Domanda di Risoluzione Implicita del Contratto: Quando è Valida?
Nel diritto processuale vige il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, ma cosa accade quando la volontà di una parte emerge implicitamente dai suoi atti? Una recente ordinanza della Corte d’Appello di Ancona affronta proprio il tema della risoluzione implicita del contratto, chiarendo che la sostanza delle richieste prevale sulla loro formulazione letterale. Questo principio, sostenuto dalla consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, permette di considerare validamente proposta una domanda di risoluzione anche se non esplicitata formalmente nell’atto introduttivo.
Il Caso: La Domanda di Risoluzione Tardiva
La controversia nasce da un accordo stipulato nel 2018, in base al quale due tecnici avrebbero dovuto svolgere determinate prestazioni. Una delle parti, ritenendo che i tecnici fossero inadempienti, avviava un’azione legale. Tuttavia, la richiesta formale di risoluzione del contratto veniva inserita soltanto nella precisazione delle conclusioni, ovvero nella fase finale del giudizio di primo grado. Il giudice di prime cure aveva dichiarato tale domanda inammissibile, presumibilmente per tardività. La decisione è stata però impugnata, portando il caso all’attenzione della Corte d’Appello.
La Decisione della Corte d’Appello sulla Risoluzione Implicita
La Corte d’Appello ha ribaltato la prospettiva del primo giudice. Secondo l’ordinanza, sebbene la domanda di risoluzione fosse stata formalizzata solo alla fine, essa doveva considerarsi implicitamente contenuta sin dall’atto introduttivo. In tale atto, infatti, la parte attrice aveva già chiaramente lamentato l’inadempimento dei tecnici rispetto all’accordo, un’allegazione che di per sé presuppone la volontà di non voler più proseguire il rapporto contrattuale.
La Corte ha sottolineato che le richieste avanzate erano del tutto incompatibili con il mantenimento dell’accordo. Non vi era alcuna intenzione di “conservare” il contratto; al contrario, tutto lasciava intendere che l’obiettivo fosse quello di porvi fine a causa della mancata esecuzione delle prestazioni pattuite.
Il Principio della Risoluzione Implicita secondo la Cassazione
Il ragionamento della Corte d’Appello si fonda su un orientamento consolidato della Corte di Cassazione. La giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che la volontà di risolvere un contratto per inadempimento non deve necessariamente derivare da una domanda espressa. Essa può essere desunta da altre richieste, eccezioni o domande che, per loro natura, presuppongono lo scioglimento del vincolo.
Un esempio classico citato è la domanda di restituzione della somma corrisposta per una prestazione mai ricevuta. Tale richiesta è logicamente incompatibile con la volontà di ottenere l’adempimento del contratto e, pertanto, implica la volontà di risolverlo.
Nessuna Mutatio Libelli
La Corte ha anche precisato che, in un contesto simile, non si può parlare di una modifica inammissibile della domanda (mutatio libelli). Poiché l’intenzione di risolvere il contratto era già insita nelle allegazioni e nelle richieste iniziali, la sua successiva esplicitazione rappresenta una mera precisazione (emendatio) e non un’alterazione sostanziale della domanda originaria.
Le motivazioni
La motivazione centrale della Corte risiede nel principio di prevalenza della sostanza sulla forma. La volontà di una parte deve essere interpretata analizzando il complesso delle sue richieste e allegazioni. Se una parte lamenta un inadempimento grave e formula richieste (come la restituzione di somme o il risarcimento del danno) che non avrebbero senso se il contratto dovesse continuare, la sua intenzione di risolvere il rapporto è palese. Ritenere inammissibile la domanda di risoluzione solo perché non è stata usata la terminologia esatta fin dall’inizio sarebbe un’eccessiva formalità che tradirebbe lo scopo della giustizia. La Corte ha quindi applicato l’orientamento consolidato della Cassazione, secondo cui la domanda di risoluzione è implicita in ogni richiesta che presuppone lo scioglimento del vincolo contrattuale, evitando così di incorrere in una questione di mutatio libelli.
Le conclusioni
In conclusione, l’ordinanza della Corte d’Appello di Ancona riafferma un importante principio di flessibilità processuale. Le parti in causa non sono vincolate a una rigidità terminologica, purché la loro volontà sia chiaramente desumibile dal contenuto complessivo dei loro atti. Questa decisione implica che una domanda di risarcimento del danno per inadempimento totale o di restituzione di un pagamento può essere sufficiente a integrare una domanda di risoluzione implicita, senza che sia necessario formularla espressamente. La Corte ha quindi confermato la sospensione dell’esecutività della sentenza di primo grado e ha fissato la data per la decisione finale, assegnando alle parti i termini per il deposito degli atti conclusivi.
È possibile chiedere la risoluzione di un contratto anche se non è stato richiesto espressamente nell’atto iniziale?
Sì, secondo l’ordinanza, la volontà di risolvere un contratto può essere considerata implicitamente contenuta in altre domande (come la restituzione di una somma o il risarcimento per inadempimento) che presuppongono lo scioglimento dell’accordo, anche se la richiesta formale di risoluzione è formulata solo nelle conclusioni finali.
Quando una richiesta può essere considerata una “risoluzione implicita”?
Una richiesta può essere considerata una risoluzione implicita quando è incompatibile con la volontà di mantenere in vita il contratto. Ad esempio, chiedere la restituzione totale di quanto pagato per una prestazione non eseguita presuppone che non si voglia più l’adempimento di quel contratto.
Formulare una richiesta di risoluzione solo alla fine del processo costituisce una modifica inammissibile della domanda (mutatio libelli)?
No, l’ordinanza chiarisce che se l’intenzione di risolvere il contratto era già desumibile implicitamente dall’atto introduttivo (ad esempio, dalla contestazione di un grave inadempimento e da richieste incompatibili con la sua prosecuzione), la sua esplicitazione successiva non costituisce una modifica inammissibile della domanda, ma una sua semplice precisazione.
Testo del provvedimento
ORDINANZA CORTE DI APPELLO DI ANCONA – N. R.G. 00000444-1 2025 DEPOSITO MINUTA 29 10 2025 PUBBLICAZIONE 29 10 2025
NUMERO_DOCUMENTO
CORTE DI APPELLO DI ANCONA
I^ Sezione Civile
Riunita in camera di consiglio con l’intervento dei sigg. magistrati
Dott.
NOME
NOME
Presidente COGNOME.
Dott.
NOME
COGNOME
Consigliere
Dott.
NOME COGNOME
Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
A scioglimento della riserva si deve osservare che, sebbene la domanda di risoluzione sia formalmente contenuta soltanto nella precisazione delle conclusioni, la medesima deve essere considerata come implicitamente formulata sin da ll’atto introduttivo in quanto nello stesso si legge che i due tecnici sarebbero inadempienti rispetto all’accordo d el 28.05.2018 (o subordinatamente responsabili ex 2043 c.c.).
E’ ben vero che la domanda è stata dichiarata inammissibile dal giudice a quo ma anche questa decisione è stata gravata da un motivo di appello.
Sul punto la giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente precisato che : ‘ Certo la volontà di risolvere un contratto per inadempimento non deve necessariamente risultare da una domanda espressamente proposta dalla parte in giudizio, ben potendo implicitamente essere contenuta in altra domanda, eccezione o richiesta, sia pure di diverso contenuto, che presupponga una domanda di risoluzione (cfr. Cass. 5.10.2009, n. 21230; in tale occasione la domanda di risoluzione è stata giudicata implicita in quella di restituzione della somma corrisposta per una prestazione inadempiuta; Cass. (ord.) 23.10.2017, n. 24947; Cass. 16.9.2013, n. 21113). ‘ per poi escludere in quella fattispecie la domanda di risoluzione in quanto il proposito iniziale era stato quello ‘ di “conservare”, attraverso, appunto, l’assunta iniziativa giudiziaria, il rapporto nei limiti del “valore economicamente utile. ” (Cassazione civile sez. II – 18/09/2020, n. 19513).
Ovviamente in una tale ricostruzione risulta totalmente estranea ogni questione di mutatio o emendatio libelli
Nel casso di specie le richieste risultano incompatibili con il mantenimento dell’accordo e con il previsto impegno alla identificazione e quantificazione dei lavori che non può certo ritenersi ancora operante né può affermarsi che l’allora ditta attrice abbia inteso conservarlo.
P.T.M.
Conferma la già disposta sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza;
Fissa per la rimessione della causa in decisione la data del 11.01.2027 assegnando termine ai sensi dell’art. 127 ter c.p.c. per il deposito di note in sostituzione di udienza entro la predetta data.
Assegna alle parti, ai sensi dell’art. 352 c.p.c., i seguenti termini perentori, a ritroso, decorrenti dalla suddetta data:
60 giorni per il deposito di note scritte contenenti la sola precisazione delle conclusioni;
30 giorni per il deposito delle comparse conclusionali;
15 giorni per il deposito delle note di replica.
Si comunichi.
Ancona, 28.10.2025
Il Presidente
NOME COGNOME