Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 13670 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 13670 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11515/2024 R.G. proposto da
COGNOME elettivamente domiciliato in LECCE INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legarle rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in LECCE INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende
Oggetto: Contratti bancari -Ripetizione di indebito -Oneri probatori -Criterio del c.d. ‘saldo zero’
R.G.N. 11515/2024
Ud. 06/05/2025 CC
-controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO LECCE n. 165/2024 depositata il 22/02/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 06/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 165/2024, pubblicata in data 22 febbraio 2024, la Corte d’appello di Lecce, nella regolare costituzione dell’appellato NOME COGNOME ha parzialmente accolto l’appello originariamente proposto da RAGIONE_SOCIALE -cui, in corso di giudizio era subentrata l’incorporante per fusione RAGIONE_SOCIALE -avverso la sentenza del Tribunale di Lecce n. 598/2015, del 4 febbraio 2015.
NOME COGNOME aveva agito premettendo in fatto di avere intrattenuto -originariamente con BANCA COMMERCIALE ITALIANA cui poi era succeduto BANCO DI NAPOLI SPA -un rapporto di conto corrente e svariati rapporti di conto anticipi.
Aveva dedotto che su tali rapporti l’istituto di credito aveva addebitato illegittimamente, interessi passivi, capitalizzazione trimestrale, commissione di massimo scoperto, valute e spese non pattuiti, chiedendo, pertanto, che, previa declaratoria di parziale nullità dei contratti, la banca fosse condannata sia alla ripetizione delle somme indebitamente percepite sia al risarcimento dei danni derivati non solo dall’inosservanza degli artt. 118 TUB e 1440 c.c. ma anche dalla illegittima segnalazione del suo nominativo alla Centrale Rischi.
Costituitosi regolarmente l’Istituto di credito formulando in via riconvenzionale domanda di condanna al pagamento del saldo passivo
del conto – ed espletata consulenza tecnica, il Tribunale aveva accolto le domande, condannando l’istituto di credito al pagamento sia della somma di € 108.909,19, oltre accessori, a titolo di ripetizione di indebito, sia della somma di € 5.000,00, a titolo di risarcimento danni.
3. Proposto appello da parte dell’Istituto di credito, la Corte d’appello, in riforma della decisione di prime cure, ha ‘revocato’ tutti i capi di condanna contenuti nella stessa; accertato che il saldo del conto corrente alla data del 31 dicembre 2011 amm ontava ad € 12.541,40 a credito di NOME COGNOME condannato quest’ultimo a restituire tutte le somme ricevute in esecuzione della sentenza di primo grado; compensato per un terzo le spese dei due gradi di giudizio, condannando la banca appellante al pagamento dei residui due terzi.
La Corte territoriale ha preliminarmente rilevato che la domanda di ripetizione dell’indebito era stata proposta quando il conto corrente era ancora aperto, concludendo, quindi, che la domanda di ripetizione era da ritenersi inammissibile ma affermando che l’odierno ricorrente poteva invece agire per l’accertamento del corretto saldo del conto corrente, depurato degli addebiti non dovuti.
La Corte, poi, ha esaminato l’appello proposto dall’Istituto di credito e -per quanto ancora rileva nella presente sede -ha accolto il motivo di gravame col quale si censurava la decisione di prime cure per aver rideterminato il saldo del conto corrente adottando il criterio del c.d. ‘saldo zero’.
Per l’effetto, la Corte d’appello ha ritenuto di far proprio il diverso criterio -adottato nella consulenza svolta in sede di gravame -costituito dall’adozione del saldo iniziale effettivo riportato sul primo estratto conto depositato, risalente al 15 gennaio 1993, confermando invece gli altri criteri già utilizzati nell’accertamento espletato in primo grado.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Lecce ricorre NOME COGNOME
Resiste con controricorso e ricorso incidentale RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
La ricorrente incidentale ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso principale è affidato a due motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 2033 c.c.
Il ricorrente censura la decisione impugnata, in quanto la stessa, pur richiamando i principi espressi da questa Corte, ha poi escluso l’applicazione del criterio del c.d. ‘saldo zero’, sebbene l’Istituto di credito avesse agito in via riconvenzionale per il pagamento del saldo passivo del conto, in tal modo concretizzando i presupposti individuati da questa Corte per l’applicazione del suddetto criterio.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione del D.M. 55/14 e della L.n.49 del 5.5.2023.
Si censura la decisione nella parte in cui la stessa ha liquidato le spese del giudizio, in quanto la Corte d’appello non avrebbe adottato come base di calcolo il corretto scaglione di riferimento -secondo il ricorrente quello da € 52.001,00 ad € 260.000, 00 -ma il solo importo del saldo riclassificato, pari ad € 12.541,40.
Il ricorso è fondato per quanto di ragione.
2.1. Il primo motivo, infatti, deve essere accolto, risultando la fattispecie concreta pienamente sussumibile sotto la più recente ed
organica posizione assunta da questa Corte in tema sia di domande contrapposte tra istituto di credito e correntista sia di criteri di rideterminazione del saldo del conto corrente in assenza della totalità della documentazione concernente l’andamento del rapporto medesmo.
Questa Corte, infatti, (Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 1763 del 17/01/2024) ha chiarito che, in tema di rapporti bancari regolati in conto corrente, ove la banca agisca in giudizio per il pagamento dell’importo risultante a saldo passivo ed il correntista chieda, a sua volta, la rideterminazione del saldo, concludendo per la condanna dell’istituto di credito a pagare la differenza in proprio favore o per l’accoglimento della domanda principale in misura inferiore, l’eventuale carenza di alcuni estratti conto o, comunque di altra documentazione che consenta l’integrale ricostruzione dell’andamento del rapporto, comporta che:
a) per quanto riguarda la banca, il calcolo del dovuto potrà farsi: a.1) nell’ipotesi in cui non ci sia in atti documentazione che risalga all’inizio del rapporto azzerando il saldo di partenza del primo estratto conto disponibile (ove quest’ultimo non coincida, appunto, con il primo estratto del rapporto) e procedendo, poi, alla rideterminazione del saldo finale utilizzando la completa documentazione relativa al periodo successivo fino alla chiusura del conto o alla data della domanda; a.2) laddove manchi documentazione riguardante uno o più periodi intermedi, azzerando i soli saldi intermedi, intendendosi con tale espressione che non si dovrà tenere conto di quanto eventualmente accumulatosi nel periodo non coperto da documentazione, sicché si dovrà ripartire, nella prosecuzione del ricalcolo, dalla somma che risultava a chiusura dell’ultimo estratto conto disponibile;
b) per quanto riguarda, invece, il correntista che lamenti l’illegittimo addebito di importi non dovuti a vario titolo e ne chieda la restituzione, il calcolo del dovuto potrà farsi tenendo conto che: b.1) nell’ipotesi in cui non ci sia in atti documentazione che risalga all’inizio del rapporto, egli o dimostra l’eventuale vantata esistenza di un saldo positivo in suo favore, o di un minore saldo negativo a suo carico o beneficia comunque dell’azzeramento del saldo di partenza del primo estratto conto disponibile (ove quest’ultimo non coincida, appunto, con il primo estratto del rapporto) e della successiva rideterminazione del saldo finale avvenuta utilizzando la completa documentazione relativa al periodo successivo fino alla chiusura o alla data della domanda; b.2) laddove manchi documentazione riguardante uno o più periodi intermedi, anche in tal caso, egli, se sostiene che in quei periodi si è accumulata una somma a suo credito o un minore importo a suo debito per effetto di interessi o commissioni non dovute, lo deve provare, producendo la corrispondente documentazione che, in tal caso, però, nuovamente sarà utilizzabile anche per la controparte, secondo il meccanismo di acquisizione processuale; in caso contrario, lo stesso beneficerà del meccanismo di azzeramento del o dei saldi intermedi, con il risultato che la banca, per quel o quei periodi, non ottiene niente ed il correntista, per lo stesso o gli stessi periodi, nulla recupera; così da prevenire, in definitiva, il rischio di due saldi difformi per la banca o il correntista all’esito del ricalcolo (sul punto anche Cass. Sez. 1 Ordinanza n. 11735 del 02/05/2024).
Tornando al caso ora in esame, risulta dalla stessa ricostruzione in fatto contenuta nella decisione impugnata che, a fronte della domanda dell’odierno ricorrente, l’odierna controricorrente , affermando la propria veste di creditore, aveva formulato domanda riconvenzionale di condanna nei confronti dello stesso ricorrente.
La ricorrente incidentale, in realtà, ha contestato (anche nella memoria ex art. 380bis. 1 c.p.c.) di aver formulato domanda riconvenzionale, deducendo di essersi limitata a formulare domanda di emissione di ordinanza di ingiunzione per il pagamento di somme non contestate, ma appare evidente che proprio con tale istanza la ricorrente è venuta ad azionare in via riconvenzionale un proprio credito di cui ha chiesto, appunto, la condanna del ricorrente al pagamento.
Occorre ulteriormente puntualizzare che non può assumere rilevanza alcuna il fatto, ulteriormente dedotto dalla ricorrente incidentale (pag. 11 ricorso incidentale), che la domanda dell’istituto di credito fosse stata ‘implicitamente’ disattesasempre secondo la ricorrente incidentale – dal giudice di prime cure senza che tale rigetto ‘implicito’ fosse stato gravato in appello, giacché rilevanza esclusiva doveva – e deve essere attribuita all’originario contrapporsi delle due domande -di pagamento e di ripetizione di indebito -dal quale sono venuti a scaturire automaticamente i rispettivi oneri probatori individuati da questa Corte.
Tale essendo, quindi, l’impostazione originaria della controversia e risultando l’incompletezza degli estratti conto e l’assenza di altra documentazione idonea a consentire la ricostruzione integrale dell’andamento del conto corrente a far tempo dalla sua apertura, la Corte territoriale avrebbe dovuto dare applicazione dei criteri dettati da questa Corte e quindi azzerando il saldo di partenza del primo estratto conto disponibile e procedendo, poi, alla rideterminazione del saldo finale del conto a tal fine utilizzando -se completa – la documentazione relativa al periodo successivo fino alla chiusura del conto o alla data della domanda.
Per contro, la Corte territoriale -ponendosi in diretto contrasto con i principi enunciati da questa Corte -ha ritenuto, in accoglimento del gravame della stessa ricorrente incidentale, di poter procedere alla rideterminazione del saldo finale del conto corrente partendo dal saldo iniziale effettivo riportato sul primo estratto conto disponibile -quello datato 15 gennaio 1993 -senza procedere al suo azzeramento, non considerando che, in tal modo, in assenza dei precedenti estratti conto o di altra documentazione, tale saldo iniziale si traduceva in una posta contabile priva di riscontro probatorio, con la conseguenza che la stessa non poteva essere assunta come dato di partenza per la rideterminazione dell’andamento del conto .
2.2. L’accoglimento del primo motivo , e la conseguente cassazione della decisione impugnata, determina l’assorbimento del secondo.
Con l’unico motivo di ricorso incidentale si deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la violazione dell’art. 112 c.p.c.
La ricorrente incidentale rammenta che la domanda originaria dell’odierno ricorrente principale concerneva non solo un rapporto di conto corrente ma anche diversi rapporti di conto anticipi.
Censura la decisione impugnata in quanto la stessa, nel decidere su uno dei motivi di appello, pur procedendo alla rideterminazione dei saldi dei conti anticipi, avrebbe poi omesso di computare il risultato comunque passivo di tale rideterminazione ai fini dell’individuazione complessiva dei rapporti tra le parti, affermando che si trattava di crediti autonomamente azionabili per i quali la banca non aveva avanzato in comparsa di risposta alcuna domanda riconvenzionale, né aveva tempestivamente formulato, l ‘eccezione di compensazione.
Evidenzia, in contrario, che non solo i rapporti di conto anticipi erano oggetto della domanda ma anche erano regolati sul medesimo conto corrente e che quindi il loro saldo incideva sul saldo finale del
conto corrente senza che la Banca dovesse azionarli separatamente e senza potersi parlare di compensazione.
Il motivo è infondato per un duplice ordine di ragioni.
La prima ragione è costituita dal fatto che la Corte territoriale non è incorsa nel vizio di omessa statuizione, dal momento che il profilo dedotto nel motivo di ricorso è stato direttamente esaminato come motivo di appello (pag. 12, n. 2) dalla decisione impugnata ed è stato tuttavia disatteso, avendo ritenuto la Corte che i crediti derivanti dai conti anticipi fossero ‘ autonomamente azionabili ‘, ma che per essi l’odierna ricorrente incidentale non avesse proposto domanda riconvenzionale, né tempestivamente formulato eccezione di compensazione (pag. 16).
La seconda ragione -derivante dalla prima -è costituita dal fatto che la decisione impugnata, nel pronunciarsi sul motivo di appello, ha svolto un accertamento in fatto in ordine all’autonomia dei conti anticipi rispetto al contratto di conto corrente.
Questa Corte, invero, ha chiarito che nella prassi bancaria, a seconda di come le parti abbiano deciso di regolare i loro rapporti, il “conto anticipi” può costituire un conto separato e a sé stante rispetto ai conti correnti di corrispondenza intestati allo stesso cliente, ovvero connotarsi come un conto transitorio, normalmente non operativo, collegato agli altri conti dello stesso cliente, avente la funzione di dare evidenza contabile alle anticipazioni su crediti concesse e riportate nei conti correnti di corrispondenza mediante operazioni di giroconto.
Nel primo caso, il saldo a debito del “conto anticipi” rappresenta effettivamente il capitale anticipato e non rimborsato, quale posizione giuridicamente distinta rispetto al saldo (a credito o a debito) degli altri conti dello stesso cliente.
Nel secondo caso, invece, il saldo a debito del “conto anticipi” è giuridicamente inscindibile dal saldo dei conti correnti di corrispondenza, cui è collegato, poiché necessita della ricostruzione dei rapporti dare-avere risultanti da questi ultimi.
Da ciò consegue che, quando è presente un “conto anticipi”, il giudice di merito, per determinare correttamente le somme a debito o a credito del correntista, deve prima accertare la natura di tale conto, procedendo a conteggiare separatamente il saldo in esso riportato solo nel caso in cui ne riscontri l’autonomia dagli altri conti (Cass. Sez. 1 Ordinanza n. 14321 del 05/05/2022).
Nel caso in esame, la Corte territoriale ha effettivamente svolto tale accertamento, ed anzi , per l’esattezza, ha operato una vera e propria distinzione, in quanto ha accertato che il credito recato da due dei quattro conto anticipi era in ‘in linea capitale’ ed autonomamente azionabile – con ciò intendendo che gli stessi costituivano posizioni giuridicamente distinte -mentre, in relazione ad altri due conti anticipi, ha ritenuto che gli stessi fossero collegati al conto corrente e che quindi si dovesse procedere alla ‘riclassificazione dei collegati conti anticipi’ ai fini della determinazione del saldo del conto corrente ordinario (pag. 16).
Alla luce delle considerazioni che precedono, mentre il ricorso principale deve essere accolto quanto al primo motivo, assorbito il secondo, il ricorso incidentale deve essere respinto.
Per l’effetto, la decisione impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Lecce, in diversa composizione, la quale provvederà a regolare le spese anche del presente giudizio di legittimità.
Stante la pronuncia di rigetto del ricorso incidentale, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della
sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto”, spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo, rigetta il ricorso incidentale,
cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, a lla Corte d’appello di Lecce, in diversa composizione.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima