Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8208 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 8208 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/03/2024
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 4130/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO
INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende, unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE DI APPELLO DI VENEZIA n. 2486/2017 depositata il 06/11/2017;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/03/2023 dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte della Sostituta Procuratrice Generale Dott. AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che chiede l’accoglimento dei motivi otto e dieci del ricorso, il rigetto dei motivi dall’uno al sette e dall’undici al tredici, con assorbimento del nono e del quattordicesimo motivo.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE chiedeva ed otteneva dal Tribunale di Verona, sez. distaccata di Soave, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, il decreto ingiuntivo n. 202/2003 per il pagamento della somma di euro 50.000,00 quale residuo avere della fornitura di macchinari (due vagli e un mulino ad urto) di cui alla fattura n. 39/NUMERO_DOCUMENTO, portante il prezzo complessivo di euro 286.036,00.
RAGIONE_SOCIALE San RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione, eccependo il cattivo funzionamento del mulino ad urto e facendo valere la garanzia prestata allo scopo da RAGIONE_SOCIALE: posto che quest’ultima società non aveva rilasciato la fideiussione contrattualmente prevista, il versamento del residuo prezzo era stato posticipato per sei mesi, allo scopo di verificare il buon funzionamento della macchina. Asseriva l’opponente di avere accertato nel periodo la presenza di un
grave difetto costruttivo del mulino, immediatamente contestato a RAGIONE_SOCIALE, la quale provvedeva a sostituire il pezzo difettoso. Considerato che, nonostante tale sostituzione, il macchinario non raggiungeva i promessi livelli di produzione, RAGIONE_SOCIALE San RAGIONE_SOCIALE -sul presupposto dell’inadempimento di RAGIONE_SOCIALE, la quale, costituitasi in giudizio, contestava quanto dedotto dall’opponente – chiedeva la riduzione del prezzo per mancanza delle qualità promesse e il risarcimento del danno corrispondente al ritardo nell’avvio della produzione della cava e instaurava un procedimento per accertamento tecnico preventivo.
All’esito dell’ATP, che riscontrava l’incapacità del macchinario di garantire le prestazioni promesse, RAGIONE_SOCIALE San RAGIONE_SOCIALE modificava l’iniziale domanda di riduzione del prezzo in domanda di risoluzione del contratto. A seguito della implicita dichiarazione di inammissibilità della stessa da parte del G.I., proponeva un nuovo giudizio – poi riunito al primo – prospettando una vendita di aliud pro alio e chiedendo la risoluzione del contratto limitatamente al mulino oggetto di ATP.
Come nel precedente, anche in questo secondo giudizio RAGIONE_SOCIALE, costituendosi in giudizio, eccepiva la decadenza e la prescrizione della domanda attorea, oltre a contestare di avere garantito il rendimento del macchinario ipotizzato in sede di ATP.
Con sentenza n. 144/2011, il Tribunale di Verona-sezione distaccata di Soave, ribadita l’inammissibilità del mutamento dell’iniziale domanda perché incorsa nelle preclusioni di cui all’art. 183 c.p.c., nel testo vigente ratione temporis (trattandosi di domanda nuova) ed affermata l’ammissibilità della domanda di risoluzione proposta con il secondo giudizio (qualificata come azione di garanzia ex art. 1495 c.c.), rigettava le eccezioni di decadenza e
di prescrizione e, pronunziando nelle cause riunite (iscritte rispettivamente agli RG n. 21548/2003 e 21781/2005), revocava il decreto ingiuntivo emesso a carico di RAGIONE_SOCIALE San RAGIONE_SOCIALE, dichiarava risolto il contratto intervenuto tra le parti limitatamente alla macchina TARGA_VEICOLO (mulino ad urto), condannava RAGIONE_SOCIALE San RAGIONE_SOCIALE a restituire a ICM la predetta macchina in buono stato di manutenzione e condannava ICM a restituire a RAGIONE_SOCIALE San RAGIONE_SOCIALE la somma di euro 53.000,00, oltre Iva e interessi, nonché al risarcimento del danno quantificato in euro 8.188,18, oltre Iva.
Avverso tale decisione proponeva appello RAGIONE_SOCIALE sulla scorta di sette motivi.
Con sentenza n. 2486/2017 la Corte di appello di Venezia confermava integralmente la sentenza di primo grado, così pronunciando:
-rigettava il primo motivo di gravame (volto a contestare l’errata qualificazione e travisamento della domanda perché nella causa iscritta al RG n. 781/2005 è stato risolto il contratto sulla base di una causa petendi – eccessiva usura dei martelli – che non costituiva fondamento della domanda di risoluzione proposta da RAGIONE_SOCIALE San RAGIONE_SOCIALE in quel giudizio), ritenendo che il Tribunale avesse fatto corretta applicazione della regola iura novit curia di cui all’art. 113 c.p.c. e che non vi fosse stata violazione dell’art. 112 c.p.c., avendo il primo giudice correttamente qualificato la domanda come azione di garanzia ex art. 1497 c.c., che consente all’acquirente di chiedere la risoluzione del contratto (domanda ritualmente introdotta nel secondo giudizio);
-in ordine alla doglianza dell’appellante contenuta nel secondo motivo di gravame di avere garantito non la produttività o il rendimento del mulino ma semplicemente la durata dei martelli, la
Corte d’appello riteneva corretta la conclusione cui è pervenuto il primo giudice di accoglimento della domanda di risoluzione;
quanto alla prescrizione e decadenza eccepita con il terzo e quarto motivo, ha ritenuto che RAGIONE_SOCIALE abbia riconosciuto il difetto, ritenendo così superata la questione;
sul quinto e sesto motivo, ha escluso che il fatto che RAGIONE_SOCIALE San RAGIONE_SOCIALE avesse rinunciato a far valere la garanzia pattizia (che prevedeva la restituzione della macchina a fronte della restituzione del prezzo) potesse essere considerato indice della scarsa importanza dell’inadempimento, difettando la macchina delle caratteristiche promesse e dunque dell’essenzialità pat tiziamente prevista;
la domanda di risarcimento del danno -oggetto del settimo motivo -era ritenuta regolarmente formulata da RAGIONE_SOCIALE San RAGIONE_SOCIALE e perfettamente ammissibile;
anche le contestazioni sulla regolazione delle spese di lite venivano considerate destituite di fondamento.
Avverso tale decisione RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidandosi a quattordici motivi.
Ha resistito con controricorso RAGIONE_SOCIALE San RAGIONE_SOCIALE.
In prossimità della pubblica udienza, entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI COGNOMEA DECISIONE
1.Con il primo motivo la ricorrente lamenta l’omessa motivazione sul rigetto del primo motivo di appello, integrante violazione e/o falsa applicazione degli artt. 111 comma 6 Cost. e 132, comma 2, n. 4 c.p.c., in relazione all’art. 360 comma 1, n. 4 c.p.c.
Sostiene la ricorrente che il giudice di secondo grado, avendo rilevato che la risoluzione del contratto ‘ non è stata dichiarata a causa della precoce usura dei martelli, ma per i difetti costruttivi accertati in sede di ATP e CTU che implicavano la non conformità alle caratteristiche contrattualmente previste ‘, non avrebbe spiegato quali sarebbero i difetti costruttivi accertati. Da qui la motivazione meramente apparente della sentenza impugnata perché totalmente sganciata dalla valutazione dei fatti, non avendo la Corte di appello spiegato quali sarebbero i difetti costruttivi accertati in sede di ATP e CTU che implicavano la non conformità di cui sopra.
2.Con il secondo motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 comma 1, nn. 3 e 4 c.p.c., con riguardo al rigetto del primo motivo di appello.
A dire della ricorrente, l’affermazione della Corte del merito sopra riportata ha violato e/o falsamente applicato le norme denunciate, poiché ha supposto l’esistenza di difetti costruttivi del mulino che non erano mai emersi nel corso del processo. In particolare, dalla CTU disposta in corso di causa non erano emersi questi difetti, ma: quanto al presupposto di fatto (fatto costitutivo) della prima causa (R.G. n 21584/03 di opposizione al decreto ingiuntivo con domanda di riduzione del prezzo), la garanzia non era stata rispettata poiché i martelli del mulino si usuravano prima di produrre 9.500 tonnellate di materiale frantumato della classe 0-30 mm; quanto al presupposto di fatto (fatto costitutivo) della seconda causa (RG n. 21781/05 (autonomo giudizio con domanda di risoluzione del contratto e di risarcimento del danno), il mulino con la nuova puleggia da 17 pollici aveva la velocità di rotazione prevista dal
contratto ed era quindi in ogni caso perfettamente conforme alle indicazioni contrattuali.
Aggiunge parte ricorrente che dalla relazione del CTU in merito al mulino si evince che mai in atti è indicato un suo guasto nella rottura di qualche sua componente e non sono indicate contestazioni relative alla qualità del frantumato prodotto, per cui si deve ritenere che quanto prodotto dal mulino fosse idoneo all’uso che intendeva farne RAGIONE_SOCIALE San RAGIONE_SOCIALE, alla quale non veniva liquidato di conseguenza alcun danno subito.
3.Con il terzo motivo la ricorrente ritiene che il giudice a quo , rigettando il primo motivo di appello, abbia violato e/o falsamente applicato gli artt. 112 e 113 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1, n. 3 e n. 4 c.p.c.
La Corte d’appello sarebbe incorsa nello stesso errore commesso dal Tribunale, avendo alterato la domanda proposta nel giudizio RG n. 21781/2005 (risoluzione del contratto per insufficiente velocità di rotazione del mulino) modificandone i fatti costitutivi, ossia fondando la risoluzione del contratto sull’inadempimento della garanzia (i martelli si usuravano prima di avere frantumato 9.500 tonnellate di materiale), dunque su fatti che erano stati allegati da RAGIONE_SOCIALE San RAGIONE_SOCIALE esclusivamente a fondamento della domanda di riduzione del prezzo proposta nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo (RG n. 21584/2003).
4.Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente deduce l’omessa pronuncia sul secondo motivo di appello che integra violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1, n. 4 c.p.c., sostenendo che, dato che RAGIONE_SOCIALE San RAGIONE_SOCIALE aveva rinunciato allo scioglimento stragiudiziale del contratto in caso di inadempimento della garanzia, il Tribunale non poteva risolvere il contratto per
inadempimento della garanzia e, di conseguenza, che la Corte di appello ha errato limitandosi a ritenere sul punto corretta la conclusione del primo giudice.
Con il quinto motivo di ricorso si prospetta l’omesso esame del contenuto della garanzia contrattuale in relazione all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. quanto al rigetto del secondo motivo di appello.
RAGIONE_SOCIALE San RAGIONE_SOCIALE non avrebbe mai esercitato il diritto potestativo di esercitare stragiudizialmente lo scioglimento del contratto e di obbligare la ricorrente a ritirare il mulino e a restituire il prezzo incassato. Domandando la riduzione del prezzo aveva rinunciato irrevocabilmente alla garanzia impedendo ai giudici di merito di emettere una sentenza costitutiva di risoluzione del contratto, come quella invece resa nel caso di specie.
-Il sesto motivo di ricorso lamenta l’omessa motivazione sul rigetto del secondo motivo di appello che integra violazione e/o falsa applicazione degli artt. 111 comma 6 Cost. e 132 comma 2 n. 4 c.p.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., in quanto la Corte di appello non motiva perché era corretta la decisione del Tribunale di risolvere il contratto con una pronuncia costitutiva fondata sull ‘ inadempimento della garanzia.
Il settimo motivo è così rubricato: ‘Il rigetto del secondo motivo di appello integra una violazione e/o falsa applicazione dei principi in materia di rinuncia del diritto e degli artt. 1236 e ss. c.c., 1492 comma 2 c.c. e art. 100 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma nn. 3 e 4 c.p.c.’ .
Con il motivo la ricorrente ripropone la questione della incompatibilità tra mancato esercizio della garanzia e pronunzia costitutiva di risoluzione sotto il profilo della irrevocabilità della scelta ex art. 1492 c.c. e dell’interesse ad agire.
Con l’ottavo motivo si lamenta l’omessa motivazione sul rigetto del terzo motivo di appello che integra violazione e/o falsa applicazione degli artt. 111 comma 6 Cost., 132 comma 2 n. 4 c.p.c. in relazione all’art 360 comma 1, n. 4 c.p.c.
Secondo la ricorrente la sentenza non rende percepibile il fondamento della decisione perché non reca argomentazioni idonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per arrivare alla conclusione che il riconoscimento del difetto da parte d ell’attuale ricorrente impediva la decadenza e/o la prescrizione dell’azione di risoluzione.
Il nono motivo censura l’omesso esame della garanzia contrattuale in relazione all’art. 360 comma 1, n. 5 c.p.c. quanto al rigetto del terzo e del quarto motivo di appello per avere il giudice di secondo grado omesso di esaminare il fatto storico costituito dal contenuto della garanzia e dal suo mancato esercizio per oltre un anno dalla consegna del mulino, avvenuta nel mese di giugno 2002, mentre RAGIONE_SOCIALE San RAGIONE_SOCIALE aveva fatto valere la garanzia con citazione notificata il 14/07/2003, oltre l’anno dalla consegna del mulino, quando la garanzia estinta comunque era stata rinunciata in favore della richiesta di riduzione del prezzo.
10.Il decimo motivo contesta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1495, 2943, 2944, 2945 c.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. rispetto al rigetto del terzo e del quarto motivo di appello.
La motivazione della sentenza al riguardo è stata la seguente: ‘ anche questa ragione di doglianza non merita accoglimento, risultando superata dal riconoscimento del difetto da parte di RAGIONE_SOCIALE, che ha provveduto alla sostituzione di ben due pezzi senza che tuttavia si risolvesse il problema. I vizi della macchina inoltre nel
secondo giudizio sono stati posti a fondamento della domanda diretta di risoluzione e quindi non sono stati opposti esclusivamente in via di eccezione come lamentato dall’appellante’ , con conseguente inapplicabilità dell’ultima parte dell’art. 1495 c.c. .
Secondo la ricorrente era irrilevante il riconoscimento del difetto parte di ICM, posto che ciò non incide sulla prescrizione dell’azione, così come devono considerarsi irrilevanti, perché non incidenti sullo spettro di applicazione della garanzia contrattuale, la sostituzione dello scudo del mulino e la sostituzione della puleggia.
11.L’undicesimo motivo censura l’omessa pronunzia sul settimo motivo di appello, integrante la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c.
La sentenza di prime cure, secondo parte ricorrente, conterrebbe due errori (l’inclusione nel risarcimento del danno del costo dei nuovi martelli, che erano stati forniti da RAGIONE_SOCIALE a sua cura e spese e delle spese sostenute per le prove tecniche nel corso delle CTU, che sono spese processuali) sui quali non si è pronunciata la Corte di appello.
Il dodicesimo motivo di ricorso prospetta l’omessa motivazione sul rigetto del settimo motivo di appello, che integra violazione o falsa applicazione degli artt. 111 comma 6 Cost., 132 comma 2 n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., avendo motivato la Corte distrettuale per relationem al primo giudizio, senza esplicitare le ragioni della conferma.
13.Il tredicesimo motivo contesta la violazione o falsa applicazione degli artt. 91 e ss., 115 e 116 cpc, 1218, 1223, 2043, 2697 c.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 e n. 4 c.p.c., per avere la Corte di appello veneziana riconosciuto un danno (l’acquisto di martelli) che RAGIONE_SOCIALE non aveva provato.
14.Il quattordicesimo mezzo di ricorso denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 91 e seguenti, 112, 274 e 279 c.p.c. in relazione all’art 360 comma 1 n. 3 e n. 4 c.p.c. per avere la Corte di appello ritenuto corretta la liquidazione delle spese secondo un criterio unitario e globale, in quanto ciò può valere solo all’interno dell’unica causa, non già per due cause riunit e come nel caso di specie.
15.Preliminarmente deve essere considerata l’eccezione di giudicato sollevata dal controricorrente riguardante il capo della sentenza che ha respinto il quinto ed il sesto motivo di appello della odierna ricorrente, definitivamente statuendo l’intangibilità d egli accertamenti di natura tecnica svolti, stante la mancata censura da parte di RAGIONE_SOCIALE su questo profilo.
Secondo parte controricorrente si tratta di un capo autonomo della motivazione idoneo a sorreggere, di per sé solo, la motivazione resa dalla Corte territoriale di conferma della sentenza del giudice di prime cure. La mancata censura di questo capo autonomo della sentenza -che ha accertato che la macchina non rispondesse alle caratteristiche promesse, per una ‘ caratteristica funzionale fondamentale del macchinario ‘ e non in merito al tema della ‘durata dei martelli’ fa sì (secondo RAGIONE_SOCIALE San RAGIONE_SOCIALE) che tutti i motivi di ricorso siano inammissibili perché non è stato contestato, ed è passato in giudicato, proprio il capo della sentenza che ha pronunciato la risoluzione del contratto sulla base di un profilo assorbente: l’assenza di una ‘ caratteristica funzionale fondamentale del macchinario ‘ che nulla ha a che fare con la durata e le caratteristiche dei martelli (unico profilo di criticità del macchinario su cui sono stati articolati tutti i motivi di ricorso).
