Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 819 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 819 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21805/2022 R.G. proposto da:
STUDIO RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE, in persona del liquidatore e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME EMAIL che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME EMAIL giusta procura speciale allegata al ricorso.
–
ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato l’avvocato COGNOME (avvEMAIL, che la rappresenta e difende con procura generale alle liti, autenticata
nelle firme dal Notar COGNOME Repertorio n. 128642 del 18/03/2013.
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 503/2022 depositata il 11/02/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’11/11/2024 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
RAGIONE_SOCIALE di NOME Marco RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Milano la RAGIONE_SOCIALE (di seguito, per brevità, RAGIONE_SOCIALE).
1.1. Allegava: che aveva stipulato, quale affiliato, due contratti di franchising con RAGIONE_SOCIALE; che, dopo molti anni di regolare esecuzione del contratto da ambo le parti, RAGIONE_SOCIALE aveva iniziato a porre in essere condotte emulative e tentativi di interrompere il rapporto, fino a che nel maggio 2014 RAGIONE_SOCIALE aveva staccato tutti i servizi; che le parti avevano raggiunto un accordo con cui, tra l’altro, RAGIONE_SOCIALE rinunciava al pagamento delle royalties nel frattempo maturate, ma nel successivo settembre 2014 RAGIONE_SOCIALE aveva invece diffidato Studio COGNOME a pagare le royalties , a pena di risoluzione del contratto; che, in un incontro del 21 ottobre 2014, era stato pattuito un piano di rientro per il pagamento delle royalties , in ottemperanza del quale Studio COGNOME aveva effettuato il pagamento delle prime due rate; che il successivo 28 novembre 2014 RAGIONE_SOCIALE aveva tuttavia dichiarato di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa contenuta nel contratto di franchising , sul rilievo del mancato pagamento delle royalties , ed aveva nuovamente disattivato tutti i servizi, oscurando la visibilità degli immobili per cui RAGIONE_SOCIALE aveva contatti in essere.
Tanto premesso, Studio COGNOME deduceva di aver subìto danni dalla condotta di malafede di RAGIONE_SOCIALE e chiedeva che dichiarata illegittima la risoluzione di diritto invocata dalla affiliante- fosse invece dichiarata la risoluzione del contratto per grave inadempimento di RAGIONE_SOCIALE, con condanna della stessa al risarcimento del danno.
1.2. Si costituiva, resistendo, RAGIONE_SOCIALE che in particolare escludeva di aver posto in essere comportamenti emulativi o comunque in malafede, negava l’esistenza di qualsivoglia piano di rientro pattuito con RAGIONE_SOCIALE ed infine affermava che i due contratti in essere con RAGIONE_SOCIALE si erano legittimamente risolti per inadempimento dell’affiliato alle proprie obbligazioni.
Con sentenza n. 8941 del 7 ottobre 2019 il Tribunale di Milano rigettava le domande di RAGIONE_SOCIALE
Avverso tale sentenza RAGIONE_SOCIALE proponeva appello; si costituiva, resistendo al gravame, RAGIONE_SOCIALE
3.1. Con sentenza n. 503 dell’11 febbraio 2022 la Corte d’Appello di Milano rigettava il gravame, confermando integralmente la sentenza impugnata.
Avverso tale sentenza RAGIONE_SOCIALE propone ora ricorso per cassazione, affidato a sei motivi.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
5. In data 5 dicembre 2023 il Consigliere delegato (ed odierno relatore: v. Cass., Sez. Un., 10/04/2024, n. 9611) formulava proposta di definizione accelerata; in data 12 gennaio 2024 il difensore della società ricorrente, munito di procura speciale, formulava istanza per la decisione del ricorso, che veniva pertanto avviato alla trattazione in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
Parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa; la controricorrente RAGIONE_SOCIALE ha depositato atto denominato ‘M emoria ‘ che non può qualificarsi tale, difettandone i requisiti di
legge, unitamente ad una procura speciale ad litem , datata 10 ottobre 2024.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va pregiudizialmente osservato che il controricorso è inammissibile per difetto di procura speciale.
1.1. In tema di procura per proporre ricorso per cassazione, con la sentenza n. 36507/2022 le Sezioni Unite di questa Suprema Corte hanno enunciato il principio così massimato: ‘In tema di procura alle liti, a seguito della riforma dell’art. 83 cod. proc. civ. disposta dalla l. n. 141 del 1997, il requisito della specialità, richiesto dall’art. 365 cod. proc. civ. come condizione per la proposizione del ricorso per cassazione (del controricorso e degli atti equiparati), è integrato, a prescindere dal contenuto, dalla sua collocazione topografica, nel senso che la firma per autentica apposta dal difensore su foglio separato, ma materialmente congiunto all’atto, è in tutto equiparata alla procura redatta a margine o in calce allo stesso; tale collocazione topografica fa sì che la procura debba considerarsi conferita per il giudizio di cassazione anche se non contiene un espresso riferimento al provvedimento da impugnare o al giudizio da promuovere, purché da essa non risulti, in modo assolutamente evidente, la non riferibilità al giudizio di cassazione, tenendo presente, in ossequio al principio di conservazione enunciato dall’art. 1367 c.c. e dall’art. 159 c.p.c., che nei casi dubbi la procura va interpretata attribuendo alla parte conferente la volontà che consenta all’atto di produrre i suoi effetti’.
Principio che si estende alle ulteriori fattispecie, contemplate dal terzo comma dell’art. 83 cod. proc. civ., di procura nativa digitale e di copia informatica di procura rilasciata su supporto cartaceo.
Il principio, così esteso, è stato ribadito nella sentenza n. 2077/2024, con cui le Sezioni Unite hanno avuto modo di
affermare che “in caso di ricorso nativo digitale, notificato e depositato in modalità telematica, l’allegazione mediante strumenti informatici -al messaggio di posta elettronica certificata (PEC) con il quale l’atto è notificato ovvero mediante inserimento nella “busta telematica” con la quale l’atto è depositato – di una copia, digitalizzata, della procura alle liti redatta su supporto cartaceo, con sottoscrizione autografa della parte e autenticata con firma digitale dal difensore, integra l’ipotesi, ex art. 83, terzo comma, cod. proc. civ., di procura speciale apposta in calce al ricorso, con la conseguenza che la procura stessa è da ritenere valida in difetto di espressioni che univocamente conducano ad escludere l’intenzione della parte di proporre ricorso per cassazione”.
1.2. In forza di tali arresti è dunque possibile affermare che la specialità della procura viene ad essere ricavata, al fine di una reale e piena esplicazione del diritto di difesa, nell’applicazione non meramente formalistica -e tale da superare il più rigoroso orientamento della contestualità tra ricorso per cassazione e procura redatta su foglio separato, materialmente congiunto- del combinato disposto dell’art. 365 cod. proc. civ. richiamato, per il controricorso, dall’art. 370 cod. proc. civ. -, che prevede che il ricorso per cassazione ‘è diretto alla corte e sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un avvocato iscritto nell’apposito albo, munito di procura speciale’, e dell’art. 83, comma terzo, cod. proc. civ., secondo cui ‘La procura speciale può essere anche apposta in calce o a margine (…) del ricorso, del controricorso (…). La procura si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato che sia però congiunto materialmente all’atto cui si riferisce o su documento informatico separato sottoscritto con firma digitale e congiunto all’atto cui si riferisce mediante strumenti informatici, individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia. Se la procura alle liti è stata conferita su
supporto cartaceo, il difensore che si costituisce attraverso strumenti telematici ne trasmette la copia informatica autenticata con firma digitale, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e trasmessi in via telematica’.
1.3. Tanto premesso, va osservato che nella specie si evince dalla stessa epigrafe del controricorso che al difensore di RAGIONE_SOCIALE risulta essere stata rilasciata ‘procura generale alle liti autenticata nelle firme in Notar COGNOME, rep. N. 128642 del 18/03/2013, che si allega al presente atto’, rsultando pertanto espressamente escluso che la procura conferita possa essere considerata e qualificata come procura speciale.
1.4. Ulteriore riprova di siffatta evenienza è data dal fatto che la controricorrente RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria -priva, invero, dei requisiti di cui all’art. 378 cod. proc. civ. – mediante la quale ha prodotto in allegato una procura speciale, datata 10 ottobre 2024, conferita al difensore.
Tale produzione, che discende dal fatto che rispetto al controricorso è stata ab origine conferita procura generale e non speciale, per altro verso non vale tuttavia ad escludere l’inammissibilità del controricorso, che va quindi ribadita, a mente del principio, ancora di recente affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte -e tale da valere anche per l’ipotesi del controricorsoper cui ‘In tema di ricorso per cassazione, il requisito della specialità della procura, di cui agli artt. 365 e 83, comma 3, cod. proc. civ., non richiede la contestualità del relativo conferimento rispetto alla redazione dell’atto a cui accede, essendo a tal fine necessario soltanto che essa sia congiunta, materialmente o mediante strumenti informatici, al ricorso e che il conferimento non sia antecedente alla pubblicazione del provvedimento da impugnare e non sia
successivo alla notificazione del ricorso stesso’ (Cass., Sez. Un., 19 gennaio 2024, n. 2075).
2. Con il primo motivo la società ricorrente denunzia ‘Nullità della sentenza ex art. 360, 1° comma, n. 3 cod. proc. civ. violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all’art. 153, 2° comma, cod. proc. civ. in relazione all’art. 24 Cost. (inviolabilità del diritto di difesa) relativamente al rigetto dell’istanza di remissione in termini presentata mediante deposito telematico del 04/02/2019 -violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all’art. 116 cod. proc. civ. (valutazione delle prove) in relazione all’art. 1363 cod. civ. (interpretazione complessiva delle clausole del contratto), agli artt. 3.5 (‘assistenza tecnica’) e 4 (‘obblighi del franchisee’) del contratto di franchising ed all’art. 1366 cod. proc. civ. (interpretazione di buona fede) – violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all’art. 116 cod. proc. civ. (valutazione delle prove) in relazione all’art. 1454 cod. civ. (intimazione ad adempiere) relativamente ai rapporti contrattuali ed alla valutazione dei comportamenti in concreto tenuti delle parti nel periodo maggiodicembre 2014′.
Lamenta che la corte territoriale non ha tenuto conto né della decisività del documento costituito dal verbale di accordo per il pagamento rateale delle royalties , né del fatto che RAGIONE_SOCIALE versava in una situazione di incolpevole indisponibilità del documento in questione e ha quindi erroneamente confermato la sentenza del tribunale là dove ha rigettato la richiesta di rimessione in termini di RAGIONE_SOCIALE
2.1. Il motivo è inammissibile
2.2. In primo luogo, perché il ricorrente omette di censurare l’espressa ratio decidendi secondo cui il documento in questione cioè il verbale dell’incontro in cui, a dire di RAGIONE_SOCIALEn.cRAGIONE_SOCIALE, le parti avrebbero concordato il piano rateale di rientro- non era
decisivo, in quanto non sottoscritto da soggetto munito di poteri di rappresentanza di RAGIONE_SOCIALE (v. p. 10 dell’impugnata sentenza).
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, quando la sentenza di merito impugnata si fonda, come nel caso in esame, su più rationes decidendi autonome, nel senso che ognuna di esse è sufficiente, da sola, a sorreggerla, perché possa giungersi alla cassazione della stessa è indispensabile che il soccombente le censuri tutte, dato che l’omessa impugnazione di una di esse rende definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, e le restanti censure non potrebbero produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (Cass., 28/06/2023, n. 18403; Cass., 27/07/2017, n. 18641; Cass., 14/02/2012, n. 2108; Cass., 03/11/2011, n. 22753).
2.3. In secondo luogo, perché il ricorrente e di contrapporle ai rilievi svolti dalla corte d’appello nel confermare la sentenza del tribunale (v. la già citata p. 10 dell’impugnata sentenza), mentre non è
Con il secondo motivo la società ricorrente denunzia: ‘Nullità della sentenza ex art. 360, 1° comma, n. 5, cod. proc. civ. risultante in motivazione viziata da omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione nel processo -errato
apprezzamento circa fatto storico erroneamente ritenuto non provato ed anche in ordine agli effetti di intimazione ad adempiere ex art. 1454 cod. civ., oggetto di rinuncia da parte della intimante, nonché relativamente ai poteri dell’incaricato di quest’ultima in ordine alla dilazione accordata ritenuti inesistenti mentre erano contrattualmente attribuiti – omessa valutazione delle prove fornite circa l’indisponibilità del verbale/accordo del 21/10/2014 e la reiterata richiesta di ottenerne copia con conseguente cattivo uso del prudente apprezzamento ex art. 116 cod. proc. civ. nel ritenere non assolto l’onere probatorio invece adempiuto -erroneo e travisato apprezzamento della risoluzione ipso iure verificatasi in conseguenza dell’intimazione ad adempiere dell’11/09/2014 oggetto di rinuncia per fatti concludenti da parte dell’intimante -omessa considerazione dell’addotto rapporto organico dell’incaricato della franchisor , autore del verbale dell’incontro del 21/10/2014, con erroneo e contraddittorio apprezzamento dell’inesistenza di suoi poteri rispetto alle prerogative fissate dal contratto di franchising (artt. 3.5 e 4) per gli incaricati della RAGIONE_SOCIALE della gestione del rapporto con la franchisee -decisività del vizio motivazionale ai fini del decidere’.
Lamenta, sottolineando più volte ‘un’evidente cattivo uso del prudente apprezzamento’ in relazione alle prove orali e documentali acquisite in giudizio, che la corte di merito ha trascurato di considerare che, reiteratamente e senza esito positivo, RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto copia dell’accordo a RAGIONE_SOCIALE, che inizialmente ne aveva addirittura negato l’esistenza e, successivamente, ne aveva contestato la validità e l’efficacia, in quanto formato da soggetto privo di poteri rappresentativi.
Deduce inoltre, sotto quest’ultimo profilo, che la corte territoriale non ha correttamente apprezzato il contenuto del
contratto di franchising in relazione al rapporto organico tra il sig. COGNOME responsabile di zona per la RAGIONE_SOCIALE, che aveva partecipato all’incontro per concordare il piano di rientro con Studio Bastia, e la RAGIONE_SOCIALE, finendo per sottovalutarne il ruolo ed i poteri di rappresentanza.
3.1. Il motivo è inammissibile.
3.2. Con tutte le mosse censure il ricorrente inammissibilmente sollecita in realtà un riesame del fatto e della prova, invece precluso in sede di legittimità (v. tra le tantissime, Cass., Sez. Un., n. 8053 e n. 8054 del 2014; Cass., Sez. Un., n. 34476/2019; Cass., n. 5987/2021).
Con il terzo motivo la società ricorrente denunzia ‘Nullità della sentenza ex art. 360, 1° comma, n. 3, cod. proc. civ. violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all’art. 244 cod. proc. civ. (prova testimoniale) in relazione all’art. 2721, 2°comma, cod. civ. (ammissibilità di prova testimoniale riguardante contratti) – violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento agli artt. 1362 cod. civ. (intenzione dei contraenti), 1363 cod. civ. (interpretazione complessiva delle clausole), all’art. 1366 (interpretazione di pagina 5 buona fede) ed agli artt. 3.5 e 4 del contratto di franchising in ordine alla mancata valutazione della formazione e della rilevanza del verbale/accordo del 21/10/2014 nel quadro dei rapporti contrattuali e dei comportamenti in concreto tenuti delle parti nel periodo maggiodicembre 2014’.
Lamenta che, nel confermare la decisione del tribunale di non ammettere le prove testimoniali, la corte d’appello ha svolto una motivazione del tutto generica ed imprecisa, dapprima adducendo l’inammissibilità dei capitoli ‘formulati in modo generico o valutativo’ ovvero ‘su circostanze non dimostrabili a mezzo prova testimoniale ex art. 2721 e ss. cod. civ.’, poi affermando, in maniera oscura, che detti capitoli riguardassero ‘il
contenuto di documenti già agli atti’.
4.1. Il motivo è inammissibile.
4.2. In primo luogo, perché risulta riferito all’ordinanza di rigetto delle istanze istruttorie e fissazione dell’udienza di precisazione conclusioni emessa in prime cure dal tribunale (il cui contenuto è riportato alla p. 5 dell’impugnata sentenza), e non è dunque correlato alla sentenza d’appello, in cui, relativamente alla mancata ammissione della prova orale, si è così diversamente motivato: ‘Al riguardo, da un lato, va condivisa la valutazione svolta dal giudice di primo grado di inammissibilità della prova orale dedotta in primo grado dall’appellante in quanto vertente su capitoli formulati in modo generico o valutativo o su circostanze non dimostrabili a mezzo di prova testimoniale; da un altro lato, va anche aggiunto che i capitoli di prova articolati dall’appellante pare diano per acquisito il fatto che il sig. COGNOME avesse poteri rappresentativi verso l’appellata RAGIONE_SOCIALE; che, come detto, trattasi di circostanza contestata dalla appellata, non provata dall’appellante e che parrebbe smentita dalla documentazione prodotta dalla stessa appellante’.
Inoltre, il ricorrente non censura specificatamente la ratio che ha fondato la conferma della mancata ammissione della prova orale, e cioè che i capi di prova dedotti davano per assodato presupposto che il Lupattelli avesse poteri rappresentativi di RAGIONE_SOCIALE, circostanza questa invece ritenuta dalla corte territoriale per un verso contestata dall’appellata RAGIONE_SOCIALE e, per altro verso, non provata dall’appellante Studio COGNOME.
Come questa Suprema Corte ha già avuto modo di affermare, il motivo di ricorso deve essere correlato alla motivazione della sentenza impugnata, dato che con il motivo di impugnazione occorre enunciare le ragioni per cui la sentenza impugnata è erronea, con la conseguenza che, poiché per denunciare un errore bisogna identificarlo, il motivo deve specificatamente
enunciare le ragioni per la sentenza impugnata viene censurata come errata (Cass., 22/04/2022, n. 8036); inoltre, quando la sentenza impugnata si fonda, come nel caso in esame, su più rationes decidendi autonome, nel senso che ognuna di esse è sufficiente, da sola, a sorreggerla, perché possa giungersi alla cassazione della stessa è indispensabile che il soccombente le censuri tutte, dato che l’omessa impugnazione di una di esse rende definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, e le restanti censure non potrebbero produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (Cass., 28/06/2023, n. 18403; Cass., 27/07/2017, n. 18641; Cass., 14/02/2012, n. 2108; Cass., 03/11/2011, n. 22753).
4.3. In secondo luogo, il motivo è inammissibile perché il ricorrente, pur sotto la formale invocazione della violazione di norme di diritto e dei canoni di ermeneutica contrattuale, sollecita a questa Suprema Corte un riesame del fatto e della prova.
Ma la valutazione di ammettere o non ammettere una prova, come pure il rilievo di rilevanza o irrilevanza e non decisività di un documento, appartiene alla valutazione discrezionale del giudice di merito, che, se debitamente motivata, sfugge al sindacato di legittimità, dato che compito di questa Corte non è quello di condividere o meno la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, né quello di procedere a una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ma di controllare, ai sensi degli artt. 132, n. 4, e 360, n. 4, cod. proc. civ., se i giudici di merito abbiano dato effettivamente conto delle ragioni in fatto della loro decisione e se la motivazione fornita sia solo apparente ovvero perplessa o contraddittoria (ma non più se sia sufficiente, come chiarito da Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053).
Con il quarto motivo la ricorrente denunzia: ‘Nullità della
sentenza ex art. 360, 1° comma, n. 4, cod. proc. civ. -violazione dei principi regolatori del giusto processo ex art. 111 Cost. e dell’art. 24 Cost. (diritto alla difesa) in ordine alla necessaria corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato (art. 112 cod. proc. civ.) con riferimento all’omessa pronuncia sul secondo motivo di appello concernente le prove documentali (allegati 4 e 5 dell’attrice) riguardanti dichiarazioni scritte sulla esistenza del verbale/accordo del 21/10/2014′.
Lamenta che la corte milanese ha omesso di pronunciare sul motivo di appello con cui Studio COGNOME criticava la mancata statuizione del tribunale sulla sua istanza di valutare le dichiarazioni scritte con cui tali signori COGNOME e COGNOME confermavano l’avvenuto incontro del 21 ottobre 2014 finalizzato alla pattuizione del piano di rientro.
5.1. Il motivo è infondato.
5.2. Dalla lettura dell’impugnata sentenza risulta che, per le plurime ragioni svolte in motivazione, la corte d’appello ha ritenuto irrilevante l’incontro dell’ottobre del 2014, e quindi irrilevante il verbale che ne avrebbe attestato l’esistenza ed il contenuto, e per questo motivo è anche pervenuta a rigettare la prova orale dedotta da RAGIONE_SOCIALE sempre in ordine alla circostanza dell’avvenuto incontro tra le parti.
Così argomentando, dunque, la corte territoriale non ha omesso di pronunciare sulla ulteriore istanza dell’appellante Studio COGNOME di valutare le dichiarazioni scritte di terzi circa l’avvenuto incontro, bensì l’ha implicitamente rigettata, conformemente al costante orientamento di questa Suprema Corte secondo cui, per integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia, non è sufficiente la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto; al contrario, deve ravvisarsi una statuizione
implicita di rigetto della domanda o della eccezione formulata dalla parte quando l’accoglimento della pretesa non espressamente esaminata risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia, anche se manchi, al riguardo, una specifica argomentazione (Cass., 07/04/2022, n. 11319; Cass., 13/08/2018, n. 20718; Cass., 04/06/2019, n. 15255; Cass., 29/01/2021, n. 2151).
6. Con il quinto motivo la società ricorrente denunzia ‘Nullità della sentenza ex art. 360, 1° comma, n. 4, cod. proc. civ. -violazione dei principi regolatori del giusto processo ex art. 111 Cost. e dell’art. 24 Cost. (diritto alla difesa) con riferimento all’istanza istruttoria dell’attrice ex art. 210 cod. proc. civ. (ordine di esibizione alla parte), oggetto del terzo motivo di appello riguardante tutti i mezzi istruttori articolati in primo grado e non ammessi – violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. in ordine alla necessaria corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato -rilevanza della nullità processuale’.
Lamenta che la corte d’appello, ‘pur richiamando in via descrittiva’ la decisione del tribunale di diniego dell’ammissione di tutte le istanze istruttorie di Studio Bastia, e quindi anche di rigetto dell’istanza ex art. 210 cod. proc. civ. di esibizione del verbale dell’incontro del 21 ottobre 2014, ha poi concretamente violato il diritto di difesa di Studio Bastia, perché ha omesso di pronunciarsi sulle istanze istruttorie come riproposte da RAGIONE_SOCIALE nell’ambito del terzo motivo di impugnazione a pagina 22 dell’atto di appello, pure preceduto dalla richiamata dichiarazione di riproposizione ex art. 346 cod. proc. civ. di ‘tutti i motivi e le argomentazioni eccezioni e deduzioni riportate negli scritti difensivi del giudizio di primo grado’, ed in particolare non ha in alcun modo menzionato l’ordine di esibizione richiesto, concentrandosi solo sulla reiterata richiesta di ammissione della prova testimoniale.
6.1. Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
6.2. E’ inammissibile, anzitutto, per violazione del requisito a pena d’inammissibilità prescritto all’art. 366, n. 6, cod. proc. civ.
Dalla lettura dell’impugnata sentenza risulta che nessuna menzione dell’istanza di esibizione ex art. 210 cod. proc. civ. è stata svolta, né nelle conclusioni dell’appellante Studio COGNOME, pur riportate alla pagina 2, né nel contenuto del terzo motivo di appello, riportato al punto 4.3. della pagina 6.
Era allora onere dell’odierno ricorrente non solo localizzare, ma anche e soprattutto ritrascrivere, o perlomeno sinteticamente riportare, i termini con cui aveva censurato la sentenza di prime cure per il mancato accoglimento dell’istanza di esibizione ex art. 210 cod. proc. civ. e aveva riproposto la censura in appello.
Va infatti rammentato che il requisito di cui all’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., consiste in un’esposizione che deve garantire a questa Corte di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia, ma anche del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass., Sez. Un., 28/11/2018, n. 30754, che richiama Cass., n. 21396 del 2018); la valutazione in termini d’inammissibilità del ricorso non esprime, naturalmente, un formalismo fine a sé stesso, anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 e ribaditi da Cass., Sez. Un., 18/03/2022, n. 8950, bensì il richiamo al rispetto di una precisa previsione legislativa volta ad assicurare uno “standard” di redazione degli atti che, declinando la qualificata prestazione professionale svolta dalla difesa e presupposta dall’ordinamento, si traduce nel sottoporre al giudice nel modo più chiaro la vicenda processuale permettendo, in quel perimetro, l’apprezzamento delle ragioni della parte (Cass., Sez. Un., n. 30754 del 2018, cit.); si tratta, come evidente, di una
ricaduta del principio di specificità del gravame, calato nel giudizio a critica vincolata qual è quello della presente sede di legittimità (v. Cass., n. 8117/2022).
6.3. Il motivo è inammissibile altresì in quanto il mancato esame di una richiesta istruttoria non integra omessa pronuncia, che è ravvisabile solo in relazione a domande attinenti al merito, potendo dar luogo unicamente a vizio di motivazione ove ne sussistano e ne siano prospettati ritualmente gli estremi (cfr. Cass., 05/07/2016, n. 13716), ciò che nella specie non pare potersi dire.
Infatti, dalla lettura dell’impugnata sentenza emerge che la corte milanese, lungi dal limitarsi a ‘richiamare in via descrittiva’ il rigetto da parte del tribunale dell’istanza di esibizione, ha svolto una articolata motivazione, formalmente riferita alla conferma del rigetto, in prime cure, dell’istanza di rimessione in termini per la produzione del verbale di accordo del pagamento rateale, ma, in quanto fondata -come già rilevato nello scrutinio dei precedenti motivisia sulla mancanza di prova della incolpevole indisponibilità del documento da parte di Studio COGNOME sia sulla irrilevanza, in ogni caso, del documento stesso, risulta sostanzialmente incompatibile con l’accoglimento dell’istanza di esibizione, a mente del consolidato orientamento di legittimità, secondo cui l’ordine di esibizione, subordinato alle molteplici condizioni di ammissibilità di cui agli artt. 118, 119 c.p.c. e 94 disp. att. cod. proc. civ., costituisce uno strumento istruttorio residuale, che può essere utilizzato soltanto in caso di impossibilità di acquisire la prova dei fatti con altri mezzi e non per supplire al mancato assolvimento dell’onere probatorio a carico dell’istante (Cass., 03/11/2021, n. 31251; Cass., 09/06/2010 n. 13878; Cass., 08/08/2006, n. 17948), laddove, poi, la necessità della relativa acquisizione dei documenti è espressione di una facoltà discrezionale rimessa al prudente
apprezzamento del giudice di merito, il cui mancato esercizio non può, quindi, formare oggetto di ricorso per cassazione, per violazione di norma di diritto (Cass., 31251/2012, cit.; Cass., 22/02/2003 n. 2772; Cass., 11/07/2003 n. 10916).
Con il sesto motivo la ricorrente denunzia ‘Nullità della sentenza ex art. 360, 1° comma, n. 3, cod. proc. civ. – violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all’art. 1456 cod. civ. (clausola risolutiva espressa) in relazione all’art. 1366 cod. civ. (interpretazione di buona fede) ed all’art. 1375 cod. civ. (esecuzione di buona fede) anche in correlazione all’art. 116 cod. proc. civ. (valutazione del contegno delle parti nel processo) abuso del diritto commesso dalla RAGIONE_SOCIALE‘.
Lamenta che la corte d’appello, nonostante le doglianze dell’appellante Studio COGNOME, ha escluso qualsivoglia malafede di RAGIONE_SOCIALE, che invece ha invocato la risoluzione contrattuale ex art. 1456 cod. civ. con evidente abuso del diritto, sul mero rilievo della mancanza della prova della dilazione accordata nei pagamenti, data la mancata produzione in atti del verbale di accordo del 21 ottobre 2014.
Afferma inoltre che, anche in assenza del verbale contenente l’accordo di pagamento rateale, comunque la corte territoriale avrebbe dovuto considerare i plurimi comportamenti tenuti da RAGIONE_SOCIALE in violazione della buona fede, tra cui il fatto che, nell’arco di circa un semestre, RAGIONE_SOCIALE per ben tre volte avesse dichiarato la risoluzione contrattuale per inadempimento dello studio Bastia, senza tuttavia che, per le prime due volte, alcuna risoluzione si fosse effettivamente verificata.
Ribadisce infine che la corte di merito neppure ha tenuto conto del comportamento processuale tenuto da RAGIONE_SOCIALE, che inizialmente ha addirittura negato l’esistenza stessa del verbale di accordo sul pagamento rateale e successivamente ne ha contestato la validità e l’efficacia.
7.1. Il motivo è infondato.
Come si è già illustrato nello scrutinio dei precedenti motivi, la corte territoriale ha illustrato, con ampia motivazione, scevra da vizi logico-giuridici, le ragioni per cui non ha ritenuto provata, né dimostrabile mediante le istanze istruttorie dedotte, la dilazione di pagamento che sarebbe stata concessa allo Studio Bastia, e per l’effetto, è pervenuta ad escludere qualsivoglia elemento di malafede nella condotta con cui RAGIONE_SOCIALE ha inteso avvalersi della clausola risolutiva espressa a fronte della persistente esposizione debitoria di RAGIONE_SOCIALE
All’inammissibilità e infondatezza dei motivi nei suindicati termini, sostanzialmente conformi a quanto rilevato nella proposta di decisione accelerata (v. Cass., Sez. Un., 27/12/2023, n. 36069), consegue il rigetto del ricorso, mentre il controricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Non è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, stante la rilevata inammissibilità del controricorso.
Sussistono i presupposti perché la condanna della ricorrente al pagamento , ai sensi dell’art. 96, comma quarto, cod. proc. civ., di somma, equitativamente determinata nella misura indicata in dispositivo, in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; dichiara inammissibile il controricorso. Condanna la ricorrente al pagamento della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende ex art. 96, comma quarto, cod. proc. civ.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza