Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24855 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 24855 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18847/2021 r.g., proposto da
NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to in presso la Cancelleria di questa Corte, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME
ricorrente
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME , elett. dom.ti in presso la Cancelleria di questa Corte, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME
contro
ricorrenti
nonché
COGNOME NOME e NOME nella qualità di eredi di NOME COGNOME e NOME
intimati avverso la sentenza della Corte d’Appello di Catania n. 875/2020 pubblicata in data 30/12/2020, n.r.g. 705/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 21/05/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
OGGETTO: ritenute fiscali IRPEF -sisma del 13/12/1990 -disciplina agevolativa di cui all’art. 9, co. 16, L. n. 289/2002 – conseguenze
1.- NOME COGNOME e gli altri indicati in epigrafe erano dipendenti di RAGIONE_SOCIALE
Adìvano il Tribunale di Catania lamentando che la datrice di lavoro aveva effettuato le normali ritenute fiscali IRPEF a seguito del sisma del 13/12/1990, ma si era avvalsa della disciplina agevolativa dettata dall’art. 9, co. 16, L. n. 289/2002, sicché aveva versato solo il 10% del dovuto ed aveva trattenuto per sé il 90% sulle ritenute operate. Quindi chiedevano la condanna della datrice di lavoro alla restituzione delle ritenute fiscali IRPEF operate sulla retribuzione loro corrisposta nel periodo interessato dal sisma del 13/12/1990 a dicembre 1992 e non versate all’erario.
2.- Costituitosi il contraddittorio, il Tribunale rigettava la domanda, ritenendo che la disciplina della sospensione e poi del condono ex lege n. 289/2002 si applicasse solo alle imprese operanti sul territorio colpito dal sisma e non ai dipendenti, che avevano continuato a percepire regolarmente la retribuzione netta, sicché non potevano pretendere la restituzione di somme legittimamente trattenute a titolo di ritenute fiscali dal datore di lavoro.
3.- I lavoratori proponevano appello, che veniva interrotto a seguito dell’emissione del decreto di sequestro e di contestuale confisca, adottato in data 20/09/2018 ai sensi del c.d. codice antimafia dal Tribunale di Catania -sezione misure di prevenzione, del 100% delle azioni della società e del relativo patrimonio aziendale.
4.Riassunto il giudizio, l’amministrazione giudiziaria si costituiva in giudizio ed eccepiva l’improcedibilità del ricorso e il difetto di giurisdizione.
5.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello accoglieva in parte il gravame interposto dai lavoratori, dichiarava il loro diritto alla restituzione delle somme indebitamente trattenute dalla datrice di lavoro per gli anni 1991 e 1992 e condannava la società a pagare agli appellanti gli importi per ciascuno quantificati, oltre accessori dal 18/04/2006 al saldo.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
l’eccezione di sopravvenuto difetto di giurisdizione è infondata, poiché collegata alla decisione della Commissione europea del 14/08/2015, che ha dichiarato l’illegittimità del beneficio in questione in favore delle
imprese, in quanto integrante aiuto di stato, e tuttavia irrilevante, sia perché ai sensi dell’art. 5 c.p.c. la giurisdizione si determina con riguardo al momento della domanda e non rilevano i mutamenti di diritto o dello stato di fatto successivi, sia perché non si discute di imposte dovute dalla società in proprio, bensì di ritenute fiscali a carico dei lavoratori dipendenti, che il datore di lavoro è tenuto a versare all’erario in qualità di sostituto d’imposta;
i lavoratori non hanno censurato l’affermazione del Tribunale, secondo cui gli importi trattenuti dalla società sono quelli indicati nella perizia giurata prodotta in atti;
nel merito la domanda va accolta, conformemente al principio di diritto espresso da Cass. n. 14502/2019, secondo cui l’eventuale accertamento di insussistenza del debito fiscale del lavoratore comporta l’obbligo del datore di lavoro di restituire la quota di retribuzione non versata al fisco e ciononostante trattenuta;
quindi l’obbligo restitutorio è sorto nel momento in cui la datrice di lavoro ha fruito dell’agevolazione, versando il 10% del debito residuo, detratti i versamenti già eseguiti prima dell’adesione alla procedura di definizione agevolata;
dalla perizia giurata in atti risulta che il pagamento rateale di tale 10% è stato completato in data 18/04/2006 e quindi questo è il giorno di insorgenza dell’obbligo restitutorio, sicché il termine quinquennale di prescrizione è stato efficacemente inter rotto dalla notifica dell’atto introduttivo del 18/03/2011;
va escluso l’obbligo restitutorio per il mese di dicembre 1990, poiché per tale periodo la società ha documentato di aver versato tutte le ritenute fiscali, come già accertato dal Tribunale con statuizione coperta da giudicato interno.
4.- Avverso tale sentenza Domenico RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
5.- COGNOME NOME e gli altri lavoratori indicati in epigrafe hanno resistito con controricorso, mentre altri sono rimasti intimati.
6.- La società ricorrente ha depositato memoria.
7.- Il collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
1.- Con il primo motivo, pro posto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta violazione dell’art. 100 c.p.c. per avere la Corte territoriale:
omesso di rilevare il difetto di legittimazione attiva e passiva, dovendo i lavoratori rivolgersi all’Agenzia delle Entrate e non al datore di lavoro,
trascurato che l’effetto della decisione della Commissione Europea del 14/08/2015 è tale, per cui essa è oggi tenuta a versare il 90% del debito residuo a suo tempo non versato all’erario in quanto condonato, sicché è venuta meno la sopravvenuta insussistenza del debito fiscale, oggetto del principio di diritto affermato da Cass. n. 14502/2019 erroneamente applicata dalla Corte territoriale.
La censura sub a) è inammissibile, in quanto nuova, e comunque infondata alla luce di Cass. n. 14502/2019 (secondo cui il credito vantato dal lavoratore nei confronti del datore di lavoro per le somme indebitamente trattenute sullo stipendio a titolo di ritenute fiscali ha natura retributiva e, conseguentemente, ad esso si applica l’intera disciplina afferente al rapporto di lavoro, comprese le disposizioni di cui all’art. 429 c.p.c. in tema di interessi e rivalutazione) esattamente ricordata e citata dai G iudici d’appello.
Più specificamente questa Corte ha già affermato che nel caso di adesione al condono fiscale previsto dall’art. 9, co. 17, L. n. 289/2002, poiché secondo il meccanismo della sostituzione di imposta l’obbligazione di pagamento grava sul sostituto in relazione ad un obbligo del sostituito (dipendente), con il cui denaro il tributo è soddisfatto, qualora il sostituto pur avendo operato per intero le trattenute, le abbia poi versate solo parzialmente per avvenuta adesione alla normativa condonistica, al sostituito spetta la restituzione delle somme trattenute e non versate (Cass. ord. n. 5994/2021).
In ogni caso, in punto di fatto è stato accertato che la datrice di lavoro non ha proprio versato quelle ritenute all’Agenzia delle Entrate e quindi contrariamente all’assunto della ricorrente giammai i lavoratori avrebbero potuto chiedere il rimborso alla predetta Agenzia.
La censura sub b) è infondata.
In punto di diritto questa Corte ha già affermato che in tema di agevolazioni tributarie, l’art. 9, co. 17, L. n. 289/2002, recante benefici fiscali in favore
delle vittime del sisma del 1990 in Sicilia, non è applicabile ai contribuenti che svolgono attività d’impresa, costituendo un aiuto di stato illegittimo, ai sensi dell’art. 108, par. 3, del TFUE, come stabilito dalla decisione della Commissione (UE) 2015/5549 del 14 agosto 2015, secondo cui gli aiuti individuali già concessi prima della data di avvio della decisione e dell’ingiunzione di sospensione sono compatibili con il mercato interno se, in virtù della deroga prevista dall’art. 107, par. 2, lett. b) del TFUE, sussiste un nesso chiaro e diretto tra i danni subiti dall’impresa in seguito alla calamità naturale e l’aiuto di Stato concesso, dovendosi evitare i casi di sovracompensazione rispetto ai danni subiti, dovuta al cumulo di aiuti, oppure se i benefici risultino in linea con il regolamento de minimis applicabile (Cass. ord. n. 644/2025; Cass. n. 2208/2019).
Quindi l’agevolazione fiscale di cui alla legge n. 289/2002 è inapplicabile perché costituisce illegittimo aiuto di Stato ai sensi dell’art. 108, par. 3, del TFUE, come stabilito dalla decisione della Commissione (UE) 2015/5549 del 14 agosto 2015 -solo in relazione ai contribuenti che esercitino attività di impresa, mentre resta legittima in relazione ai contribuenti diversi, come i lavoratori dipendenti. In tal senso la sentenza impugnata è conforme a diritto, laddove la Corte territoriale ha affermato che l’oggetto del giudizio non è un debito proprio della società datrice di lavoro, ma pur sempre un debito fiscale dei dipendenti, rispetto al quale essa agisce solo in qualità di sostituto d’imposta . Dunque rispetto a ciò -che rappresenta l’oggetto del presente giudizio -la decisione della Commissione europea è del tutto irrilevante.
2.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta violazione degli artt. 2 d.lgs. n. 546/1992 e 5 c.p.c. per avere la Corte territoriale rigettato l’eccezione di difetto di giurisdizione, per appartenere questa al giudice tributario.
Il motivo è infondato.
L’oggetto del contendere non attiene alla legittimità e alla misura del debito fiscale del lavoratore, ma soltanto alla legittimità della trattenuta retributiva, che a seguito del condono -rimasto fermo pur dopo la decisione della Commissione Europea del 2015 -il datore di lavoro non ha titolo per effettuare e, quindi, al conseguente obbligo di pagamento di un credito che è e resta di natura retributiva , come sopra precisato nell’esame del primo
motivo.
3.Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta violazione dell’art. 2935 c.c. per avere la Corte territoriale erroneamente individuato il dies a quo del termine di prescrizione nella data dell’ultimo pagamento rateale effettuato da l datore di lavoro.
Il motivo è infondato.
L’art. 9, co. 17, L. n. 289/2002 dispone: ‘ I soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, individuati ai sensi dell’articolo 3 dell’ordinanza del Ministro per il coordinamento della protezione civile del 21 dicembre 1990, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 24 dicembre 1990, destinatari dei provvedimenti agevolativi in materia di versamento delle somme dovute a titolo di tributi e contributi, possono definire in maniera automatica la propria posizione relativa agli anni 1990, 1991 e 1992. La definizione si perfeziona versando, entro il 16 aprile 2003, l’intero ammontare dovuto per ciascun tributo a titolo di capitale, al netto dei versamenti già eseguiti a titolo di capitale ed interessi, diminuito al 10 per cento; il perfezionamento della definizione comporta gli effetti di cui al comma 10. Qualora gli importi da versare complessivamente ai sensi del presente comma eccedano la somma di 5.000 euro, gli importi eccedenti possono essere versati in un massimo di otto rate semestrali con l’applicazione degli interessi legali a decorrere dal 17 aprile 2003. L’omesso versamento delle predette eccedenze entro le scadenze delle rate semestrali non determina l’inefficacia della definizione automatica; per il recupero delle somme non corrisposte si applicano le disposizioni dell’articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, e sono altresì dovuti una sanzione amministrativa pari al 30 per cento delle somme non versate, ridotta alla metà in caso di versamento eseguito entro i trenta giorni successivi alla scadenza medesima, e gli interessi legali ‘.
Il passaggio normativo in questa sede rilevante è il seguente: ‘ La definizione si perfeziona versando, entro il 16 aprile 2003, l’intero ammontare dovuto per ciascun tributo a titolo di capitale, al netto dei versamenti già eseguiti a titolo di capitale ed interessi, diminuito al 10 per cento; il perfezionamento della definizione comporta gli effetti di cui al comma 10 ‘ .
Questo termine per il completamento del versamento, inizialmente fissato al 16/04/2003, è stato differito al 30/06/2006 dall’art. 1, co. 142, L. n. 311/2004 e poi ulteriormente differito dall’art. 1, co. 363, L. n. 266/2005.
Nel caso di specie la Corte territoriale ha accertato -sulla base della perizia giurata in atti -che il pagamento è stato completato in data 18/04/2006.
Orbene, ai sensi dell’art. 9, co. 17, L. n. 289 cit., solo all’esito del perfezionamento della definizione agevolata, ossia con il pagamento dell’ultima rata, si producono gli effetti di cui al co. 10 (ossia: ‘ 10. Il perfezionamento della procedura prevista dal presente articolo comporta: a) la preclusione, nei confronti del dichiarante e dei soggetti coobbligati, di ogni accertamento tributario; b) l’estinzione delle sanzioni amministrative tributarie, ivi comprese quelle accessorie; c) l’esclusione della punibilità per i reati tributari di cui agli articoli 2, 3, 4, 5 e 10 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, nonché per i reati previsti dagli articoli 482, 483, 484, 485, 489, 490, 491-bis e 492 del codice penale, nonché dagli articoli 2621, 2622 e 2623 del codice civile, quando tali reati siano stati commessi per eseguire od occultare i predetti reati tributari, ovvero per conseguirne il profitto e siano riferiti alla stessa pendenza o situazione tributaria; i predetti effetti, limitatamente ai reati previsti dal codice penale e dal codice civile, operano a condizione che, ricorrendo le ipotesi di cui all’articolo 14, comma 5, della presente legge si provveda alla regolarizzazione contabile delle attività, anche detenute all’estero, secondo le modalità ivi previste. L’esclusione di cui alla presente lettera non si applica in caso di esercizio dell’azione penale della quale il contribuente ha avuto formale conoscenza entro la data di presentazione della dichiarazione per la definizione automatica ‘).
Dunque in modo conforme a diritto la Corte territoriale ha considerato quale dies a quo di decorrenza del termine di prescrizione del diritto alla restituzione di quelle somme il giorno del pagamento dell’ultima rata (18/04/2006), poiché l’agevolazione fruita con tutti i relativi effetti -si è consolidata soltanto con il pagamento dell’ultima rata.
Ne deriva la conformità a diritto della decisione di rigetto dell’eccezione di prescrizione in considerazione dell’effetto interruttivo prodotto dalla notifica dell’atto introduttivo del giudizio avvenuta in data 18 /03/2011 e quindi entro
il termine quinquennale decorrente dal 18/04/2006.
4.- Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare ai controricorrenti le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 6.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in data