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Risoluzione contratto somministrazione: non basta

Un condominio ha richiesto la risoluzione contratto somministrazione con il proprio fornitore di energia a causa di ripetuti disservizi. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando le decisioni dei gradi precedenti. I giudici hanno stabilito che gli inadempimenti non erano sufficientemente gravi da giustificare la risoluzione, tenendo conto anche della condotta del condominio (pagamenti parziali) e del fatto che una delle interruzioni era imputabile al fornitore ‘a monte’, escludendo la responsabilità del venditore finale.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Risoluzione Contratto Somministrazione: Quando l’Inadempimento Non È Abbastanza Grave

La risoluzione contratto somministrazione è uno strumento a tutela della parte che subisce un inadempimento, ma il suo esercizio non è automatico né scontato. Con l’ordinanza n. 2533/2024, la Corte di Cassazione ha ribadito alcuni principi fondamentali, chiarendo che non ogni interruzione di servizio giustifica la fine del rapporto contrattuale, soprattutto quando la condotta del creditore non è esente da censure.

I Fatti di Causa

Un condominio citava in giudizio una società fornitrice di energia (una ESCO), chiedendo la risoluzione del contratto di somministrazione a causa di una serie di interruzioni del servizio. Questi disservizi avevano causato notevoli disagi, tra cui la mancanza di acqua calda, riscaldamento ed energia elettrica, nonché l’allagamento di locali e il blocco di cancelli automatici. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto la domanda del condominio, ritenendo che l’inadempimento della società fornitrice non fosse di ‘non scarsa importanza’, come richiesto dalla legge per la risoluzione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del condominio, confermando la decisione dei giudici di merito. La decisione si basa su un’attenta analisi dei singoli episodi di inadempimento e sull’applicazione di consolidati principi in materia di contratti, responsabilità e procedura civile.

Le Motivazioni

La Corte ha articolato le sue motivazioni su quattro pilastri fondamentali.

1. La Valutazione Comparativa degli Inadempimenti Reciproci

In relazione a una delle interruzioni, i giudici hanno evidenziato come il comportamento del condominio non fosse irreprensibile. A fronte di fatture scadute, il condominio aveva optato per un pagamento frazionato unilaterale e non aveva risposto ai solleciti né alla richiesta di inviare la contabile del pagamento. La Corte ha ritenuto che, sebbene vi fosse un inadempimento della società fornitrice, la mancata collaborazione del condominio avesse contribuito alla situazione. Il principio di buona fede impone infatti a entrambe le parti un dovere di cooperazione per preservare gli interessi reciproci.

2. La Responsabilità per il Fatto del Fornitore ‘a Monte’

Un’altra interruzione era stata causata da un errore amministrativo del fornitore ‘all’ingrosso’ della società convenuta. La Cassazione ha confermato che il rivenditore finale di energia non può essere ritenuto responsabile, ai sensi dell’art. 1228 c.c., per i disservizi dovuti a malfunzionamenti della rete di trasmissione o a errori dei gestori e grossisti. Questi ultimi, infatti, non sono considerati ‘ausiliari’ del rivenditore, in quanto quest’ultimo non ha alcun potere di direzione e controllo sul loro operato.

3. Il Divieto di Introdurre Nuove Domande in Corso di Causa

Il condominio aveva tentato di introdurre nel processo un nuovo inadempimento, verificatosi dopo l’inizio della causa. La Corte ha dichiarato tale tentativo inammissibile. L’introduzione di un nuovo fatto generatore di inadempimento costituisce una mutazione della domanda (causa petendi) e dell’oggetto della prova (thema probandum) non consentita dalle preclusioni processuali.

4. La Valutazione della Gravità nella risoluzione contratto somministrazione

Il punto cruciale della decisione riguarda la valutazione della gravità dell’inadempimento (art. 1455 c.c.). La Corte ha ribadito che tale valutazione è una questione di fatto, rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito. La risoluzione è un rimedio ‘estremo’ e può essere concessa solo quando l’inadempimento compromette in modo significativo l’interesse della parte non inadempiente. Nel caso di specie, i giudici di merito hanno ritenuto, con motivazione adeguata e priva di vizi logici, che le interruzioni, nel contesto complessivo del rapporto, non raggiungessero quella soglia di gravità tale da giustificare lo scioglimento del contratto.

Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione offre importanti spunti pratici. Per gli utenti e i consumatori, emerge che la richiesta di risoluzione del contratto non può essere avanzata con leggerezza: è necessario dimostrare un inadempimento grave e, al contempo, mantenere una condotta conforme a buona fede, adempiendo ai propri obblighi (come i pagamenti) e collaborando per la risoluzione dei problemi. Per i fornitori, la sentenza chiarisce i limiti della loro responsabilità, escludendola per eventi che sfuggono al loro controllo, come i guasti della rete nazionale o gli errori dei distributori. In sintesi, la stabilità dei rapporti contrattuali di durata, come la somministrazione, è un valore che l’ordinamento tutela, ammettendo la risoluzione solo come rimedio a violazioni di non scarsa importanza.

Un qualsiasi disservizio giustifica la risoluzione del contratto di somministrazione energetica?
No. Secondo la Corte, la risoluzione è un rimedio drastico che richiede un inadempimento di ‘non scarsa importanza’, valutato dal giudice tenendo conto dell’interesse della parte che lo subisce. Interruzioni brevi o risolte tempestivamente potrebbero non essere ritenute sufficientemente gravi.

La società che vende energia è sempre responsabile per le interruzioni causate dal suo fornitore all’ingrosso o dal gestore della rete?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il venditore finale, che si limita alla mera compravendita di energia, non risponde per i danni derivanti da malfunzionamenti della rete di trasmissione o da errori del fornitore ‘a monte’, poiché questi soggetti non sono considerati suoi ‘ausiliari’ sui quali esercita un controllo.

È possibile aggiungere in corso di causa la richiesta di risarcimento per nuovi inadempimenti verificatisi dopo l’inizio del processo?
Generalmente no. L’introduzione di un nuovo fatto generatore di inadempimento, diverso da quello originariamente contestato, costituisce una modifica non consentita della domanda e dell’oggetto della prova, in violazione delle preclusioni processuali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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