al quale ha replicato NOME COGNOME con controricorso. Le parti hanno depositato memorie prima dell’udienza. Dopo la decisione il collegio ha autorizzato il deposito della motivazione nel termine di 60 giorni previsto dalla legge.
Ragioni della decisione
1.- Con il primo motivo si deduce, ex art. 360 n. 3 e 4 c.p.c. , la nullità della sentenza per violazione dell’art.112 c.p.c. e la violazione dell’art. 2016 c.c. per avere la Corte territoriale errato nell’aver ritenuto proporzionata la sanzione, nonostante avesse escluso la rilevanza disciplinare di cinque dei sei episodi contestati al lavoratore.
Si censura, dunque, la sentenza di appello per avere, a fronte di una sanzione disciplinare di sei giorni di sospensione applicata da Unicredit S.p.A. in relazione ai sei diversi episodi addebitati al lavoratore – sanzione complessivamente applicata in ragione del ritenuto comportamento non compliant che quei sei episodi avrebbero fatto emergere – confermato la sanzione, malgrado abbia ritenuto disciplinarmente rilevante solo uno dei sei episodi
contestati in tal modo violando la regola tra chiesto e pronunciato di cui all’articolo 132 c.p.c., ricorrendo nel vizio di ultrapetizione in violazione dell’articolo 112 c.p.c. e violando altresì l’articolo 2106 c.c. che riserva all’imprenditore il potere di decidere se in quale misura applicare una sanzione al proprio dipendente; ciò si evinceva anche dalle conclusioni rassegnate dalla banca che erano volte ad accertare e dichiarare la legittimità e l’efficacia del provvedimento disciplinare assunto. Inoltre la Corte aveva violato l’art. 2106 c.c. perché avendo ritenuto di riparametrare la sanzione dei sei giorni di sospensione al solo episodio relativo al cliente NOME COGNOME si era sostituita di fatto all’imprenditore ingerendosi in quelle che sono scelte discrezionali e compiendo una valutazione autonoma diversa da quella assunta dalla banca.
1.2. Il primo motivo è infondato. P remesso che l’interpretazione della domanda proposta da Unicredit rientra nei poteri del giudice di merito ex art. 112 c.p.c., la Corte territoriale ha affermato che il solo episodio di giugno 2020 consentiva di ritenere proporzionata la sanzione irrogata in conformità all’art. 44 del CCNL di settore che prevede espressamente i provvedimenti disciplinari in relazione alla gravità o recidività. Non risulta invece, in alcun modo, che la Banca avesse inteso condizionare la sanzione irrogata alla domanda di accertamento dell’esistenza di tutti gli episodi contestati.
Oltre a non trascrivere nemmeno il ricorso introduttivo, né l’appello, la tesi sostenuta dal ricorrente appare contraria ad ogni logica giuridica, laddove ipotizza che la domanda di Unicredit dovesse essere intesa nel senso che il provvedimento disciplinare potesse essere confermato solo se fossero stati dichiarati esistenti tutti i fatti, anche se uno di essi fosse tale da
giustificare da solo l’irrogazione della sanzione applicata, in conformità alla normativa disciplinare di cui all’art.44 del CCNL. Il motivo peraltro non contesta la valutazione della proporzionalità sul singolo episodio ritenuto esistente, né la violazione del Ccnl bensì deduce una insussistente violazione di legge per come sarebbe stata interpretata la domanda di cui omette una trascrizione sufficiente ad apprezzare la doglianza.
In direzione contraria alla tesi sostenuta in ricorso si pone inoltre la giurisprudenza di questa Corte circa la legittimità della sanzione, anche espulsiva, irrogata per più addebiti e sorretta anche soltanto da uno di essi (Cass. 2579 del 02/02/2009).
Sicchè, in conclusione, la Corte di appello non ha commesso alcuna violazione di legge, sostanziale o processuale, laddove ha sostenuto – secondo i propri poteri di interpretazione della domanda – che i comportamenti relativi al cliente Parigi, anche isolatamente considerati, portavano a ritenere comunque proporzionata la sanzione irrogata dalla Banca (sospensione dal servizio e dal trattamento economico per 6 giorni).
2.- Con il secondo motivo si deduce violazione dell’articolo 7 della legge n. 300/70 in relazione all’articolo 360, n. 3 c.p.c.; per avere la Corte di appello, a fronte della pronuncia di tardività della contestazione emessa dal giudice di primo grado, ritenuto la tempestività della contestazione disciplinare unicamente sulla base del fatto – peraltro erroneo – che il lavoratore non avrebbe avuto difficoltà nell’esercitare il diritto alla difesa, anzi sarebbe stato in grado di articolare delle puntuali difese con ciò ritenendo di poter escludere un qualsiasi pregiudizio in suo danno.
2.1. Il secondo motivo è infondato. Questa Corte, con giurisprudenza costante (cfr. tra le tante Cass. 20/06/2006 n. 14115, Cass. 12/05/2005 n. 9955 e anche recentemente Cass.
23068 del 2021), ha ritenuto che il principio
dell’immediatezza della contestazione disciplinare, la cui “ratio” riflette l’esigenza dell’osservanza della regola della buona fede e della correttezza nell’attuazione del rapporto di lavoro, non consente all’imprenditore-datore di lavoro di procrastinare la contestazione medesima in modo non solo da rendere difficile la difesa del dipendente ma anche di perpetuare l’incertezza sulla sorte del rapporto. Si tratta di principio che è stato descritto come pluridirezionale. Accanto alla fondamentale funzione di garantire il diritto di difesa del lavoratore, agevolato nell’addurre elementi di giustificazione a breve intervallo di tempo dall’infrazione, vi è quella di non perpetuare l’incertezza sulla sorte del rapporto (cfr. Cass. 11/08/2015 n. 16683 ed ivi ampi richiami di giurisprudenza).
Q uella dell’immediatezza della contestazione è però una nozione, da intendere in maniera relativa, correlata al caso concreto e alla complessità dell’organizzazione del datore di lavoro, imponendo un adeguato accertamento e una precisa valutazione dei fatti (cfr. Cass. n. 29480 del 2008, n. 22066 del 2007, n. 1101 del 2007, n. 14113 del 2006 e n. 4435 del 2004) da considerare con riferimento al tempo in cui i fatti sono conosciuti dal datore di lavoro, e non a quello in cui essi sono avvenuti. La conoscenza deve tradursi inoltre nella ragionevole configurabilità dei fatti oggetto dell’inadempimento, inteso nelle sue caratteristiche oggettive, nella sua gravità e nella sua addebitabilità al lavoratore (cfr. al riguardo Cass. n. 16683 del 2015 le sentenze ivi richiamate Cass. 27/02/2014 n. 4724 e 26/03/2010 n. 7410). In tale contesto ben può il datore di lavoro procedere a verifiche preliminari necessarie (cfr. Cass. 08/03/2010 n. 5546,17/12/2008 n. 29480). La stessa valutazione dei fatti da parte del giudice di merito il quale, come nella specie, abbia accertato la tempestività della contestazione
di addebito tenendo conto dei parametri sopra indicati e ancorando la sua decisione ad elementi oggettivamente riscontrati non è censurabile in cassazione.
Nel caso in esame la Corte territoriale, esercitando il potere attribuitole di valutazione i fatti portati alla sua attenzione per verificare la tempestività della contestazione di addebito, ha accertato che le contestazioni rivolte al lavoratore nel settembre 2020 riguardavano fatti riferiti al periodo gennaio-giugno 2020; e che l’ultimo episodio, quello ritenuto rilevante ai fini della sanzione, era avvenuto nel giugno 2020 ed è stato appunto contestato a settembre.
La Corte di appello ha quindi richiamato il principio di relatività della contestazione e la necessità di salvaguardare il diritto di difesa; e deve quindi ritenersi che abbia compiuto un accertamento conforme al complesso dei principi sopraindicati ed ope ranti nella materia; tanto più per l’episodio commesso nel giugno 2020, essendo il tempo trascorso rispetto alla contestazione del settembre successivo obbiettivamente del tutto ragionevole e fisiologico.
3.Col terzo motivo si deduce l’omessa pronuncia con violazione dell’articolo 112 c.p.c. ai sensi dell’articolo 360, numero 4 c.p.c., perché Unicredit aveva consegnato la contestazione disciplinare a COGNOME in data 8 settembre 2020, il lavoratore veniva udito personalmente il 23 settembre 2020, il 4 novembre Unicredit aveva autorizzato espressamente il lavoratore a svolgere l’attività di maestro di tennis, il 13 gennaio 2021 invece COGNOME veniva sanzionato con sei giorni di sospensione, con una sanzione applicata a distanza di 112 giorni dalla chiusura del procedimento disciplinare, che sanzionava anche l’attività di maestro di tennis. Rispetto alla contestazione (8 settembre 2020) si deduce quindi che la sanzione sia stata comunicata solo
in data 13 gennaio 2021, a distanza di mesi dalla conclusione della procedura.
3.2. Il motivo è inammissibile perché la questione della tardività della sanzione irrogata rispetto alla ritenuta legittima contestazione -in quanto diretta alla estinzione del potere disciplinare esercitato per violazione dell’autonomo obbligo di tempestiva irrogazione integra un’eccezione in senso stretto e doveva essere perciò proposta in primo grado con la memoria di costituzione. Pertanto il ricorrente era onerato di dimostrare di averla sollevata tempestivamente in primo grado ed inoltre di documentare cosa aveva disposto nel merito il tribunale.
4.- La Banca ha proposto ricorso incidentale condizionato ex art. 371 c.p.c. , sostenendo, per il denegato caso di accoglimento in tutto in parte del ricorso avversario, di censurare in via incidentale la sentenza impugnata nella parte in cui aveva omesso di esaminare l’autonoma rilevanza disciplinare dell’indebita operatività del ricorrente sostanziatesi nelle inquiries di cui alla lettera di contestazione disciplinare; la Corte d’appello non aveva in alcun modo escluso nella sentenza che le interrogazioni fossero state effettuate dal COGNOME nei tempi e modi allegati dalla banca nei propri atti.
4.1. Il ricorso incidentale condizionato deve ritenersi assorbito in ragione del rigetto del ricorso principale.
5.- In base alle argomentazioni svolte il ricorso principale deve essere rigettato ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come da dispositivo. Il ricorso incidentale va dichiarato assorbito.
6.- Sussistono altresì le condizioni per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’articolo 13, comma 1 bis d.p.r. n. 115/2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale. Condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese processuali che si liquidano in € 3500,00 per compensi e € 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario nella misura del 15% e agli altri oneri di legge; ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater d.p.r. numero 115 del 2000, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale del 9.7.2025
La Presidente dott.ssa NOME COGNOME