Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 18533 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 18533 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 07/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 37412-2019 proposto da:
ATTIVA RAGIONE_SOCIALE, in persona del Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto
Rottamazione -quater
R.G.N.37412/2019
COGNOME
Rep.
Ud.14/02/2025
CC
avverso la sentenza n. 452/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 10/06/2019 R.G.N. 558/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.La Corte d’appello di Torino ha confermato la pronuncia di primo grado di rigetto del ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in opposizione avverso verbale unico di accertamento emesso da INPS per omesso versamento contributivo inerente al periodo da settembre 2010 a gennaio 2013, risultante dalla determinazione dell’imponibile contributivo minimale in forza di applicazione del contratto collettivo nazionale comparativamente più rappresentativo a livello nazionale, ai sensi dell’art. 1 d.l. n.338/1989, individuato nel CCNL RAGIONE_SOCIALE in luogo del CCNL Unci-Confsal.
Nella impugnata sentenza è stata ritenuta non pertinente l’eccezione di giudicato relativa a diverse questioni di fatto e di diritto, ed è stato osservato che la stessa cooperativa avesse applicato il CCNL RAGIONE_SOCIALE; quindi, è stato richiamato altro precedente giudiziale locale circa la prova della maggiore rappresentatività dei sindacati stipulanti il CCNL posto a base della pretesa contributiva, ed è stato assunto come base di calcolo retributivo il quantitativo di ore effettivamente lavorate ed il periodo di inattività.
Avverso la sentenza ricorre per cassazione la società affidandosi a sei motivi, a cui INPS resiste con controricorso.
La causa è stata discussa e decisa all’adunanza camerale del 14/2/2025.
CONSIDERATO CHE
1.Con memoria illustrativa depositata in prossimità dell’udienza, il ricorrente ha rappresentato di aver aderito alla definizione agevolata di cui all’art. 1 , comma 236, L. n.197/2022, presa in carico dall’Agenzia delle Entrate come da comunicazione del 3/8/23 e di aver iniziato a pagare le rate previste nel piano di rateizzazione in scadenza al novembre 2027.
L’istanza di definizione agevolata (cd. ‘rottamazione -quater’), di cui è stata prodotta in allegato alle memorie illustrative la comunicazione di accettazione da parte di Agenzia Entrate-Riscossione, ha avuto ad oggetto due titoli iscritti a ruolo, fra i quali compare l’avviso di addebito oggetto di più consistente importo (n.NUMERO_CARTA, e, successivamente alla presa in carico da Agenzia Entrate Riscossione, il contribuente ha avviato, come documentato, il pagamento dei ratei per le prime mensilità.
In presenza della dichiarazione del debitore di avvalersi della definizione agevolata, implicante impegno a rinunciare al giudizio, questa Corte ha chiarito che il giudizio di cassazione deve essere dichiarato estinto, ex art. 391 c.p.c., rispettivamente per rinuncia del debitore, qualora egli sia ricorrente, ovvero perché ricorre un caso di estinzione ex lege, qualora sia resistente o intimato, ferma in entrambi i casi la dichiarazione di cessazione della materia del contendere ove risulti, al momento della decisione, che il debitore abbia anche provveduto al pagamento integrale del debito rateizzato (così Cass. n. 24083 del 2018).
Ad analoga soluzione (già affermata da questa Corte anche in relazione alla dichiarazione resa ex art. 1, d.l. n. 148/2017: così Cass. n. 11540 del 2019) non reputa il Collegio che si possa pervenire nel caso di specie, atteso che, pur prevedendo il primo
periodo del comma 236 dell’art. 1, L. n. 197/2022, il medesimo impegno a rinunciare ai giudizi pendenti aventi oggetto i carichi per i quali è intervenuta richiesta di definizione agevolata, il successivo periodo stabilisce che ‘l’estinzione del giudizio è subordinata all’effettivo perfezionamento della definizione e alla produzione, nello stesso giudizio, della documentazione attestante i pagamenti effettuati’; nel caso di specie, ciò non risulta, poiché dalla comunicazione dell’Agenzia delle entrate -riscossione allegata alla memoria si evince, anzi, che il debito verrà estinto soltanto in data 30.11.2027.
È stato di recente osservato (ord. n.32688/24) che ‘ Non risultando compatibile con il giudizio di cassazione la previsione di cui al medesimo primo periodo dell’art. 1, comma 236, l. n. 197/2022, secondo il quale ‘nelle more del pagamento delle somme dovute sono sospesi dal giudice’, deve piutt osto rilevarsi che l’avvenuta adesione alla definizione agevolata con l’impegno a rinunciare (anche) al presente giudizio determina sicuramente la sopravvenuta carenza d’interesse alla decisione, ciò che comporta l’inammissibilità del ricorso per cassazione (così, in un caso analogo, Cass. S.U. n. 28182 del 2020 nonché Cass. n. 36849 del 2022 e, con specifico riferimento alla normativa in esame, Cass. nn. 15722 e 34822 del 2023).’
In linea con il citato orientamento, consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse a proseguire nel giudizio di legittimità, avendo la parte prescelto una modalità definitoria alternativa in ambito amministrativo, che peraltro, in mancanza di opposizione dell’agenzia resistente, giova al controricorrente ancorché non abbia esplicitamente accettato la rinuncia.
Le spese del giudizio di legittimità possono essere compensate in ragione della sopravvenienza normativa rispetto alla data di instaurazione del giudizio di legittimità e dell’esito definitorio maturato in corso di causa.
Essendo la disposizione di cui all’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, finalizzata ad evitare impugnazioni pretestuose o dilatorie, deve escludersi che il meccanismo sanzionatorio ivi previsto sia applicabile alle ipotesi di inammissibilità sopravvenuta del gravame (cfr. fra le tante Cass. nn. 19464 del 2014, 13636 del 2015, 3542 del 2017 e, da ult., Cass. S.U. 28182 del 2020, cit.), onde non si ravvisano i presupposti processuali per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Compensa le spese processuali fra le parti.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 14 febbraio