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Ritenute fiscali: a chi spetta il rimborso?

Una società editrice ha applicato un condono fiscale, previsto per le zone colpite da un sisma, versando solo il 10% delle ritenute fiscali operate sulle buste paga dei dipendenti. I lavoratori hanno chiesto la restituzione del restante 90%, sostenendo che tale somma fosse parte della loro retribuzione. La Corte di Cassazione ha dato loro ragione, stabilendo che il datore di lavoro, in qualità di sostituto d’imposta, non può trattenere per sé somme che, pur prelevate dalla retribuzione, non sono state versate all’erario a causa del condono. Il diritto alla restituzione sorge con il perfezionamento del condono e l’azione va proposta contro il datore di lavoro davanti al giudice del lavoro.

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Ritenute Fiscali e Condono: Quando il Datore di Lavoro Deve Restituire le Somme ai Dipendenti?

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un’interessante questione: se un’azienda beneficia di un condono fiscale sulle ritenute fiscali operate ai propri dipendenti, a chi appartengono le somme “risparmiate”? La risposta della Corte è netta e a favore dei lavoratori, delineando un principio fondamentale sul ruolo del datore di lavoro come sostituto d’imposta.

I Fatti del Caso: Un Condono Post-Sisma e le Ritenute Fiscali Contese

La vicenda trae origine da una normativa agevolativa introdotta a seguito di un evento sismico avvenuto in Sicilia nel 1990. Una legge successiva (L. n. 289/2002) ha permesso ai soggetti residenti nelle aree colpite di definire la propria posizione debitoria verso il fisco versando solo il 10% dell’importo dovuto.

Una società editrice, avvalendosi di questa opportunità, ha versato all’erario solo il 10% delle ritenute IRPEF che aveva regolarmente trattenuto dalle buste paga dei propri dipendenti per gli anni dal 1990 al 1992, trattenendo per sé il restante 90%.

I lavoratori, ritenendo che tale somma fosse parte integrante della loro retribuzione, hanno citato in giudizio l’azienda per ottenerne la restituzione. Dopo un primo grado di giudizio a loro sfavorevole, la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione, condannando la società a restituire le somme indebitamente trattenute.

La Decisione della Cassazione sulle Ritenute Fiscali

L’azienda ha impugnato la sentenza d’appello dinanzi alla Corte di Cassazione, sollevando tre principali motivi di ricorso, tutti respinti dalla Suprema Corte.

Giurisdizione e Legittimazione: A Chi Chiedere il Rimborso?

In primo luogo, la società sosteneva che i lavoratori avrebbero dovuto rivolgersi all’Agenzia delle Entrate e che la controversia rientrasse nella giurisdizione del giudice tributario. La Cassazione ha respinto questa tesi, chiarendo che l’oggetto del contendere non è la legittimità del debito fiscale in sé, ma la legittimità della trattenuta operata dal datore di lavoro. Poiché il debito fiscale dei lavoratori è stato estinto grazie al condono, la trattenuta del 90% non versata all’erario è diventata una quota di retribuzione indebitamente trattenuta. Di conseguenza, la natura della controversia è retributiva e la competenza spetta al giudice del lavoro.

Condono per i Lavoratori e Aiuti di Stato per le Imprese

La società ha inoltre eccepito che una decisione della Commissione Europea aveva dichiarato l’agevolazione fiscale un aiuto di Stato illegittimo per le imprese, rendendo di nuovo dovuto il 90% del debito. Anche questo motivo è stato giudicato infondato. La Corte ha precisato che la decisione europea riguarda esclusivamente i contribuenti che esercitano attività d’impresa, non i lavoratori dipendenti. Per questi ultimi, il condono fiscale resta pienamente valido e legittimo.

Il Termine di Prescrizione: Da Quando Inizia a Correre?

Infine, la Cassazione ha confermato la corretta individuazione del dies a quo, ovvero del giorno da cui far decorrere il termine di prescrizione quinquennale per la richiesta di restituzione. La Corte ha stabilito che il diritto dei lavoratori a richiedere le somme sorge solo nel momento in cui il condono si è perfezionato. Poiché la società aveva optato per un pagamento rateale, il perfezionamento è avvenuto con il versamento dell’ultima rata. L’azione legale dei lavoratori, intrapresa entro i cinque anni da tale data, è stata quindi considerata tempestiva.

Le Motivazioni della Corte

Il principio giuridico alla base della decisione è cristallino: il datore di lavoro agisce come mero sostituto d’imposta. Il suo compito è trattenere le imposte dalla retribuzione del lavoratore e versarle al fisco. Le somme trattenute non diventano mai di sua proprietà; esse sono e rimangono una parte della retribuzione del dipendente, destinate a soddisfare un debito fiscale di quest’ultimo. Se, per effetto di un condono, tale debito viene meno o si riduce, e il datore di lavoro non versa le somme all’erario, non ha alcun titolo per trattenerle. Farlo costituirebbe un arricchimento senza causa ai danni del lavoratore. La natura della pretesa del lavoratore è quindi retributiva, non tributaria.

Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione rafforza un principio di equità e correttezza nei rapporti di lavoro. Stabilisce in modo inequivocabile che i benefici di un condono fiscale che estingue il debito del lavoratore dipendente spettano a quest’ultimo. Il datore di lavoro non può trasformare il suo ruolo di intermediario fiscale in un’opportunità di profitto. Per i lavoratori, ciò significa avere la certezza di poter reclamare le quote di stipendio trattenute e non versate al fisco, rivolgendosi direttamente al proprio datore di lavoro davanti al giudice competente, quello del lavoro.

Se un datore di lavoro beneficia di un condono fiscale sulle ritenute operate, a chi spetta la somma “risparmiata”?
La somma spetta integralmente al lavoratore. La Corte di Cassazione ha chiarito che le ritenute fiscali sono una componente della retribuzione e, se il debito fiscale del dipendente viene estinto o ridotto dal condono, il datore di lavoro non ha alcun diritto di trattenere per sé le somme non versate all’erario.

Contro chi deve agire il lavoratore per ottenere la restituzione delle ritenute fiscali non versate?
Il lavoratore deve agire direttamente contro il proprio datore di lavoro. La controversia ha natura retributiva, non tributaria, pertanto la competenza a decidere spetta al giudice del lavoro e non al giudice tributario.

Da quando decorre la prescrizione per richiedere la restituzione di queste somme?
Il termine di prescrizione (quinquennale) inizia a decorrere non dal momento in cui sono state operate le trattenute, ma dal giorno in cui si è perfezionata la procedura di condono fiscale, che nel caso di specie è coinciso con il pagamento dell’ultima rata da parte del datore di lavoro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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