Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 11143 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 11143 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 28/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1899/2020 R.G. proposto da: COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati
NOMECOGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME, COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME
– controricorrenti –
nonché contro
COGNOME, COGNOME, rappresentate e difese dall’avvocato COGNOME
ricorrenti incidentali adesivi –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI SALERNO n. 1343/2019, depositata il 30/09/2019; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/10/2024 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, proprietaria di un appartamento in Ravello con annessa corte pertinenziale, conveniva innanzi al Tribunale di Salerno -Sez. distaccata di Amalfi il vicino NOME COGNOME, proprietario di un immobile confinante ad est e nord con la proprietà dell’attrice (giudizio iscritto con RG n. 70/2004).
L’attrice chiedeva che venisse accertato e dichiarato che talune opere realizzate dal convenuto, nonché ulteriori opere che in corso di causa fossero state realizzate nell’unità immobiliare di proprietà di quest’ultimo, fossero dichiarate a distanza illegale e, per l’effetto, chiedeva la condanna del predetto alla demolizione delle stesse e al risarcimento in suo favore di tutti i danni subìti e subendi.
Si costituiva NOME COGNOME spiegando domanda riconvenzionale per la demolizione di opere che l’attrice avrebbe realizzato illegittimamente.
1.1. NOME COGNOME – figlia di COGNOME e proprietaria per atto di compravendita del 28.08.2000, fra l’altro, di appezzamento di terreno confinante con proprietà del padre e con altro terreno di proprietà collegato a quella della COGNOME -notificava a sua volta separato atto di citazione alla COGNOME, deducendo che quest’ultima aveva occupato arbitrariamente la particella n. 528 di proprietà dell’attrice, trasformando il piano di campagna dell’appezzamento, originariamente a vigneto, con intervento edile e con apposizione di recinzione e balaustre tese all’illegittimo affaccio sulla sottostante proprietà di essa attrice . Domandava pertanto l’accertamento della sua proprietà
esclusiva del terreno particella 528 e la condanna della COGNOME al rilascio previa riduzione in pristino del piano di campagna e rimozione di ogni opera abusiva (giudizio iscritto con RG n. 167/2004).
Costituitasi nel secondo giudizio, NOME COGNOME spiegava domanda riconvenzionale avente ad oggetto l’accertamento della proprietà per usucapione sulla particella 528 in contestazione e l’accertamento di una servitù di affaccio .
Riuniti i due giudizi, interveniva volontariamente nel processo COGNOME, dante causa di NOME COGNOME il cui interesse ad intervenire era rappresentato del fatto che l’eventuale esito negativo del giudizio lo avrebbe esposto ad un’azione di rivals a.
1.2., il Tribunale di Salerno, in ordine al giudizio RG n. 70/2004: rigettava la domanda proposta dalla COGNOME e accoglieva la domanda riconvenzionale di violazione di distanze spiegata da NOME COGNOME; quanto al giudizio RG n. 167/2004 promosso da NOME COGNOME: accoglieva la domanda principale e, per l’effetto, condannava la COGNOME di rilasciare immediatamente in favore della prima la particella 528, previa riduzione in pristino di tutte le opere ivi costruite e di tutte le modifiche apportate; condannava, altresì, la conve nuta al risarcimento dei danni nella misura di €. 3.500,00.
1.3. Impugnava detta sentenza NOME COGNOME innanzi alla Corte d’Appello di Salerno.
Si costituivano in giudizio NOME e NOME COGNOME.
Si costituivano altresì NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME nella qualità di eredi legittime di NOME COGNOME e spiegavano appello incidentale adesivo.
La Corte d’Appello di Salerno, con sentenza n. 1343/2019, ha rigettato il gravame proposto dalla COGNOME.
Per giungere a tale conclusione la Corte salernitana ha ritenuto da un lato dimostrata dalla De Iuliis la proprietà della particella 528 in contestazione; dall’altro lato, non raggiunta la prova dell’usucapione a favore dell’appellante; ha condannato , quindi, quest’ultima e gli eredi di COGNOME in solido al pagamento delle spese.
Ha poi rigettato la richiesta di demolizione delle opere edificate sulla proprietà di NOME COGNOME in quanto costruite sul fondo limitrofo di proprietà di NOME COGNOME che non aveva sollevato alcuna pretesa in tal senso.
La suddetta sentenza è impugnata da NOME COGNOME innanzi a questa Corte con sei motivi di ricorso.
Resistono con controricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Hanno depositato controricorso anche gli eredi di COGNOME, aderendo integralmente al ricorso principale.
A séguito della proposta di definizione del Consigliere Delegato, la ricorrente ha chiesto la decisione ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.
La ricorrente e le eredi COGNOME hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, è opportuno precisare che il consigliere autore della proposta ex art. 380 bis cpc non è incompatibile nella composizione del collegio giudicante (Cass. Sez. U., n. 9611 del 10.04.2024).
Sempre preliminarmente, si deve precisare che il controricorso degli eredi di COGNOME deve essere diversamente qualificato come ricorso incidentale di tipo adesivo: come affermato da questa Corte, nel giudizio di cassazione, il controricorso che non sia volto a “contraddire” il ricorso, ma anzi ad aderire a taluna delle censure in esso contenute, è qualificabile come ricorso incidentale di tipo adesivo, ed è sufficiente che, per la sua proposizione, sia stato rispettato il
termine lungo di cui all’art. 327 cod. proc. civ., non trovando applicazione per il ricorrente adesivo l’art. 334 cod. proc. civ. ‘ (cfr., di recente: Sez. L, Ordinanza n. 6154 del 07/03/2024, Rv. 670349 – 01).
Nel caso di specie il termine lungo risulta rispettato, essendo stato il ricorso incidentale adesivo notificato alla ricorrente il 21.02.2020.
Tanto precisato, è possibile ora scrutinare i motivi di ricorso.
2. Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 984 c.c., 115 e 116 cod. proc. civ. ( ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ.). La ricorrente rimprovera alla Corte d’Appello di avere violato il principio espresso dalla S.C. in virtù del quale chi agisce in rivendicazione deve provare la sussistenza del proprio diritto di proprietà sul bene anche attraverso i propri danti causa fino a risalire ad un acquisto a titolo originario, o dimostrando il compimento dell’usucapione. In particolare, osserva che la parte si è limitata a invocare e depositare solo il titolo di acquisto, ossia l’atto di compravendita, non dimostrando ulteriormente, una volta avvenuta la contestazione del titolo, di aver continuativamente posseduto l’immobile, come richiesto dalla S.C. ai fini dell’acquisto a titolo originario. Neanche, prosegue la ricorrente, può dirsi attenuato l’onere probatorio in ragione della mancata contestazione, perché, a parere del ricorrente, la contestazione vi è stata.
2.1. Il motivo fondato.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che, l’invocazione dell’usucapione, in termini di domanda o di eccezione, da parte del convenuto con l’azione di rivendicazione, non suppone, di per sé, alcun riconoscimento idoneo ad attenuare il rigore dell’onere probatorio a carico del rivendicante, il quale, anche in caso di mancato raggiungimento della prova dell’usucapione, non è esonerato dal dover provare il proprio diritto, risalendo, se del caso, attraverso i propri danti
causa fino ad un acquisto a titolo originario o dimostrando che egli stesso o alcuno dei suoi danti causa abbia posseduto il bene per il tempo necessario ad usucapirlo. Il rigore probatorio rimane attenuato solo quando il convenuto, nell’opporre l’usucapione, abbia riconosciuto, seppure implicitamente, o comunque non abbia specificamente contestato, l’appartenenza del bene al rivendicante o ad uno dei suoi danti causa all’epoca in cui assume di avere iniziato a possedere (di recente: Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 8699 del 2022; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 28865 del 19/10/2021, Rv. 662516 – 01).
Nel caso di specie, la ricorrente ha richiamato (v. ricorso p. 12), le contestazioni al titolo dell’attrice svolte nella comparsa di risposta a pagg. 3 e 5) e la stessa sentenza impugnata a pag. 5 (primi righi) riporta il motivo di appello con cui si faceva rilevare la violazione, da parte del primo giudice, delle norme che disciplinano l’onere probatorio in tema di rivendicazione della proprietà.
A fronte di una tale linea difensiva della parte convenuta in revindica, la Corte d’Appello avrebbe dovuto applicare correttamente i principi sopra riportati piuttosto che limitarsi (v. pag. 7) ad una superficiale elencazione di titoli.
Si rende pertanto necessario un nuovo esame sulla scorta del citato principio.
3. Con il secondo motivo si deduce error in procedendo : violazione degli artt. 112 e/o 184 cod. proc. civ. (quest’ultimo nel testo ante lege n. 80/2005) in relazione all’art. 360 n. 4 ) cod. proc. civ. Si lamenta la omessa pronuncia su un motivo di appello con cui si censurava sia la ritenuta ritualità del deposito, da parte del difensore dei COGNOME, della memoria ex art. 184 cpc, sia la mancata ammissione delle istanze istruttorie volte a dimostrare la fondatezza della domanda di usucapione.
3.1. Il motivo è fondato.
Il ricorso riporta -nel rispetto dei principi di specificità e di autosufficienza (v. ricorso pp. 6-7; pp. 14-15) l’eccezione di irritualità del deposito della memoria ex art. 184 cod. proc. civ. depositata tardivamente da parte degli attori COGNOME sollevata dall’odierna ricorrente già in prime cure e ignorata dal primo giudice (che si era limitato a nominare il CTU), nonché reiterata in appello e ignorata dal giudice del gravame in violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
La pronuncia merita, pertanto, di essere cassata sotto il profilo dell’omessa pronuncia perché la Corte territoriale non ha esaminato la specifica censura.
Con il terzo motivo si deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ.). La ricorrente lamenta che l’affermazione del diritto di proprietà di NOME COGNOME sia avvenuta a séguito della mera condivisione della CTU, peraltro dandone una lettura parziale fondata sulle risultanze catastali, senza neanche valutare criticamente quanto contestato nella CTP. Inoltre, non è stata esaminata la richiesta, avanzata dalla resistente in sede di comparsa conclusionale in prime cure, di costituire una servitù di passaggio a favore dell’appellante: ciò in quanto la statuizione poi resa dal giudice di seconde cure confermando la sentenza di primo grado, impedirebbe all’odierna ricorrente l’accesso all’immobile di sua proprietà.
4.1. Avendo il Collegio accolto i primi due motivi, il terzo si dichiara assorbito.
Con il quarto motivo si deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto -Violazione e falsa applicazione in relazione all’art. 1146, comma 2, c.c. -art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ.). Lamenta la ricorrente l’erroneità della statuizione della Corte
territoriale in merito al riconoscimento dell’acquisto del possesso dall’atto di compravendita che , al momento dell’introduzione del giudizio di rivendicazione, non si sarebbe perfezionato: in effetti, la Corte territoriale ha escluso in via di principio la rilevanza del possesso, ritenendo utile ai fini dell’usucapione solo il possesso esercitato direttamente dalla COGNOME dal momento dell’acquisto del 1998 . Per la ricorrente, di contro, la zona di terreno in contestazione era stata annessa e descritta nei titoli di proprietà antecedenti al suo acquisto (risalenti al 1983), ben oltre il ventennio antecedente all’azione in giudizio.
5.1. Il motivo è fondato.
Sempre nel rispetto dei principi di specificità ed autosufficienza, la ricorrente riporta in ricorso (v. pp. 22 e 23) le parti rilevanti dell’atto di appello ove si sosteneva che la zona di terreno oggetto di contestazione era stata annessa e descritta non solo nel l’atto del suo acquisto del 23.04.1998, ma anche nei titoli di proprietà risalenti ben oltre il ventennio antecedente a detto acquisto. La Corte territoriale, di contro, si è limitata ad asserire l’insufficienza del contesto probatorio in merito alla dimostrazione dei requisiti dell’usucapione (v. pp. 8 e 9, 3° capoverso), soffermandosi sulle prove testimoniali, senza tuttavia approfondire le risultanze dei titoli antecedenti all’atto di acquisto del 1998, ai fini dell’eventuale unione del possesso del successore a titolo particolare con il possesso del dante causa , ex art. 1146, comma 2, cod. civ.
Anche in tale parte la sentenza merita, dunque, di essere cassata per nuovo esame che tenga conto del principio dell’accessione .
6. Con il quinto motivo si deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto -Violazione e falsa applicazione dell’art. 115 e/o 116 cod. proc. civ. – art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ.) La ricorrente
lamenta la valutazione parziale e contraddittoria che la Corte ha svolto in merito alle prove testimoniali ma anche in relazione all’oggetto di prova, che non è teso a dimostrare il possesso ultraventennale della ricorrente quanto quello dei suoi danti causa ; inoltre, non considera la previsione di cui all’art. 1142 cod. civ. e della presunzione di possesso intermedio. In particolare, lamenta l’errore nella valutazione delle dichiarazioni dei testi, alcuni dei quali totalmente pretermessi, sulla prova dell’ acquisto del bene per usucapione.
6.1. Avendo il Collegio accolto il quarto motivo, il quinto si dichiara logicamente assorbito.
Con il sesto motivo si deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.) ovvero, in alternativa, violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 2909 c.c. in relazione dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.). La ricorrente lamenta l’omessa pronuncia sull’ eccezione relativa alla formazione del giudicato c.d. esterno, in quanto in una sentenza precedente alla eccezione formulata era stato già affermato e dichiarato il diritto di proprietà della controparte sul terreno di cui trattasi.
7.1. Il motivo è inammissibile.
Si eccepisce la sussistenza di un giudicato esterno, derivante dalla sentenza del Tribunale di Salerno, sezione distaccata di Amalfi, n. 53/2013, senza tuttavia offrire la prova della definitività di detta pronuncia.
Sul punto, va ribadito che «Colui che afferma il passaggio in giudicato di una sentenza resa in altro giudizio, deve dimostrarlo, per cui non basta la produzione della sentenza, ma deve altresì corredarla di idonea certificazione dalla quale risulti che non è soggetta ad impugnazione, non potendosi ritenere ne’ che la mancata
contestazione di controparte sull’ affermato passaggio in giudicato significhi ammissione della circostanza, ne’ che sia onere di quest’ultima dimostrare il secondo elemento dell’unica fattispecie costituente il giudicato (sentenza non impugnabile)» (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2524 del 19/03/1999, Rv. 524306; conf.: Cass. Sez. L, Sentenza n. 12770 del 09/07/2004, Rv. 574422; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 22644 del 02/12/2004, Rv. 578288; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 4763 del 04/03/2005, Rv. 581167; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 20438 del 21/09/2006, Rv. 592802; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 19883 del 29/08/2013, Rv. 627590; Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9746 del 18/04/2017, Rv. 643801).
Per il principio di specificità del motivo di ricorso era onere della parte ricorrente dare atto, nello sviluppo dello stesso, di aver prodotto in atti del giudizio di merito la sentenza completa dell’attestazione di cui all’art. 124 disp. att. cod. proc. civ.: in assenza di tale precisazione, la doglianza va ritenuta non sufficientemente specifica.
8. In definitiva, il Collegio cassa la sentenza impugnata e rinvia alla medesima Corte d’Appello di Salerno in diversa composizione, affinché -verificata la ritualità delle istanze istruttorie degli attori originari e del deposito tempestivo della memoria ex art. 184 cod. proc. civ. -proceda all’accertamento dell’effettiva sussistenza dei diritti proprietari vantati da NOME COGNOME NOME sulla particella 528, ovvero della raggiunta prova dell’usucapione della particella in contestazione , anche sulla base dei titoli prodotti, da parte dell’odierna ricorrente.
Spese del presente giudizio al merito.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione dichiara fondati il primo, secondo e quarto motivo del ricorso;
dichiara assorbiti il terzo e quinto, inammissibile il sesto motivo;
cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, e rinvia alla Corte d’Appello di Salerno in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda