Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20646 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20646 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 4966/2021 R.G. proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura in atti;
-ricorrente –
contro
COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura in atti;
-controricorrenti-
e
COGNOME NOMECOGNOME CURATELA DEL FALLIMENTO EDILIZIA ITALIANA
-intimati-
avverso la sentenza n. 1960/2020 della CORTE di APPELLO di FIRENZE, depositata il 19/10/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
28/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Osserva
NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME, NOME COGNOME adirono il Tribunale di Pistoia con ricorso per manutenzione del possesso e denuncia di nuova opera, ai sensi degli artt. 1170 e 1171 cod. civ., nei confronti del confinante NOME COGNOME e della RAGIONE_SOCIALE (successivamente fallita), altra proprietaria ed esecutrice dei lavori, in relazione a un intervento edilizio, assentito con la DIA n. 115 del 3/10/2006, con cui era stato trasformato un ex laboratorio artigianale in due appartamenti.
Chiesero, in particolare, in manutenzione del vantato possesso di una servitù di luce e aria, vietarsi la continuazione dell’opera iniziata, la condanna alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi e quella al risarcimento dei danni, anche con valutazione equitativa ex art. 1226 cod. civ.
1.1. I convenuti si costituirono in giudizio chiedendo il rigetto della domanda attorea ed assumendo che i lavori eseguiti erano consistiti in una demolizione resa necessaria dalla normativa antisismica; che le opere erano conformi ai progetti autorizzati e l’intervento doveva essere considerato di ristrutturazione edilizia, anche avuto riguardo al rispetto della sagoma e della volumetria, e non una nuova costruzione.
1.2. Il Tribunale, esperita CTU, respinse la domanda interdittale attorea.
Proseguito il giudizio nel merito, il Tribunale di Pistoia accolse la domanda degli attori e, pertanto, condannò i convenuti all’arretramento del fabbricato di proprietà di NOMECOGNOME nonché dei tubi, oltre al risarcimento dei danni.
La Corte d’appello di Firenze rigettò l’appello proposto dall’COGNOME e accolto, per contro, quello incidentale proposto dai resistenti, condannò l’appellante principale al pagamento, a titolo di risarcimento dei danni, dell’ulteriore importo di € 50,00 mensili per il periodo successivo alla sentenza di primo grado e fino alla data dell’effettivo ripristino , nonché a restituire alla parte vittoriosa quanto questa era stata costretta a versare a titolo di rimborso spese per la fase interdittale, che l’aveva vista soccombente.
2.1. Questi, in sintesi, gli argomenti salienti della sentenza, per quel che qui possa rilevare:
-non era condivisibile quanto ritenuto dall’appellante principale col secondo motivo, poiché il giudice di prime cure aveva rilevato come l’apposizione del cordolo di 30 cm sarebbe stata giustificata solo per interventi edilizi riguardanti edifici di valore storico-architettonico-testimoniale-ambientale (quale non era quello in esame); ulteriormente, oltre al predetto superamento, relativo all’altezza esterna dell’intradosso, la sommità della volta di copertura era stata elevata 62 cm;
-l’intervento effettuato dal ricorrente doveva essere qualificato come ‘sostituzione edilizia’ , ai sensi dell’art. 78 , co. 1, lett. h), della legge della Regionale Toscana n. 1/2005, quindi, non di mera ristrutturazione, bensì di nuova edificazione;
nel testo della norma citata, spiega il Giudice d’appello, <> ; ne conseguiva che l’intervento eseguito dal ricorrente doveva essere qualificato come nuova costruzione;
infondato, infine, doveva considerarsi il quinto motivo di appello, circa la mancata prova del danno, poiché il danno conseguente alla violazione della disciplina in materia di distanze doveva considerarsi ‘ in re ipsa ‘ ;
NOME NOME propone ricorso sulla base di quattro motivi. Resistono con controricorso COGNOME NOME (quale erede di NOME COGNOME), NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Entrambe le parti hanno depositato memorie e il P.G., conclusioni scritte.
Con il primo motivo il ricorrente censura la sentenza di secondo grado per aver la Corte d’appello applicato erroneamente la normativa civilistica <>.
Alla base di tale censura viene invocato il vizio degli artt. 112 cod. proc. civ., 111 co. 6 Cost., 132 cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ. e 113 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 co. 1 nn. 3, 4 e 5 cod. proc. civ..
Con il secondo motivo si denuncia violazione degli artt. 112 e 113 cod. proc. civ., 869, 871, 872, 873 e 889 cod. civ., nonché dell’art. 100 cod. proc. civ. , in riferimento all’art. 360 co. 1
nn. 3, 4 e 5 cod. proc. civ., per aver il Giudice di secondo grado omesso di applicare la normativa più favorevole, costituita dalla riforma dell’art. 3 co. 1, lett. d) del d .P.R. 380/2001 e dell’art. 79 L.R. Toscana n. 1/2005.
Secondo l’assunto, tenuto conto della normativa nazionale e regionale, l’intervento edilizio non avrebbe potuto considerarsi nuova costruzione, anche in relazione alle risultanze peritali di primo grado. Inoltre, non emergeva alcuna lesione dell’altrui diritto.
Il ricorrente evidenzia che <>.
<>. Di poi, affermato che l’esponente sarebbe stato preveniente, si soggiunge che l’opera, <>.
Medesime considerazioni, continua il ricorso, valevano anche per la condanna all’arretramento dei tubi presenti sulla parete di confine, poiché la normativa urbanistica attuale consentiva, in caso di ristrutturazione, l’inserimento di nuovi impianti e le addizioni indicate dall’art. 79, lett. d), n. 3 L.R. 1/2005.
Con la terza doglianza si censura la sentenza poiché i Giudici di secondo grado non avevano considerato che <>.
Con il quarto motivo, si censura la decisione per avere la Corte d’appello condannato al risarcimento dei danni in via equitativa, senza l’indicazione di alcun criterio per la sua determinazione e in assenza di prova dello stesso.
Si invoca il vizio di violazione degli artt. 100, 113, 115, 116, 132 cod. proc. civ, 164 disp. att. cod. proc. civ. e 111 Cost. in relazione all’art. 360 co. 1 nn. 3 e 5 cod. proc. civ.
Il secondo motivo merita di essere accolto nei termini e per le ragioni di cui appresso.
La sentenza impugnata ha basato il suo accertamento sulla modifica della sagoma rispetto alla preesistente costruzione. Attualmente, la vicenda processuale va però esaminata alla luce dello ‘ius superveniens’, trattandosi di normativa posteriore alla proposizione del ricorso per cassazione e pertinente rispetto alle questioni in esso prospettate, poiché il motivo di ricorso censura la corretta definizione di un regime giuridico che necessariamente presuppone l’applicazione della norma sopravvenuta (Sez. 5, n. 22016 del 13 ottobre 2020; Sez. 5, n. 19617 del 24 luglio 2018).
Secondo la costante interpretazione giurisprudenziale in materia di distanze nelle costruzioni, infatti, qualora subentri una disposizione derogatoria favorevole al costruttore, si consolida salvi gli effetti di un eventuale giudicato sull’illegittimità della costruzione – il diritto di quest’ultimo a mantenere l’opera alla distanza inferiore, se, a quel tempo, la stessa sia già ultimata, restando irrilevanti le vicende normative successive (Sez. 2, n. 24844 del 17 agosto 2022; Sez. 3, n. 12987 del 23 marzo 2016). Il sopravvenire della disciplina normativa meno restrittiva comporta,
invero, che l’edificio in contrasto con la regolamentazione in vigore al momento della sua ultimazione, ma conforme alla nuova, non possa più essere ritenuto illegittimo, cosicché il confinante non può pretendere l’abbattimento o, comunque, la riduzione alle dimensioni previste dalle norme vigenti al momento della sua costruzione.
Conviene prendere le mosse dal d. l. n. 69/2013, che ha novellato l’art.3 del T.U dell’edilizia, comprendendo, nell’ambito della ristrutturazione edilizia, gli interventi consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria del fabbricato preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica. Nella nuova formulazione, per aversi una ricostruzione bastava dunque rispettare la volumetria originaria, senza necessità di rispettare la sagoma.
Successivamente, il d. l. n. 32/2019, convertito nella l. n. 55/2019, è intervenuto sul tema delle distanze per le costruzioni al fine di semplificare e velocizzare i procedimenti sottesi alla realizzazione degli interventi edilizi di rigenerazione del tessuto edificatorio nelle aree urbane.
In questo quadro, la l. n. 55/2019 ha operato una serie di modifiche agli standard urbanistici fissati dal d.m. n. 1444/1968, che prevedeva limiti inderogabili “di distanza tra i fabbricati”, tali da vincolare i comuni nell’adozione degli strumenti urbanistici e tali da poter essere invocati, previa disapplicazione dello strumento urbanistico eventualmente difforme, nelle controversie tra privati.
I cambiamenti al d.m. n.1444/1968 sono in concreto intervenuti mediante le modifiche apportate dal d. l. n. 32/2019 all’art.2 bis del TU edilizia, con riferimento a quelle disposizioni che
consentivano a Regioni e Province autonome di adottare disposizioni derogatorie sulle distanze legali.
Il d. l. n. 32/2019, in particolare, ha aggiunto i seguenti commi al citato art. 2 bis:
” 1-bis. Le disposizioni del comma 1 sono finalizzate a orientare i comuni nella definizione di limiti di densità edilizia, altezza e distanza dei fabbricati negli ambiti urbani consolidati del proprio territorio. ‘
‘ 1-ter. In ogni caso di intervento di demolizione e ricostruzione, quest’ultima è comunque consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell’area di sedime e del volume dell’edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell’altezza massima di quest’ultimo. “
Discende da quanto sopra delineato che, con le modifiche apportate dall’art.5 del d. l. n. 32/2019, all’art. 2 bis del TU Edilizia, la demolizione e ricostruzione di un fabbricato è consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti, purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell’area di sedime e del volume dell’edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell’altezza massima di quest’ultimo. In caso diverso, le eventuali disposizioni derogatorie sulle distanze devono comunque essere previste dai Comuni nell’ambito degli strumenti urbanistici.
Anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato, nelle prime applicazioni delle modifiche apportate dall’art.5 del d.l. n. 32/2019 all’art.2 bis del TU Edilizia, ha affermato che la demolizione e ricostruzione di un fabbricato è consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti, purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell’area di sedime e del volume dell’edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell’altezza
massima di quest’ultimo; in caso diverso, le eventuali disposizioni derogatorie sulle distanze devono comunque essere previste dai Comuni nell’ambito degli strumenti urbanistici (Consiglio di Stato sez. IV, 16 ottobre 2020, n.6282).
Al fine di allargare l’ambito degli interventi di ristrutturazione e riqualificazione urbana, senza incorrere nel rilievo di incostituzionalità, il legislatore è nuovamente intervenuto sul Testo Unico dell’Edilizia.
L’art.10 del d. l. 16.7.2020 n. 76, convertito con modificazioni dalla l. 11/9/2020 n.120, ha inciso profondamente sulla struttura del d.P.R. 6.6.2001 n.380 attraverso una serie di interventi puntuali, aventi come finalità l’esigenza di ‘ semplificare e accelerare le procedure edilizie, di assicurare il recupero e la qualificazione del patrimonio esistente e lo sviluppo di processi di rigenerazione urbana, decarbonizzazione, efficientamento energetico, messa in sicurezza sismica e contenimento del consumo del suolo ‘.
Dal panorama normativo emerge, con particolare riguardo al tema di distanze tra gli edifici, che la novità introdotta dalla l. n. 120/2020 è costituita proprio dalla rivisitazione del concetto di ‘ristrutturazione edilizia’ (art.3, comma 1 lett. d del DPR 380/2001) e il suo conseguente coordinamento con la definizione di ‘manutenzione straordinaria’ (art.3, comma 1, lett. b) del d.P.R. n. 380/2001). In tal senso sono orientate gli articoli in tema di demolizione e ricostruzione, che costituiscono il fulcro della normativa inserita con la l.120/2020.
Ai sensi dell’art. 3, lettera d), costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un manufatto in tutto o in parte diverso dal
precedente. La norma prosegue affermando che, nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia, sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico. Inoltre, al solo fine di promuovere interventi di rigenerazione urbana, sono ammessi incrementi di volumetria, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali.
Con le modifiche apportate dall’art.3, lett. d), gli interventi di ristrutturazione possono, quindi, consistere anche in demolizioni e ricostruzioni in cui, rispetto all’edificio originario mutino la sagoma, i prospetti, il sedime e le caratteristiche planivolumetriche e tipologiche. In tali casi, l’intervento deve mantenersi rispettoso unicamente del volume preesistente, con possibilità di formazione di un manufatto tipologicamente anche radicalmente diverso dal preesistente. Quando, invece, ‘la legislazione vigente o gli strumenti comunali lo consentano’, sono ammessi incrementi di volumetria ‘anche per interventi di rigenerazione urbana’.
Questa flessibilità derogatoria non è ammessa per gli edifici tutelati, per le zone A (o come diversamente definite dalle leggi regionali), così come nei ‘centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico’, fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici. In tali ipotesi, la ricostruzione ed il ripristino degli edifici crollati o demoliti deve mantenersi fedele all’esistente, ossia deve rispettare non solo il volume ma anche la sagoma, il sedime e le caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio demolito, senza
possibilità di incrementi volumetrici (Sez. 2, n. 12751 dell’11 maggio 2023).
Pertanto, il nuovo testo dell’art.2 bis, comma 1 ter, consente di sfruttare gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti anche con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell’altezza massima dell’edificio demolito, sempre nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti. Infatti, l’attuale art. 2 bis, comma 1 ter del T. U. edilizia recita: ‘ in ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici, anche qualora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano la modifica dell’area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, la ricostruzione è comunque consentita nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti. Gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti per l’intervento possono essere realizzati anche con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell’altezza massima dell’edificio demolito, sempre nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti ‘.
La norma introduce in definitiva il principio secondo cui ogni opera di demolizione -ricostruzione, nel contesto di un intervento unitario, indipendentemente dalla qualificazione come ristrutturazione o nuova costruzione (‘in ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici’), può essere realizzato sulla linea di confine del fabbricato demolito, anche ove quest’ultimo risulti ‘legittimamente’ posto ad una distanza da fabbricati e da confini inferiore da quelle attualmente previste. La norma prosegue indicando la possibilità che anche eventuali ‘ incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti all’intervento ‘ possano essere collocati sul filo dell’edificio preesistente, anche fuori della sagoma e con superamento dell’altezza del manufatto demolito.
Così ricostruito il quadro normativo in relazione allo ‘ius superveniens’, è evidente come appaia necessaria una nuova indagine per verificare se nel caso di specie la nuova costruzione sia in linea oppure no con il regime emergente dalle modifiche legislative apportate. Di tanto dovrà farsi carico il giudice designato in sede di rinvio, per poter correttamente individuare la natura delle opere.
Ciò posto, ogni altra critica resta assorbita.
Il Giudice del rinvio statuirà anche in ordine al capo delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie, nei limiti di quanto esposto in motivazione, il secondo motivo, dichiara l’assorbimento nel resto e rinvia alla Corte d’appello di Firenze, in altra composizione, anche per il regolamento del capo delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio del 28 maggio 2025.