Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5465 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5465 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3699/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOMEricorrenti- contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOMEcontroricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MESSINA n. 986/2018 depositata il 05/11/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/01/2025 dal Consigliere dr. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Messina accolse la domanda di NOME COGNOME proposta nei confronti di NOME, NOME e NOME COGNOME condannando questi ultimi a demolire un loro fabbricato, in Comune di Sant’Alessio Siculo , per violazione delle distanze dal confine, con condanna alle spese di lite in favore dell’attore, oltre alle spese di C.T.U.
La Corte di Appello di Messina, con sentenza n. 986 del 5 novembre 2018, in parziale accoglimento del gravame dei COGNOME, ha condannato gli stessi all’arretramento delle porzioni di manufatto – poste non in aderenza alla proprietà avversaria o sul confine – sino alla distanza di cinque metri dal confine.
Secondo la Corte di merito, l’esame degli elaborati peritali dava contezza di un nuovo fabbricato maggiore di quello precedente sia per volume che per superficie, sicché l’arretramento sarebbe stata l’unica soluzione per rispettare i termini di legge senza pervenire all’abbattimento dell’immobile .
Contro la predetta sentenza ricorrono per cassazione gli originari convenuti NOMECOGNOME COGNOME e NOME COGNOME sulla scorta di tre motivi.
Ha proposto tempestivo controricorso NOME COGNOME.
In prossimità dell’adunanza camerale, entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DI DIRITTO
Con la prima censura, i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione degli artt. 31 lett. d) l. r. 457/78, della legge n. 98/13, degli artt. 112 e 115 c.p.c. dell’art 360 c omma 1 nn. 3 e 5 c.p.c.
La Corte d’appello -a loro dire – sarebbe incorsa in un palese errore, avendo ritenuto il loro fabbricato realizzato in violazione delle distanze legali, sul fallace
presupposto che lo stesso non fosse configurabile come mera ristrutturazione edilizia del preesistente, ma come un nuovo fabbricato. In particolare, il CTU ing. COGNOME avrebbe equivocato la misura della superficie in pianta dell’originario edificio rispetto a quello realizzato in esito all’intervento conservativo effettuato, che sarebbe stato addirittura inferiore al precedente. Ove il giudice di secondo grado avesse preso in considerazione le prove documentali copiosamente offerte dai ricorrenti e meglio evidenziate negli allegati alle note tecniche del CTP, tale errore sarebbe stato evitato.
Il motivo è fondato.
Alle pagg.10-15 , la Corte d’appello ha affermato:’… l’ampliamento ed il minor rigore che in sostanza la normativa più strettamente urbanistico/edilizia è venuta ulteriormente, e di recente a porre sull’argomento (legge n. 98 del 2013) … non può essere tuttavia semplicisticamente e riduttivamente risolta sostenendo che l’identità della sagoma non più integri oggi una condizione per potere ricondurre al concetto di (mera) ristrutturazione edilizia un intervento di demolizione e ricostruzione …In ogni caso, andrebbe sempre tenuto presente come la mancanza od anche la insufficienza di prova sulla corrispondenza tra le pregresse superfici e le nuove sia circostanza che resta a sfavore del nuovo edificatore; e ciò vale pure per i volumi che il c.t.u. ing. COGNOME ha ritenuto di non potere raffrontare (gli attuali pari a mq. 644,90), ciò non impedendo che si potesse escludere la qualificazione conservativa del nuovo intervento, anche in ragione della relativamente imponente creazione di aggetti e vedute ….. Anche il nuovo volume è quindi maggiore del precedente, in aggiunta alla maggiore superficie, specificamente confermata sia dal c.t.u. ing. COGNOME sia dal c.t.u. ing. Avellino ‘ .
La sentenza impugnata ha dunque fondato il suo accertamento sulla modifica della sagoma e su un aumento di volume rispetto alla preesistente costruzione, rebus sic stantibus .
Attualmente, la vicenda processuale va però esaminata alla luce dello ius superveniens , trattandosi di normativa posteriore alla proposizione del ricorso per cassazione e pertinente rispetto alle questioni in esso prospettate, ancorché i ricorrenti non ne abbiano fatto menzione, laddove il motivo di ricorso censuri
la corretta definizione di un regime giuridico che necessariamente presuppone l’applicazione della norma sopravvenuta (Sez. 5, n. 22016 del 13 ottobre 2020; Sez. 5, n. 19617 del 24 luglio 2018).
Secondo la costante interpretazione giurisprudenziale in materia di distanze nelle costruzioni, infatti, qualora subentri una disposizione derogatoria favorevole al costruttore, si consolida -salvi gli effetti di un eventuale giudicato sull’illegittimità della costruzione – il diritto di quest’ultimo a mantenere l’opera alla distanza inferiore, se, a quel tempo, la stessa sia già ultimata, restando irrilevanti le vicende normative successive (Sez. 2, n. 24844 del 17 agosto 2022; Sez. 3, n. 12987 del 23 marzo 2016). Il sopravvenire della disciplina normativa meno restrittiva comporta, invero, che l’edificio in contrasto con la regolamentazione in vigore al momento della sua ultimazione, ma conforme alla nuova, non possa più essere ritenuto illegittimo, cosicché il confinante non può pretendere l’abbattimento o, comunque, la riduzione alle dimensioni previste dalle norme vigenti al momento della sua costruzione.
Conviene prendere le mosse dal D. L. 69/2013, che ha novellato l’art.3 del T.U dell’edilizia, comprendendo, nell’ambito della ristrutturazione edilizia , gli interventi consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica. Nella nuova formulazione, per aversi una ricostruzione bastava dunque rispettare la volumetria originaria, senza necessità di mantenere la medesima sagoma.
Successivamente, il D.L. 32/2019, convertito nella L. 55/2019, è intervenuto sul tema delle distanze per le costruzioni al fine di semplificare e velocizzare i procedimenti sottesi alla realizzazione degli interventi edilizi di rigenerazione del tessuto edificatorio nelle aree urbane.
In questo quadro, la L.55/2019 ha operato una serie di modifiche agli standard urbanistici fissati dal D.M. 1444/1968, che prevedeva limiti inderogabili “di distanza tra i fabbricati”, tali da vincolare i comuni nell’adozione degli strumenti urbanistici e tali da poter essere invocati, previa disapplicazione dello strumento urbanistico eventualmente difforme, nelle controversie tra privati.
Il D.L. n.32/2019 ha poio aggiunto i seguenti commi al citato art. 2 bis : “1-bis. Le disposizioni del comma 1 sono finalizzate a orientare i comuni nella definizione di limiti di densità edilizia, altezza e distanza dei fabbricati negli ambiti urbani consolidati del proprio territorio .’ ‘ 1-ter. In ogni caso di intervento di demolizione e ricostruzione, quest’ultima è comunque consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell’area di sedime e del volume dell’edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell’altezza massima di quest’ultimo. ”
Discende da quanto sopra delineato che, con le modifiche apportate dall’art.5 del D.L. n.32/2019 all’art. 2 bis del TU Edilizia, la demolizione e ricostruzione di un fabbricato è consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti, purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell’area di sedime e del volume dell’edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell’altezza massima di quest’ultimo. In caso diverso, le eventuali disposizioni derogatorie sulle distanze devono comunque essere previste dai Comuni nell’ambito degli strumenti urbanistici.
Anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato, nelle prime applicazioni delle modifiche apportate dall’art.5 del D.L. 32/2019 all’art.2 bis del TU Edilizia, ha affermato che la demolizione e ricostruzione di un fabbricato è consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti, purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell’area di sedime e del volume dell’edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell’altezza massima di quest’ultimo; in caso diverso, le eventuali disposizioni derogatorie sulle distanze devono comunque essere previste dai Comuni nell’ambito degli strumenti urbanistici (Consiglio di Stato sez. IV, 16 ottobre 2020, n.6282).
Al fine di allargare l’ambito degli interventi di ristrutturazione e riqualificazione urbana, senza incorrere nel rilievo di incostituzionalità, il legislatore è nuovamente intervenuto sul Testo Unico dell’Edilizia. L’art.10 del D. L. 16.7.2020 m.76 convertito con modificazioni dalla L.11.9.2020 n.120 ha inciso profondamente sulla struttura del DPR 6.6.2001 n.380 attraverso una serie di interventi puntuali, aventi come finalità l’esigenza di ‘semplificare e accelerare le procedure edilizie, di assicurare il recupero e la qualificazione del patrimonio
esistente e lo sviluppo di processi di rigenerazione urbana, decarbonizzazione, efficientamento energetico, messa in sicurezza sismica e contenimento del consumo del suolo’.
Dal panorama normativo emerge, con particolare riguardo al tema di distanze tra gli edifici, che la novità introdotta dalla L. 120/2020 è costituita proprio dalla rivisitazione del concetto di ‘ristrutturazione edilizia’ (art.3, comma 1 lett. d del DPR 380/2001) ed il suo conseguente coordinamento con la definizione di ‘manutenzione straordinaria’ (art.3, comma 1, lett. b) del DPR 380/2001). In tal senso sono orientate gli articoli in tema di demolizione-ricostruzione, che costituiscono il fulcro della normativa inserita con la L.120/2020.
Ai sensi dell’art.3, lettera d) , costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un manufatto in tutto o in parte diverso dal precedente. La norma prosegue affermando che, nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia, sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità , per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico. Inoltre, al solo fine di promuovere interventi di rigenerazione urbana, sono ammessi incrementi di volumetria, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali.
Con le modifiche apportate dall’art.3, lett. d), gli interventi di ristrutturazione possono, quindi, consistere anche in demolizioni e ricostruzioni in cui, rispetto all’edificio originario mutino la sagoma, i prospetti, il sedime e le caratteristiche plan ivolumetriche e tipologiche. In tali casi, l’intervento deve mantenersi rispettoso unicamente del volume preesistente, con possibilità di formazione di un manufatto tipologicamente anche radicalmente diverso dal preesistente. Quando, invece, ‘ la legislazione vigente o gli strumenti comunali lo consentano’, sono ammessi incrementi di volumetria ‘anche per interventi di rigenerazione urbana’.
Questa flessibilità derogatoria non è ammessa né per gli edifici tutelati, per le zone A (o come diversamente definite dalle leggi regionali) così come nei ‘centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e archit ettonico’, fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici. In tali ipotesi, la ricostruzione ed il ripristino degli edifici crollati o demoliti deve mantenersi fedele all’esistente, ossia deve rispettare non solo il volume ma anche la sagoma, il sedime e le caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio demolito, senza possibilità di incrementi volumetrici (Sez. 2, n. 12751 dell’11 maggio 2023).
Pertanto, il nuovo testo dell’art.2 bis, comma 1 ter, consente di sfruttare gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti anche con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell’altezza massima dell’edificio demolito, sempre nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti. Infatti, l’attuale art.2 bis, comma 1 ter del Testo Unico dell’Edilizia recita: ‘ in ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici, anche qualora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano la modifica dell’area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, la ricostruzione e’ comunque consentita nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti. Gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti per l’intervento possono essere realizzati anche con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell’altezza massima dell’edificio demolito, sempre nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti ‘
La norma introduce in definitiva il principio secondo cui ogni opera di demolizione -ricostruzione, nel contesto di un intervento unitario, indipendentemente dalla qualificazione come ristrutturazione o nuova costruzione (‘ in ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici ‘), può essere realizzato sulla linea di confine del fabbricato demolito, anche ove quest’ultimo risulti ‘ legittimamente ‘ posto ad una distanza da fabbricati e da confini inferiore da quelle attualmente previste. La norma prosegue indicando la possibilità che anche eventuali ‘ incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti all’intervento ‘ possano essere collocati sul filo dell’edificio preesistente, anche fuori della sagoma e con superamento dell’altezza del manufatto demolito.
Così ricostruito il quadro normativo in relazione allo ius superveniens , è evidente come appaia necessaria una nuova indagine per verificare -anche in conseguenza degli eventuali elementi derivanti dal giudicato amministrativo formatosi medio tempore -se nel caso di specie la nuova costruzione sia in linea oppure no con il regime emergente dalle modifiche legislative apportate.
Con il secondo mezzo, i COGNOME si dolgono della violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n n. 3 e 5 c.p.c. in riferimento all’omessa pronunzia da parte della Corte territoriale, in ordine al rinnovo della CTU.
In effetti, il primo giudice istruttore aveva disposto in tal senso, ma poi il Tribunale aveva ignorato la richiesta, che era rimasta inascoltata anche dalla Corte d’appello . Ciò avrebbe determinato il risultato abnorme di indagini espletate da consulenze tecniche fondate su semplici sensazioni visive o su ricostruzioni deduttive.
Il terzo rilievo denuncia la violazione e falsa applicazione di legge, in relazione all’art. 360 n n. 3 e 5 c.p.c., giacché la sentenza impugnata avrebbe ingiustamente condannato gli appellanti al pagamento integrale delle spese del primo grado, provvedendo ad una compensazione parziale solo di quelle dell’appello.
Entrambi i motivi restano logicamente assorbiti dall’accoglimento del primo.
Il giudice del rinvio, che si designa nella Corte d’appello di Messina, in diversa composizione, dovrà valutare l’originaria domanda, in relazione ai principi di cui sopra e statuire altresì sul regime delle spese anche del grado di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Messina in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 23 gennaio 2025
NOME COGNOME