Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15671 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 15671 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/06/2024
Oggetto
Locazione – Obbligazioni del conduttore – Danni per ritardata restituzione ─ Fattispecie
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15497/2021 R.G. proposto da Provincia di Chieti, rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIOti NOME AVV_NOTAIO COGNOME (p.e.c. indicata: EMAIL) e NOME COGNOME (p.e.c. indicata: EMAIL);
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE NOME e RAGIONE_SOCIALE NOME, rappresentati e difesi dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME (p.e.c. indicata: EMAIL) e NOME COGNOME (p.e.c. indicata: EMAIL);
-controricorrenti – avverso la sentenza della Corte d’appello di L’Aquila , n. 591/2021, depositata il 15 aprile 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 aprile 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME e NOME COGNOME convennero in giudizio la Provincia di Chieti davanti al Tribunale di quella città chiedendone la condanna al risarcimento dei danni ex art. 1591 c.c. pari ai canoni di locazione dal mese di febbraio 2015 fino alla data di restituzione della cosa locata in data 24 aprile 2018, nell’importo complessivo di € 263.155,13 oltre interessi nella misura legale come per legge dalla data di maturazione dei singoli ratei sino al soddisfo.
Con sentenza n. 314 del 2020 il Tribunale rigettò la domanda avendo ritenuto che:
─ la Provincia con lettera racc.ta del 21 aprile 2015 aveva invitato i locatori « alla ripresa in possesso delle chiavi dell’immobile locato fissando all’uopo la data del successivo 30 aprile »;
─ benché in tale comunicazione non fosse specificato il luogo dell’incontro e benché l’Amministrazione non si fosse presentata tramite un funzionario all’uopo delegato presso l’indirizzo dell’immobile locato , tale comunicazione aveva valore ed effetto di offerta non formale ex art. 1220 cod. civ. idonea ad escludere la mora del conduttore; ciò anche considerando la già effettuata liberazione dell’immobile locato, in data antecedente alla citata missiva, per intervenuto trasloco in altro plesso già dal 2011.
In accoglimento del gravame interposto dai RAGIONE_SOCIALE e in totale riforma di tale decisione, la Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza n. 591/2021, resa pubblica il 15 aprile 2021, ha invece accolto la domanda dei predetti, condannando la Provincia appellata a corrispondere in favore degli appellanti la somma da essi richiesta a
titolo di risarcimento del danno, in misura pari ai canoni di locazione dal mese di febbraio 2015 al mese di aprile 2018, oltre interessi nella misura legale dalla data di maturazione dei singoli ratei sino al soddisfo ed oltre alle spese di entrambi i gradi di giudizio.
A fondamento di tale decisione i giudici d’appello hanno posto i seguenti rilievi.
3.1. In fatto:
A) Prima fase:
─ l a Provincia di Chieti, dopo avere esercitato la facoltà di recesso dal contratto di locazione ad uso uffici dell’ immobile di proprietà dei RAGIONE_SOCIALE, in data 7 marzo 2011 notificò loro atto di intimazione di consegna di immobile ex art. 1216 c.c. per il giorno 31 marzo 2011;
─ a tale data, all’esito de l sopralluogo in contraddittorio, i locatori rifiutarono la restituzione perché l’immobile risultava gravemente danneggiato e del tutto inagibile;
─ essi adirono quindi il Tribunale di Chieti per ottenere il rilascio dell’immobile previa riduzione in pristino dei locali e per ottenere il risarcimento danni da ritardata restituzione della cosa locata;
̊
─ in accoglimento di tale domanda il Tribunale di Chieti, con sentenza n. 617 del 22 ottobre 2014, passata in giudicato, dichiarò legittimo il rifiuto dei locatori e condannò la Provincia di Chieti al pagamento di € 49.558,43 pari alla spesa necessaria per riparazioni e riduzioni in pristino della cosa locata oltre interessi sulla somma devalutata a luglio 2011 e sino a luglio 2013 e oltre rivalutazione successiva nonché al pagamento dei canoni di locazione nella misura di € 6.490,92 mensili oltre aggiornamenti Istat, quale misura risarcitoria minima ex art. 1591 c.c. per la ritardata restituzione, con decorrenza dal 1 luglio 2011 data di cessazione della locazione, fino a 40 giorni (pari alla presumibile durata dei lavori salvo imprevisti) successivi all’effettivo pagamento della suddetta somma di € 49.558,43 oltre accessori;
