Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21078 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 21078 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24928/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO COGNOME AVV_NOTAIO, presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliato per legge;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME e COGNOME, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO COGNOME NOME, presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata sono domiciliati per legge;
-controricorrentiavverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 1800/2021
depositata il 24/06/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/06/2024 dal Consigliere COGNOME NOME;
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, nella propria veste di locatori nonché eredi pro quota di NOME COGNOME, nonché NOME COGNOME, quest’ultimo succeduto alla madre NOME COGNOME pro quota ex latere locatoris nel contratto di locazione ad uso abitativo avente ad oggetto l’immobile sito in MilanoINDIRIZZO INDIRIZZO stipulato in data 7 giugno 2012 con i conduttori NOME COGNOME e NOME COGNOME, convenivano in giudizio questi ultimi allegando che: a) la locazione era prevista per la durata di anni quattro decorrenti dall’1 luglio 2012, con rinnovo, in assenza di disdetta o diniego, fini al 30.6.2020; b) i conduttori avevano comunicato: dapprima, con raccomandata A.R. 6.4.2019, diretta a COGNOME NOME, il recesso anticipato dal contratto di locazione, con decorrenza 31 luglio 2019; poi, con missiva del 22.7.2019 di essere disponibili al rilascio dell’appartamento, ma che all’interno di esso vi abitava tale “sig. COGNOME“, che, al contrario, intendeva rimanerci; c) nonostante le ripetute richieste rivolte ai conduttori, l’appartamento locato non era stato ancora rilasciato, ostandovi la perdurante occupazione da parte di COGNOME NOME. Sulla base di tali circostanze chiedevano la condanna dei conduttori al rilascio dell’immobile ed al risarcimento del danno ex art. 1591 c.c.
Si costituivano NOME COGNOME e NOME COGNOME allegando che: a) NOME COGNOME era perfettamente consapevole del fatto che, unitamente ai conduttori, nell’immobile risiedesse periodicamente un terzo inquilino, che versava il corrispettivo ‘in nero’ a mani del COGNOME, come comprovato dalle ricevute rinvenute dai resistenti medesimi; b) era stato lo stesso COGNOME NOME, in data 3 gennaio 2014, ad immettere nel possesso dell’immobile COGNOME NOME, dal quale riscuoteva, così come da accordi verbali intercorsi tra le parti, regolare
canone di fitto in contanti, come peraltro comprovato dalle ricevute di pagamento rilasciate al COGNOME e appositamente controfirmate dal Di COGNOME; c) essi avevano già rilasciato l’immobile quasi un mese prima della prevista data di rilascio del 31.07.2019 e, dunque, erano del tutto estranei alla vicenda relativa alla perdurante occupazione del bene da parte dello COGNOME; con la conseguenza che nessuna responsabilità poteva essere ad essi ascritta, con riferimento all’occupazione senza titolo posta in essere da un terzo soggetto, peraltro immesso nel possesso del bene con il consenso dello stesso ricorrente COGNOME NOME.
La causa veniva istruita mediante acquisizione della documentazione prodotta dalle parti, avendo queste ultime rinunciato ad ogni istanza istruttoria.
Il Tribunale di Milano, esperito con esito negativo il tentativo di mediazione, acquisita la prova della registrazione del contratto di locazione, con sentenza n. 841/2021, accertava e dichiarava che i conduttori NOME COGNOME e NOME COGNOME avevano esercitato legittimamente il diritto di recesso previsto dalla clausola n. 24 del testo contrattuale sottoscritto il 7.6.2012 e con effetto dal 31.7.2019 e rigettava la domanda di condanna formulata dai ricorrenti ritenendo incontestato che i resistenti avessero regolarmente rilasciato l’immobile locato libero da beni di loro proprietà e tramite formale offerta di riconsegna ai locatori.
Avverso la sentenza del giudice di primo grado proponevano appello (a mezzo ricorso) COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, premettendo di aver esperito nei confronti degli appellati un’azione di natura contrattuale e lamentando – secondo quello che si legge nella sentenza impugnata, atteso il silenzio dell’esposizione del fatto del ricorso in proposito, nella quale parte
ricorrente si limita a riportare le conclusioni assunte – la violazione da parte del Tribunale degli artt. 1590 e 1591 c.c.
In sostanza gli appellanti, pur ammettendo che la ricevuta di pagamento prodotta dai resistenti nel giudizio di primo grado era stata sottoscritta dallo COGNOME – insistevano nell’accoglimento della domanda di condanna formulata con l’originario ricorso introduttivo del giudizio sul presupposto di un ‘accordo contrattuale’ intervenuto tra i conduttori e il terzo COGNOME NOME, fonte dell’invocata responsabilità per danni ai sensi degli artt. 1590-1591 c.c. Concludevano chiedendo che, in parziale riforma della sentenza di primo grado, a) fosse accertato e dichiarato l’inadempimento dei conduttori all’obbligazione di restituzione dell’immobile locato, e che gli stessi fossero conseguentemente condannati al rilascio del bene e al risarcimento dei danni pari al corrispettivo mensile pattuito in contratto asseritamente dovuto dalla data del 31.7.2019 fino a quella di effettiva riconsegna dell’immobile; b) fosse disposta la parziale compensazione delle spese processuali.
COGNOME NOME e COGNOME NOME, costituendosi in giudizio, chiedevano – sempre secondo quello che si legge nella sentenza impugnata, dato il silenzio del ricorso nell’esposizione del fatto l’espunzione dal fascicolo di appello dei documenti dal n. 2 al n. 8 prodotti dagli appellanti, in quanto documenti nuovi mai prodotti nel giudizio di primo grado; il rigetto di tutte le istanze istruttorie formulate dalla difesa degli appellanti, avendo gli stessi espressamente rinunciato ai propri mezzi istruttori in primo grado; il rigetto nel merito dell’appello ex adverso proposto perché infondato in fatto e in diritto; infine, la condanna degli appellanti ai sensi dell’art. 96 c.p.c., al risarcimento dei danni per lite temeraria.
La Corte d’appello di Milano, dopo aver esperito con esito negativo il tentativo di conciliazione (alla presenza del locatore COGNOME NOME e del conduttore COGNOME NOME) con la sentenza n.
1800/2021 rigettava l’appello e la domanda ex art. 96 c.p.c., condannando gli appellanti alla rifusione delle spese legali relative al grado.
Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso COGNOME NOME.
Hanno resistito con controricorso i conduttori, originari convenuti.
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte mentre parte resistente ha depositato memoria a sostegno dell’inammissibilità e comunque del rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.L’originaria domanda attorea è stata respinta da entrambi i giudici di merito a seguito di un articolato percorso motivazionale.
1.1. Precisamente, il Tribunale ha motivato la propria decisione di sostanziale rigetto del ricorso, affermando che <>.
1.2.D’altra parte la corte territoriale – dopo aver premesso che i locatori appellanti avevano qualificato la domanda formulata ai sensi dell’art. 1591 c.c. e quale ipotesi di risarcimento del danno per ‘ritardata restituzione’; e che, secondo la loro prospettazione, la responsabilità dei conduttori ai sensi degli artt. 1590 e 1591 c.c. deriverebbe dalla ‘detenzione e disponibilità materiale’ in capo agli stessi dell’appartamento locato e dai presunti ‘accordi verbali’ stipulati con COGNOME NOME, che sarebbe stato immesso nel possesso del bene per esclusiva volontà dei conduttori – ha ritenuto che l’esatto adempimento all’obbligazione di rilascio del bene da parte di questi ultimi escludeva che gli stessi potessero essere considerati in mora con le conseguenze previste dall’art. 1591 c.c. Invero, da un lato, dalla documentazione in atti risultava che i conduttori avevano regolarmente liberato l’immobile locato prima della scadenza contrattuale prevista, e avevano fatto seria e completa offerta di riconsegna ai locatori (in particolare, dalle foto prodotte si evinceva che i conduttori avevano provveduto tempestivamente a liberare l’appartamento da ogni arredo o suppellettile di loro proprietà, incluso l’intero mobilio facente parte del locale cucina); dall’altro, non era risultato che, al momento della scadenza e dell’offerta di rilascio, il bene fosse occupato da soggetti
terzi riconducibili alle persone dei conduttori o comunque dimoranti nel bene locato per accordo con questi ultimi.
Ha altresì ritenuto che la presenza, nell’immobile locato, di un terzo estraneo al contratto inter partes , COGNOME NOME, e la conseguente dedotta di lui occupazione dell’appartamento, non poteva essere addebitata agli appellati e fondare una responsabilità degli stessi per ‘ritardata consegna’ dell’immobile, in quanto non era stata provata l’instaurazione di un rapporto di sub-locazione di fatto tra lo COGNOME e i conduttori (e cioè che l’occupazione del bene da parte dello COGNOME fosse scaturita da un accordo stipulato tra quest’ultimo e gli allora appellati) ed, anzi, erano state acquisite prove documentali che deponevano per una tacita acquiescenza dei locatori a che il terzo estraneo al rapporto contrattuale intercorso con i conduttori dimorasse o comunque fosse presente nell’immobile locato.
Ha infine ritenuto che da un’interpretazione estensiva della domanda formulata dai ricorrenti non emergeva elemento sulla base del quale ritenere che i locatori avevano inteso agire in via extracontrattuale nei confronti del terzo occupante abusivo al fine di veder soddisfatte le proprie pretese risarcitorie.
NOME COGNOME affida il suo ricorso a due motivi.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia <>
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia: <>.
Il ricorso è inammissibile.
3.1. Inammissibile è il primo motivo.
Parte ricorrente: per un verso, omette di svolgere critica ai passaggi argomentativi con cui si articola la motivazione della sentenza impugnata, che pure riproduce dall’ incipit dell’illustrazione, che inizia a pag. 9, fino alla pag. 14; e, per altro verso, svolge argomentazioni, che iniziano dal sest’ultimo rigo della pag. 14, le quali si strutturano con brevi enunciazioni a commento della riproduzione anastatica dapprima del contratto, quindi, di altri documenti fino alla pag. 24.
Orbene, quanto al primo aspetto, parte ricorrente omette di farsi carico della motivazione della sentenza della corte meneghina e, dunque, per ciò solo, dovendo il motivo necessariamente criticare la motivazione della sentenza di merito e, dunque, farsene carico, impinge nel consolidato principio di diritto di cui a Cass. n. 359 del 2005, ribadito, in motivazione espressa, sebbene non massimata sul punto, da Cass. Sez. Un., n. 7074 del 2017.
Quanto poi alla tecnica di pretesa illustrazione del motivo, si osserva quanto segue: da un lato, essa si sostanzia – nelle brevi enunciazioni intervallate fra la riproduzione di un documento e l’altro in affermazioni apodittiche e assertorie, e omette di dire se e dove esse erano state svolte sollecitando l’esame di ciò che risulterebbe dai documenti; dall’altro, essa non evidenzia in alcun modo né la violazione né la falsa applicazione delle norme indicate nell’intestazione del motivo, ma sollecita solo una rivalutazione della documentazione ai fini della ricostruzione della quaestio facti , non consentita dal vigente n. 5 dell’art. 360, per come interpretato dalle note S.U. nn. 8053 e 8054 del 2014.
3.2. Anche il secondo motivo è inammissibile.
Quanto alla motivazione sulla rinuncia alle istanze istruttorie di primo grado, che il ricorrente vorrebbe essere stata ininfluente, parte ricorrente pretende di dimostrarla riproducendo il ricorso introduttivo di primo grado, ma non precisa se nel corso del giudizio di primo grado ne aveva dedotto altre.
Comunque, la corte di merito ha detto che erano state riproposte in appello e non potevano esserlo nuove e tale affermazione dev’essere raccordata con la riproduzione delle conclusioni degli appellanti, della capitolazione probatoria per testi che figura a pag. 2 della sentenza, là dove si riproducono le conclusioni degli appellanti: della capitolazione non v’è traccia nel ricorso introduttivo del giudizio.
La deduzione della violazione dell’art. 2697 c.c. è inammissibile, in quanto dedotta senza rispettare i criteri a suo tempo indicati da Cass. Sez. Un., n. 16598 del 2016, in motivazione espressa, sebbene non massimata sul punto, e costantemente ribaditi ( ex multis Cass. n. 26769 del 2018). Esse si risolvono nuovamente, peraltro con la tecnica del primo motivo, in una sollecitazione alla rivalutazione della documentazione ai fini della ricostruzione della quaestio facti , non consentita vigente l’attuale n. 5 dell’art. 360, per come interpretato dalle note S.U. nn. 8053 e 8054 del 2014.
L’inammissibilità di entrambi i motivi rende il ricorso inammissibile.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalle parti resistenti, nonché la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P.Q.M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, spese che liquida, in favore dei resistenti NOME COGNOME e NOME COGNOME, in euro 3.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200 ed agli accessori di legge;
distrae le spese processuali, come sopra liquidate, a favore dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che si è detto antistatario.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente al competente ufficio di merito , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 4 aprile 2024, nella camera di consiglio