Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 9388 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 9388 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/04/2025
SENTENZA
R.G.N. 13345/20
U.P. 13/3/2025
Vendita -Preliminare -Recesso -Risoluzione per impossibilità sopravvenuta sul ricorso (iscritto al N.R.G. 13345/2020) proposto da:
COGNOME NOME (C.F.: TARGA_VEICOLO Z110A) e COGNOME NOME (C.F.: TARGA_VEICOLO CODICE_FISCALE), il primo, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME e, il secondo, rappresentato e difeso da sé medesimo ex art. 86 c.p.c., elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME;
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA, già RAGIONE_SOCIALE in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso con contestuale ricorso incidentale, dagli Avv.ti NOME COGNOME ed
NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso gli indirizzi PEC dei difensori;
-controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 5161/2019, pubblicata il 24 dicembre 2019, notificata a mezzo PEC il 9 gennaio 2020;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13 marzo 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME;
viste le conclusioni rassegnate nella memoria depositata dal P.M. ex art. 378, primo comma, c.p.c., in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del quinto motivo del ricorso principale e il rigetto dei restanti motivi di tale ricorso nonché del ricorso incidentale; conclusioni ribadite nel corso dell’udienza pubblica;
lette le memorie illustrative depositate nell’interesse delle parti, ai sensi dell’art. 378, secondo comma, c.p.c.;
sentiti , in sede di discussione orale all’udienza pubblica, l’Avv. NOME COGNOME per delega dell’Avv. NOME COGNOME per i ricorrenti e l’Avv. NOME COGNOME per delega dell’Avv. NOME COGNOMEper la controricorrente e ricorrente incidentale.
FATTI DI CAUSA
1. -Con atto di citazione notificato il 27 ottobre 2010, la RAGIONE_SOCIALE conveniva, davanti al Tribunale di Milano, la RAGIONE_SOCIALE nonché COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, quali soci della RAGIONE_SOCIALE chiedendo, in via principale, che fosse dichiarata la legittimità del
recesso esercitato il 29 maggio 2008 dal contratto preliminare di vendita, in suo favore, delle quote sociali della S.E.D.I. dell’8 agosto 2006, con la condanna -ex art. 20 del contratto preliminare e/o ex art. 1385 c.c. -della controparte alla restituzione del doppio della caparra confirmatoria versata e delle spese sostenute per il progetto commissionato ad Arethusa. In via subordinata, chiedeva che fosse pronunciata la risoluzione del contratto preliminare per grave inadempimento dei promittenti alienanti ex art. 1453 c.c. ovvero per impossibilità di esecuzione della prestazione ex artt. 1256, secondo comma, e 1463 c.c., con la condanna della controparte al risarcimento dei danni in misura pari a quanto versato a titolo di caparra confirmatoria e alla restituzione delle spese sostenute per il progetto commissionato ad Arethusa. In via di ulteriore subordine, chiedeva la condanna della controparte alla restituzione del doppio della caparra confirmatoria e delle spese sostenute per il progetto commissionato ad Arethusa ex art. 2041 c.c.
Si costituivano in giudizio COGNOME NOME e COGNOME NOME, i quali contestavano la fondatezza, in fatto e in diritto, delle domande avversarie e, in via riconvenzionale, chiedevano che fosse accertata la legittimità del recesso da essi esercitato dal contratto preliminare in data 9 luglio 2009.
All’udienza del 30 giugno 2014, preso atto dell’intervenuto accordo transattivo tra RAGIONE_SOCIALE da una parte, e RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME e COGNOME NOME, dall’altra, era dichiarata l’estinzione della causa limitatamente al rapporto tra l’attrice e i predetti tre convenuti ed il giudizio era proseguito nei confronti dei soli convenuti COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Nel corso del giudizio era ammessa consulenza tecnica d’ufficio.
Quindi, con sentenza n. 9145/2015, depositata il 29 luglio 2015, il Tribunale adito rigettava la domanda riconvenzionale proposta dai convenuti, accoglieva la domanda principale di accertamento della legittimità del recesso esercitato dall’attrice e, per l’effetto, condannava COGNOME NOME al pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE, della somma di euro 76.000,00, oltre interessi al saggio legale dal 13 giugno 2008 sino all’effettivo soddisfo, nonché COGNOME NOME al pagamento, sempre in favore di RAGIONE_SOCIALE, della somma di euro 12.920,00, oltre interessi al saggio legale dal 21 giugno 2008 fino al saldo, ed ancora COGNOME Sebastiano al rimborso dell’ulteriore somma di euro 2.052,00, oltre interessi al saggio legale dal 15 novembre 2010 sino all’effettivo soddisfo, e COGNOME NOME al rimborso dell’ulteriore somma di euro 348,84, oltre interessi al saggio legale dal 19 novembre 2010 sino al saldo.
2. -Con atto di citazione notificato il 29 febbraio 2016, proponevano appello avverso la predetta decisione COGNOME NOME e COGNOME NOME, i quali chiedevano che fosse preliminarmente dichiarata la nullità della pronuncia impugnata e, nel merito, che essa fosse riformata, lamentando: 1) l’insussistenza dell’inadempimento dei soci di RAGIONE_SOCIALE; 2) la legittimità del recesso esercitato dai soci di RAGIONE_SOCIALE il 9 luglio 2009.
Si costituiva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, la quale, in via preliminare, chiedeva il rigetto dell’istanza di sospensione dell’esecutorietà della sentenza impugnata e
dell’istanza volta ad ottenere la dichiarazione di nullità della stessa e, nel merito, che l’appello fosse rigettato, con la conseguente conferma della pronuncia impugnata.
Con ordinanza del 22 giugno 2016 era sospesa l’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado, per non avere il Tribunale interrotto il giudizio a seguito della sospensione dall’albo del difensore dei convenuti COGNOME.
Quindi, con sentenza non definitiva n. 4518/2017, pubblicata il 27 ottobre 2017, era dichiarata la nullità della sentenza impugnata e la causa era rimessa sul ruolo per l’ulteriore istruttoria.
All’esito, erano dichiarate inammissibili le prove testimoniali richieste da RAGIONE_SOCIALE ed era disposta l’ammissione di una nuova consulenza tecnica d’ufficio.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Milano, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava la domanda volta ad accertare la legittimità del recesso esercitato da RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE dal contratto preliminare stipulato l’8 agosto 2006, rigettava la domanda volta ad ottenere la pronuncia di risoluzione del contratto preliminare per grave inadempimento dei promittenti alienanti, rigettava altresì la domanda atta ad ottenere l’accertamento della legittimità del recesso dal preliminare esercitato da COGNOME NOME e COGNOME NOME e accoglieva la domanda di RAGIONE_SOCIALE di accertamento della risoluzione del contratto preliminare per impossibilità di esecuzione della prestazione, condannando conseguentemente COGNOME NOME alla restituzione, in favore di RAGIONE_SOCIALE, della somma di euro 6.460,00, oltre interessi, e COGNOME NOME alla restituzione della somma di euro
38.000,00, oltre interessi, con la condanna, altresì, di COGNOME NOME e COGNOME NOME, in solido, a titolo di risarcimento danni, al pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE, della somma di euro 10.800,00, oltre interessi.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che, ai sensi dell’art. 20 del preliminare, il recesso di RAGIONE_SOCIALE sarebbe stato legittimo a fronte della sussistenza di una causa indicata dalla disposizione, qualora pregiudizievole e conosciuta dopo la sottoscrizione del contratto, ossia qualora, successivamente a detta sottoscrizione, fossero risultate a RAGIONE_SOCIALE iscrizioni e trascrizioni, oneri reali o personali, diritti di godimento validi e pregressi sulla RAGIONE_SOCIALE e/o sui terreni, pregiudizievoli e non dichiarate dalla promittente venditrice; b ) che, nel caso di specie, al tempo del recesso di RAGIONE_SOCIALE, non vi era alcuna causa legittimante del recesso, posto che la trascrizione del contratto preliminare del 27 giugno 2001, tra Valzasina NOME e COGNOME RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME, avente ad oggetto i terreni indirettamente interessati dal contratto preliminare concluso tra RAGIONE_SOCIALE e i soci di RAGIONE_SOCIALE, non aveva più effetti al mome nto della stipula di tale ultimo preliminare dell’8 agosto 2006 e del recesso esercitato da RAGIONE_SOCIALE il 29 maggio 2008, né era stata mai esercitata, in ragione di tale scrittura, un’azione di esecuzione specifica dell’obbligo a contrarre, ma solo di risoluzione; c ) che, pertanto, al tempo della sottoscrizione del preliminare dell’8 agosto 2006 e del recesso di RAGIONE_SOCIALE del 29 maggio 2008, non sussistevano oneri o diritti vantati da RAGIONE_SOCIALE, tanto più che i diritti pretesi dalla società terza
erano stati negati dalla sentenza n. 3971/2004 del 14 settembre 2004 del Tribunale di Monza (che aveva accolto la domanda di risoluzione della scrittura privata del 27 giugno 2001, come proposta da COGNOME NOME) e, al tempo del recesso della promissaria acquirente, tali diritti erano stati riconosciuti in modo non definitivo dalla sentenza della Corte d’appello di Milano n. 3419/2007 del 20 dicembre 2017 (che aveva rigettato la domanda di risoluzione spiegata dal COGNOME e aveva immesso immediatamente la RAGIONE_SOCIALE nel possesso dei terreni), in quanto non passata in giudicato e non esecutiva; d ) che anche la subordinata domanda di risoluzione del contratto per grave inadempimento dei promittenti alienanti, come proposta dalla promissaria acquirente RAGIONE_SOCIALE era infondata, poiché, al tempo della sottoscrizione del preliminare dell’8 agosto 2006, non sussistevano oneri o diritti di terzi sui terreni indirettamente oggetto del contratto e, pertanto, non vi era inadempienza dei COGNOME, in relaz ione all’obbligo di rendere edotta la controparte di eventuali oneri e diritti di terzi sulla cosa; e ) che era, invece, fondata la domanda di risoluzione del contratto per impossibilità di esecuzione, in quanto la prestazione imposta ad RAGIONE_SOCIALE dall’art. 14 del preliminare, in ordine alla predisposizione di un progetto per l’utilizzazione dei terreni quale discarica di rifiuti di materiale inerte o assimilabile agli inerti, si era estinta per impossibilità sopravvenuta; f ) che il contenzioso pendente tra Valzasina e RAGIONE_SOCIALE aveva costituito una situazione temporanea impeditiva dell’adempimento, non imputabile ad RAGIONE_SOCIALE, non prevedibile al momento del sorgere del rapporto obbligatorio e non superabile con lo sforzo esigibile dalla debitrice;
g ) che, infatti, come confermato dal consulente tecnico d’ufficio, ai fini della realizzazione dell’operazione sottesa al contratto preliminare, era necessaria la presentazione: -del progetto d’ambito ex art. 11 della legge regionale n. 14/1998 al Servizio cave della Provincia di Milano, da parte di RAGIONE_SOCIALE (che aveva sottoscritto il contratto preliminare al fine di garantire ad RAGIONE_SOCIALE la predisposizione di un progetto per l’escavazione di 890.000 mc. di materiali all’interno dell’ ATE G17); -solo in caso di approvazione del progetto d’ambito, del progetto attuativo ex art. 14 della legge regionale n. 14/1998 al Servizio cave della Provincia di Milano, ai fini di ottenere l’autorizzazione ex art. 12 all’attività estrattiva, da parte di Compagnia delle RAGIONE_SOCIALE; – infine, del progetto esecutivo della discarica di inerti ex art. 208 del d.lgs. n. 152/2006 al Servizio rifiuti della Provincia di Milano, da parte di RAGIONE_SOCIALE; h ) che RAGIONE_SOCIALE aveva diligentemente affidato alla società Arethusa, corrispondendole una somma di denaro, la predisposizione del progetto previsto dall’art. 14 del preliminare, sebbene la presentazione di tale progetto alle competenti autorità amministrative fosse impossibile per la pregiudiziale mancata formalizzazione dei progetti di cui era gravata RAGIONE_SOCIALE, mancata formalizzazione da collegarsi al contenzioso esistente con la ditta COGNOME che -pur non avendo terreni estrattivi -possedeva aree ricomprese nel perimetro dell’ATE e, pertanto, era soggetto interessato alla progettazione con riferimento al recupero ambientale delle aree di sua proprietà; i ) che, peraltro, la mancata presentazione dei progetti che dovevano essere predisposti da Compagnia delle RAGIONE_SOCIALE non era superabile dalla promissaria acquirente con
l’ordinaria diligenza, poiché, come era stato accertato dal consulente tecnico d’ufficio, RAGIONE_SOCIALE non avrebbe potuto presentare un progetto disgiunto di escavazione/ritombamento sui terreni oggetto del preliminare e tantomeno era presentabile un progetto congiunto o disgiunto di escavazione/ritombamento sulla sola porzione di aree non interessata dal contenzioso COGNOME, con la conseguenza che la circostanza impeditiva dell’adempimento aveva estinto l’obbligazione; l ) che, nella fattispecie , l’impedimento, per quanto transitorio, era perdurato fino a che il creditore non aveva manifestato il sopravvenuto difetto di interesse a conseguire la prestazione, in occasione del recesso esercitato, con la conseguente configurabilità dell’estinzione dell’obbligazione per impossibilità sopravvenuta di realizzazione della discarica sul terreno oggetto del preliminare; m ) che era infondata anche la domanda proposta da COGNOME NOME e COGNOME NOME di accertamento della legittimità del recesso dal preliminare esercitato il 9 luglio 2009, in ragione dell’inadempimento di RAGIONE_SOCIALE, che avrebbe receduto dal preliminare unilateralmente, senza giustificato motivo e senza aver predisposto il progetto di cui all’art. 14 del preliminare; n ) che la mancata presentazione del progetto, a cura di RAGIONE_SOCIALE non costituiva un suo inadempimento, in ragione dell’impossibili tà di eseguire la prestazione; o ) che, pertanto, il recesso esercitato dai COGNOME era illegittimo, poiché, al tempo del recesso, non si era verificato l’evento dedotto in condizione della mancata approvazione del progetto, né tantomeno si era cristallizzato l’inadempimento di RAGIONE_SOCIALE, e anche qualora l’evento condizionante o l’inadempimento si fossero verificati i Salaroli
non avrebbero avuto la facoltà di recedere, ma piuttosto di agire per ottenere una sentenza dichiarativa o costitutiva della risoluzione del contratto; p ) che, per effetto della risoluzione del preliminare per impossibilità sopravvenuta, COGNOME NOME e COGNOME NOME dovevano essere condannati alla restituzione delle somme ricevute nonché al pagamento, a titolo di risarcimento danni, della somma di euro 10.800,00, sborsata da RAGIONE_SOCIALE per l’elaborazione del progetto affidato ad Arethusa.
3. -Avverso la sentenza definitiva d’appello hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Ha resistito, con controricorso, la RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE che -a sua volta -ha proposto ricorso incidentale, articolato in due motivi.
Hanno resistito al ricorso incidentale, con controricorso, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Il Pubblico Ministero ha depositato memoria ex art. 378, primo comma, c.p.c., in cui ha rassegnato le conclusioni trascritte in epigrafe.
All’esito, le parti hanno depositato memorie illustrative, ai sensi dell’art. 378, secondo comma, c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo i ricorrenti principali denunciano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 1385 c.c. nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, per avere la Corte di merito respinto la domanda dei ricorrenti di accertamento della
legittimità del recesso da essi esercitato il 9 luglio 2009, disconoscendo la facoltà di esercizio del diritto potestativo di recesso, sebbene, per effetto del versamento della caparra confirmatoria, tale diritto avrebbe dovuto essere loro riconosciuto.
Osservano gli istanti che la negazione del diritto di pretendere l’accertamento dello scioglimento del contratto, in ragione del legittimo recesso esercitato e alla stregua dell’inadempimento contestato, con la conseguente limitazione della facoltà di agire solo per ottenere una sentenza dichiarativa o costitutiva di risoluzione del contratto, sarebbe stata erronea.
Né tantomeno la sentenza impugnata si sarebbe pronunciata, una volta esclusa la violazione dell’art. 14 del preliminare, sull’altro inadempimento ascritto alla promissaria acquirente, consistito nell’avere RAGIONE_SOCIALE dichiarato il proprio recesso con effetto immediato dal contratto, manifestando così la volontà di non adempiere agli obblighi derivanti dal preliminare, in assenza di qualsiasi presupposto affinché ciò potesse avvenire, sicché il recesso arbitrario della controparte avrebbe giustificato il legittimo esercizio del recesso a cura dei promettenti alienanti.
1.1. -Il motivo è infondato.
E ciò perché è dirimente il fatto che la sentenza impugnata abbia escluso la legittimità del recesso esercitato dai promittenti venditori il 9 luglio 2009 sulla scorta della mancata verificazione dell’evento dedotto nella condizione di cui all’art. 18 del contratto (ossia dell’omessa approvazione del progetto presentato) e dell’assenza di qualsiasi inadempimento imputabile ad RAGIONE_SOCIALE tale da legittimare la risoluzione del preliminare per impossibilità sopravvenuta di esecuzione della prestazione.
Ora, l’impossibilità sopravvenuta della prestazione, che derivi da causa non imputabile al debitore ai sensi dell’art. 1218 c.c., opera, paralizzandola, più propriamente in relazione ad una domanda di adempimento, determinando, essa, di diritto, nei contratti con prestazioni corrispettive, se definitiva, con la estinzione della relativa obbligazione, la risoluzione del contratto, ai sensi degli artt. 1463 e 1256, primo comma, c.c. (nella fattispecie si è richiamata l’ipotesi dell’impossibilità temporanea ex art. 1256, secondo comma, c.c., tale da determinare la sopravvenuta definitiva carenza di interesse: Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 8286 del 27/03/2024), con la conseguente applicazione delle norme generali sulla risoluzione ed in particolare di quella sulla retroattività, senza che si possa parlare di inadempimento colpevole (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 36329 del 23/11/2021; Sez. 2, Sentenza n. 1037 del 28/01/1995; Sez. 1, Sentenza n. 7580 del 22/12/1983).
Pertanto, la circostanza assorbente dell’intervenuta impossibilità non imputabile di esecuzione della prestazione escludeva qualsiasi rilievo delle ragioni di addebito specificamente contestate dalle parti a supporto del loro reciproco esercizio del diritto potestativo di recesso.
La sopravvenuta impossibilità della prestazione, se non è imputabile al debitore, determina, infatti, l’estinzione dell’obbligazione.
A fronte di questa ricostruzione, l’affermazione, seppure errata, di cui alla pronuncia impugnata, secondo cui i COGNOME non avrebbero avuto la facoltà di recedere (nonostante la previsione di una caparra confirmatoria), ma piuttosto di agire per ottenere una
sentenza dichiarativa o costitutiva della risoluzione del contratto, è del tutto ininfluente sull’esito decisorio, appunto perché tale rilievo è stato espressamente subordinato all’ipotesi non attinente alla fattispecie -che l’evento condizionante o l’inadempimento si fossero verificati.
Per converso, è stato rilevato che la mancata presentazione del progetto, a cura di RAGIONE_SOCIALE, non costituiva un suo inadempimento, in ragione dell’impossibilità di eseguire la prestazione.
2. -Con il secondo motivo i ricorrenti principali lamentano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 132, secondo comma, n. 4, e 112 c.p.c., per avere la Corte territoriale affermato che il recesso dei ricorrenti fosse illegittimo anzitutto poiché non si sarebbe verificato l’evento dedotto in condizione risolutiva nell’art. 18 del contratto (ossia per la mancata approvazione del progetto di discarica), esorbitando così dai limiti della mera qualificazione della domanda e sostituendo la causa petendi dedotta in giudizio dai promittenti alienanti con una causa fondata su un fatto diverso, in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
Obiettano gli istanti che, in ogni caso, sarebbe mancata qualsiasi statuizione sulla domanda di accertamento della legittimità del recesso esercitato dai promittenti venditori, in relazione all’inadempimento di RAGIONE_SOCIALE consistito nell’avere la stessa manifestato il proprio rifiuto di adempiere attraverso la dichiarazione scritta del 29 maggio 2008 di recesso dal contratto senza alcun giustificato motivo, con la conseguente omessa
pronuncia ovvero con motivazione apparente o perplessa o incomprensibile.
2.1. -Il motivo è infondato.
La Corte d’appello ha, infatti, escluso la legittimità del recesso esercitato dai promittenti alienanti (delle quote sociali) per la ragione assorbente che la prestazione rimessa alla promissaria acquirente non fosse eseguibile per causa non imputabile.
Dinanzi a tale ragione dirimente il fatto che la promissaria acquirente avesse esercitato, a sua volta, il recesso, senza che vi fosse stato un inadempimento ascrivibile alla controparte, rifiutando di adempiere alla propria prestazione, non avrebbe potuto comunque legittimare il recesso dei promittenti venditori.
L’oggettiva impossibilità sopravvenuta della prestazione ne rappresenta, infatti, un’insuperabile ragione ostativa, poiché il recesso ingiustificato si è comunque innestato su una situazione di fatto cristallizzata che impediva l’adempimento della prestazione.
3. -Con il terzo motivo i ricorrenti principali prospettano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 4 e 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 132, secondo comma, n. 4, e 115 c.p.c. nonché la falsa applicazione della d.G.r. Lombardia 16 settembre 2002, n. 7/10316, per avere la Corte distrettuale motivato l’accoglimento della domanda di risoluzione per impossibilità temporanea della prestazione, oggetto di una delle obbligazioni contrattuali di RAGIONE_SOCIALE con argomenti perplessi e obiettivamente incomprensibili, poiché non avrebbe potuto parlarsi di mancata approvazione di un progetto di cui pacificamente non era mai stata chiesta l’approvazione e, al
contempo, non avrebbe potuto discorrersi di impossibilità di presentare un progetto, che non era stato mai presentato.
Assumono gli istanti che sarebbe mancato qualsiasi anello di congiunzione tra il fatto della mancata presentazione/approvazione del progetto, di cui era onerata RAGIONE_SOCIALE, e il fatto rappresentato dal contenzioso ValzasinaRAGIONE_SOCIALE
3.1. -Il motivo è infondato.
Anzitutto la censura deve essere depurata da tutti i rilievi che postulano una rivalutazione degli accertamenti in fatto, in ordine alle ragioni che hanno giustificato la risoluzione per impossibilità sopravvenuta non imputabile, rivalutazione che non può essere svolta in questa sede (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 32505 del 22/11/2023; Sez. 1, Ordinanza n. 5987 del 04/03/2021; Sez. U, Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; Sez. 65, Ordinanza n. 9097 del 07/04/2017; Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
Tanto premesso, le argomentazioni addotte per addivenire alla declaratoria di risoluzione per impossibilità sopravvenuta sono logiche e comprensibili.
Segnatamente, tale declaratoria è stata basata sulla circostanza che la prestazione imposta ad RAGIONE_SOCIALE dall’art. 14 del preliminare, in ordine alla predisposizione di un progetto per l’utilizzazione dei terreni quale discarica di rifiuti di materiale inerte o assimilabile agli inerti, non era esigibile, in quanto ciò avrebbe presupposto la necessaria presentazione: – del progetto d’ambito ex art. 11 della legge regionale n. 14/1998 al Servizio cave della Provincia di Milano, da parte di Compagnia delle Cave
RAGIONE_SOCIALE (che aveva sottoscritto il contratto preliminare al fine di garantire ad RAGIONE_SOCIALE la predisposizione di un progetto per l’escavazione di 890.000 mc. di materiali all’interno dell’ATE G17); -solo in caso di approvazione del progetto d’ambito, del progetto attuativo ex art. 14 della legge regionale n. 14/1998 al Servizio cave della Provincia di Milano, ai fini di ottenere l’autorizzazione ex art. 12 all’attività estrattiva, da parte di Compagnia delle RAGIONE_SOCIALE; – infine, del progetto esecutivo della discarica di inerti ex art. 208 del d.lgs. n. 152/2006 al Servizio rifiuti della Provincia di Milano, da parte di RAGIONE_SOCIALE
Ebbene, per un verso, la Corte d’appello ha evidenziato che RAGIONE_SOCIALE si fosse attivata ai fini della predisposizione di detto progetto, affidando alla società Arethusa il compito di predisposizione del progetto previsto dall’art. 14 del preliminare.
Per altro verso, è stato puntualizzato che la presentazione di tale progetto alle competenti autorità amministrative sarebbe stata comunque impossibile per la pregiudiziale mancata formalizzazione dei progetti di cui era onerata RAGIONE_SOCIALE, mancata formalizzazione da collegarsi al contenzioso esistente con la ditta COGNOME che -pur non avendo terreni estrattivi -possedeva aree ricomprese nel perimetro dell’ATE e, pertanto, era soggetto interessato alla progettazione con riferimento al recupero ambientale delle aree di sua proprietà.
Ma vi è di più. La Corte territoriale ha altresì precisato che la mancata presentazione dei progetti che dovevano essere predisposti da RAGIONE_SOCIALE non sarebbe stata superabile dalla promissaria acquirente con l’ordinaria diligenza, poiché, come era stato accertato dal consulente tecnico d’ufficio,
RAGIONE_SOCIALE non avrebbe potuto presentare un progetto disgiunto di escavazione/ritombamento sui terreni oggetto del preliminare e tantomeno sarebbe stato presentabile un progetto congiunto o disgiunto di escavazione/ritombamento sulla sola porzione di aree non interessata dal contenzioso Valzasina-COGNOME, con la conseguenza che la circostanza impeditiva dell’adempimento aveva estinto l’obbligazione.
Ed invero, ha aggiunto la pronuncia impugnata, l’impedimento addotto, per quanto transitorio, era perdurato fino a che il creditore non aveva manifestato il sopravvenuto difetto di interesse a conseguire la prestazione, in occasione del recesso esercitato, con la conseguente configurabilità dell’estinzione dell’obbligazione per impossibilità sopravvenuta di realizzazione della discarica sul terreno oggetto del preliminare.
Il contenzioso ValzasinaRAGIONE_SOCIALECOGNOME, dunque, è stato individuato come ragione presupposta, ostativa della collaborazione della RAGIONE_SOCIALE, ossia come causa (soggettiva) della mancata presentazione, a cura di quest’ultima, della progettazione pregiudiziale d’ambito e attuativa.
4. -Con il quarto motivo i ricorrenti principali contestano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 4 e 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 132, secondo comma, n. 4, e 115 c.p.c. nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 13 e 14 del contratto preliminare e degli artt. 1228, 1697, 1218, 1256, 1363 ( recte 1463) e 1385 c.c., per avere la Corte del gravame sostenuto che la mancata presentazione del progetto fosse stata la conseguenza di uno stallo in cui Compagnia delle Cave si sarebbe autonomamente e volontariamente posizionata, a fronte
dell’indisponibilità della ditta COGNOME a presentare un progetto congiunto, senza che RAGIONE_SOCIALE avesse mai dedotto, né chiesto di provare, che questa fosse stata la situazione caratterizzante della fattispecie concreta oggetto di causa, avendo, invece, RAGIONE_SOCIALE evocato l’impossibilità conseguente al fatto che le quote di RAGIONE_SOCIALE fossero state definitivamente trasferite nel 2010 ad altra persona giuridica, sicché l’oggetto del contratto sarebbe venuto meno con la certa impossibilità di esecuzione dello stesso.
Né avrebbe potuto ritenersi che l’impossibilità temporanea non fosse imputabile a RAGIONE_SOCIALE, poiché gli artt. 13 e 14 del preliminare avrebbero imposto a RAGIONE_SOCIALE di predisporre la propria parte di progetto, di coordinarsi con la Compagnia delle RAGIONE_SOCIALE per accorpare i due progetti ai fini della loro presentazione, di far valere verso RAGIONE_SOCIALE il proprio diritto di pretendere dalla stessa la redazione della parte relativa all’escavazione del progetto preordinata al rilascio dell’autorizzazione di cava e discarica, senza che fosse sufficiente il mero affidamento dell’incarico alla società Arethusa per la predisposizione del progetto previsto dall’art. 14 del contratto.
Sicché, in assenza di allegazione e prova, da parte di RAGIONE_SOCIALE, del fatto che tale scelta di non presentazione del progetto, a tre anni di distanza dalla stipula del contratto, fosse stata ascrivibile alla sola RAGIONE_SOCIALE, e non invece condivisa anche da RAGIONE_SOCIALE, l’impossibilità dedotta avrebbe dovuto essere imputata alla promissaria acquirente.
4.1. -Il motivo è infondato.
In primis , l’impossibilità sopravvenuta addotta da RAGIONE_SOCIALE atteneva anche all’impedimento alla presentazione
della progettazione volta a consentire la realizzazione della discarica, il che avrebbe postulato un sinergico collegamento con l’attività di escavazione rimessa alla Compagnia delle Cave, tanto da indurre il giudicante ad ammettere la consulenza tecnica d’ufficio.
In secondo luogo, la pronuncia d’appello ha specificamente accertato che l’impossibilità della prestazione cui RAGIONE_SOCIALE si era obbligata, ai sensi dell’art. 14 del preliminare, non era a sé imputabile.
In specie, si è fatto riferimento, non solo alla mancata collaborazione di RAGIONE_SOCIALE, che non si era attivata per la presentazione della progettazione d’ambito e di quella attuativa, ma anche alla circostanza che RAGIONE_SOCIALE non avrebbe potuto scavalcare tale ostacolo.
Infatti, quest’ultima non avrebbe potuto presentare un progetto disgiunto di escavazione/ritombamento sui terreni oggetto del preliminare e tantomeno sarebbe stato presentabile un progetto congiunto o disgiunto di escavazione/ritombamento sulla sola porzione di aree non interessata dal contenzioso Valzasina-COGNOME, secondo le risultanze delle svolte indagini peritali.
5. -Con il quinto motivo i ricorrenti principali si dolgono, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., della violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1463, 2033, 2697 e 2041 c.c., per avere la Corte d’appello condannato i ricorrenti al pagamento, in solido, a titolo di risarcimento danni, in favore di RAGIONE_SOCIALE, della somma di euro 10.800,00, corrispondente all’importo versato da RAGIONE_SOCIALE ad Arethusa quale acconto per la
predisposizione del progetto di discarica, sebbene l’obbligo di risarcimento del danno possa essere disposto solo in caso di inadempimento, che nella fattispecie sarebbe stato espressamente escluso a carico dei COGNOME.
Sicché, per effetto della risoluzione per impossibilità sopravvenuta, si sarebbe potuta disporre la sola condanna alle restituzioni, ma non al risarcimento dei danni.
Tanto più che l’obbligo di rimborso sarebbe stato parziario e non solidale.
5.1. -Il motivo è fondato.
Infatti, la pronuncia di risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta dell’esecuzione, in quanto fondata su un fatto estraneo alla sfera di imputabilità dei contraenti, dà luogo ai soli obblighi restitutori derivanti dallo scioglimento del vincolo contrattuale, essendo le prestazioni rese divenute indebite, ma non consente di condannare il debitore al risarcimento dei danni, che presuppone l’inadempimento della controparte (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 23209 del 31/07/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 11466 del 15/06/2020; Sez. 2, Sentenza n. 23490 del 05/11/2009).
Né si può prendere atto delle ragioni giustificative ulteriori della pretesa, come prospettate dalla RAGIONE_SOCIALE con il controricorso: a titolo di indennizzo ai sensi dell’art. 1328 c.c., al fine di tutelare l’affidamento della buona fede della parte che subisca, senza colpa, gli effetti della causa di scioglimento del vincolo contrattuale; – ex artt. 2033 e 2041 c.c., avendo riportato comunque i Salaroli un indebito arricchimento dall’avvenuta esecuzione dell’attività progettuale da parte di RAGIONE_SOCIALE ‘sebbene lo stesso sia indiretto e subordinato all’espletamento
delle attività necessarie alla ripresa del progetto medesimo’. In proposito, la controricorrente rileva che si tratterebbe di domande in ogni caso proposte in sede di merito, che il giudice sarebbe comunque tenuto ad accordare anche d’ufficio.
Sotto il primo profilo, il giudizio di cassazione ha, per sua natura, la funzione di controllare la difformità della decisione del giudice di merito dalle norme e dai principi di diritto, sicché sono precluse non soltanto le domande nuove, ma anche nuove questioni di diritto, qualora queste postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito che, come tali, sono esorbitanti dal giudizio di legittimità (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 15196 del 12/06/2018; Sez. 2, Sentenza n. 19350 del 04/10/2005; Sez. 1, Sentenza n. 14848 del 16/11/2000).
Quanto al secondo aspetto, nelle conclusioni rassegnate nel giudizio di gravame, come riportate nella sentenza impugnata, si allude testualmente alla sola richiesta integrativa di ‘rimborso della somma di euro 10.800,00, a titolo di spese per il progetto ex art. 14 del contratto preliminare commissionato ad RAGIONE_SOCIALE‘ (concetto di rimborso già in sé non conferente con quello di arricchimento senza causa). Mentre il riferimento, del tutto generico, all’art. 2041 c.c. non risulta supportato da alcuna specifica deduzione circa la disponibilità dei progetti -di cui è stata demandata la redazione al terzo -in favore dei COGNOME e circa l’ utilitas da questi percepita (anzi la ricorrente incidentale evoca espressamente un ipotetico vantaggio ‘indiretto e subordinato’).
6. -Con il primo motivo la ricorrente incidentale rileva, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione e
falsa applicazione degli artt. 1173, 1337, 1343, 1358, 1385, 1360, 1362, 1363, 1366, 1375 c.c. e della clausola n. 20 del contratto nonché l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte di merito disatteso la domanda di accertamento della legittimità del recesso esercitato dalla promissaria acquirente, con la condanna dei promittenti alienanti alla restituzione del doppio della caparra versata.
Sostiene, in proposito, l’istante che tale rigetto sarebbe avvenuto all’esito di un macroscopico travisamento dei fatti e di una motivazione contraddittoria, avendo la Corte d’appello da un lato -correttamente riconosciuto che il contenzioso pendente tra Valzasina e RAGIONE_SOCIALE avesse costituito una situazione temporanea impeditiva dell’adempimento non imputabile ad RAGIONE_SOCIALE non prevedibile al momento del sorgere del rapporto obbligatorio e non superabile con lo sforzo esigibile dalla debitrice, e -dall’altro escluso che la sottaciuta pendenza di questo contenzioso, da parte dei promittenti venditori, integrasse un grave inadempimento suscettibile di giustificare il recesso.
Al contrario, espone la ricorrente incidentale che, anche alla luce dell’applicazione dei criteri ermeneutici del contratto, la volontà delle parti sarebbe stata quella di riconoscere la possibilità di recesso in presenza di oneri reali o personali e, quindi, di qualsivoglia circostanza suscettibile di rendere impossibile la realizzazione della discarica di inerti, sicché i COGNOME avrebbero agito in malafede, omettendo di dichiarare che sui terreni esisteva un contenzioso dagli effetti paralizzanti, durato per anni, in violazione dei principi di correttezza e buona fede.
6.1. -Il motivo è infondato.
Anzitutto, la violazione di cui all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. deve avere ad oggetto norme di diritto e non gli articoli del contratto di diritto comune concluso tra le parti.
Tanto esposto, la sentenza impugnata ha puntualizzato che la scrittura privata autenticata e trascritta, contenente preliminare di vendita di una quota dei terreni Valzasina in favore della RAGIONE_SOCIALE, non costituiva un peso rilevante, posto che gli effetti della trascrizione erano cessati e che nessuna privazione del bene si era realizzata, in ragione del mancato passaggio in giudicato della sentenza d’appello che aveva rigettato la domanda di risoluzione di tale preliminare, come proposta da Valzasina NOME.
Sicché la Corte d’appello ha dato atto che nessuna inibitoria, quantomeno diretta, del programma di realizzazione di una discarica sarebbe derivata dalla esistenza di tale contenzioso.
Contenzioso che ha avuto una rilevanza solo indiretta, tale da indurre la RAGIONE_SOCIALE a non prestare la propria collaborazione nella progettazione propedeutica alla realizzazione dell’attività di estrazione e di successiva discarica, così da giustificare la declaratoria di risoluzione per impossibilità sopravvenuta del preliminare di vendita concluso tra le parti l’8 agosto 2006.
Solo la mancata presentazione dei progetti d’ambito e attuativi, a cura di RAGIONE_SOCIALE, ha costituito la causa immediata della rilevata impossibilità (sebbene il contenzioso Valzasina-COGNOME abbia indotto RAGIONE_SOCIALE a non prestare la sua collaborazione nella progettazione).
7. -Con il secondo motivo la ricorrente incidentale deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1173, 1328, 1337, 1343, 1358, 1385, 1360, 1362, 1363, 1366, 1375, 1453, 2033, 2041 c.c. e della clausola n. 20 del contratto nonché l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte distrettuale respinto le domande subordinate proposte da RAGIONE_SOCIALE volte ad ottenere la pronuncia di risoluzione del contratto per inadempimento della controparte, allo scopo di conseguire la condanna dei COGNOME alla restituzione della caparra versata e della somma corrisposta per la progettazione, pari ad euro 10.800,00.
Divisa l’istante che tale importo sarebbe stato versato alla Arethusa in buona fede, sicché -alla luce del mancato riferimento alla predetta scrittura privata autenticata -esso avrebbe dovuto essere rimborsato, quantomeno a titolo di indennizzo o di indebito arricchimento.
7.1. -Il motivo è infondato.
La pronuncia d’appello ha specificato che, ai sensi dell’art. 20 del preliminare, il recesso di RAGIONE_SOCIALE sarebbe stato legittimo a fronte della sussistenza di una causa indicata dalla disposizione, qualora pregiudizievole e conosciuta dopo la sottoscrizione del contratto, ossia qualora, successivamente a detta sottoscrizione, fossero risultate a RAGIONE_SOCIALE iscrizioni e trascrizioni, oneri reali o personali, diritti di godimento validi e pregressi sulla S.E.D.I. e/o sui terreni, pregiudizievoli e non dichiarate dalla promittente venditrice.
Dopodiché è stato escluso che la scrittura privata autenticata Valzasina-COGNOME del 27 giugno 2001, al tempo del recesso di RAGIONE_SOCIALE costituisse causa legittimante del recesso per le ragioni innanzi esposte, ossia per la sua inidoneità in sé ad incidere sul programma di realizzazione della discarica.
Ne discende che tale fatto non avrebbe potuto legittimare la pronuncia di risoluzione per inadempimento dei promittenti alienanti.
8. -In definitiva, il quinto motivo del ricorso principale deve essere accolto mentre i restanti motivi del ricorso principale e il ricorso incidentale devono essere disattesi.
La sentenza impugnata va, dunque, cassata, limitatamente al motivo accolto, e -non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto ex art. 384, secondo comma, c.p.c. -la causa deve essere decisa nel merito, rigettando la domanda risarcitoria proposta da RAGIONE_SOCIALE (di cui al capo n. 7 della sentenza impugnata) -non essendovi in nuce i presupposti per l’accoglimento della subordinata domanda proposta di arricchimento senza causa -, poiché la declaratoria di risoluzione per impossibilità sopravvenuta non imputabile giustifica le sole condanne restitutorie, ma non la domanda risarcitoria per inadempimento colpevole, restando ferme le altre statuizioni sostanziali della pronuncia d’appello.
Tenuto conto della soccombenza globale reciproca non paritaria nella causa, le spese e compensi di lite devono essere compensati per metà ex art. 92, secondo comma, c.p.c. mentre la residua metà segue la soccombenza prevalente, con liquidazione come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
accoglie il quinto motivo del ricorso principale, rigetta i rimanenti motivi del ricorso principale e il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo la causa nel merito, rigetta la domanda risarcitoria proposta da RAGIONE_SOCIALE contro COGNOME NOME e COGNOME NOME. Compensa per metà le spese di lite e condanna COGNOME NOME e COGNOME NOME, in solido, alla refusione, in favore di RAGIONE_SOCIALE, della residua metà di tali spese, che liquida -per l’intero , per il giudizio di primo grado, in euro 6.000,00, per il giudizio d’appello, in euro 8.000,00 e, per il giudizio di legittimità, in euro 3.600,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge, ponendo definitivamente il compenso di consulenza tecnica d’ufficio, come già liquidato, a carico di entrambe le parti, ciascuna tenuta per metà.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda