Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14384 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14384 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11861/2024 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in TREVISO INDIRIZZO RAGIONE_SOCIALE, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso DECRETO di TRIBUNALE TREVISO al n. 32/2024 depositato il 12/04/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. RAGIONE_SOCIALE unitamente al suo legale rappresentante COGNOME Enrico, hanno proposto domanda di rivendica e restituzione nello stato passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE relativa a diversi beni mobili inventariati dal curatore all’interno della sede della società dichiarata fallita, nonché domanda di ammissione al passivo. Come risulta dal decreto impugnato (per quanto qui rileva), la società rivendicante ha dedotto che i beni inventariati erano stati acquistati sia da terzi, sia dalla società poi dichiarata fallita in epoca anteriore alla dichiarazione di fallimento; i beni, inoltre, si trovavano in locali di proprietà della ricorrente ed erano stati utilizzati per l’esercizio dell ‘ attività di impresa della ricorrente. La società rivendicante ha, poi, spiegato domanda subordinata di ammissione al passivo per € 35.000,00 a titolo di restituzione del corrispettivo versato alla fallita per l’acquisto di alcuni dei beni mobili da questa acquistati. Le domande sono state rigettate dal giudice delegato per mancata individuazione dei beni rivendicati e per assenza di prova della proprietà degli stessi.
2. Il Tribunale di Treviso -per quanto qui rileva – ha rigettato la domanda di rivendica di RAGIONE_SOCIALE ritenendo non fornita la prova dei beni rivendicati a termini dell’art. 621 cod. proc. civ. Ha ritenuto il Tribunale che i beni in oggetto fossero ricompresi in un ramo di azienda acquistato dalla fallita in data 30 giugno 2010 e siti nei locali dell’impresa, condotti in comodato e successivamente in locazione dalla società fallita dal 1° giugno 2012. Ha, poi, ritenuto non provata né la proprietà dei beni inventariati con atto avente data certa anteriore al fallimento, né il
titolo in base al quale i beni rivendicati fossero stati affidati al fallito, ritenendo irrilevante la cessazione dell’attività di impresa .
3. Propone ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE affidato a cinque motivi, ulteriormente illustrato da memoria, cui resiste con controricorso il fallimento, ulteriormente illustrato da memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ., omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, costituito dal l’intervenuta risoluzione, prima della sentenza dichiarativa di fallimento, del contratto di locazione stipulato tra la ricorrente e la società fallita relativo all’immobile sito in Roncade (TV) ove veniva esercitata l’attività di impresa. Osserva parte ricorrente che il contratto di locazione in cui la società fallita svolgeva la propria attività era stato risolto nel maggio 2018, quattro anni prima della dichiarazione di fallimento. La decisività di detta circostanza di fatto deriverebbe dalla considerazione che il Tribunale avrebbe dovuto ritenere , in questo caso, l’immobile come non più nella disponibilità della fallita e, sostanzialmente, dismesso.
2. Con il secondo motivo si deduce, in via gradata rispetto al primo motivo, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 84 e 87 l. fall. e art. 513 cod. proc. civ. nella parte in cui il decreto impugnato ha ritenuto il medesimo immobile sito a Roncade (TV) luogo riferibile alla società fallita nonostante la stessa non avesse, al momento del fallimento, titolo per poterne godere o disporre. Deduce il ricorrente che la risoluzione del contratto di locazione di cui al superiore motivo farebbe venir meno la relazione tra il debitore e il suddetto immobile, di proprietà del ricorrente, al punto da precludere al curatore del fallimento l’inventariazione dei beni mobili oggetto di rivendica.
n. 11861/2024 R.G.
3. Il primo e il secondo motivo, i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati. Come indicato nel decreto impugnato, la dichiarazione di fallimento attua un pignoramento generale dei beni del fallito, per cui le rivendiche dei beni inventariati proposte nei confronti del fallimento hanno la stessa natura e soggiacciono alla stessa disciplina delle opposizioni di terzo all’esecuzione, regolate per l’esecuzione individuale dagli artt. 619 e s. cod. proc. civ. Ne consegue che il terzo che rivendichi la proprietà o altro diritto reale sui beni compresi nell’attivo fallimentare, deve dimostrare, con atto di data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento, di avere acquistato in passato la proprietà del bene ed altresì che il bene stesso non era di proprietà del debitore per essere stato a lui affidato per un titolo diverso dalla proprietà o altro diritto reale a termini dell’art. 621 cod. proc. civ. (norma richiamata nell’art. 103 l. fall.) , con esclusione della prova con testimoni e per presunzioni. Unico temperamento è la possibilità di utilizzare per la prova della proprietà e dell’affidamento al debitore dei beni i testimoni o le presunzioni ma nel solo caso in cui l’esercizio del diritto stesso sia reso verosimile dalla professione o dal commercio esercitati dal terzo o dal debitore (Cass., n. 16158/2007; Cass., n. 27092/2011; Cass., n. 23215/2012; Cass., n. 20191/2017).
4. Nella sostanza, il peculiare regime dettato dall’art. 621 cod. proc. civ., richiamato dall’art. 103 l. fall., dà luogo a una presunzione legale relativa di appartenenza al debitore dei beni mobili pignorati, rinvenuti nell’abitazione o nell’azienda a lui riferibili, che opera sul presupposto di una relazione di fatto tra il debitore e questi particolari spazi di vita professionale o familiare, per cui contro chi ne gode, secondo il descritto criterio dell’apparenza, il terzo deve dare la « doppia prova» con atto scritto avente data certa anteriore al fallimento: e ciò sia del proprio n. 11861/2024 R.G.
diritto reale, sia dell a qualità dell’ affidamento del bene al debitore esecutato (Cass., n. 12958/2024; Cass., n. 34451/2023; Cass., n. 5035/2022). Ove, pertanto, l’inventariazione dei beni da parte del curatore (che equivale alla individuazione nel pignoramento) avvenga nei locali dell’impresa, il rigoroso regime probatorio di cui all’art. 621 cod. proc. civ . si incentra unicamente sulla proprietà dei beni da parte del terzo rivendicante e sull’affidamento al fallito con scrittura avente data certa (salva la citata deroga sulla prova per testi e per presunzioni).
5. Nella specie, è accertato che l’inventario è stato eseguito presso la sede legale dell’impresa, per cui risulta irrilevante che l’inventario sia stato eseguito in luoghi relativamente ai quali si è dedotto che la società fallita avesse perso la disponibilità giuridica.
6. Con il terzo motivo si deduce, in via ulteriormente gradata rispetto ai primi due motivi, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 84 e 87 l. fall. e art. 521bis cod. proc. civ. nella parte in cui il decreto impugnato ha ritenuto corretta l’apprensione al fallimento dell’autocarro Mod. Volkswagen Caddy targato TARGA_VEICOLO , bene mobile registrato, rinvenuto nel piazzale adiacente il medesimo immobile. Osserva il ricorrente che il curatore non ha proceduto a verificare presso il PRA se l’autocarro fosse di proprietà del la società fallita e non ha tenuto conto che il bene mobile registrato si trovasse in un luogo accessibile a tutti.
7. Il motivo è inammissibile, in quanto il ricorrente non ha dedotto l’esistenza di un titolo di proprietà sul bene mobile registrato in oggetto, limitandosi a formulare censure circa l’erronea inventariazione del bene da parte del curatore. D’altro canto, la prova dell’intestazione in favore del rivendicante presso il P.R.A. di un veicolo, ove asseritamente trasferito a quest’ultimo, non è sufficiente per l’accoglimento della domanda di rivendica, derivando dall’iscrizione nel pubblico registro una presunzione
semplice quanto all’effetto traslativo del negozio, come tale cedevole rispetto alla preclusione di cui all’art. 621 cod. proc. civ. (Cass., n. 13884/2015; Cass., n. 26327/2019).
8. Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 103 l. fall. e comunque degli artt. 621 cod. proc. civ. e 2729 cod. civ. per non aver ritenuto provata la proprietà in capo alla ricorrente di alcuni dei beni oggetto di rivendica, quali i beni di cui ai documenti da 04 a 13 quater allegati all’atto di opposizione allo stato passivo e per avere ritenuto inidonee le prove addotte. Osserva che i beni in oggetto sono costituiti da bancone frigo con celle frigorifere acquistati dall’IVG di Treviso (docc. 04 -05) e da beni acquistati da terzi (docc. 06-13 quater ), relativamente ai quali il giudice del merito ha ritenuto inidonee le prove presuntive (costituite dalla proprietà dell’immobile in capo al rivendicante, l’esercizio dell’attività di pasticceria del terzo rivendicante nel luogo di inventariazione e la cessazione dell’attività da parte della fallita da circa quattro anni e la cessazione del titolo di godimento dell’immobile ove erano stati rinvenuti i beni inventariati ), nonché per non avere ammesso la prova testimoniale. Si duole, nuovamente, dell’erronea valutazione delle prove in relazione all’autocarro di cui al superiore motivo e ai beni acquistati dalla società fallita, relativamente ai quali è stata spiegata domanda subordinata di ammissione allo stato passivo.
9. Il motivo è inammissibile in quanto si risolve nella richiesta di revisione della valutazione delle prove, estranea al giudizio di legittimità, limitandosi il ricorrente a dedurre in sostanza una cattiva valutazione delle prove da parte del giudice del merito, ciò al di là del l’inammissibilità della censura di mancata ammissione della prova orale, i cui capitoli non sono stati oggetto di trascrizione.
Con il quinto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ., nel senso che il decreto impugnato non ha esplicitato le ragioni per le quali non ha ritenuto di accogliere la domanda di rivendica con riguardo ad alcuni beni inventariati, indicati con i numeri 31, 32, 34, 49, 50 e 51 (pag. 19 ric.).
Il motivo è infondato. Il giudice del merito, al fine di assolvere l’onere di adeguatezza della motivazione, è tenuto a esaminare tutte le allegazioni delle parti ed è sufficiente che egli esponga concisamente le ragioni della decisione così da doversi ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (Cass., n. 25509/2014; Cass., n. 24542/2009), senza che sia necessaria l’analitica confutazione delle tesi non accolte o la disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi (Cass., n. 7662/2020). Il mancato assolvimento dell’onere della prova da parte del rivendicante ha investito tutti i beni oggetto della domanda, senza che fosse necessario al giudice del merito indicare bene mobile per bene mobile e, per essi, gli elementi di prova specificamente esaminati.
Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in complessivi € 3.500,00 , oltre € 200,00 per anticipazioni, 15% per rimborso forfetario, oltre accessori di legge; a i sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, n. 11861/2024 R.G.
da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 27/05/2025.