15.1. L’eccezione non è fondata e può essere disattesa, giacché si scontra con il principio, conforme all’insegnamento di questa Suprema Corte, secondo cui il giudicato interno può formarsi solo su un capo autonomo di sentenza che risolva una questione avente una propria individualità ed autonomia, così da integrare una decisione del tutto indipendente e determinante ai fini dell’accertamento del diritto.
In base a consolidati e condivisi orientamenti di questa Corte: a) il giudicato interno si forma solo su capi autonomi della sentenza, che risolvano questioni aventi una propria individualità e autonomia, tali da integrare una decisione del tutto indipendente (Cass. n. 17935/2007; Cass. n. 23747/2008), non anche su quelli relativi ad affermazioni che costituiscano mera premessa logica della statuizione in concreto adottata (Cass. n. 22863/207, Cass. n. 20951/2022; b) costituisce capo autonomo della sentenza, come tale suscettibile di formare oggetto di giudicato anche interno, quello che risolve una questione controversa, avente una propria individualità ed autonomia, sì da integrare astrattamente una decisione del tutto indipendente; la suddetta autonomia non solo manca nelle mere argomentazioni, ma anche quando si verte in tema di valutazione di un presupposto necessario di fatto che, unitamente ad altri, concorre a formare un capo unico della decisione (Cass. n. 27196/2006, Cass. n. 22863/2007; Cass. n. 23747/2008; Cass. n. 40276/2001); c) ove non sia stata proposta impugnazione nei confronti di un capo della sentenza e sia stato, invece, impugnato un altro capo strettamente collegato al primo, è da escludere che sul capo non impugnato si possa formare il giudicato interno (Cass. n. 4934/2010); d) la violazione del giudicato interno si può verificare soltanto quando la sentenza di primo grado si sia pronunziata
espressamente su una questione del tutto distinta dalle altre e tale specifica pronunzia non può considerarsi implicitamente impugnata allorché il gravame sia proposto in riferimento a diverse statuizioni, rispetto alle quali la questione stessa non costituisca un antecedente logico e giuridico, così da ritenersi in esse necessariamente implicata, ma sia soltanto ulteriore ed eventuale e, comunque, assolutamente distinta (Cass. n. 28739/2008); il vincolo del giudicato, quindi, non può ravvisarsi nel preteso passaggio in giudicato di una parte della sentenza, quando si è in presenza di una semplice argomentazione adoperata per affermare o negare, nel caso concreto, il diritto fatto valere in giudizio.
La motivazione della Corte di appello riguardo al rigetto dei motivi cinque e sei di appello, inerenti alle critiche rivolte agli accertamenti tecnici compiuti in corso di causa, è stata la seguente:
‘ Tutte le doglianze dell’appellante in ordine alle risultanze dell’ATP e della CTU, sollevate dal CTP nominato dall’appellante, sono state ampiamente riscontrate in sede di svolgimento delle consulenze, da parte dei tecnici nominati dal Tribunale. Le risultanze delle due consulenze sono state accolte dalla sentenza di primo grado e non vi sono ragioni nuove che meritino una diversa valutazione rispetto a quella cui ha aderito il Tribunale con motivazione logica coerente e condivisibile.
L’appellante lamenta di non avere mai rilasciato una garanzia ‘di rendimento del mulino rispetto alle caratteristiche tecniche promesse espressamente nel contratto di vendita’, ma non è questo il punto.
Anche a voler ammettere che la garanzia pattizia riguardasse esclusivamente la ‘durata dei martelli’ (ma così non è come si vedrà infra -nota n. 2), ciò non esclude che, come accertato dalle
consulenze, la macchina non rispondesse alle caratteristiche promesse e quindi, vi sia stato inadempimento che implica l’accoglimento della domanda di risoluzione’ .
Nella specie, è del tutto evidente che questo capo della sentenza sul quale si sarebbe formato il giudicato interno non integra una decisione autonoma ma piuttosto rappresenta un passaggio motivazionale della statuizione in concreto adottata. Lo stesso riguarda in parte la considerazione delle doglianze dei risultati dell’ATP e della CTU (‘ ampiamente riscontrate in sede di svolgimento delle consulenze, da parte dei tecnici nominati dal Tribunale ‘) e in parte argomentazioni di rinvio ad altri passaggi della sentenza impugnata, come comprovano le affermazioni non decisionali contenute nel riportato snodo argomentativo . Pure l’affermazione finale riguardo all” essenzialità … pattiziamente prevista ‘ era già contenuta nella motivazione del rigetto del secondo motivo di appello.
Ne consegue che la mancata specifica impugnazione del suddetto capo della sentenza non può generare una situazione di formazione di un giudicato interno e non può essere, quindi, configurata come causa di inammissibilità dell’intero ricorso per cassazione, posto che la pronuncia della corte di merito rimarrebbe ferma sulla base delle motivazioni non contestate.
16.Si può ora passare all’esame dei motivi di ricorso, ricordando che la sentenza impugnata ha deciso due cause riunite, nelle quali una prima causa (R.G. n 21584/03) di opposizione al decreto ingiuntivo, con domanda di riduzione del prezzo; una
seconda causa (RG n. 21781/05), recante un autonomo giudizio con domanda di risoluzione del contratto per vendita di aliud pro alio .
16.1.- I primi tre motivi , che riguardano la domanda di risoluzione contrattuale e che sono accomunati dalle contestazioni rivolte alla sentenza impugnata quanto al rigetto del primo motivo di appello, possono essere scrutinati congiuntamente e sono fondati .
Secondo la ricorrente, come si legge in ricorso, i l Tribunale aveva precisato che i diritti fatti valere nelle due cause erano diversi rispondendo a due fattispecie con petitum e causa petendi differenti. Ritenendo che il mutamento della domanda nell’ambito del primo giudizio non dipendeva dall’irrevocabilità della scelta del l’art. 1492 c.c. ma delle preclusioni processuali dell’art. 183 c.p.c. vecchia formulazione,
-nel primo giudizio non si pronunciava sull ‘ originaria domanda di riduzione del prezzo ritenendola abbandonata e considerava inammissibile la domanda di risoluzione del contratto;
-nel secondo giudizio accoglieva la domanda di risoluzione sul presupposto che i martelli si usuravano prima di frantumare 9.500,00 tonnellate.
A dire di RAGIONE_SOCIALE, nella causa R.G. n. 21781/2005 è stato risolto il contratto sulla base di un fatto costitutivo che non rappresentava il fondamento della domanda di risoluzione proposta da RAGIONE_SOCIALE San RAGIONE_SOCIALE in quel giudizio.
La circostanza che i martelli si usuravano ‘prima di aver frantumato 9500 t. di materiale’ era stat a dedotta da ll’attuale controricorrente esclusivamente nella causa R.G. n. 21584/2003 di opposizione al decreto ingiuntivo, nella quale era stata domandata la riduzione del prezzo e non la risoluzione del contratto.
Il fatto costitutivo della domanda di risoluzione proposta nella causa R.G. n. 21781/2005 era esclusivamente l’inconveniente del la ridotta ‘velocità di rotazione’ del mulino, che stando alle affermazioni di RAGIONE_SOCIALE San RAGIONE_SOCIALE -ne alterava le caratteristiche essenziali, quindi sulla scorta di un difetto nuovo (diverso dall’usura dei martelli), conosciuto solo a seguito di A.T.P. svolto in corso di causa.
Le considerazioni della ricorrente trovano conferma nello svolgimento del processo che si legge in sentenza, laddove si afferma che con l’opposizione a decreto ingiuntivo RAGIONE_SOCIALE San RAGIONE_SOCIALE eccepiva il cattivo funzionamento del mulino ad urto facendo valere la garanzia (contrattuale) prestata allo scopo da RAGIONE_SOCIALE e che nel nuovo giudizio poi riunito con il primo ‘ ipotizzando una vendita di aliud pro alio ‘ , chiedeva ‘ la risoluzione del contratto limitatamente al macchinario oggetto di RAGIONE_SOCIALE ‘ .
Questa la motivazione sul punto della Corte veneziana (cfr. pag. 10 della sentenza), la quale:
ha ricordato che il mulino, secondo la lettera d’ordine del 8.4.2002, doveva garantire la seguente prestazione: ‘ produzione di 9.500/12.000 tonnellate con un set di martelli (con facoltà di richiedere il ritiro ove l’usura superasse il 5% di quella garantita) (doc. 6) ‘;
ha precisato: a) che l a ‘ clausola sotto la voce ‘garanzia d’esercizio’ prevedeva che «qualora i consumi, per usura dei materiali di fornitura Ceradapis del mulino, superassero del 5% quanto affermato, RAGIONE_SOCIALE si impegna a ritirare il mulino in oggetto e a restituire il relativo importo di € 103.300,00» ‘; b) che ‘ la C.T.U. accertava che «il mulino, così come è stato originariamente fornito, non può garantire le prestazioni indicate nella lettera d’ordine del
08.04.2002» sopra richiamata e anche successivamente alle operate sostituzioni «non poteva essere garantita la prestazione prevista dal contratto». Ne consegue che è corretta la conclusione cui perviene il Tribunale di accoglimento della domanda di risoluzione del contratto ‘.
Quanto, poi, alla lamentata preclusione del giudice di pronunciarsi sulla domanda di risoluzione del contratto, ha aggiunto la sentenza, trattasi di doglianza priva di pregio avendo il Tribunale fatto corretta applicazione del principio iura novit curia di cui all’ art. 113 comma 1 c.p.c., che guida il giudice nell’interpretazione della domanda e delle eccezioni, non ritenendolo ‘ vincolato dal nomen iuris indicato dalla parte e dalle norme giuridiche al riguardo citate, dovendo invece egli procedere alla relativa qualificazione con particolare riferimento alla causa petendi (od excipiendi), desumendola, al di là della terminologia più o meno appropriata adoperata dal petende o eccipiente, dal sostanziale contenuto del fatto o della situazione giuridicamente rilevante. esposti a sostegno delle stesse ( ex plurimis, Cassazione, sentenze 5848/2013, 13945/2012, 12943/2012 e 15925/2007 )’. Non vi è stata dunque una violazione dell’art. 112 c.p.c. avendo il primo giudice correttamente qualificato la domanda come azione di garanzia ex art 1497 c.c. che disciplina la mancanza delle qualità promesse e che consente all’acquirente di chiedere la risoluzione del contratto; domanda ritualmente introdotta nel secondo giudizio poi riunito al primo
16.2.Se è certo che l ‘art. 113 c.p.c. implica la possibilità per il giudice di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti ed ai rapporti dedotti in lite, nonchè all’azione esercitata in causa, ricercando le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie
sottoposta al suo esame, potendo questi porre a fondamento della sua decisione principi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti, è altrettanto vero che tale principio deve essere posto in immediata correlazione con il divieto di ultra o extrapetizione, di cui all’art. 112 c.p.c. – invocato come violato nella specie dalla ricorrente – in applicazione del quale è invece precluso al giudice pronunziare oltre i limiti della domanda e delle eccezioni proposte dalle parti, mutando i fatti costitutivi o quelli estintivi della pretesa, ovvero decidendo su questioni che non hanno formato oggetto del giudizio e non sono rilevabili d’ufficio, attribuendo in tal modo al richiedente un bene non richiesto o diverso da quello domandato (tra le tante: Cass. 7752/2015; 12943/2012; 25140/2010) .
In altri termini, il giudice del merito non può interferire nel potere dispositivo delle parti, alterando gli elementi obiettivi dell’azione, sostituendo i fatti costitutivi della pretesa, per emettere un provvedimento diverso da quello richiesto (petitum immediato), ovvero attribuendo o negando un bene della vita diverso da quello conteso (petitum mediato): Cass. n. 11575/2017, in motiv.
Al riguardo si deve inoltre ricordare, guardando all’iter squisitamente processuale della causa giunta all’esame di questa Corte, come affermato da precedenti di questo Giudice, che ‘ Il provvedimento di riunione per connessione, emesso ai sensi dell’art. 274 c.p.c., non intacca l’autonomia delle cause riunite nello stesso processo (cfr. Cass. nn. 18649/2011 e n. 2133/2006), ciascuna delle quali consta del proprio corredo assertivo e probatorio che la riunione non può né sopprimere né comprimere, pena la violazione del dovere di pronuncia di cui all’art. 112 c.p.c. Ad evitare eventuali abusi processuali della parte che, incorsa in decadenze, tenti di eluderne
gli effetti promuovendo un altro giudizio, provvede il carattere discrezionale della riunione, nel disporre la quale il giudice deve operare un bilanciamento tra economia, celerità e correttezza dei processi. Ne deriva che una volta disposta, la riunione di cause connesse non può per virtù propria rendere tardive, e come tali inammissibili, domande, eccezioni e allegazioni probatorie che, diversamente, tali non sarebbero nel processo di provenienza ‘ (così, in motiv. Cass. n. 23260/2019). E, ancora, ‘ la riunione di cause connesse lascia inalterata l’autonomia dei giudizi per tutto quanto concerne la posizione assunta dalle parti in ciascuno di essi, con la conseguenza che le statuizioni e gli atti riferiti ad un processo non si ripercuotono sull’altro processo sol perché questo è stato riunito al primo. (La S.C. ha confermato il principio in un giudizio relativo a cause connesse e riunite, in una sola delle quali la convenuta aveva proposto, ai sensi dell’art. 1667, comma 2, c.c., l’eccezione di decadenza del committente dalla possibilità di far valere i vizi o le difformità dell’opera) (Cass. n. 5434/2021).
Più specificamente, quanto alle decadenze processuali verificatesi nel giudizio di primo grado, si è affermato che queste ‘ non possono essere aggirate dalla parte che vi sia incorsa mediante l’introduzione di un secondo giudizio identico al primo e a questo riunito, in quanto la riunione di cause identiche non realizza una vera e propria fusione dei procedimenti, tale da determinarne il concorso nella definizione dell’effettivo “thema decidendum et probandum”, restando anzi intatta l’autonomia di ciascuna causa. Ne consegue che, in tale evenienza, il giudice – in osservanza del principio del “ne bis in idem” e allo scopo di non favorire l’abuso dello strumento processuale e di non ledere il diritto di difesa della parte in cui favore sono maturate le preclusioni – deve trattare soltanto la causa iniziata
per prima, decidendo in base ai fatti tempestivamente allegati e al materiale istruttorio in essa raccolto, salva l’eventualità che, non potendo tale causa condurre ad una pronuncia sul merito, venga meno l’impedimento alla trattazione della causa successivamente instaurata ‘ (Cass. n. 20248/2023).
16.3.Nel caso de quo , il giudice del merito:
-non si è confrontato con tali precedenti e ha considerato il provvedimento di riunione di due cause connesse come una sostanziale fusione dei due giudizi;
-non ha chiarito quali fossero i ‘difetti costruttivi’ accertati in sede di ATP e di CTU che implicavano la non conformità alle caratteristiche contrattualmente previste, che fondavano la pronuncia di risoluzione del contratto, anche alla luce delle risultanze della CTU, come riportate dalla ricorrente alle pagine 29-31 del mezzo di gravame;
-ha effettivamente posto a fondamento della domanda avanzata nel giudizio iscritto al RG n. 21781/2005 – risoluzione del contratto per insufficiente velocità di rotazione del mulino – fatti costitutivi diversi (l’inadempimento della garanzia contrattuale, con il suo specifico contenuto, perché i martelli si usuravano prima di avere frantumato 9500 t di materiale) che erano stati allegati da RAGIONE_SOCIALE San RAGIONE_SOCIALE esclusivamente a fondamento della domanda di riduzione del prezzo del mulino posta nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, violando in questo modo il disposto dell’art. 112 c.p.c.;
-non ha differenziato la garanzia convenzionale da un lato, e, dall’altro lato, le azioni di riduzione del prezzo e di risoluzione del contratto (che tendono ad esiti diversi; la prima al mantenimento del contratto; la seconda al suo scioglimento) e neppure ha tenuto in adeguata considerazione la differenza tra la vendita di un bene privo
delle qualità promesse ex art. 1497 c.c. e la consegna di aliud pro alio , ormai ben scolpita dai principi posti da questa Corte (Cass. n. 2313/2016; 7555/2017) ai fini anche della soggezione al termine prescrizionale.
Deriva da ciò l’accoglimento dei motivi e la cassazione sul punto e per quanto di ragione della sentenza impugnata, con necessità di nuovo esame da parte del giudice del rinvio.
17.- Anche il quarto motivo è fondato.
Si devono anzitutto richiamare le ragioni sopra illustrate con riferimento al principio iura novit curia e alla sua correlazione con la violazione dell’art. 112 c.p.c. e con le preclusioni derivanti dalla riunione dei giudizi.
Si legge in sentenza (pag. 10) che la garanzia contrattuale prevedeva la possibilità di sciogliere (con evidenza in via stragiudiziale) il contratto, dato l’impegno di RAGIONE_SOCIALE a ritirare il mulino e a restituire il relativo importo di euro 103.300,00.
Il giudice a quo ha posto tale tipo di garanzia a fondamento dell’accoglimento della domanda di risoluzione del contratto, con pronunzia di tipo costitutivo, senza verificare se RAGIONE_SOCIALE San RAGIONE_SOCIALE avesse azionato (o richiesto di azionare) tale garanzia o, viceversa, avesse rinunciato alla stessa, limitandosi a ritenere corretta la conclusione cui è pervenuto il tribunale di accoglimento della domanda di risoluzione del contratto.
Costituisce jus receptum , nella giurisprudenza di questa Corte, quello per cui ‘ La motivazione della sentenza del giudice di appello che contenga espliciti riferimenti alla pronuncia di primo grado, facendone proprie le argomentazioni in punto di diritto, è da ritenersi legittima tutte le volte in cui il giudice del gravame, sia pur sinteticamente, fornisca, comunque, una risposta alle censure
formulate, nell’atto di appello e nelle conclusioni, dalla parte soccombente, risultando così appagante e corretto il percorso argomentativo desumibile attraverso l’integrazione della parte motiva delle due sentenze’ (Cass. n. 3636/2007; n. 7182/2007; n. 15483/2008; n. 25866/2010).
Il mero richiamo alla decisione di primo grado nel caso di specie viola tali principi e non offre adeguata risposta al rigetto del motivo di appello.
18.- Sono invece infondati e da rigettare i motivi quinto e sesto , che possono anch’essi essere trattati unitariamente, in quanto accomunati dalle critiche aventi ad oggetto la mancata attivazione della garanzia convenzionale di restituzione del mulino .
18.1.La sentenza impugnata (pag. 10) ha ritenuto che queste doglianze non meritassero accoglimento, risultandole superate dal riconoscimento del difetto da parte di RAGIONE_SOCIALE che ha provveduto alla sostituzione di ben due pezzi della macchina, senza che tuttavia si risolvesse il problema e aggiungendo che i vizi della macchina, nel secondo giudizio, sono stati posti a fondamento del motivo della domanda diretta di risoluzione e quindi non sono stati opposti esclusivamente in via di eccezione come lamentato dall’appellante.
18.2.Diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, non sussistono nella specie i vizi di omessa pronuncia e di omessa motivazione in ordine ai quali, come affermato da questa Corte, ‘ Dopo la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa pronunzia deve sostanziarsi nella totale carenza di considerazione della domanda e dell’eccezione sottoposta all’esame del giudice, il quale manchi completamente di adottare un qualsiasi provvedimento, quand’anche solo implicito di accoglimento o di rigetto, invece indispensabile per la soluzione del caso concreto; al
contrario il vizio motivazionale previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, presuppone che un esame della questione oggetto di doglianza via sia stato, ma che esso sia affetto dalla totale pretermissione di uno specifico fatto storico oppure si sia tradotto nella mancanza assoluta di motivazione, nella motivazione apparente, nella motivazione perplessa o incomprensibile o nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’ (tra le tante, riassuntivamente, Cass. n. 22204/2021).
Nella specie, l’iter motivazionale della sentenza impugnata sussiste ed è del tutto comprensibile.
19.I motivi da otto a dieci riguardano sostanzialmente l’omesso esame della garanzia ex art . 1495 c.c. e la sua prescrizione e/o decadenza, appuntandosi sulle ragioni di rigetto del terzo e del quarto motivo di appello.
La ricorrente contesta il rigetto del terzo motivo di appello per omessa motivazione, essendosi il giudice di secondo grado limitato ad affermare che i motivi d’appello risultano superati per effetto del riconoscimento del difetto da parte di RAGIONE_SOCIALE San RAGIONE_SOCIALE, ma non avrebbe dato conto di quando sarebbe avvenuto il riconoscimento; quale sarebbe stato il difetto riconosciuto; quali erano i due pezzi sostituiti; quando sarebbe avvenuta la sostituzione e perché la sostituzione dei due pezzi integrerebbe un riconoscimento impeditivo della decadenza e/o della prescrizione dell’azione di risoluzione.
Il rigetto del terzo e del quarto motivo di gravame sarebbero contrassegnati da un omesso esame della specifica garanzia contrattuale di esercizio, della durata di 12 mesi decorrenti dalla consegna del bene, avvenuta nel mese di giugno 2002 quando RAGIONE_SOCIALE San RAGIONE_SOCIALE aveva fatto valere la garanzia con citazione notificata il 14 luglio 2003, quindi oltre l’anno dalla consegna del mulino, nel
momento in cui la garanzia si era estinta e comunque era stata rinunciata da ll’attuale controricorrente, che aveva scelto la riduzione del prezzo (soggetta alla prescrizione annuale) e comunque la prescrizione non era stata interrotta dalla sostituzione dello scudo del mulino e comunque dalla puleggia.
19.1.- I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati e meritano accoglimento , come richiesto anche dal Pubblico Ministero, il quale -dopo avere ricordato che l ‘art. 1495 comma 3 c.c., richiamato dall’art. 1497 comma 2 c.c., prevede che l’azione di risoluzione per inadempimento, dovuto alla mancanza delle qualità promesse, si prescrive, in ogni caso, in un anno dalla consegna del bene e quindi a prescindere dal verificarsi delle cause, quali il riconoscimento del vizio, che rendono non necessaria la denuncia ai fini della decadenza dalla garanzia – ‘ tanto più nell’ipotesi in esame, in cui la Corte ha contraddittoriamente affermato che ‘i vizi della macchina sono stati posti a fondamento della domanda diretta di risoluzione e non sono stati opposti esclusivamente in via di eccezione, come lamentato dall’appellante’ (pag. 10 della sentenza), con conseguente inapplicabilità dell’ultima parte della norma dell’art. 1495 comma 3 cc, che consente al compratore convenuto di far valere la garanzia in via di eccezione, purché il vizio sia stato tempestivamente denunciato’ , ha ritenuto che la Corte abbia erroneamente ritenuto sufficiente ad evitare la prescrizione il solo riconoscimento del vizio, senza accertare né la data della consegna né l’eventuale idonea e tempestiva interruzione della prescrizione annuale prevista dall’art. 1495 c.c.
In proposito è stato statuito che ” in tema di garanzia per vizi della cosa venduta, di cui all’articolo 1490 c.c., qualora il venditore si impegni ad eliminare i vizi e l’impegno sia accettato dal compratore, sorge un’autonoma obbligazione di “facere”, che, ove non estingua per novazione la garanzia originaria, a questa si affianca, rimanendo ad
essa esterna e, quindi, non alterandone la disciplina. Ne consegue che, in tale ipotesi, anche considerato il divieto dei patti modificativi della prescrizione, sancito dall’art. 2936 c.c., l’originario diritto del compratore alla riduzione del prezzo e alla risoluzione del contratto resta soggetto alla prescrizione annuale, di cui all’art. 1495 c.c., mentre l’ulteriore suo diritto all’eliminazione dei vizi ricade nella prescrizione ordinaria decennale ” (Cfr Cass. civ. SU n° 19702/12, n° 14005/17).
Continua il PM nelle sue conclusioni, richiamando il principio posto dalle Sezioni Unite di questa Corte, ‘Nel caso in esame non risulta che la sostituzione dei pezzi abbia estinto l’obbligazione originaria, pertanto il diritto alla risoluzione del contratto per mancanza di qualità promesse restava soggetto al termine di prescrizione annuale, che avrebbe potuto essere interrotto solo con una tempestiva azione giudiziale ovvero con una manifestazione extragiudiziale di volontà del compratore, compiuta nelle forme di cui all’art. 1219, comma 1 c.c., che costituiscono, ai sensi dell’art. 2943, comma 4, c.c., atti idonei ad interrompere la prescrizione dell’azione di garanzia per vizi, di cui all’art. 1495, comma 3 c.c., con l’effetto di determinare l’inizio di un nuovo periodo di prescrizione, ai sensi dell’art. 2945, comma 1 c.c. (cfr. Cass. SS.UU n. 18672/2019)’.
Questo Collegio condivide il percorso motivazionale posto dal Pubblico Ministero ai fini dell’accoglimento dei motivi, ma – quanto all’affermazione secondo la quale il riconoscimento del vizio da parte del venditore non ha alcuna efficacia interruttiva del termine prescrizionale di cui all’art. 1495 c.c. – non ritiene di discostarsi da quanto di recente affermato in tema di completamento dello statuto della prescrizione applicabile alla decorrenza della garanzia per vizi della vendita. Una volta ammesso che non è necessaria la domanda giudiziale perché le dichiarazioni di volontà del compratore di attivare la garanzia valgono ad interrompere il breve termine prescrizionale dell’art. 1495 c.c. (Cass. SS.UU. n. 18672/2019, cit.), non si sono
individuate ragioni diverse per non attribuire effetto interruttivo alla decorrenza dello stesso termine al riconoscimento del vizio da parte del venditore’, con la correlativa enunciazione del principio per il quale ‘ il comportamento del venditore – nella specie consistito in successivi interventi di riparazione della cosa venduta -è incompatibile con la volontà di contestare l’esistenza dei vizi e costituisce, ai sensi dell’art 2944 c.c., atto idoneo ad interrompere la prescrizione dell’azione di garanzia, di cui all’art. 1495, comma 3, c.c. ‘ (Cass. n. 33380/2023).
L’osservazione non sposta comunque la decisione di accoglimento dei motivi, posto che nel caso di specie manca la verifica del giudice del merito anche sulla possibilità di considerare effetto interruttivo del termine prescrizionale dell’azione di garanzia contrattuale la sostituzione dello scudo e della puleggia compiuti da ICM.
Le osservazioni della ricorrente colgono al riguardo nel segno, e la sentenza impugnata va pertanto cassata per le motivazioni esposte.
20.A seguito dell’accoglimento dei motivi di ricorso dal primo al quarto e dall’ottavo al decimo, del rigetto dei motivi quinto e sesto e della conseguente cassazione della sentenza impugnata, il settimo motivo e i motivi da undici a quattordici devono considerarsi assorbiti.
Il riesame che dovrà essere compiuto dal giudice del rinvio, per le ragioni sopra esplicitate, genera la perdita della rilevanza decisoria del settimo motivo e rende vano discutere sia del profilo del danno e della sua prova, sia della liquidazione delle spese (motivi da undici a quattordici) (assorbimento c.d. improprio).
21.In conclusione, la Corte accoglie i motivi di ricorso dal primo al quarto e dall’ottavo al decimo; rigetta i motivi quinto e sesto; dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa dinanzi alla Corte di Appello di Venezia, in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese relative al presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Suprema Corte di Cassazione accoglie i motivi di ricorso dal primo al quarto e dall’ottavo al decimo; rigetta i motivi quinto e sesto; dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa dinanzi alla Corte di Appello di Venezia, in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere alle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda