Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 4265 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 4265 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18663/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente principale- contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) e NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente e ricorrente incidentalenei confronti di
RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
R.G. 18663/2022
COGNOME.
Rep.
C.C. 11/12/2023
C.C. 14/4/2022
VENDITA AZIENDA. RISARCIMENTO DANNI.
avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO DI CAGLIARI -SEZIONE DISTACCATA DI SASSARI n. 31/2022 depositata il 24/01/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. La RAGIONE_SOCIALE (d’ora in avanti RAGIONE_SOCIALE) convenne in giudizio, davanti al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, l’RAGIONE_SOCIALE (d’ora in avanti RAGIONE_SOCIALE), esponendo di essere il gestore dell’ippodromo comunale e di aver concesso al RAGIONE_SOCIALE, sin dagli anni ’90 del secolo scorso, l’uso di una parte del complesso verso un corrispettivo pecuniario. Aggiunse che, insorta una controversia tra le parti circa l’utilizzo dei beni e il pagamento del canone, vi era stato un precedente contenzioso giudiziario definito con una transazione del 2 novembre 2007, che prevedeva la concessione in uso, in luogo dei 20 box in muratura utilizzati in precedenza, di 10 box adiacenti, un campo di lavoro di 80 mq e 4 poste per il ricovero del foraggio. Era tuttavia insorta un’ulteriore controversia per l’adempimento della menzionata scrittura di transazione, conclusa con sentenza ormai in giudicato; di talché, in ragione della natura non novativa della suindicata transazione, i rapporti tra le parti erano da ritenere disciplinati ancora dal precedente contratto, stipulato il 1° agosto 1998.
Tutto ciò premesso, la società attrice chiese che fosse riconosciuta la reviviscenza del contratto del 1998 e che la parte convenuta fosse condannata alla restituzione dei 20 box in muratura mai restituiti, con condanna al pagamento dei canoni non corrisposti; e che, data l’illegittima detenzione derivante dalla risoluzione del suindicato contratto di transazione, la convenuta
fosse condannata alla restituzione anche dei 10 box consegnati in adempimento della transazione e mai restituiti, con condanna al risarcimento dei danni per l’indebita occupazione.
Si costituì in giudizio l’RAGIONE_SOCIALE convenuta, eccependo che vi fosse il giudicato in ordine a tutte le domande della società attrice e contestando integralmente il contenuto delle medesime.
Il Tribunale, istruita la causa con sola prova documentale, dichiarò la risoluzione del contratto del 1° agosto 1998 per inadempimento della SIS nell’erogazione dei servizi ivi pattuiti, condannò conseguentemente l’ASE al rilascio dei 10 box ancora detenuti e delle poste per il ricovero del foraggio unitamente al pagamento dell’importo di euro 750 mensili dal 1° gennaio 2008 sino all’effettivo rilascio, a titolo d’ingiustificato arricchimento per l’occupazione degli impianti, e compensò integralmente le spese di lite.
2. La pronuncia è stata impugnata in via principale dall’ASE e in via incidentale dalla RAGIONE_SOCIALE e la Corte d’appello di Cagliari, Sezione distaccata di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza del 24 gennaio 2022, in parziale riforma della decisione del Tribunale, ha dichiarato che la risoluzione del contratto del 1° agosto 1998 era da ricondurre ad inadempimento dell’ASE; ha confermato la condanna di quest’ultima al rilascio dei 10 box per il ricovero di equini e delle 4 poste per il ricovero del foraggio, unitamente al pagamento della somma di euro 750 mensili per l’uso senza titolo, ma con decorrenza dall’11 luglio 2014; ha infine regolato le spese del doppio grado, compensandole nella misura di un terzo e ponendo i due terzi residui a carico dell’appellante principale ASE.
La Corte territoriale ha innanzitutto esaminato e rigettato il motivo di appello col quale l’RAGIONE_SOCIALE aveva sostenuto l’inammissibilità di qualsiasi pretesa azionata dalla SIS per nullità dell’atto con il quale il RAGIONE_SOCIALE aveva affidato a quest’ultima la gestione
dell’ippodromo, in quanto concluso senza la doverosa forma scritta (trattandosi di atto stipulato con un ente pubblico).
Ha rilevato la Corte che i rapporti tra le parti in causa, entrambi soggetti di diritto privato, erano liberi da vincoli formali e che per la valida stipulazione dei contratti personali di godimento era sufficiente «che il concedente avesse la disponibilità materiale degli impianti concessi in uso»; ragione per cui l’eventuale assenza di un valido titolo concessorio da parte dell’ente pubblico per vizio di forma non poteva in alcun modo travolgere i rapporti contrattuali intercorsi tra le parti. Ciò in quanto, alla luce della giurisprudenza di legittimità, la natura personale del rapporto che si instaura tra locatore e locatario consente a chiunque abbia la disponibilità di fatto del bene, in base a titolo non contrario a norme di ordine pubblico, di concederlo validamente in locazione.
Tanto premesso, la Corte sarda ha modificato la decisione del Tribunale in ordine alla valutazione della gravità dei reciproci inadempimenti delle parti. A questo proposito, la Corte ha rilevato che, a causa della risoluzione del contratto di transazione del 2 novembre 2007, i rapporti tra le parti dovevano ritenersi regolati ancora dal precedente contratto del 1998. Quest’ultimo aveva ad oggetto sia il godimento degli impianti che l’erogazione dei previsti servizi, a fronte della corresponsione di un canone unitario che remunerava l’una e l’altra prestazione. Poiché, dunque, le parti si erano accordate nel senso di riconoscere la spettanza di un corrispettivo sia per il godimento degli impianti che per l’erogazione dei servizi, doveva affermarsi che il maggiore inadempimento fosse da ricondurre alla responsabilità dell’ASE, la quale aveva utilizzato i box (inizialmente in muratura e quindi in legno) senza corrispondere alcunché; per cui la responsabilità della risoluzione doveva essere posta a carico della stessa e non della SIS, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale.
La sentenza ha poi dichiarato di dissentire rispetto alla decisione di primo grado anche in ordine al fatto che «il protratto godimento degli impianti successivamente alla risoluzione della scrittura di transazione fosse indennizzabile ai sensi dell’art. 2041 cod. civ. e non risarcibile ai sensi dell’art. 2043 cod. civ.». Nella specie, infatti, si trattava di una tipica fattispecie di illecito consistita nell’occupazione e godimento di beni altrui senza il consenso dell’avente diritto.
Quanto, però, alla liquidazione del risarcimento conseguente all’illecita protratta occupazione degli impianti, la Corte d’appello ha fissato la decorrenza del credito a decorrere dall’11 luglio 2014, data del passaggio in giudicato della sentenza che aveva risolto il contratto di transazione.
Contro la sentenza della Corte d’appello di Cagliari ricorre l’ASE con atto affidato a due motivi.
Resiste la RAGIONE_SOCIALE con controricorso contenente ricorso incidentale affidato ad un solo motivo.
L’RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Ricorso principale.
Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per mancata pronuncia in ordine all’eccezione di nullità del titolo concessorio.
La ricorrente – dopo aver ricordato il consolidato principio secondo cui, ai sensi dell’art. 3 del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, qualsiasi provvedimento con cui un Ente pubblico dispone del proprio patrimonio deve essere preceduto, a pena di nullità, da una procedura ad evidenza pubblica per la scelta e/o l’individuazione del cessionario o dell’affidatario – rileva di aver già posto in luce, davanti alla Corte d’appello, il fatto che l’accordo del 1° agosto 1998 intercorso tra le parti era da ritenere nullo.
Di tale doglianza il giudice d’appello non avrebbe tenuto alcun conto.
1.1. Il motivo è palesemente infondato.
La sentenza impugnata, infatti, come si è già accennato in precedenza, si è espressamente pronunciata su tale questione, osservando che i rapporti tra le parti erano rapporti tra due soggetti di diritto privato, liberi da oneri formali e che, comunque, «l’eventuale nullità del contratto di affidamento della gestione dell’ippodromo per vizio di forma determinerebbe, al limite, l’inefficacia del contratto d’uso nei confronti del vero legittimato, ossia del RAGIONE_SOCIALE, e non della RAGIONE_SOCIALE». A questo la sentenza ha aggiunto l’ulteriore considerazione, pure in precedenza già riportata e correttamente tratta dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la natura personale del rapporto esistente tra locatore e conduttore consente a chiunque abbia, di fatto, la disponibilità del bene di concederlo validamente in locazione.
È evidente, quindi, che la lamentata omissione di pronuncia non sussiste.
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione dell’art. 1, comma 346, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, a norma del quale i contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati.
La parte ricorrente osserva che anche sotto questo profilo il giudice di merito non avrebbe effettuato la doverosa verifica di validità, dal momento che «l’asserito contratto di comodato non riporta traccia della necessaria registrazione». Si tratterebbe di una nullità che il giudice avrebbe dovuto rilevare d’ufficio, anche perché il documento in questione (depositato in giudizio da parte attrice) era un fatto costitutivo del diritto azionato.
2.1. Il motivo non è fondato.
La giurisprudenza di questa Corte ha già affermato, con un orientamento al quale l’odierna pronuncia intende dare ulteriore continuità, che la previsione dell’art. 1, comma 346, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 – a tenore del quale i contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari, ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati – si applica solo ai contratti stipulati dopo la sua entrata in vigore, giusta il criterio generale di cui all’art. 11 delle preleggi e considerata l’assenza nella norma di una previsione che imponga la registrazione dei contratti in corso (sentenza 28 dicembre 2016, n. 27169, confermata dall’ordinanza 21 luglio 2022, n. 22828).
Ne consegue che, discutendosi nel caso in esame di un contratto del 1998, è evidente che nessun effetto negativo può sorgere a carico delle parti a causa dell’omessa registrazione.
Ricorso incidentale.
Con l’unico motivo di ricorso si lamenta violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per omessa pronuncia su alcune domande proposte in sede di merito.
La SIS premette di concordare integralmente con la motivazione dell’impugnata sentenza là dove essa, capovolgendo il giudizio del Tribunale, ha ritenuto che il contratto originario, intercorso tra le parti nell’anno 1998, non fosse limitato ai soli servizi di pulizia, ma si estendesse e regolamentasse con un corrispettivo anche i 20 box in muratura già concessi in comodato all’ASE.
Ciò detto, la ricorrente incidentale ricorda che i 20 box previsti nell’originario contratto sono diversi dai 10 box oggetto della transazione poi risolta; e che l’ASE, avendo restituito, dopo la sentenza del Tribunale, i soli 10 box del secondo contratto, era rimasta nella detenzione dei 20 box di cui al contratto del 1° agosto 1998. Per tale ragione era stato chiesto, con l’appello incidentale,
che alla risoluzione di quest’ultimo contratto facesse seguito la condanna dell’ASE alla restituzione dei primi 20 box e al pagamento di tutti i canoni dal 1998 in avanti.
La Corte d’appello, però, pur avendo dichiarato la risoluzione del contratto del 1998 per prevalente inadempimento dell’ASE, aveva omesso ogni pronuncia sulle ulteriori domande appena indicate; di talché la sentenza dovrebbe essere cassata per omessa pronuncia.
3.1. Il motivo è fondato.
La sentenza impugnata, come si è detto, ha parzialmente capovolto il verdetto del Tribunale in ordine alla valutazione dei rispettivi inadempimenti agli obblighi del contratto del 1° agosto 1998, ritenendo che la risoluzione dello stesso fosse da ricondurre ad inadempimento dell’ASE.
Nel fare questo, però, la Corte d’appello ha effettivamente omesso di pronunciarsi sulle ulteriori due domande che la SIS aveva formulato in sede di appello, consistenti nella condanna della controparte al rilascio dei 20 box in muratura oggetto del contratto risolto e alla corresponsione di tutti i canoni concordati e non pagati. E che tali domande siano state realmente avanzate non risulta soltanto dal ricorso incidentale, ma anche dall’intestazione della sentenza impugnata, nella quale le rispettive conclusioni delle parti sono state trascritte. D’altra parte, il fatto che la Corte d’appello abbia confermato, per così dire, la reviviscenza del contratto del 1998 rendeva quanto mai certa l’esistenza di un interesse dell’odierna ricorrente incidentale ad ottenere una pronuncia che si occupasse in modo completo di tutte le conseguenze della risoluzione.
In accoglimento dell’appello incidentale, quindi, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione, disponendo che il giudice di rinvio provveda a colmare l’omissione di decisione segnalata in questa sede.
In conclusione, il ricorso principale è rigettato, mentre è accolto quello incidentale.
La sentenza impugnata è cassata in relazione e il giudizio è rinviato alla Corte d’appello di Cagliari, Sezione distaccata di RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione personale, affinché provveda a colmare l’omissione di pronuncia segnalata nella presente decisione.
Al giudice di rinvio è demandato anche il compito di liquidare le spese del presente giudizio di cassazione.
Sussistono peraltro le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 -quater , del d.P .R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione e rinvia alla Corte d’appello di Cagliari, Sezione distaccata di RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione personale, anche per le spese del giudizio di cassazione.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza