Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 11802 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 11802 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23544/2022 R.G., proposto da
RAGIONE_SOCIALE , in persona del presidente e legale rappresentante pro tempore ; rappresentat o e difeso dall’AVV_NOTAIO, in virtù di procura a margine del ricorso;
-ricorrente- nei confronti di
NOME COGNOME ; rappresentata e difesa dal l’ AVV_NOTAIO, in virtù di procura in calce al controricorso;
-controricorrente- per la cassazione RAGIONE_SOCIALE sentenza n. 710/2022 del la CORTE d’APPELLO di BARI, depositata il 12 maggio 2022, notificata il giorno 8 luglio 2022;
udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta nella camera di consiglio del giorno 11 marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
in data 17 maggio 2018, NOME COGNOME, proprietaria dell’immobile ubicato in RAGIONE_SOCIALE, alla INDIRIZZO, concesso in locazione all ‘ RAGIONE_SOCIALE, cui era succeduta la RAGIONE_SOCIALE, intimò alla conduttrice sfratto per morosità, deducendo il mancato pagamento delle mensilità da gennaio ad aprile 2018 per un totale di Euro 4.972,72 (da calcolarsi sull’importo rivalutato del canone mensile di Euro 1.244,93) e degli oneri condominiali dal 2016 sino alla data dell’intimazione , pari ad Euro 2.882,87, già anticipati al condominio dalla proprietaria;
la RAGIONE_SOCIALE, costituitasi in giudizio, si oppose alla convalida;
disposto il mutamento del rito e assegnato alle parti termine per l’integrazione degli atti fino al 20 febbraio 2019, con la memoria integrativa NOME COGNOME chiese che fosse pronunciata la risoluzione del contratto di locazione in applicazione RAGIONE_SOCIALE clausola risolutiva espressa ad esso apposta, ex art.1456 cod. civ., ovvero, in via subordinata, per grave inadempimento RAGIONE_SOCIALE conduttrice, ex art. 1453 cod. civ.;
la domanda fu parzialmente accolta dal Tribunale, che dichiarò la risoluzione del contratto e condannò la RAGIONE_SOCIALE al rilascio dell’immobile , ma -rilevato l’avvenuto pagamento dei canoni arretrati (sia pure con consistente ritardo, in data 23 maggio 2018, dopo la notifica dell’atto di intimazione di sfratto) -limitò l ‘ulteriore statuizione di condanna al pagamento dei soli oneri condominiali, peraltro nella misura (maggiore di quella indicata nell’atto di intimazione) di Euro 7.905,32;
la Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, in parziale accoglimento dell’impugnazione proposta dalla RAGIONE_SOCIALE, ha confermato la statuizione di risoluzione per inadempimento e l’ordine di rilascio;
invece, ha ridotto l’ ammontare degli oneri condominiali dovuti, oggetto dell’ulteriore statuizione di condanna, a ll’importo di Euro 2.387,76, sul rilievo che la somma richiesta con l’atto di intimazione (Euro 2.882,87) era stata pagata, sia pure in ritardo, con mandato del 2 agosto 2018, e che la maggior somma riconosciuta dal primo giudice contemplava non solo gli ulteriori oneri anticipati dall ‘ attrice sino al gennaio 2019 (epoca del l’ introduzione del processo contenzioso con rito lavoristico), ammissibilmente invocati con la memoria integrativa ex art. 426 cod. proc. civ. (e quantificabili, appunto, nella somma di Euro 2.387,76), ma anche gli oneri anticipati nel periodo successivo, sino al dicembre 2020, richiesti dalla sig.ra COGNOME in sede di udienza di discussione, con istanza da reputarsi inammissibile per inapplicabilità, agli oneri condominiali, del disposto di cui all’art. 664 , primo comma, cod. proc. civ., riguardante i soli canoni;
propone ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE, sulla base di tre motivi;
risponde NOME COGNOME con controricorso;
la trattazione del ricorso, già fissata per l’adunanza camerale del 10 dicembre 2024 (in vista RAGIONE_SOCIALE quale entrambe le parti avevano depositato memoria) è stata, previo rinvio a nuovo ruolo, effettuata all’odierna adunanza , in vista RAGIONE_SOCIALE quale la controricorrente ha depositato una ulteriore breve memoria, richiamando il contenuto RAGIONE_SOCIALE precedente;
il Pubblico Ministero non ha presentato conclusioni scritte.
Considerato che:
1. con il primo motivo viene denunciata ‘ Nullità RAGIONE_SOCIALE sentenza per violazione dell’art. 360 co. 1 n. 4) c.p.c. error in procedendo in relazione agli artt. 111 Cost., 416 c.p.c., 426 c.p.c. e 447bis co. 4 c.p.c.’ ;
la ricorrente lamenta che il giudice di primo grado, disposto il mutamento di rito, ai sensi dell’art. 426 cod. proc. civ., indebitamente avrebbe concesso alle parti un unico termine perentorio per integrare gli atti; osserva che la locatrice, con la memoria integrativa, aveva dichiarato per la prima volta di volersi avvalere RAGIONE_SOCIALE clausola risolutiva espressa apposta al contratto di locazione; sostiene che dinanzi alla possibilità (nella specie effettivamente verificatasi) che la controparte modificasse la domanda originaria, essa avrebbe dovuto essere messa in condizione di prendere posizione sui fatti nuovi da quella eventualmente dedotti, nonché di proporre eccezioni e domande riconvenzionali, in conformità al disposto di cui all’art. 416 cod. proc. civ.; il giudice avrebbe quindi dovuto concedere un doppio termine, mentre la concessione di un termine unico perentorio si sarebbe tradotta nella violazione del suo diritto di difesa e al contraddittorio, con conseguente nullità RAGIONE_SOCIALE sentenza;
1.1. il motivo è inammissibile per novità RAGIONE_SOCIALE censura;
la ricorrente non deduce che aveva proposto la doglianza tra i motivi d ‘ appello (con cui era stata impugnata, tra l’altro, la statuizione sulla domanda di risoluzione del contratto ex art. 1456 cod. civ., reputata nuova, ma non il presunto error in procedendo di concessione di un termine unico anziché doppio, ex art. 426 cod. proc. civ.), né ciò risulta dalla sentenza impugnata; deve dunque rilevarsi, in conformità a quanto dedotto dalla controricorrente, che, prospettandosi con la predetta doglianza una nullità RAGIONE_SOCIALE sentenza di primo grado, la stessa avrebbe dovuto essere denunciata con i relativi motivi di impugnazione
(arg. ex art. 161 cod. proc. civ.), mentre è inammissibile la sollevazione RAGIONE_SOCIALE questione per la prima volta in sede di legittimità;
1.2. ove la riferita assorbente ragione di inammissibilità non ne precludesse l’esame nel m erito, il primo motivo sarebbe anche infondato, non essendo in alcun modo dovuta la concessione di un doppio termine, e dovendo l’eventuale replica svolgersi secondo la modalità e la scansione dell’art. 420 cod. proc. civ.;
con il secondo motivo viene denunciata ‘ Nullità RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata per violazione delle norme processuali sulle prove, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 4) c.p.c., in relazione all’art. 111 Cost. e 437, 2° co., c.p.c. ‘;
la sentenza d’appello è censurata per avere confermato la decisione di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto che l’ammontare del canone mensile fosse pari all’importo rivalutato di Euro 1.244,93 (come preteso dalla locatrice con l’atto di intimazione) , anziché al minor importo non rivalutato di Euro 948,35 (come sostenuto dalla conduttrice sull’assunto che le maggiorazioni in base agli aggiornamenti ISTAT non le erano mai state richieste, secondo le modalità pattuite), traendo argomento da una sentenza del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, emessa tra le medesime parti e non più soggetta ad impugnazione, che, nel decidere l’opposizione ad un decreto ingiuntivo ottenuto dalla sigNOME nei confronti RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per il pagamento di mensilità non versate, aveva « ritenuto coperta da giudicato la questione sulla misura del canone » (pag.5 RAGIONE_SOCIALE decisione impugnata);
la ricorrente -premesso che tale sentenza era stata prodotta in giudizio unitamente alle note conclusive, al termine del processo d ‘ appello e senza che il deposito fosse stato autorizzato ex art. 437, secondo comma, cod. proc. civ. -reputa che tale produzione fosse
tardiva e lesiva del contraddittorio e che, conseguentemente, da essa non potesse trarsi la prova RAGIONE_SOCIALE fondatezza RAGIONE_SOCIALE pretesa RAGIONE_SOCIALE locatrice al canone rivalutato nella misura richiesta;
2.1. anche questo motivo è inammissibile, poiché non si confronta debitamente con la ratio RAGIONE_SOCIALE statuizione impugnata;
l a Corte d’appello ha r itenuto provata la controversa circostanza che la locatrice avesse richiesto gli aggiornamenti ISTAT alla conduttrice, in ragione RAGIONE_SOCIALE « mancata opposizione » di quest’ultima ai « decreti ingiuntivi per il pagamento dei canoni nella misura richiesta » ottenuti nei suoi confronti dalla prima, ciò che implicava che « su tale importo del canone nella misura mensile di Euro 1.244,93 si fosse formato il giudicato », e senza che assumesse rilievo la contestazione circa la mancata notifica dei predetti provvedimenti monitori, la quale, anzi, specie con riferimento a quello, tra essi, dichiarato esecutivo per mancanza di opposizione e munito RAGIONE_SOCIALE relativa formula, si palesava addirittura « inammissibile in questa sede » (pag.5 RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata);
il richiamo alla sentenza del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE che, in relazione ad altro decreto ingiuntivo invece opposto, aveva ritenuto coperta da giudicato la questione sulla misura del canone, è stato effettuato dalla Corte di merito ad abundantiam e si pone dunque al di fuori RAGIONE_SOCIALE ratio RAGIONE_SOCIALE statuizione emessa sul punto, sicché il motivo in esame è inammissibile;
con il terzo motivo viene denunciata ‘ Violazione e falsa applicazione di legge, ai sensi dell’art. 360, co. 1 n. 3), c.p.c. in relazione al combinato disposto degli artt. 658 c.p.c., 426 c.p.c. ed artt. 1453 c.c. e 1456 c.c. ‘ ;
viene censurata la statuizione con cui è stata confermata la decisione di primo grado relativa alla risoluzione del contratto di
locazione, con conseguente condanna RAGIONE_SOCIALE conduttrice a rilasciare alla locatrice l’immobile detenuto;
la ricorrente muove dal presupposto che la Corte di merito avrebbe statuito, accogliendole, sia sulla domanda costitutiva originaria, già proposta con l’intimazione di fratto, avente ad oggetto la risoluzione del contratto per grave inadempimento, ai sensi degli artt. 1453 e 1455 cod. civ., sia sulla domanda dichiarativa proposta dalla locatrice solo con la memoria integrativa ex art. 426 cod. proc. civ. (depositata in seguito all’illegittima concessione di un unico termine perentorio), avente ad oggetto la risoluzione del contrat to per l’operatività RAGIONE_SOCIALE clausola risolutiva espressa, ai sensi dell’art. 1456 cod . civ.;
ciò posto, la ricorrente sostiene che entrambe le statuizioni siano viziate: quella sulla domanda ex art. 1456 cod. civ., per essere stata indebitamente emessa su una domanda nuova, avente petitum e causa petendi diversi da quella originaria, che non avrebbe potuto essere proposta con la memoria ex art. 426 cod. proc. civ., deputata alla mera integrazione degli atti introduttivi; quella sulla domanda ex artt. 1453 e 1455 cod. civ., per essere stato ritenuto sussistente il grave inadempimento, non ostante il riconoscimento RAGIONE_SOCIALE circostanza che la debitrice aveva purgato la morosità pagando tutte le mensilità -diversamente da quanto reputato dal primo giudice -prima RAGIONE_SOCIALE not ifica dell’atto di intimazione di sfratto, atteso che il debito aveva natura di obbligazione quérable (come tale da eseguirsi al domicilio del debitore) e considerato che il mandato di pagamento era stato emesso il 15 maggio 2018 mentre la notifica dell’intimazione si era p er essa perfezionata il 22 maggio successivo;
3.1. anche il terzo motivo è inammissibile;
la Corte territoriale, pur ritenendo infondato il motivo di gravame con cui era stata dedotta l’inoperatività RAGIONE_SOCIALE clausola risolutiva
espressa per avere la locatrice dichiarato di volersene avvalere solo con la memoria ex art. 426 cod. proc. civ. (pag. 7 RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata) -e pur affermando che avrebbe dovuto « essere valutata la sussistenza dei presupposti RAGIONE_SOCIALE risoluzione del contratto di locazione, di diritto ex art. 1456 c.c. » (pag. 4), tuttavia non ha pronunciato la risoluzione del detto contrat to per l’operatività RAGIONE_SOCIALE clausola risolutiva espressa, ma ne ha pronunciato la risoluzione per grave inadempimento RAGIONE_SOCIALE conduttrice, ex art. 1453 cod. civ.;
nel formulare i l giudizio di gravità dell’ inadempimento, per un verso, ha reputato irrilevante « la asserita circostanza che la conduttrice avrebbe pagato i canoni relativi alle mensilità in contestazione qualche giorno prima RAGIONE_SOCIALE notificazione dell ‘atto di intimazione … a fronte del notevole ritardo nel pagamento delle suddette mensilità che supererebbe i dieci giorni dalla scadenza »; per altro verso, ha desunto la gravità del contegno inadempiente RAGIONE_SOCIALE debitrice -avuto riguardo all’interesse RAGIONE_SOCIALE creditrice (arg. ex art. 1455 cod. civ.) -proprio dall’ avvenuta pattuizione, tra le parti, RAGIONE_SOCIALE clausola risolutiva espressa (pag.4), la quale, al di là del suo concreto avvalimento ad opera RAGIONE_SOCIALE parte non inadempiente, costituisce, di per sé, un indice RAGIONE_SOCIALE non tollerabilità del ritardo nei pagamenti e RAGIONE_SOCIALE sua incidenza sull ‘ equilibrio sinallagmatico del rapporto (Cass. 26/11/2019, n. 30730);
tenendo conto delle ragioni poste a fondamento RAGIONE_SOCIALE pronuncia di risoluzione del contratto, entrambe le censure veicolate con il motivo di ricorso in esame si palesano inammissibili: la prima perché, supponendo l’avvenuta delibazione RAGIONE_SOCIALE domanda ex art.1456 cod. civ., non si confronta con la reale ratio decidendi RAGIONE_SOCIALE statuizione impugnata; la seconda perché, censurando il giudizio di gravità dell’ inadempimento espresso dal giudice d’ appello, omette di
considerare che si tratta di un giudizio riservato al giudice del merito, il quale, allorché -come nella specie -risulti debitamente motivato, non è sindacabile in sede di legittimità (Cass. 28/06/2006, n. 14974; Cass. 30/03/2015, n. 6401; Cass. 22/06/2020, n. 12182);
3.2. non può peraltro sottacersi che, se le esposte assorbenti ragioni di inammissibilità non ne precludessero l’ esame nel merito, il motivo in esame sarebbe anche infondato;
è agevole, infatti, rilevare che l’assunto RAGIONE_SOCIALE asserita inammissibilità, quale domanda nuova, RAGIONE_SOCIALE domanda proposta con la memoria ex art. 426 cod. proc. civ., si infrange contro il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui, al contrario, nel procedimento per convalida di sfratto, l ‘ opposizione dell ‘ intimato ai sensi dell ‘ art. 665 cod. proc. civ., determina la conclusione del procedimento a carattere sommario e l ‘ instaurazione di un nuovo e autonomo procedimento con rito ordinario, nel quale le parti possono esercitare tutte le facoltà connesse alle rispettive posizioni, ivi compresa, per il locatore, la possibilità di porre a fondamento RAGIONE_SOCIALE domanda una causa petendi diversa da quella originariamente formulata e, per il conduttore, la possibilità di dedurre nuove eccezioni e di spiegare domanda riconvenzionale (Cass. 29/09/2006, n. 21242; Cass. 23/03/2017, n. 7430; Cass. 23 /06/2021, n. 17955; Cass. 28/02/2023, n. 5955 ); d’altra parte, la circostanza che la disciplina relativa alla concessione di un termine per il pagamento dei canoni locatizi scaduti e per la sanatoria del relativo inadempimento, posta dall’art. 55 RAGIONE_SOCIALE legge n.392 del 1978, non trovi applicazione in tema di contratti aventi ad oggetto immobili destinati ad uso diverso da quello abitativo (Cass. 31/05/2010, n. 13248; Cass. 20/09/2014, n. 20483; Cass.20/01/2017, n. 1428), lungi dal sostenerlo, smentisce l’assunto posto dal ricorrente a fondamento RAGIONE_SOCIALE seconda censura
veicolata con il motivo in esame (pag. 26 del ricorso) -secondo il quale il ritardato pagamento del canone di locazione precluderebbe il giudizio di gravità dell’ inadempimento;
in definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile;
le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
la ricorrente soccombente va anche condannata al pagamento, in favore RAGIONE_SOCIALE controricorrente, di una somma che si stima equo determinare in misura pari ad Euro 500,00 (oltre interessi legali dalla data di pubblicazione RAGIONE_SOCIALE presente ordinanza al saldo), ai sensi dell’art.96, terzo comma, cod. proc. civ..
La proposizione di un mezzo di gravame del tutto inammissibile, in presenza di doglianze formulate per la prima volta in sede di legittimità o del tutto aspecifiche in relazione alla ratio decidendi RAGIONE_SOCIALE statuizione impugnata o, ancora, dirette, per un verso, a censurare indebitamente motivati apprezzamenti di merito, per l’altro, ad infrangersi contro consolidati orientamenti RAGIONE_SOCIALE giurisprudenza di questa Corte, costituisce indice di mala fede o colpa grave e si traduce in una condotta processuale contraria ai canoni di correttezza, nonché idonea a determinare un ingiustificato sviamento del sistema processuale dai suoi fini istituzionali, ponendosi in posizione incompatibile con un quadro ordinamentale che, da una parte, deve universalmente garantire l’a ccesso alla tutela giurisdizionale dei diritti (art.6 CEDU) e, dall’altra, deve tenere conto del principio costituzionale RAGIONE_SOCIALE ragionevole durata del processo e RAGIONE_SOCIALE conseguente necessità di strumenti dissuasivi rispetto ad azioni meramente dilatorie, defatigatorie o pretestuose. Tale condotta, integrando gli estremi dell”abuso del processo’, si presta, dunque, nella fattispecie, ad essere sanzionata con la condanna RAGIONE_SOCIALE parte ricorrente soccombente al
pagamento, in favore RAGIONE_SOCIALE controparte resistente vittoriosa, di una somma equitativamente determinata, ai sensi dell’art.96, terzo comma, cod. proc. civ. (Cass. 04/08/2021, n. 22208; Cass. 21/09/2022, n. 27568; Cass. 05/12/2022, n. 35593).
sussistono, infine, i presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALE ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Per Questi Motivi
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.900,00 per compensi, oltre agli esborsi liquidati in Euro 200,00, spese generali ed accessori di legge;
condanna la ricorrente a pagare alla controricorrente, ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ., la somma equitativamente determinata di Euro 500,00, oltre interessi legali dalla pubblicazione RAGIONE_SOCIALE presente ordinanza al saldo;
a i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALE ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE Terza Sezione