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Sanzione CONSOB: sproporzionata? La Cassazione decide

Un investitore, sanzionato dall’Autorità di Vigilanza per insider trading, ha presentato ricorso. La Corte di Cassazione ha confermato l’illecito basato su prove presuntive, ma ha annullato la decisione sulla misura della sanzione CONSOB, ritenendo che la Corte d’Appello non avesse adeguatamente valutato la sua proporzionalità rispetto al profitto ottenuto, rinviando per un nuovo giudizio sul punto.

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Sanzione CONSOB per Insider Trading: Quando è Sproporzionata?

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un caso di insider trading, offrendo spunti cruciali sul valore della prova presuntiva e, soprattutto, sull’applicazione del principio di proporzionalità nel determinare l’importo di una sanzione CONSOB. La decisione chiarisce che, sebbene l’illecito possa essere provato tramite indizi, la pena pecuniaria deve essere attentamente giustificata, specialmente quando appare notevolmente superiore al profitto illecitamente conseguito.

I Fatti di Causa: L’Accusa di Insider Trading

Il caso ha origine da una delibera dell’Autorità di Vigilanza sui mercati finanziari, che irrogava a un investitore privato una pesante sanzione amministrativa di 290.000 euro, oltre a sanzioni accessorie e alla confisca di un profitto di circa 38.000 euro. L’accusa era di aver abusato di informazioni privilegiate relative a imminenti operazioni di offerta pubblica di acquisto (OPA) su tre diverse società quotate.

Secondo l’Autorità, l’investitore avrebbe ricevuto le informazioni riservate da un amico, a sua volta collegato a un gruppo di persone che sfruttavano notizie carpite dall’interno di un primario istituto di credito. Sulla base di queste ‘soffiate’, l’investitore avrebbe acquistato e poi rivenduto in breve tempo le azioni delle società interessate, realizzando un profitto. Inoltre, veniva contestato all’investitore di aver comunicato le stesse informazioni a un suo nipote.

La difesa dell’investitore si basava su tre punti principali: la totale assenza di prove dirette della ricezione di informazioni privilegiate, la mancanza di dolo o colpa, e la manifesta sproporzione tra la sanzione inflitta e il profitto effettivamente realizzato.

La Decisione della Corte: Illecito Confermato, Sanzione da Rivedere

La Corte di Cassazione, pur respingendo i motivi di ricorso relativi all’accertamento dell’illecito, ha accolto la doglianza riguardante la misura della sanzione. In sintesi, la Suprema Corte ha stabilito che:

1. L’illecito di insider trading è stato correttamente accertato dalla Corte di Appello sulla base di un quadro di presunzioni gravi, precise e concordanti.
2. L’elemento psicologico (la colpa) si presume negli illeciti amministrativi, e l’investitore non ha fornito prove sufficienti a dimostrare un errore incolpevole.
3. La Corte di Appello, tuttavia, ha errato nel non motivare adeguatamente la proporzionalità della sanzione pecuniaria inflitta, soprattutto a fronte della notevole differenza con il profitto conseguito.

Di conseguenza, la sentenza è stata cassata limitatamente a questo punto e il caso è stato rinviato alla Corte di Appello per una nuova valutazione dell’importo della sanzione.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Analizziamo più nel dettaglio il ragionamento seguito dai giudici di legittimità.

La Validità della Prova per Presunzioni

La Corte ha ribadito un principio consolidato: in casi di insider trading, specialmente per i cosiddetti ‘insider secondari’ (coloro che ricevono l’informazione da altri), la prova per presunzioni è spesso l’unico strumento disponibile. Nel caso di specie, gli elementi considerati sufficienti a fondare la condanna erano molteplici: la coincidenza temporale tra l’acquisto delle azioni e la successiva comunicazione al mercato delle operazioni societarie, l’anomalia degli investimenti rispetto alle abitudini dell’investitore, i contatti telefonici con la presunta fonte dell’informazione e l’appartenenza di quest’ultimo a un gruppo dedito a sfruttare tali notizie.

L’Elemento Psicologico e la Presunzione di Colpa

Sul piano della colpevolezza, la Cassazione ha ricordato che, in base alla Legge n. 689/1981, in materia di illeciti amministrativi vige una presunzione di colpa. Spetta quindi all’accusato dimostrare di aver agito senza negligenza, sulla base di un errore inevitabile. La tesi difensiva, secondo cui il rapporto di fiducia con l’amico escludeva ogni sospetto, non è stata ritenuta sufficiente. Anzi, secondo i giudici, proprio il ripetersi di operazioni finanziarie così profittevoli e tempestive avrebbe dovuto indurre un investitore mediamente diligente a interrogarsi sulla provenienza delle informazioni.

Il Principio di Proporzionalità della Sanzione CONSOB

Il punto cruciale e innovativo della sentenza risiede nell’accoglimento del motivo relativo alla proporzionalità della sanzione. La Corte, richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e la Carta dei diritti fondamentali dell’UE, ha affermato che il criterio di proporzionalità è un principio generale del diritto che deve essere applicato anche alle sanzioni amministrative di natura sostanzialmente penale, come quelle per l’insider trading.

Quando emerge una ‘differenza notevole’ tra l’ammontare della sanzione e il profitto conseguito, il giudice ha l’obbligo di valutare espressamente tale scostamento e di motivare in modo puntuale le ragioni che giustificano una pena così severa. Questa valutazione deve tenere conto di tutti i criteri previsti dalla legge, come la gravità della violazione, l’opera svolta dall’agente per eliminare o attenuare le conseguenze, e la sua personalità e condizioni economiche. Nel caso specifico, la Corte di Appello non aveva fornito alcuna giustificazione per una sanzione quasi otto volte superiore al profitto, violando così il principio di proporzionalità.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza offre un importante insegnamento: la lotta all’abuso di informazioni privilegiate può e deve basarsi su prove presuntive per essere efficace, ma il potere sanzionatorio delle autorità non è illimitato. La decisione finale del giudice deve sempre essere guidata da un rigoroso rispetto del principio di proporzionalità. Ciò impone ai giudici di merito un onere di motivazione rafforzato ogni volta che una sanzione CONSOB si discosta in modo significativo dal vantaggio economico ottenuto dall’illecito, garantendo così che la pena sia giusta e commisurata alla reale gravità del fatto commesso.

È possibile essere condannati per insider trading solo sulla base di presunzioni?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che la prova dell’illecito può essere raggiunta attraverso un insieme di elementi indiziari (come la coincidenza temporale delle operazioni, l’anomalia degli investimenti e i contatti tra le persone coinvolte), a condizione che questi siano gravi, precisi e concordanti.

Chi deve provare la colpa in un illecito amministrativo come l’insider trading?
La legge stabilisce una presunzione di colpa a carico di chi commette l’illecito. Pertanto, non è l’autorità di vigilanza a dover dimostrare il dolo o la colpa, ma è l’interessato a dover provare di aver agito in assenza di colpa, ad esempio a causa di un errore inevitabile e scusabile.

Una sanzione amministrativa molto più alta del profitto illecito è legittima?
Può esserlo, ma a determinate condizioni. La Corte ha stabilito che, in base al principio di proporzionalità di derivazione europea, quando esiste una notevole differenza tra l’importo della sanzione e il profitto conseguito, il giudice ha l’obbligo di motivare in modo specifico e dettagliato le ragioni che giustificano tale severità, valutando tutti gli aspetti del caso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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