Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26205 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 26205 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/10/2024
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
C.C. 25/06/2024
SANZIONI AMMINISTRATIVE
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.NUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO) proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale rilasciata in calce al ricorso, dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, INDIRIZZO;
–
ricorrente –
contro
BANCA D’ITALIA, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale rilasciata in calce al controricorso, dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso i medesimi, in Roma, INDIRIZZO;
– controricorrente –
avverso il decreto della Corte di appello di Roma n. cronol. 3156/2020 del 23 aprile 2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25 giugno 2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
A seguito dell’espletamento di due accertamenti ispettivi di vigilanza, effettuati ai sensi dell’art. 54 del d. lgs. n. 385/1993 (TUB) nell’intervallo temporale dal 3 dicembre 2012 e al 26 luglio 2013 dall’Ispettorato della Banca RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE presso la Banca Carige s.p.a., venivano rilevate, a carico degli esponenti, taluni ex esponenti, aziendali (tra i quali COGNOME NOME, già componente del C.d.A. di detta Banca), varie violazioni attinenti alle disposizioni sulla ‘governance’, nell’organizzazione e nei controlli interni, oltre che carenze nella gestione e nel controllo del credito.
Veniva, perciò, instaurata dall’organo di vigilanza la procedura sanzionatoria prevista dall’art. 145 del TUB e dall’art. 24, comma 1, della legge n. 262/2005 e, all’esito dell’istruttoria, il Direttorio della Banca d’RAGIONE_SOCIALE con deliberazione n. 388 del 18 luglio 2014 (prot. N. 9731912/14) -irrogava nei confronti del citato COGNOME la sanzione di euro 190.000,00, dichiarando al contempo la Banca Carige responsabile in solido, con obbligo di regresso.
Con l’indicata deliberazione all’COGNOME venivano contestate le violazioni: 1) dell’art. 53, comma 1, lett. d), TUB e delle disposizioni di vigilanza (sulla ‘governance’) – del 4 marzo 2008 in materia di organizzazione e governo societario delle Banche, in combinato con la comunicazione della Banca d’RAGIONE_SOCIALE del 19 febbraio 2009 (in tema di organizzazione e governo societario delle Banche – Nota di chiarimento Boll. Vig. 02/2009);
dell’art. 53, comma 1, lett. b) e d), TUB sulle carenze nell’organizzazione e nei controlli interni – e del tiolo IV del cap. 11 delle Istruzioni di Vigilanza per la Banche, Circ. 229/99, titolo I, cap. I, parte IV delle Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le Banche -circ. 263/2006);
-dell’art. 53, comma 1, lett. b) e d), TUB con riferimento alla gestione e al controllo del credito sulle carenze nell’organizzazione e nei controlli interni – e del tiolo IV del cap. 11 delle Istruzioni di Vigilanza per la Banche, Circ. 229/99, titolo I, cap. I, parte IV delle
Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le Banche -circ. 263/2006).
Avverso tale delibera sanzionatoria l’COGNOME proponeva opposizione ai sensi dell’art. 145 del TUB, la quale, nella resistenza della Banca d’RAGIONE_SOCIALE, veniva respinta con decreto n. cronol. 3156/2020 (del 23 aprile 2020).
In particolare, la Corte laziale respingeva i distinti motivi articolati dall’COGNOME riguardanti:
-la violazione del termine di conclusione del procedimento sanzionatorio della Banca d’RAGIONE_SOCIALE (essendo stato rispettato il termine di 240 giorni decorrente ‘dalla scadenza del termine per la presentazione delle controdeduzioni da parte del soggetto che ha ricevuto per ultimo la notifica della contestazioni’, tenuto conto delle proroghe concesse agli incolpati, non derogato da altre norme, né essendo disapplicabili le disposizioni regolamentari previste in materia dalla Banca d’RAGIONE_SOCIALE);
la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990, della legge n. 689/1981 e dell’art. 3 della sez. I delle ‘disposizioni di vigilanza in materia di sanzioni e procedura sanzionatoria amministrativa’ del 18 dicembre 2012, del mancato rispetto, da parte della Banca d’RAGIONE_SOCIALE, dell’obbligo di contestare fatti riconducibili all’ambito di responsabilità proprio dei soggetti ai quali la violazione viene contestata, della genericità delle contestazioni e dell’eccesso di potere;
-delle violazioni delle disposizioni sulla ‘governance’ (rilevandosi che i consiglieri di amministrazione, anche se privi di deleghe, hanno l’obbligo di acquisire le informazioni necessarie affinché, nelle società bancarie, sia assicurato un governo efficace dei rischi e si proceda ad un monitoraggio delle scelte compiute dai delegati, anche al fine dell’esercizio collegiale dei poteri di direttiva ed avocazione, rispetto alla cui omessa attivazione si applica la presunzione di colpa prevista dall’art. 3 della legge n. 689/1981, non superata dal sanzionato);
-delle violazioni in materia di organizzazione e controlli interni (ritenendo del tutto infondata la tesi prospettata dall’COGNOME della incomprensibilità degli addebiti contestatigli, avuto riguardo alle irregolarità riconducibili alla propria personale responsabilità, nonché alla sussistenza dell’esimente costituita dalla responsabilità attribuibile ‘in toto’ agli organi apicali, ovvero al Presidente del C.d.A. e al Direttore generale);
delle violazioni riconducibili alle contestate carenze nella gestione e nel controllo interno del credito (stante la genericità delle controdeduzioni e l’emergenza, invece, in base agli esiti degli accertamenti ispettivi, della responsabilità dell’COGNOME per condotte a lui direttamente addebitabili, consistite in comportamenti omissivi e commissivi dallo stesso assunti quale membro dell’organo gestorio e del comitato esecutivo, cui spettava la concessione pressoché totale dei crediti);
-della violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990 e dell’art. 15 della Sezione II delle disposizioni di vigilanza in materia di sanzioni e procedura sanzionatoria amministrativa del 18 dicembre 2012, oltre che dell’obbligo di sufficiente motivazione e dell’essere affetta la delibera impugnata da eccesso di potere per carenza di istruttoria;
la violazione sulla quantificazione della sanzione (ritenuta, invece, congrua nella misura applicata ed adeguatamente motivata).
Contro il suddetto decreto della Corte di appello di Roma ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, l’AVV_NOTAIO NOME.
Ha resistito con controricorso l’intimata Banca d’RAGIONE_SOCIALE.
Risulta dagli atti che COGNOME NOME, nella qualità di erede e successore legittimo del ricorrente COGNOME NOME ha depositato ‘comparsa di costituzione in prosecuzione’ del 20 maggio 2024, con la quale ha attestato l’intervenuto decesso del suddetto genitore ricorrente in data 11 aprile 2023 (come da allegato certificato di morte), chiedendo la dichiarazione della cessazione della materia del contendere attesa
l’intrasmissibilità all’erede della sanzione amministrativa irrogata dalla Banca d’RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Rileva il collegio che, per effetto dell’avvenuto rituale deposito tempestivo del certificato di morte del ricorrente COGNOME NOME ai sensi dell’art. 372 c.p.c., non può che darsi atto della sopravvenuta cessazione della materia del contendere per essersi l’obbligazione conseguente alla irrogazione della sanzione nei confronti del citato ricorrente estinta ai sensi dell’art. 7 della legge n. 689/1981, che prevede l’intrasmissibilità della stessa in danno degli eredi, per effetto della sua esclusiva personalità.
Deve, perciò, trovare applicazione, nella presente sede, il consolidato principio (cfr. Cass. n. 22199/2010, Cass. n. 6737/2016 e Cass. n. 27650/2018) in base al quale, i n tema di sanzioni amministrative, la morte dell’autore della violazione comporta l’estinzione dell’obbligazione di pagare la sanzione pecuniaria irrogata dall’Amministrazione, la quale, ai sensi dell’art. 7 della l. n. 689 del 1981, non si trasmette agli eredi, con conseguente cessazione della materia del contendere nel giudizio di opposizione all’ordinanza -ingiunzione, la cui declaratoria può essere effettuata anche in sede di legittimità ove il decesso sia documentato ex art. 372 c.p.c. (come verificatosi nel caso di specie).
Non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio, alla stregua del principio in base al quale, qualora si pervenga alla declaratoria di cessazione della materia del contendere come nel caso in questione e per effetto dell’applicazione dell’art. 7 della legge n. 689/1981, nel relativo giudizio non hanno modo di operare i principi della soccombenza e della causalità propri della cd. soccombenza virtuale, in quanto l’erede succede nel processo, ma non nel lato passivo del rapporto giuridico sanzionatorio che ne forma l’oggetto sostanziale, il cui carico delle spese resta, perciò, regolato dall’art. 8, comma 1, del d.P.R. n. 115 del 2002, in base al quale ciascuna parte
anticipa e sostiene le proprie (cfr. Cass. n. 29577/2021 e Cass. n. 16747/2022).
In virtù della natura giuridica dell’adottata pronuncia, non si applica nemmeno la disciplina prevista dall’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002 (cfr. Cass. n. 3542/2017 e Cass. n. 20697/2021).
P.Q.M.
La Corte dichiara cessata la materia del contendere.
Così deciso nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile della