Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26929 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 26929 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 17/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4074/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende -controricorrente- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 1610/2019 depositata il 06/03/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 01/10/2024 dal Consigliere COGNOME NOME.
FATTI DI CAUSA
Il giudizio trae origine dalla domanda con la quale NOME COGNOME ha chiesto al Tribunale di Roma la condanna di COGNOME NOME al risarcimento dei danni derivanti da vizi dell’appartamento acquistato dalla convenuta con atto per notar COGNOME del 30.7.1999.
All’esito dei giudizi di merito, la Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto per quanto di ragione la domanda e, sulla base della CTU, ha condannato NOME COGNOME al risarcimento del danno nella misura complessiva di € 36.039, 77, oltre interessi legali sulla somma di € 32.274,69, decorrenti dall’1.12.2019 al soddisfo. Detto importo è stato calcolato sulla somma di € 28.919,70, come determinata dal CTU con consulenza depositata il 18.2.2009, rivalutata alla data della decisione, così giungendo all’importo di € 32.274,69; sono stati, quindi, riconosciuti gli interessi legali, ammontanti al 31.12.2018, ad € 3.765,38.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza sella Corte d’appello sulla base di tre motivi.
COGNOME NOME NOME resistito con controricorso
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
In prossimità della camera di consiglio, la ricorrente ha depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancata esposizione dei fatti di causa in quanto il ricorso riporta l ‘excursus processuale, dando conto del contenuto delle decisioni adottate dai giudici di merito.
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c. , in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c., perché il giudice d’appello avrebbe riconosciuto la rivalutazione e gli interessi sulla somma liquidata a titolo di risarcimento dei danni in assenza di domanda in quanto l’attore, nell’atto introduttivo, si sarebbe limitato a chiedere la condanna al risarcimento dei danni e degli interessi sulla somma determinata dal CTU, senza chiedere la rivalutazione di tali somme. La pronuncia avrebbe, pertanto, violato il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
Il motivo è infondato.
L’obbligo di risarcimento del danno da fatto illecito, contrattuale o extracontrattuale, ha per oggetto l’integrale reintegrazione del patrimonio del danneggiato e, pertanto, nella domanda di risarcimento del danno deve ritenersi implicitamente inclusa la richiesta di compenso per il pregiudizio subito dal creditore a causa del ritardato conseguimento dell’equivalente monetario del danno, non incorrendo nel vizio di ultrapetizione il giudice che, in mancanza di espressa domanda, liquidi il conseguente danno da lucro cessante (Cass. Civ., Sez. II, 15.11.2013, n.257759).
Gli interessi sulla somma liquidata a titolo di risarcimento del danno da fatto illecito hanno fondamento e natura diversi da quelli moratori, regolati dall’art. 1224 c.c. -che si risolvono in una liquidazione forfetaria del danno commisurato alla perdita della naturale fruttuosità del denaro – in quanto sono rivolti a compensare il pregiudizio derivante al creditore dalla temporanea indisponibilità dell’equivalente pecuniario del danno subito, di cui costituiscono, quindi, una necessaria componente, al pari di quella rappresentata dalla somma attribuita a titolo di svalutazione monetaria, la quale non
viene a risarcire un altro e maggiore danno, ma è soltanto una diversa espressione monetaria del medesimo danno, sempre al fine di rendere effettiva la reintegrazione patrimoniale del danneggiato.
Ne consegue che nella domanda di risarcimento del danno per fatto illecito è sempre implicitamente inclusa anche la richiesta di riconoscimento, sia degli interessi compensativi, sia della rivalutazione monetaria -quali componenti indispensabili del risarcimento, tra loro concorrenti attesa la diversità delle rispettive funzioni – ed il giudice di merito deve attribuire gli uni e l’altra anche se non espressamente richiesti, pure in grado di appello, senza per ciò incorrere in ultrapetizione (Cassazione civile sez. II, 10/12/2021, n.39376; Cassazione civile sez. III, 04/11/2020, n.24468).
La Corte d’appello non è incorsa, pertanto, nel vizio di extrapetizione, liquidando all’attore, che aveva subito un danno derivante dalla presenza dei vizi nell’appartamento oggetto di vendita, sia gli interessi che la rivalutazione monetaria, indipendentemente dalla richiesta dei soli interessi contenuta nell’atto introduttivo perché, trattandosi di interessi in funzione compensativa, avevano la funzione di compensare il venditore del pregiudizio subito per il tardivo conseguimento della somma corrispondente all’equivalente pecuniario dei danni subiti.
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 11 Cost, 132 c.p.c. e 1226 c.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.3 e 4 c.p.c., perché la Corte di merito non avrebbe indicato i criteri adottati per quantificare gli importi attribuiti a titolo di interessi e rivalutazione. La determinazione delle somme dovute a titolo di rivalutazione sarebbe avvenuta senza alcuna motivazione sui criteri e sulle modalità di calcolo con la conseguenza
che nessun controllo potrebbe essere esercitato dalla parte in ordine alla correttezza del risultato.
Il motivo è fondato.
La Corte d’appello di Roma, sulla base della CTU, ha condannato NOME COGNOME al risarcimento del danno nella misura complessiva di € 36.039, 77, oltre interessi sulla somma di € 32.274,69 dall’1.12.2019 al soddisfo. Detto importo è stato calcolato sulla somma di € 28.919,70, come determinata dal CTU con consulenza depositata il 18.2.2009, rivalutata alla data della decisione, così giungendo all’importo di € 32.274, 69; sono stati riconosciuti gli interessi legali, ammontanti al 31.12.2018, ad € 3.765,38.
Mentre non vi sono dubbi che gli interessi siano stati determinati al tasso legale, nessuna indicazione è fornita dalla Corte d’appello sul criterio di determinazione della rivalutazione del danno, sicché, su tale punto, è ravvisabile il vizio di assoluta assenza di motivazione della sentenza impugnata.
In tal senso si è espressa la giurisprudenza di questa Corte, che ha ritenuto viziata da difetto di motivazione la sentenza di merito che, nel riconoscere il diritto alla rivalutazione di somme liquidate a titolo risarcitorio, applichi un determinato coefficiente ricavato dagli indici ISTAT senza fornire ulteriori indicazioni circa i passaggi ed i calcoli che hanno portato alla determinazione di quel coefficiente, sì da non consentire di verificare la correttezza del procedimento logico seguito ( Sez. 3, Sentenza n. 10019 del 14/10/1997;Sez.2, Sentenza n.
5826
del
14/06/1999).
L’indicazione dei criteri seguiti era necessario per accerta re sia la correttezza del tasso di svalutazione, sia la correttezza del calcolo,
avendo la Corte d’appello determinato l’i mporto complessivo delle somme dovute a titolo di rivalutazione monetaria.
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione:
‘Il giudice di merito, nel riconoscere il diritto alla rivalutazione di somme liquidate a titolo risarcitorio, deve indicare i criteri applicati e, qualora applichi un determinato coefficiente ricavato dagli indici ISTAT, deve fornire ulteriori indicazioni circa i passaggi ed i calcoli che hanno portato alla determinazione di quel coefficiente; in caso di omessa indicazione dei criteri adottati, la pronuncia è viziata da difetto assoluto di motivazione perché non consente di verificare la correttezza del procedimento logico seguito’.
Il giudice di rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
E’ assorbito il terzo motivo di ricorso, con il quale si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 c.p.c. e 92 c.p.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c., per erronea regolamentazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo motivo e dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione