Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 17483 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 17483 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 7804-2023 proposto da:
COGNOME, rappresentato e difeso dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso il DECRETO del TRIBUNALE DI UDINE del 23/2/2023; udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 27/5/2025;
FATTI DI CAUSA
1.1. NOME COGNOME ha proposto domanda di rivendica dei beni compresi nel contratto con il quale lo stesso, in data 6/3/2009, aveva affittato la sua azienda alla società poi fallita, assumendo di esserne il proprietario.
1.2. Il Fallimento ha resistito all ‘ opposizione chiedendone il rigetto.
1.3. Il tribunale, con decreto in epigrafe, ha rigettato l ‘ opposizione.
1.4. Il tribunale, in particolare, ha premesso che: – in caso di domanda di rivendica di un bene mobile determinato, ove inventariato presso la casa o l ‘ azienda del debitore fallito, non è, di regola, ammissibile, per espressa previsione dell ‘ art. 103 l.fall., che rinvia al regime probatorio di cui all ‘ art. 621 c.p.c., la prova per testimoni e, quindi, per presunzioni semplici; – in siffatta ipotesi, la prova può essere fornita solo con documento avente data certa anteriore al fallimento, che dimostri sia l ‘ acquisto in capo al terzo del bene, sia, ove esistente, il suo affidamento al soggetto poi fallito ad un titolo diverso dalla proprietà o di altro diritto reale; – il rivendicante deve, dunque, dimostrare, con atto di data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento, non solo di averne in passato acquistato la proprietà ma anche l ‘ esistenza di un titolo diverso dalla proprietà o altro diritto reale che giustifichi l ‘ affidamento del bene al fallito nella cui azienda o abitazione lo stesso è stato rinvenuto e inventariato dalla procedura.
1.5. Il tribunale, in forza di tali principi, ha, in sostanza, ritenuto che l ‘ opponente non aveva offerto la prova, a mezzo di scrittura avente data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento, della proprietà dei beni mobili che aveva dedotto di aver affidato alla società fallita a titolo di affitto di azienda.
1.6. D ‘ altra parte, ha aggiunto il tribunale: – il contratto d ‘ affitto d ‘ azienda, il quale, pur avendo data certa anteriore al fallimento in quanto stipulato a mezzo di scrittura privata autenticata del 6/3/2009, ‘ fa riferimento ad un separato inventario sottoscritto dalle parti che, però, non risulta allegato alla scrittura autenticata ‘ e, dunque, ‘ non individua i concreti beni che sarebbero stati affidati alla fallita a titolo di affitto ‘ ; – il
‘ doc. 5 ‘ prodotto dall’ opponente, che in tesi dovrebbe costituire ‘ l ‘ inventario dei beni cui fa riferimento il predetto contratto di affitto di azienda ‘, risulta, invece, privo di data certa ed è, quindi, inopponibile al fallimento; – la documentazione contabile dell ‘ impresa, tanto dell ‘ opponente quanto della società fallita, è, del resto, inopponibile al curatore, che rispetto ad essa è terzo, non identificandosi con l ‘ imprenditore fallito.
1.7. Inoltre , ‘ il pacifico rinvenimento dei beni di cui si discute presso la sede della fallita, laddove la stessa era effettivamente operativa nello svolgimento di attività di carpenteria metallica, consente l ‘ applicazione della presunzione iuris tantum di appartenenza degli stessi alla medesima ‘ e, quindi, l ‘ applicazione del regime probatorio di cui all ‘ art. 621 c.p.c., con le relative limitazioni probatorie.
1.8. D ‘ altra parte, ha aggiunto il tribunale, sono proprio ‘ le scritture contabili della fallita, la cui efficacia probatoria è invocata dal rivendicante ‘ a smentire ‘ la tesi dell ‘ asserita perdurante efficacia del contratto di affitto anche alla data del fallimento, posto che in tali scritture, redatte dallo stesso istante NOME COGNOME quale amministratore unico legale rappresentante della società fallita, nessun canone di affitto di azienda risulta essere stato iscritto quale costo di esercizio a partire da quello del 2018 e fino alla data del fallimento ‘.
1.9. Del resto, la ‘ mancata menzione di tale contratto nella domanda prenotativa ex art.161 6° comma LF, presentata all ‘ epoca dalla società poi fallita, induce a ritenere che tale contratto si fosse comunque risolto prima della dichiarazione di fallimento ‘ e, dunque, a ritenere corretta l’ applicazione della presunzione di appartenenza alla fallita dei beni rivendicati perché rinvenuti dalla curatela presso la sede in cui la società esercitava la sua attività imprenditoriale.
1.10. Il tribunale, quindi, ha ritenuto che, in difetto di prova in ordine alla proprietà attuale dei beni di cui l ‘ opponente assume la titolarità, la domanda di rivendica proposta dallo stesso doveva essere rigettata.
1.11. NOME COGNOME con ricorso notificato il 23/3/2023, ha chiesto, per tre motivi, la cassazione del decreto.
1.12. Il Fallimento ha resistito con controricorso
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost., degli artt. 115, 116, 177, 187, 188, 189, 244 e 621 c.p.c. e dell ‘ art. 103 l.fall., nonché l ‘ inesistenza, l ‘ assenza, l ‘ apparenza, la contraddittorietà e/o la perplessità della motivazione, in relazione all ‘ art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale, con motivazione assente o comunque meramente apparente, contraddittoria e perplessa, ha ritenuto che la prova orale offerta dall ‘ opponente era inammissibile sul rilievo che, in caso di rivendica di un bene mobile inventariato presso la casa o l ‘ azienda del debitore fallito, la prova per testimoni, a norma degli artt. 103 l.fall. e 621 c.p.c., non è, di regola, ammissibile, senza, tuttavia, considerare che, a fronte della data certa del contratto di affitto d ‘ azienda: – la prova testimoniale dedotta nel ricorso in opposizione aveva, in realtà, ad oggetto ‘ la esistenza di un inventario allegato al contratto di affitto (capitolo n. 2), la consistenza della azienda oggetto di affitto e dei beni che la componevano (capitoli da n. 3 a n. 7), l ‘ utilizzo di detti beni da parte della società fallita sino alla data del fallimento (capitoli nn. 8 e 9), la vigenza del rapporto di affitto alla data del fallimento (capitolo n. 10) e la avvenuta annotazione e registrazione nella contabilità della ditta individuale del signor NOME COGNOME delle fatture di acquisto
dei beni medesimi (capitoli nn. 11 e 12) ‘ ed era, quindi, ‘ pienamente ammissibile e confacente ‘; -tale prova, se ammessa, avrebbe consentito all ‘opponente ‘ di dimostrare specificamente di quali cespiti fosse composta l ‘ azienda affittata dalla ditta individuale del signor NOME COGNOME alla RAGIONE_SOCIALE e che gli stessi fossero, alla data della declaratoria di fallimento, rimasti collocati nei locali della affittuaria in ragione proprio del contratto in argomento ‘ .
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente, lamentando l ‘ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti nonché l ‘ inesistenza, l ‘ assenza, l ‘ apparenza, la contraddittorietà e/o la perplessità della motivazione, in relazione all ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale, con motivazione assente o comunque meramente apparente, contraddittoria e perplessa, ha ritenuto che l ‘ opponente non aveva provato con data certa la proprietà dei beni rivendicati, senza, tuttavia, considerare che, come emerge dal documento n. 5, che contiene l ‘ inventario analitico dei beni componenti l ‘ azienda, e dall ‘ art. 4 del contratto di affitto dell ‘ azienda, l ‘ opponente aveva concesso in affitto alla società poi fallita tutti i beni ed i cespiti che componevano la sua azienda e che l ‘ azienda affittata era, dunque, composta da tutti i beni di proprietà dello stesso, nessuno escluso.
2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2709 e 2710 c.c. nonché l ‘ inesistenza, l ‘ assenza, l ‘ apparenza, la contraddittorietà e/o la perplessità della motivazione, in relazione all ‘ art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale, con motivazione assente o comunque meramente apparente, contraddittoria e perplessa, ha ritenuto
che l ‘ opponente non aveva provato la proprietà dei beni rivendicati sul rilievo che non era a tal fine utilizzabile la documentazione contabile né dell ‘ impresa dell ‘ opponente né della società fallita, omettendo, però, di considerare che l ‘ efficacia delle scritture contabili regolarmente tenute era certamente opponibile nel rapporto negoziale sussistente tra l ‘ opponente quale affittante e la RAGIONE_SOCIALE quale affittuaria e che tali scritture dovevano avere la medesima efficacia nei confronti del Fallimento della RAGIONE_SOCIALE quale parte affittuaria subentrata ex lege a seguito della declaratoria di fallimento.
2.4. I motivi, da trattare congiuntamente, sono inammissibili.
2.5. Il ricorrente, infatti, non si confronta realmente con il decreto che ha impugnato: il quale, infatti, con statuizione rimasta incensurata, ha, in sostanza, ritenuto che l ‘ opponente non aveva dimostrato in giudizio di aver acquistato, con atto avente data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento, la proprietà dei beni che, a suo dire, aveva successivamente concesso in affitto alla società poi fallita.
2.6. Ed è, in effetti, noto che: – le rivendiche dei beni inventariati proposte nei confronti del Fallimento hanno la stessa natura e soggiacciono alla stessa disciplina delle opposizioni di terzo all ‘ esecuzione, regolate per l ‘ esecuzione individuale dagli artt. 619 e ss. c.p.c.; – il terzo che rivendichi la proprietà sui beni compresi nell ‘ attivo fallimentare, deve, pertanto, dimostrare, con atto di data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento, sia l’ acquisto della proprietà del bene, sia che il bene stesso era stato affidato al debitore a titolo diverso dalla proprietà o da altro diritto reale; – se i beni sono stati pignorati (o, nel fallimento, inventariati) nell’azienda o nella casa del
debitore, trova, infine, applicazione l ‘ art. 621 c.p.c. (cui l’art. 103 l.fall. espressamente rinvia), il quale esclude che il terzo opponente possa provare il proprio diritto sui beni a mezzo di testimoni (e di presunzioni: Cass. n. 23215 del 2012, Cass. n. 20191 del 2017), a meno che l ‘ esistenza del diritto sia resa verosimile dalla professione o dal commercio esercitati dal terzo o dal debitore. (Cass. n. 16158 del 2007, Cass. n. 12684 del 2004).
Il ricorso, per l ‘ inammissibilità di tutti i suoi motivi, è, a sua volta, inammissibile: e come tale dev ‘ essere, dunque, dichiarato.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
La Corte dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara l ‘ inammissibilità del ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare al Fallimento le spese di giudizio, che liquida in € . 6.200 , di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella camera di consiglio della Prima