B) Seconda fase:
─ con bonifico in data 24 dicembre 2014 la Provincia pagò la somma di € 49.645,09, ossia la sola sorte capitale di quanto dovuto a titolo di risarcimento danno per riparazioni e riduzione in pristino;
─ i locatori con raccomandata del 20 febbraio 2015 comunicarono alla Provincia di accettare la somma in acconto di quella maggiore dovuta in forza della sentenza che prevedeva il pagamento anche degli accessori per interessi e rivalutazione; rilevarono peraltro che la cosa locata era ancora nella disponibilità della Provincia stessa;
─ la Provincia, con raccomandata del 21 aprile 2015, dichiarò di ritenere assolto l’obbligo di pagamento di cui alla citata sentenza del Tribunale e diffidò i locatori alla ripresa in possesso delle chiavi dell’immobile locato fissando a tal fine la data del 30 aprile 2015;
─ a lla predetta data i locatori attesero invano che un incaricato della Provincia procedesse alla consegna delle chiavi ed al conseguente rilascio dell’immobile locato;
─ gli stessi quindi, tramite i loro legali con p.e.c. del 5 maggio 2015 ribadirono di accettare la somma versata solo in acconto rispetto a quella effettivamente ammontante ad € 52.476,18;
─ la Provincia pagò quindi, in data 22 dicembre 2016, la somma di € 372.403,75 di cui € 2.818,09 a saldo del risarcimento danni dovuto per i lavori di riduzione in pristino ed € 298.376,77 a titolo di pagamento dei canoni di locazione per i mesi da luglio 2011 al gennaio 2015, data di pagamento della citata somma di € 49.645 ,09;
─ con p.e.c. del 28 marzo 2017 i locatori osservarono che andavano però corrisposti, ex art. 1591 cod. civ., anche i canoni successivi al gennaio 2015; ciò sia perché la Provincia non aveva ancora proceduto al rilascio della cosa locata, sia perché solo a dicembre 2016 con il pagamento della predetta somma di € 2.818,09 risultava integralmente risarcito il danno come previsto dalla citata sentenza del Tribunale di Chieti;
─ infine, in data 24 aprile 2018, dopo numerosi altri solleciti e dopo un sopralluogo con il quale era stato constatato in contraddittorio che l’immobile non aveva subito altri danni , la Provincia restituì le chiavi e rilasciò la cosa locata nella disponibilità dei locatori, di ciò redigendosi verbale.
3.2. In diritto:
─ erroneamente il Tribunale ha ritenuto valida l’offerta non formale del 21 aprile 2015 (per mero lapsus calami è indicata in sentenza la data del 24 gennaio 2015), poiché indeterminata quanto a luogo e modalità del rilascio;
─ inoltre, a quella data la Provincia non aveva ancora proceduto all’integrale ristoro del danno , come determinato nella sentenza del 2014 passata in giudicato, requisito per la validità dell’offerta stessa, ai fini della messa in mora del creditore (quale condizione prevista dall’art. 1208 , primo comma, n. 3 c.c);
─ le contrarie argomentazioni del primo giudice (circa la validità dell’offerta non formale dell’aprile 2015) non tengono conto del fatto che la sentenza del Tribunale di Chieti del 2014, passata in giudicato, ha condannato la Provincia non solo al risarcimento del danno provocato alla cosa locata, ma ha anche dichiarato legittimo il rifiuto dei locatori di ricevere la restituzione della cosa locata, con ciò stesso escludendo che il trasloco e l’offerta formale del febbraio 2011 ex art. 1216 c.c. comportassero il rilascio dell’immobile .
Avverso tale sentenza la Provincia di Chieti propone ricorso per cassazione articolando quattro motivi, cui resistono gli intimati, depositando controricorso.
5 . È stata fissata per la trattazione l’odierna adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ., con decreto del quale è stata data rituale comunicazione alle parti.
Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., « violazione e falsa applicazione degli artt. 1220, 1590 e 1591 c.c. e dei principi di diritto elaborati dalla Suprema Corte in materia di mora credendi e debendi».
Afferma che gli arresti della S.C. evocati in sentenza, circa i requisiti di serietà, tempestività e completezza che deve avere l’offerta non formale per conseguire l’effetto della esclusione della mora debendi (Cass. n. 6467 del 2017; n. 5841 del 2004; n. 8616 del 2006), non sono pertinenti alla fattispecie esaminata, atteso che:
─ è fatto pacifico e non contestato che la Provincia di Chieti aveva liberato l’immobile locato sin dal 3 febbraio 2011;
─ la stessa aveva provveduto a rimuovere la propria mora, con il pagamento in data 19 dicembre 2014 della somma di € 49.645,09 ;
─ successivamente ha messo a disposizione le chiavi dell’immobile, con la raccomandata del 21 aprile 2015.
In ragione di ciò -sostienel’offerta andava , dunque, considerata seria e affidabile.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1590 e 1591 cod. civ..
2.1. Sostiene che, diversamente da quanto ritenuto in sentenza, nella specie « mancano del tutto le condizioni per l’applicazione dell’art. 1591 c.c. ossia la perdurante detenzione ed occupazione dell’immobile locato da parte della Provincia nel periodo dal febbraio 2016 all’aprile 2018 ». Ciò in quanto, per le stesse considerazioni sopra esposte con riferimento al primo motivo, « la Provincia di Chieti non poteva assolutamente considerarsi in mora nella riconsegna dell’immobile ».
Osserva che:
─ nel ricorso introduttivo della pregressa causa gli stessi ricorrenti avevano espressamente affermato che la Provincia aveva ultimato i lavori di trasloco;
─ in quel ricorso essi non avevano chiesto il rilascio dell’immobile, per essere lo stesso detenuto ed occupato, ma la condanna al risarcimento danni;
─ nella sentenza n. 617 del 2014, che quella causa aveva deciso, il Tribunale di Chieti non aveva disposto il rilascio del bene ma aveva unicamente affermato la legittimità del rifiuto del locatore a ricevere la riconsegna dell’immobile per non aver proceduto la Provincia al ripristino detto, conseguentemente condannandola al risarcimento dei danni;
─ la Provincia sin dal 3 febbraio 2011 non deteneva l’immobile, avendo comunicato al locatore con missiva del 12 novembre 2009 il rilascio a partire dal 30 giugno 2010; la stessa aveva inoltre comunicato ai fornitori la cessazione dell’utenza elettrica e di gas metano e, alla Agenzia delle entrate, la risoluzione del contratto per cui è causa;
─ essa aveva anche trasferito il personale presso altra sede;
─ in data 1° maggio 2015, i proprietari avevano locato a terzi il primo piano dell’immobile, in precedenza già concesso alla Provincia.
2.2. Soggiunge che erroneamente la Corte d’appello ha affermato che l’offerta non poteva considerarsi idonea per non avere l’ente prima « proceduto -con l’offerta stessa all’integrale ristoro del danno, ovvero al pagamento integrale (comprensivo anche degli interessi avvenuto solo nel 2016) di quanto dovuto in forza della sentenza passata in giudicato »; ciò in quanto -afferma- nel giudizio di primo grado essa aveva dimostrato di aver corrisposto la somma di € 49.558,43 stabilita dal Tribunale di Chieti nella sentenza n. 617/2014, avendo provato documentalmente il versamento della somma di € 49.645,09, ossia di una somma anche superiore alla sorte capitale di
quanto dovuto a titolo di risarcimento danno per riparazioni e riduzione in pristino.
Osserva, in subordine, che anche laddove si ritenesse che la Provincia fosse tenuta al pagamento anche degli interessi al fine di non essere più considerata in mora, il che si nega in base alle statuizioni della sentenza del 2014, il Giudice di appello avrebbe dovuto prendere atto che detti interessi furono comunque corrisposti in data 22 dicembre 2016 e dunque quanto meno la Provincia, decorsi i 40 giorni da detto pagamento non poteva più essere considerata in mora.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all ‘ art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1375, 1220, 1591 e 1220 cod. civ., per avere la Corte d’appello omesso di valutare come contraria ai principio di correttezza e buona fede il comportamento dei locatori, sia nel momento della fissata riconsegna (posto che, in virtù di tali obblighi, i locatori in quella fase, preso atto dell’assenza di un rappresentante della Provincia nella sede dell’immobile locato per la consegna delle chiavi avrebbero dovuto presentarsi presso la sede della Provincia), sia per avere ritenuto non ancora satisfattivo il pagamento, a titolo di risarcimento del danno, della somma di € 49.645,09, atteso che la restante somma di €.2.818,09, a titolo di interessi sulla somma di €. 49.558,43 dovuta per le riparazioni, essendo di poco valore, non inibiva a parte ricorrente di fare i lavori.
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia, infine, con riferimento all ‘ art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1227, 1591 e 1220 cod. civ..
Sostiene che, in applicazione del secondo comma dell’art. 1227 cod. civ., la Corte d’appello avrebbe dovuto ritenere non risarcibile il danno dedotto da controparte, atteso che lo stesso avrebbe potuto essere da essi stessi evitato, con l’uso dell’ordinaria diligenza,
accedendo nell’immobile sin dal 24 dicembre 2014.
I primi due motivi, congiuntamente esaminabili per la loro stretta connessione, sono fondati, nei termini appresso precisati.
La sentenza impugnata poggia su due autonome rationes decidendi :
da un lato, la ritenuta inidoneità dell’invito rivolto dalla Provincia ai locatori, con raccomandata del 21 aprile 2015, a costituire offerta non formale di rilascio;
dall’altro, il rilievo che quella offerta non avrebbe comunque potuto considerarsi idonea ad escludere la mora debendi del conduttore (rispetto all’obbligo di restituire l’immobile ex art. 1590 cod. civ.) per non avere la Provincia, alla data in cui essa fu fatta, ancora proceduto all’integrale ristoro del danno , come determinato nella sentenza del 2014 passata in giudicato.
Entrambe dette valutazioni si appalesano però viziate da una erronea interpretazione (e dalla conseguente violazione) del giudicato che, come affermato incontestatamente nella stessa sentenza, si era formato sulla sentenza resa, tra le stesse parti, dal Tribunale di Chieti nel 2014 (sentenza n. 617 del 22 ottobre 2014); vizio che, indipendentemente dal mancato specifico riferimento nelle rubriche dei due motivi in scrutinio, deve considerarsi dedotto a fondamento quanto meno del secondo di essi, nella parte in cui si argomenta circa l’avvenuta attuazione del dictum di quella sentenza e che, comunque, va ricordato, è rilevabile d’ufficio qualora emerga da atti comunque prodotti nel giudizio di merito (Cass. Sez. U. 16/06/2006, n. 13916).
Occorre invero considerare che quella sentenza, come specificamente dedotto in ricorso (pagg. 19-20) con osservanza degli oneri di cui all’art. 366 n. 6 cod. proc. civ. e come è possibile verificare dalla sua diretta lettura in quanto ritualmente versata in atti:
ha accertato l’esistenza di ingenti danni all’immobile locato,
reso sostanzialmente inagibile, quantificandoli nel complessivo ammontare di Euro 49.558,93;
ha conseguentemente affermato la legittimità del rifiuto dei locatori a ricevere la riconsegna dell’immobile , oggetto di intimazione a ricevere ex art. 1216 cod. civ. del 31 marzo 2011, per non aver proceduto la Provincia al ripristino dei locali, rilevando tuttavia, testualmente, in motivazione, che « tale rifiuto permane legittimo sino a quando la somma necessaria per le riparazioni, pari ad € 49.558,43, non sarà corrisposta ai locatori »;
ha conseguentemente condannato la Provincia, nel perdurare della mora, oltre che al risarcimento dei danni quantificati nel complessivo ammontare di Euro 49.558,93, anche al pagamento dei canoni, ex art. 1591 cod. civ.; statuizione, quest’ultima, espressa in dispositivo nei seguenti testuali termini: « condanna la Provincia di Chieti … al pagamento dei canoni di locazione nella misura di € 6.490,92 mensili oltre aggiornamenti Istat, quale misura risarcitoria minima per la ritardata restituzione, con decorrenza iniziale dal 1° luglio 2011 (con gli interessi sulla somma anno per anno rivalutata) e decorrenza finale ai 40 giorni successivi (pari alla presumibile durata dei lavori salvo imprevisti) della effettiva corresponsione della suddetta somma di € 49,558,43 ».
Appare, dunque, evidente che tutte le questioni agitate nel presente giudizio risultavano in realtà governate dalle regole di giudizio irretrattabilmente poste dal predetto giudicato.
Tali regole, rapportate ai fatti accertati in sentenza, devono condurre a conclusioni opposte a quelle cui è giunta la Corte di merito.
Sotto il primo profilo deve invero rilevarsi che, alla luce del giudicato esterno, il problema della sussistenza di una offerta di rilascio idonea, per serietà e concretezza, a sortire gli effetti della esclusione della mora debendi non aveva neppure ragione di porsi.
Con la sentenza del 2014, fonte del giudicato, infatti, il Tribunale, pur avendo dato atto dell’esistenza di una offerta formale di rilascio, aveva affermato la legittimità del rifiuto dei locatori a riprendere il possesso dell’immobile locato, precisando tuttavia che tale rifiuto avrebbe potuto continuare a considerarsi legittimo « sino a quando la somma necessaria per le riparazioni, pari ad € 49.558,43, non sarà corrisposta ai locatori ».
Letta a contrario tale statuizione, avente forza di giudicato, non può non intendersi se non nel senso che, una volta versata tale somma, il rifiuto sarebbe comunque divenuto illegittimo, non facendosi alcuna riserva della sussistenza di altre eventuali giustificazioni (ivi compresa la mancata comunicazione di nuova valida offerta di rilascio, da intendersi dunque come non necessaria).
Quanto poi alla seconda ratio decidendi (mancato integrale ristoro del danno) è agevole rilevare che essa si fonda su una inesatta lettura del giudicato evocato. Come sopra s’è già evidenziato, infatti, la somma al cui mancato pagamento è condizionato, nella sentenza del 2014, il permanere della legittimità del rifiuto dei locatori di riceversi l’immobile (e, dunque, per converso, la persistenza in capo alla Provincia dell’obbligo di pagamento dei canoni ex art. 1591 cod. civ. , protratto quest’ultimo anche per i successivi quaranta giorni ) è fissata nel solo importo di « € 49.558,43 », e non già in quello, postulato nella sentenza qui impugnata, di « € 49.558,43, oltre accessori ».
Discende dalle superiori considerazioni che, risultando accertato in sentenza che la Provincia ebbe a pagare, con bonifico in data 24 dicembre 2014, la somma di € 49.645,09 , quella condizione deve a quella data ritenersi avverata e, dunque, già alla data del 24 dicembre 2014 il rifiuto dei locatori di riprendersi l’immobile era divenuto illegittimo, con la conseguenza che anche l’obbligo di pagamento dei canoni ex art. 1591 cod. civ. sarebbe venuto a
cessare al termine dei quaranta giorni successivi.
Nessun inadempimento, sotto tale profilo, poteva dunque più imputarsi alla Provincia, avendo questa provveduto a versare ─ come pure espressamente accertato in sentenza ─ in data 22 dicembre 2016 (ben prima quindi della instaurazione del presente giudizio) la somma di € 298.376,77 a titolo di pagamento dei canoni di locazione per i mesi da luglio 2011 al gennaio 2015.
In accoglimento, dunque, del primo e del secondo motivo di ricorso, assorbiti i rimanenti, la sentenza impugnata deve essere cassata.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, comma secondo, cod. proc. civ., con il rigetto della domanda formulata in primo grado da NOME e NOME COGNOME.
Alla soccombenza segue la condanna dei controricorrenti alla rifusione, in favore della ricorrente, delle spese di entrambi i gradi del giudizio di merito e di quelle del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, con importo prossimo al minimo tariffario avuto riguardo all’alterno esito dei due gradi del giudizio di merito.
P.Q.M.
accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, nei termini di cui in motivazione; dichiara assorbiti i rimanenti; cassa la sentenza; decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da NOME e NOME COGNOME.
Condanna questi ultimi, in solido, alla rifusione, in favore della ricorrente, delle spese processuali, liquidate:
─ per il primo grado, in € 4.015,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15% CPA ed IVA come per legge;
─ per il secondo grado, in € 10.000 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15% CPA ed IVA come per legge;
─ per il presente giudizio di legittimità, in € 6.000, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 52,70 come da nota spese ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza