Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 12047 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 12047 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/05/2025
Dott.
NOME COGNOME
Presidente
–
Dott. NOME COGNOME
Consigliere rel. –
Dott. IRENE TRICOMI
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
ORDINANZA
sul ricorso 1820 -2021 proposto da:
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE e del MERITO, in persona del Ministro pro tempore , UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER LA CAMPANIA, in persona del legale rappresentante pro tempore , RAGIONE_SOCIALE UFFICIO X RAGIONE_SOCIALE DELLA PROVINCIA DI SALERNO, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domiciliano in ROMA, ALLA INDIRIZZO
-ricorrenti –
Oggetto:
Impiego
pubblico
sanzione
disciplinare
rimprovero scritto
–
–
contro
COGNOME elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME con diritto di ricevere le comunicazioni agli indirizzi pec dei Registri di Giustizia;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 257/2020 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 10/07/2020 R.G.N. 872/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
NOME COGNOME, direttore dei servizi generali amministrativi presso l’ ‘IRAGIONE_SOCIALE Giustino COGNOME‘ di Angri, impugnava dinanzi al Tribunale di Nocera Inferiore la sanzione disciplinare del rimprovero scritto irrogatale in data 24/7/2014 in relazione al contestato impedimento del regolare svolgimento delle esercitazioni di laboratorio, al ritardo nelle consegne, alla mancata individuazione di un magazziniere, alla inottemperanza all’ordine di servizio n. 2943/cl del 16/5/2014, al rifiuto della notifica del collocamento in ferire da parte dell’ufficio del 19/5/2014, al mancato riconoscimento della legittimità del suo sostituto disposta con o.d.s. del 20/5/2014.
Il Tribunale respingeva il ricorso.
La Corte d’appello di Salerno, in riforma della decisione di prime cure, dichiarava l’illegittimità della sanzione disciplinare Richiamava il contenuto dell’art. 55 bis , comma 4, del d.lgs. n. 265/2001 e rilevava che per le sanzioni superiori al rimprovero verbale la norma attribuisse alla P.A. autonomia nell’individuazione dell’ufficio competente ma
prevedesse anche il limite della connotazione plurisoggettiva dell’organo all’uopo costituito.
Evidenziava che, nello specifico, la contestazione disciplinare era stata sottoscritta personalmente dal dirigente e non nella qualità di Presidente dell’UPD ed inoltre che non risultava svolta tutta la fase istruttoria del procedimento disciplinare.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Ministero. Dell’Istruzione e del Merito (MIM).
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo il Ministero denuncia, ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 55, comma 1, e 55 bis , commi 2 e 4, del d.lgs. n. 165/2001.
Sostiene che la circostanza che il provvedimento in questione sia stato sottoscritto dal Direttore regionale e cioè dallo stesso soggetto che rivestiva la qualifica di titolare dell’UPD rendeva irrilevante la mancata spendita di tale qualità nel provvedimento disciplinare e determinava la piena legittimità di quest’ultimo.
Il motivo è inammissibile.
Esso non si confronta con il passaggio motivazionale in cui a Corte territoriale ha affermato che sia la comunicazione di avvio del procedimento disciplinare che il successivo provvedimento sanzionatorio erano stati adottati dal Dirigente in funzione monocratica ‘senza alcuna menzione del coinvolgimento del competente ufficio collegiale’.
Inoltre, la Corte d’appello ha evidenziato che neppure era stata svolta l’istruttoria dinanzi all’UPD.
Senza dire che la Corte territoriale si è attenuta ai principi già affermati da questa Corte (v. Cass. 13 novembre 2018, n. 29181 con riferimento a vicenda in cui era posta analoga questione).
L’art. 55 bis , comma 4, del d.lgs. n. 165 del 2001, stabilisce che ciascuna Amministrazione, secondo il proprio ordinamento, individua l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari (UPD), la cui funzione è quella di contestare l’addebito al dipendente, di istruire il procedimento disciplinare e di adottare l’atto conclusivo del procedimento (la sanzione). Come questa Corte ha affermato (Cass. 4 novembre 2016, n. 22487) in tema di procedimento disciplinare, nel rapporto di pubblico impiego contrattualizzato, l’art. 55 bis , comma 4, del d.lgs. n. 165/2001, non postula, necessariamente l’istituzione ‘ ex novo ‘ dell’ufficio competente, né una sua individuazione espressa, essendo sufficiente, ai fini della legittimità della sanzione, che all’organo che l’ha irrogata sia stata attribuita, in modo univoco e chiaro, la potestà di gestione del personale.
Nel caso che ci occupa, la Corte territoriale ha escluso che ci fossero elementi per ritenere che la volontà espressa nel provvedimento disciplinare fosse il frutto della manifestazione di volontà dell’UPD collegiale.
L’interpretazione degli atti unilaterali, qual è la contestazione degli addebiti, è riservata al giudice del merito ed è censurabile in sede di legittimità solo per violazione dei canoni di ermeneutica di cui agli artt. 1362 e seguenti cod. civ.’ applicabili in forza del rinvio contenuto nell’art. 1324 cod. civ., sicché il ricorrente per cassazione non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali d’interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate e dei principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai richiamati canoni legali (in tal senso, fra le più recenti, Cass. 30 maggio 2018, n. 13667).
Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile.
La regolamentazione delle spese segue la soccombenza.
Deve, invece, essere respinta la domanda proposta dalla controricorrente ex art. 96 cod. proc. civ., perché ai fini della responsabilità aggravata ‘il ricorso per cassazione può considerarsi temerario solo allorquando, oltre ad essere erroneo in diritto, appalesi consapevolezza della non spettanza della prestazione richiesta o evidenzi un grado di imprudenza, imperizia o negligenza accentuatamente anormali’ (v. Cass. 30 ottobre 2018, n. 27646).
Non sussistono le condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002 perché la norma non può trovare applicazione nei confronti di quelle parti che, come le Amministrazioni dello Stato, mediante il meccanismo della prenotazione a debito siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo (Cass., S.U., n. 4315/2020; Cass., S.U., n. 9938/2014; Cass. n. 1778/2016; Cass. n. 28250/2017 e, di recente, Cass. n. 24286/2022).
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna le Amministrazione ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese generali al 15%, ad euro 200,00 per esborsi e agli accessori di legge, da corrispondersi agli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, antistatari.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione