Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 915 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 915 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3994/2023 R.G. proposto da :
IMPRESA INDIVIDUALE COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME domiciliata presso il suo recapito digitale con indirizzo pec;
-ricorrente-
contro
COMUNE DI BOLZANO, in persona del sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME domiciliato presso il loro recapito digitale con indirizzo pec;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza del Tribunale di Bolzano n. 676/2022, depositata l’8 luglio 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16 ottobre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Con verbale di contestazione prot. nr. 40 ann.-Reg.Nr. 4078/P del 03.05.2019 – 22584/19 della Polizia Municipale a carico della Società RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, gli Agenti di Polizia Municipale contestavano la violazione degli art. 2 lett. a) e art. 11 comma 1 del Regolamento di INDIRIZZO, delibera Consiglio Comunale n. 20 del 22.03.2016, perché la “frutta secca’ in vendita avrebbe superato il limite di 20 % della merce totale in esposizione. Con ordinanza n. 38/2019, veniva ingiunto all’impresa i ndividuale COGNOME Ali per violazione degli artt. 2 lett. a) e 11 c. 1 del Regolamento di INDIRIZZO, il pagamento della sanzione determinata in complessivi € 100,00. -entro 30 giorni dalla “notifica’.
Avverso detta ordinanza l’impresa individuale COGNOME Ali proponeva ricorso.
Il Comune resisteva in giudizio.
Il Giudice di Pace di Bolzano, con sentenza in data 10 dicembre 2021, rigettava il ricorso, confermando la sanzione amministrativa.
NOME proponeva appello affidato a quattro motivi.
Si costituiva ritualmente il Comune di Bolzano, chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma dell’ordinanza ingiunzione.
Con sentenza n. 676/2022, pubblicato il 7 luglio 2022, il Tribunale di Bolzano ha rigettato l’appello .
NOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
Il Comune di Bolzano si è costituito con controricorso.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
Entrambe le parti hanno depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione delle norme di diritto di cui all’art. 1 L. 689/1981, art. 25 co. 2 Cost. e art. 7 CEDU, in relazione all’art. 12 Preleggi e art.
115 cod. proc. civ. per aver il giudice dell’appello ritenuto corretta la sanzione amministrativa inflitta al ricorrente ‘perché la frutta secca in vendita superava il 20% della merce totale in esposizione’, in base alla norma sanzionatoria di cui al combinato disposto artt. 2 co. 1 lett. a) e 12 del Regolamento di INDIRIZZO, che prevede che ‘la frutta secca può essere al massimo il 20% della merce totale in vendita’ ma non definisce i concetti di “frutta secca’, “merce totale in vendita’ e il criterio di quantifica zione/misurazione del 20%, in evidente contrasto con i principi di legalità, tassativitàdeterminatezza e prevedibilità (art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ.).
1.1. -Il motivo è infondato.
Il regolamento comunale approvato con la deliberazione del Consiglio comunale di Bolzano n. 20 del 22.3.2016, in base al quale è stata applicata la sanzione oggi contestata assume valore integrativo della fonte primaria (legge provinciale n. 7/2000 e art. 69, comma 1, Disposizioni particolari per il mercato a carattere storico-turistico sito in INDIRIZZO a Bolzano , legge provinciale n. 12/2019, secondo cui « Al fine di preservare la tipicità storica e il particolare valore architettonico e turistico di INDIRIZZO, il Comune di Bolzano stabilisce, tramite apposito regolamento approvato dal Consiglio comunale, in particolare: (…) c) le varie tipologie merceologiche, assicurando la prevalenza della merceologia storica ‘frutta e verdura’ e l’offert a esclusiva -in alcuni posteggi -di prodotti agricoli locali di qualità garantita ;»), prevedendo sia il precetto sia la sanzione.
La lettura della norma di cui all’art. 2 del regolamento evidenzia chiaramente -in conformità all’intento di « mantenere e preservare le caratteristiche tipiche del mercato » di ‘INDIRIZZO‘ – la necessità di mantenere un rapporto tra la ‘ frutta secca ‘ e ‘ la frutta e verdura fresca ‘ nei limiti del 20% della merce totale in vendita (« a) 9 banchi di vendita esclusivamente per frutta e verdura fresca (no succhi di frutta e/o verdura; la frutta secca può essere al massimo il 20% della
merce totale in vendita) »), ovverosia messa in esposizione sui banchi; intendendo la normativa dare prevalenza al commercio tradizionale di frutta fresca e verdure onde preservare le caratteristiche tipiche del mercato presente sulla piazza, la vendita di ‘frutta e verdura fresca’ rappresenta la regola mentre la vendita di ‘frutta secca’ costituisce l’eccezione. Va dunque condivisa la lettura offerta dal Tribunale di Bolzano in sede di opposizione, a seguito di pronuncia di uguale tenore da parte del giudice di pace, che ha escluso ogni dubbio sul significato letterale di merce in vendita (offerta quindi all’acquisto degli avventori) e sul concetto di ‘frutta secca’ in contrapposizione a quello di ‘frutta e verdura fresca’, così come sulla percentuale consen tita di frutta secca rispetto al totale messo in vendita.
Sul piano dell’istruttoria compiuta, il Tribunale, alla luce delle risultanze documentali acquisite agli atti (accertamento e fascicolo fotografico) ha confermato, con valutazione in fatto non sindacabile in sede di legittimità, che nel caso di specie la frutta secca in vendita superava senz’altro il limite consentito.
-Con il secondo motivo di ricorso si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 113, 277 e 342 cod. proc. civ. e art. 3 l. 689/1981 per aver il giudice dell’appello omesso di pronunciarsi sul motivo n. 1 del ricorso in appello circa la mancanza di elemento soggettivo ai sensi dell’art. 3 l. 689/1981 (art. 360 comma 1, n. 4 cod. proc. civ.).
2.1. -Il motivo è infondato.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, a integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica
argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (Cass., Sez. I, 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass., Sez. I, 11 settembre 2015, n. 17956; Cass., Sez. I, 20 settembre 2013, n. 21612).
Nel caso di specie deve ravvisarsi un’ipotesi di statuizione implicita di rigetto sul motivo in questione poiché, pur non essendovi un’espressa statuizione da parte del giudice in ordine al motivo di impugnazione, tuttavia la decisione adottata comporta necessariamente la reiezione di tale motivo (Cass., Sez. VI-2, 4 giugno 2019, n. 15255; Cass., Sez. II, 13 agosto 2018, n. 20718; Cass., Sez. V, 6 dicembre 2017, n. 29191) avendo la pronuncia del Tribunale, in conformità alla decisione del Giudice di pace, escluso qualunque dubbio interpretativo sul contenuto della disposizione che ha portato all’irrogazione della sanzione amministrativa. La chiarezza del precetto, sulla base del significato letterale delle espressioni contenute nel testo (nozione di ‘ frutta secca ‘ contrapposta a quella di ‘ frutta e verdura fresca ‘, ‘ merce in vendita ‘ quale merce esposta sulle bancarelle, nonché di percentuale della merce totale in vendita), esclude ogni dubbio sulla sua erronea interpretazione, atteso che per le violazioni amministrativamente sanzionate è sufficiente la coscienza e volontà della condotta attiva od omissiva, sia essa dolosa o colposa, non essendo necessaria la concreta dimostrazione del dolo o della colpa in capo all’agente (Cass., Sez. VI-2, 18 giugno 2020, n. 11777).
3. -Con il terzo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione della norma di diritto di cui all’art. 3 L. 689/1981 per mancato accoglimento del motivo di appello relativamente all’elemento soggettivo ovvero alla coscienza e volontà da parte del ricorrente nel comportamento sanzionato in quanto non è stato possibile adeguarsi ex ante al regolamento, cosi come ex post
interpretato dall’amministrazione, in assoluta mancanza di criteri di definizione di frutta secca – la cui definizione scientifica differisce da quella data dall’amministrazione – e di criteri di calcolo per le percentuali ammesse, trattandosi, nella specie, di esempio tipico di ignoranza inevitabile del precetto (art. 360 comma 1, n. 3 cod. proc. civ.).
3.1. -Il motivo è infondato.
Il principio posto dall’art. 3 della legge n. 689 del 1981 secondo il quale, per le violazioni amministrativamente sanzionate, è richiesta la coscienza e volontà della condotta attiva od omissiva, sia essa dolosa o colposa, postula una presunzione di colpa in ordine al fatto vietato a carico di colui che lo abbia commesso, non essendo necessaria la concreta dimostrazione del dolo o della colpa in capo all’agente, sul quale grava, pertanto, l’onere della dimostrazione di aver agito senza colpa (Cass., Sez. VI-2, 18 giugno 2020, n. 11777). Ne deriva che l’esimente della buona fede, applicabile anche all’illecito amministrativo disciplinato dalla legge n. 689 del 1981, rileva come causa di esclusione della responsabilità amministrativa – al pari di quanto avviene per la responsabilità penale, in materia di contravvenzioni – solo quando sussistano elementi positivi idonei a ingenerare nell’autore della violazione il convincimento della liceità della sua condotta e risulti che il trasgressore abbia fatto tutto quanto possibile per conformarsi al precetto di legge, onde nessun rimprovero possa essergli mosso. (Cass., Sez. II, 11 giugno 2007, n. 13610).
Nel caso di specie, il Tribunale ha fornito una chiara interpretazione del regolamento sulla base del significato letterale delle espressioni contenute nel testo (nozioni di frutta secca e di merce in vendita, nonché di percentuale della merce totale in vendita), finendo quindi per negare ogni dubbio circa la sua comprensibilità
4. -Con il quarto motivo di ricorso si deduce la violazione degli artt. 2699 e 2700 cod. civ. nonché art. 2697 cod. civ. per aver il giudice dell’appello attribuito fede privilegiata a presunti calcoli in base a presunti parametri non risultanti dal verbale di contestazione (art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3).
4.1. -Il motivo è inammissibile.
Il rapporto di polizia fa piena prova, fino a querela di falso, solo delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesti come avvenuti in sua presenza, mentre, per quanto riguarda le altre circostanze di fatto che egli segnali di avere accertato nel corso dell’indagine, per averle apprese da terzi o in seguito ad altri accertamenti, il verbale, per la sua natura di atto pubblico, ha pur sempre un’attendibilità intrinseca che può essere infirmata solo da una specifica prova contraria (Cass., Sez. III, 17 aprile 2024, n. 10376; Cass., Sez. III, 6 ottobre 2016, n. 20025).
Nel caso di specie difetta di specificità la contestazione del quarto motivo in relazione al contenuto del verbale di accertamento e della conseguente ordinanza ingiunzione, che hanno accettato la violazione del regolamento in merito al rapporto tra frutta secca e frutta fresca. Il Tribunale, alla luce della documentazione acquisita in sede di accertamento e delle foto scattate nell’immediatezza dei fatti, ha in ogni caso riscontrato che la percentuale di frutta fresca non raggiungeva l’ottanta percento del totale messo in vendita, come prescritto dal regolamento comunale.
5. -Con il quinto motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza per motivazione apparente, contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile in relazione alla violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in merito alla prova dell’illecito per la totale incertezza circa il criterio di calcolo – ovvero la variabile di calcolo basando il proprio ragionamento su presunzioni (ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ.).
5.1. -Il motivo è inammissibile.
Non sussiste alcuna violazione del minimo costituzionale mentre la parte mira surrettiziamente a ottenere una rivalutazione del merito a fronte di una ipotesi di ‘ doppia conforme’ che impedisce l’ammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi in mancanza di una diversità di argomenti tra i due gradi di giudizio di merito (Cass., Sez. III, 28 febbraio 2023, n. 5947).
6. -Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 400,00 per compensi, oltre ad euro 100,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione