Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 30318 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 30318 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso 21290-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME COGNOME, COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 192/2024 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 25/03/2024 R.G.N. 392/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/10/2025 dal AVV_NOTAIO.
Oggetto
RAGIONE_SOCIALE forense
Rivalutazione istat
R.G.N. 21290/2024
COGNOME.
Rep.
Ud. 24/10/2025
CC
RILEVATO CHE
Con sentenza n.192/24, l a Corte d’appello di Bologna confermava la pronuncia di primo grado che aveva accolto la domanda d ell’odierno controricorrente, esercente la professione di avvocato, volta alla riliquidazione della sua pensione previa rivalutazione dei propri redditi a partire dal 1980 secondo l’indice medio annuo ISTAT dell’anno 1980, relativo alla svalutazione intercorsa tra il 1979 e il 1980 (pari al 21,1%), anziché a partire dal 19 81 secondo l’indice medio annuo ISTAT dell’anno 1981, relativo all a svalutazione intercorsa tra il 1980 e il 1981 (pari al 18,7%), come fatto invece dalla RAGIONE_SOCIALE. Riteneva la Corte che l’art.27, ult. co. l. n.576/80 si applicasse anche alle pensioni maturate successivamente al 1980. Né la riliquidazione poteva essere negata per il fatto che non fosse stato pagato il maggior importo della contribuzione parametrato alla rivalutazione decorrente dal 1980 anziché dal 1981. Il Regolamento della RAGIONE_SOCIALE, che vieta il computo, ai fini del calcolo della pensione, degli anni di iscrizione nei quali vi sia stata una parziale omissione contributiva -precisava la Corte -non risultava applicabile retroattivamente, siccome approvato nel 2006. Infine, la Corte respingeva la domanda della RAGIONE_SOCIALE di condanna al pagamento delle differenze contributive dovute in relazione al maggior indice di rivalutazione riconosciuto al pensionato.
Avverso la sentenza, la RAGIONE_SOCIALE ricorre per due motivi, illustrati da memoria.
Il professionista resiste con controricorso, illustrato da memoria.
All’odierna adunanza camerale, il collegio riservava il termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
RITENUTO CHE
Con il primo motivo di ricorso, la RAGIONE_SOCIALE deduce violazione e falsa applicazione degli artt.10, 15, 16, 26, 27 l. n.576/80, per non avere la Corte ritenuto che la rivalutazione decorresse dal 1980.
Con il secondo motivo di ricorso, la RAGIONE_SOCIALE deduce violazione e falsa applicazione de ll’ art.2, 10, 16, 18 l. n.576/80, dell’art.2033 c.c., nonché del ‘ Regolamento per il recupero di anni resi inefficaci a causa di parziale versamento di contributi per i quali sia intervenuta prescrizione ‘ e dell’art.4 del Regolamento prestazioni previdenziali della RAGIONE_SOCIALE. La Corte avrebbe errato nel riliquidare il trattamento pensionistico nonostante non fossero stati versati i maggiori contributi dovuti a seguito di rivalutazione decorrente dal 1980; avrebbe invece dovuto condannare al pagamento della parte di contribuzione ancora dovuta in relazione alla maggior rivalutazione applicabile e dichiarare l’inefficacia dell’annualità contributiva in mancanza di contribuzione alla luce della normativa regolamentare della RAGIONE_SOCIALE.
Preliminarmente vanno respinte le eccezioni di inammissibilità del ricorso avanzate dal controricorrente. Per un verso, il ricorso è sufficientemente specifico nell’indicare con chiarezza le censure addotte alla sentenza impugnata e le ragioni per le quali essa sarebbe errata. Per altro verso, il richiamo all’art.360 -bis, n.1 c.p.c. appare inconferente posto che vari precedenti di questa Corte sul tema sono intervenuti successivamente
alla proposizione del ricorso, sicché può dirsi che l’orientamento di legittimità in materia si è formato solo in seguito al ricorso.
Il primo motivo è infondato.
Si richiamano qui le pronunce recentemente rese da questa Corte in analoghe controversie (tra le tante v. Cass.22836/2025, Cass.24639/2025), dalle quali non v’è motivo di discostarsi.
In particolare, è stato affermato che l’entità dei redditi da assumere per il calcolo della media di riferimento ai fini delle pensioni di vecchiaia maturate dal 1° gennaio 1982, va rivalutata a partire dall’anno di entrata in vigore della legge n.576/80 ai sensi dell’art.27, co.4 della stessa legge, e quindi dal 1980, applicando l’indice medio annuo ISTAT dell’anno 1980, relativo alla svalutazione intercorsa tra il 1979 e il 1980. Tale conclusione non è smentita dalla sentenza di questa Corte a Sezioni Unite n.7281/2004, nella parte in cui assume invece a riferimento l’indice ISTAT del 1981 relativo al 1980 , poiché la pronuncia a sezioni unite ha riguardato la tematica della rivalutazione delle pensioni, ai sensi dell’art.16, co.1, non già la rivalutazione dei redditi (art.15), su cui calcolare l’ammontare della pensione secondo il sistema retributivo. Nel caso di specie, invece, si tratta non di rivalutare le pensioni a far tempo dal primo anno successivo alla maturazione del diritto, previa delibera del consiglio di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE (commi 1 e 3 dell’art.16), ma di rivalutare i redditi, già prima della maturazione del diritto a pensione e già a partire dal 1980, anno di entrata in vigore della legge, per i redditi maturati a partire dal 1980. Infine, è stato
aggiunto nelle citate sentenze che, secondo l’art. 27, co.2 l. n.576/80, la p rima tabella di cui all’art.15, co.2 ovvero la tabella dei coefficienti di rivalutazione dei redditi redatta dal consiglio di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE entro il 31 maggio di ogni anno sulla base dei dati ISTAT -è redatta entro quattro mesi dall’entrata in vigore della presente legge, sicché deve essere redatta entro 4 mesi decorrenti dal 12.10.80, ovvero entro il 12.2.81, e quindi essa non può che prendere a riferimento l’indic e medio ISTAT registrato nel 1980 sulla base della svalutazione intercorsa tra il 1979 e il 1980, non l’indice ISTAT del 1981, il quale, essendo un indice medio annuo riferito all’intero anno solare, va assunto a riferimento solo al termine dell’anno 1981, anziché già dal 12.2.1981.
Il secondo motivo è fondato nei termini che seguono.
Sempre il citato orientamento (Cass.22836/25, Cass.24639/25) ha affermato che i redditi da prendere a riferimento per il calcolo della pensione di vecchiaia, ai sensi dell’art.2 l. n.576/80, sono quelli coperti da contribuzione ‘effettivamente versata’, sicché, in caso di applicazione su tali redditi di un coefficiente di rivalutazione ISTAT inferiore a quello dovuto, con corrispondente minor contribuzione versata ai sensi degli artt.10 e 16, co.4, la pensione di vecchiaia va calcolata prendendo a riferimento i redditi rivalutati secondo il minor coefficiente applicato, anziché secondo quello maggiore dovuto.
In particolare, si è osservato che la rivalutazione è parte integrante del reddito, di cui condivide la stessa natura, con la conseguenza che, ai fini dell’obbligo contributivo,
così come ai fini del calcolo della prestazione secondo il metodo retributivo, importa non il reddito dichiarato, ma il reddito dichiarato ai fini IRPEF rivalutato. Tanto si desume dall’ art.16, co.4, secondo cui il contributo soggettivo minimo (art.10, co.2) è aumentato periodicamente proprio in relazione alla variazione dell’indice ISTAT ; per il contributo soggettivo de ll’art.10, co.1 l. n.576/80, invece, l’incidenza della rivalutazione sull’obbligo contributivo opera a mezzo della rivalutazione del reddito.
Deve quindi concludersi per l ‘esistenza di una violazione dell’obbligazione contributiva.
Accertato l’inadempimento, al professionista spetta la prova liberatoria dell’art.1218 c.c. In particolare, attiene alla prova liberatoria, ovvero della causa non imputabile di inadempimento, la circostanza per cui , all’epoca, fu pagato il solo contributo richiesto dalla RAGIONE_SOCIALE, sulla base della minor rivalutazione dei redditi operata dalla RAGIONE_SOCIALE.
L’accertamento della causa non imputabile dell’inadempimento andrà svolto in sede di giudizio di rinvio, sul punto dovendosi precisare che l’accertamento non può limitarsi all’asserzione che vi fu errore indotto nel professionista dall’erronea richiesta (i n difetto) da parte della RAGIONE_SOCIALE per quanto attiene al profilo contributivo. Invero, ai fini della prova liberatoria occorre accertare che tale errore fosse scusabile, ovvero non vincibile con la diligenza esigibile dal professionista ai sensi dell’art.1176 , co.2 c.c. La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che l’errore circa la convinzione di non essere obbligati (nel caso di specie, la convinzione di essere obbligati per una minor misura dell’obbligo
contributivo) può valere come causa non imputabile di inadempimento ex art.1218 c.c. soltanto ove si tratti di errore non vincibile con la dovuta diligenza (Cass.1003/1986, Cass.2586/1986, Cass.7729/2004), la quale si specifica nella diligenza dovuta dal professionista avvocato (art.1176, co.2 c.c.) relativamente ad un errore commesso dalla RAGIONE_SOCIALE in ordine alla corretta applicazione di norme giuridiche (artt.2, 10, 16, 27 l. n.576/80).
Una volta stabilita la sussistenza di un inadempimento (parziale), va aggiunto che esso incide sulla misura della pensione, in quanto il reddito da considerare ai fini del calcolo della pensione, e dichiarato ai fini IRPEF, è solo quello su cui si sono versati ‘effettivamente’ i contributi (art.2 l. n.576/80). È in ragione dell’assenza della regola di automaticità delle prestazioni che si giustifica la conclusione per cui, inadempiuto (in parte) l’obbligo contributivo, non v’è diritto ad una prestazione che non sia sorretta nel suo quantum dall’adempimento di tale obbligo, dovendo la contribuzione essere sempre ‘effettivamente’ versata. Del resto, proprio l’assenza della regola di automaticità delle prestazioni dà ragione dell’irrilevanza della maturata prescrizione: il fatto che la RAGIONE_SOCIALE abbia lasciato prescrivere il proprio credito contributivo non dà comunque diritto alla prestazione pensionistica maggiorata nel quantum, allo stesso modo per cui, non operando più l’art.2116 c.c. una volta maturata la prescrizione contributiva entro il sistema dell’AGO, il lavoratore non ha comunque diritto ad ottenere la prestazione dall’RAGIONE_SOCIALE, quanto piuttosto il risarcimento dei danni.
Ovviamente, per i periodi non prescritti, l’inadempimento legittima la pretesa di adempimento, salva la prova liberatoria ex art.1218 c.c. di cui sopra s’è detto.
Inammissibile è invece il motivo nella parte in cui, facendo leva sulle disposizioni regolamentari della RAGIONE_SOCIALE, pretende di azzerare l’intera annualità contributiva per mancato versamento parziale della contribuzione.
Secondo costante orientamento di questa Corte, i Regolamenti adottati dalla RAGIONE_SOCIALE allo scopo di disciplinare il rapporto contributivo degli iscritti e le prestazioni previdenziali e assistenziali da corrispondere, non si configurano come previsioni regolamentari in senso proprio, ma come fonti negoziali, nonostante la successiva approvazione con decreto ministeriale. Il sindacato di questa Corte è dunque limitato all’ipotesi in cui venga dedotta una violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt.1362 c.c. (Cass.8592/2025, Cass.27541/2020). Ora, il motivo non prospetta alcuna violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt.1362 ss. c.c., assumendo nella sostanza il Regolamento come norma direttamente violata. Va altresì ricordato il principio più volte affermato da questa Corte (Cass.5672/2012, Cass.7621/2015, Cass.15643/2018, Cass.30421/2019, Cass.694/2021) secondo cui il pagamento solo parziale della contribuzione non impedisce di conteggiare per intero l’annualità ai fini dell’anzianità contributiva.
Va infine respinta l’istanza di rimessione della presente causa alle Sezioni Unite di questa Corte (v. memoria di parte controricorrente), in quanto non risulta alcun
contrasto tra le sentenze decise all’udienza del 14.5.2025 e le pronunce di cassazione e della Corte costituzionale invocate in detta memoria, atteso che il rapporto con queste ultime è già stato esplicitato nelle pronunce del 14.5.2025 e non certo in termini di contrasto. Quanto alla questione di massima di particolare importanza, pure invocata nella memoria, si rileva che i precedenti del 14.5.2025 hanno risolto la questione, senza necessità di investire, ora, le Sezioni Unite.
In conclusione, è da accogliere il secondo motivo di ricorso nei sensi di cui in motivazione, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, anche per le spese di lite del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso nei sensi di cui in motivazione e, respinto il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione, anche per le spese di lite del presente giudizio di cassazione.